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Come eravamo: quando Cortina aveva un treno

Come eravamo di Waimer Perinelli

QUANDO CORTINA AVEVA IL TRENO

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Quand'ero piccolo miei genitori si burlavano di me dicendo che avevo gli occhi neri “neri come il carbon” perché mi piaceva viaggiare in treno con la testa fuori dal finestrino e i convogli erano trainati da locomotive a vapore alimentate con il carbone. Dalla ciminiera usciva un denso fumo nero che, passando attraverso tutti gli scompartimenti, si scontrava in basso con il vapore bianco generato dal fuoco. E' passato per fortuna o Ahimè, molto tempo, ma ancora ricordo i viaggi compiuti su alcune ferrovie alpine come quella che portava da Ora a Canazei, un'altra da Chiusa, in valle d'Isarco, alla Val Gardena e una terza da Dobbiaco a Calalzo. Tutte queste ferrovie erano a scartamento ridotto, lo stesso che mio padre aveva trovato come geniere dell' Armir nella Russia del 1942, e tutte avevano una caratteristica e simpatica lentezza. Per bellezza e velocità ricordo con particolare simpatia la DolomitenBahn che da Dobbiaco passava per Landro, Misurina, Cortina D'Ampezzo, Zuel, san Vito di Cadore, Tai di Cadore, Calalzo. Sessantaquattro chilometri e 913 metri di binari a scartamento ridotto, inaugurata nel 1921 e chiusa nel 1964. Solo quarantatre anni di vita per una ferrovia la cui gestazione è durata almeno 40 anni, sessanta se si considerano i primi progetti falliti di cui, come scopriremo, la ferrovia delle Dolomiti era una diramazione. Era il 1879 quando i regi amministratori del Veneto pensarono di unire i centri di Belluno, Feltre e Treviso con una linea ferroviaria. Un progetto ambizioso la cui realizzazione venne assegnata alla Società per le strade ferrate meridionali che, il primo aprile del 1884, inaugurò il tratto fra Treviso e Cornuda. Dopo soli due anni i treni potevano arrivare fino a Belluno. A questa linea ferroviaria passata nel 1905 in gestione alle Ferrovie dello Stato, si diramava nella stazione di Sedico-Bribano una linea privata che proseguiva fino ad Agordo e serviva i viaggiatori, ma soprattutto il trasporto dei minerali ferrosi di cui l'Agordino è ricco. In un cassetto dei burocrati austriaci c'era fin dal 1865 un altro progetto ideato per collegare il Tirolo a Venezia che lo ricordiamo fu annessa all'Italia solo nel 1866. Il progettista era l'ingegner Giovanni Battista Locatelli il quale, avendo ricevuto l'incarico dall'Inclita Congregazione Provinciale di Belluno” presentò una corposa relazione per la “Strada ferrata alpina da Venezia alle valli bellunesi e tirolesi per la direzione del lago di Costanza”. Duecento ventisette chilometri e 74 metri, di binari attraverso le valli di Fassa e Gardena, il Primiero e poi verso il piano da Fonzaso a Feltre passando per Lamon. Un sogno rimasto nel cassetto anche perché aveva un costo elevato. Nel 1869 il viennese Alfred Wrede presentò un progetto per una linea ferroviaria con carrozze trainate da cavalli, con cui congiungere Dobbiaco a Cortina. La sua proposta, bocciata, fu rivista in chiave più attuale e moderna da Josef Riehl. Anch'essa rimase tuttavia nel largo cassetto di qualche scrivania. Ci volle il vento della guerra per convincere amministratori austriaci e italiani che una ferrovia ben fatta, sia pure a scartamento ridotto, poteva facilitare il rifornimento di viveri, armi e munizioni, alle truppe al fronte. Per primi ci pensarono i soldati dell'Imperatore d'Austria e nel 1915 iniziarono i lavori per la ferrovia in grado di congiungere Dobbiaco (Toblach) e Landro. Dall'altra parte del fronte i soldati italiani, nel 1916, realizzarono una ferrovia Decauville fra Peaio e Zuel alle porte di Cortina

D'Ampezzo, con l'intento di collegare poi, la linea alla Perla delle Dolomiti. Ma non accadde perché proprio in quel 1917 il fronte si capovolse con la disfatta italiana di Caporetto. Furono allora i genieri austriaci a completare la tratta della Dolomitenbhan fino a Calalzo. A guerra finita la ferrovia rimase disoccupata fino al 1921 quando venne riattivata soprattutto per scopi turistici, e la gestione fu affidata al Regio Circolo Ferroviario di Bolzano il quale riuscì perfino a chiudere i bilanci con qualche lira di attivo. Ma i lavori di mantenimento della massicciata, delle stazioni, degli scambi e binari, sono molto costosi, la tecnologia va aggiornata e anche i bolzanini dovettero fermarsi al segnale rosso del bilancio. Lo Stato che aveva ereditato la gestione, decise la chiusura nel 1964. In quegli anni venivano chiuse le altre ferrovie “turistiche” della Val Gardena e della valle di Fiemme e Fassa. Oggi la sede ferroviaria della Dobbiaco Cortina d'Ampezzo si presenta come un sentiero sterrato in buone condizioni e viene usato in estate come pista ciclabile ed inverno come palestra di sci da fondo. I fabbricati delle stazioni e magazzini sono generalmente in discrete condizioni: attorno, con l'attesa delle Olimpiadi invernali del 2026, cresce però la voglia di ferrovia, non veloce, panoramica, turistica e rispettosa dell'ambiente. In qualche cassetto c'è pure un progetto per una ferrovia monorotaia. Ma questa è un'altra storia.

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