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L’editoriale: tutti al voto
L'editoriale di Marco Nicolò Perinelli
Tutti al voto!
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La corsa verso le politiche è iniziata. A meno di due mesi dalle elezioni tutti cercano un posto al sole, incuranti delle conseguenze che la caduta del Governo Draghi porterà.
“La democrazia, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi. Allora la gente si separa da coloro (i politici) cui fa la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice. Così la democrazia muore: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo”. Una analisi lucidissima e estremamente attuale di quanto sta accadendo oggi in Italia. Attuale, nonostante sia stata scritta quasi duemilacinquecento anni fa da Platone, nella suo dialogo sulla Politeia, tradotto come La Repubblica, in cui esamina le diverse forme di governo alla luce di quanto accaduto ad Atene tra la caduta della Democrazia e l’ascesa al potere della tirannide. Certo, Platone è critico nei confronti del sistema democratico, che vede imperfetto perché lasciato in mano a persone non sempre meritevoli e la sua conclusione, affidata alle parole di Socrate, è che al potere dovrebbe salire una classe di persone educate a questo ruolo. Uno stato ideale, rapportato ad una società che non ha riscontri nella realtà, ma l’analisi che egli compie dell’animo umano è fuori dubbio di grande veridicità. E lo dimostrano i ricorsi storici e in particolare proprio quello che accade oggi in Italia. La fine del Governo Draghi è giunta in modo prematuro, da molti inaspettata e solo da qualcuno auspicata. Che vi fosse voglia di crisi, da parte di alcuni partiti che sentono brillare sul proprio volto un po' di luce del sole dopo tanto tempo di oscurità, cavalcando rabbia e malcontento, è noto. Ma pochi avrebbero scommesso sulla fine di una esperienza che, al di là dei colori partitici e politici, ha rappresentato un’ancora di salvezza in un momento di grave difficoltà. Una pandemia in corso, una guerra in Europa, una congiuntura economica che vede le famiglie in sofferenza con rincari su tutti i fronti, non sono bastate a fermare chi ha pensato fosse il momento giusto per provare la scalata a Palazzo Chigi, al Potere. Ed oggi c’è chi brinda dunque all’instabilità, all’incertezza, pensando al proprio tornaconto personale. Ma già queste prime settimane di campagna elettorale, di colloqui tra diversi partiti, mostrano la fragilità del sistema partitico italiano. Oggi, a pochi giorni dalla giornata che ha segnato la politica italiana con l’uscita dall’aula di Palazzo Madama dei Senatori contrari a Draghi, anche chi ha brindato alla caduta del Governo sta cercando di smarcarsi dal ruolo di draghicida, di fronte all’evidente caos che questo ha creato non solo a livello nazionale ma anche europeo. E ai cittadini, anche a chi in quei partiti pone fiducia, quanto accaduto ha posto più di un dubbio. Se non altro perché, caso fortuito pare, i tempi della crisi garantiranno loro comunque il vitalizio. E quindi la battaglia per le concessioni balneari o l’inceneritore di Roma sembrano solo un pretesto, una bomba a orologeria ben architettata. Perché di argomenti più spinosi e importanti se ne sono discussi prima, ma nessuno dei draghicidi aveva pensato di mettersi così di traverso. Supposizioni, certo. E già oggi vediamo le promesse elettorali fiorire: dal togliere l’iva all’aumentare le pensioni, dalla lotta all’immigrazione, improvvisamente tornata alla ribalta, al piantare alberi. Ciò che emerge in modo più drammatico è però la polverizzazione dei partiti, che già lottano per stabilire una leadership che di fronte a maggioranze sostenute da accordi e accordini, rischia di essere inefficace e di portare all’ennesimo governo tecnico. Quello di cui abbiamo bisogno oggi è stabilità, concretezza, obiettivi chiari e raggiungibili. E i nostri politici dovrebbero ricordare tutti, a livello nazionale e locale, quanto diceva il più grande statista italiano, Alcide De Gasperi, ovvero che in campagna elettorale si dovrebbe promettere sempre qualcosa meno di quanto si pensa di poter realizzare. L’impressione, però, è che siamo ancora alla competizione su chi spara più in alto per accattivarsi qualche voto e incanalare il malcontento. Sperando, per tornare all’Atene del V secolo, in quanto diceva lo storico Tucidide: “la maggior parte della gente non si preoccupa di scoprire la verità, ma trova molto più facile accettare la prima storia che sente”.