Feltrino News n. 5/2022 Maggio

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Come eravamo di Waimer Perinelli

QUANDO CORTINA AVEVA IL TRENO

Q

uand'ero piccolo miei genitori si burlavano di me dicendo che avevo gli occhi neri “neri come il carbon” perché mi piaceva viaggiare in treno con la testa fuori dal finestrino e i convogli erano trainati da locomotive a vapore alimentate con il carbone. Dalla ciminiera usciva un denso fumo nero che, passando attraverso tutti gli scompartimenti, si scontrava in basso con il vapore bianco generato dal fuoco. E' passato per fortuna o Ahimè, molto tempo, ma ancora ricordo i viaggi compiuti su alcune ferrovie alpine come quella che portava da Ora a Canazei, un'altra da Chiusa, in valle d'Isarco, alla Val Gardena e una terza da Dobbiaco a Calalzo. Tutte queste ferrovie erano a scartamento ridotto, lo stesso che mio padre aveva trovato come geniere dell' Armir nella Russia del 1942, e tutte avevano una caratteristica e simpatica lentezza. Per bellezza e velocità ricordo con particolare simpatia la DolomitenBahn che da Dobbiaco passava per Landro, Misurina, Cortina D'Ampezzo, Zuel, san Vito di Cadore, Tai di Cadore, Calalzo. Sessantaquattro chilometri e 913 metri di binari a scartamento ridotto, inaugurata nel 1921 e chiusa nel 1964. Solo quarantatre anni di vita per una ferrovia la cui gestazione è durata

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almeno 40 anni, sessanta se si considerano i primi progetti falliti di cui, come scopriremo, la ferrovia delle Dolomiti era una diramazione. Era il 1879 quando i regi amministratori del Veneto pensarono di unire i centri di Belluno, Feltre e Treviso con una linea ferroviaria. Un progetto ambizioso la cui realizzazione venne assegnata alla Società per le strade ferrate meridionali che, il primo aprile del 1884, inaugurò il tratto fra Treviso e Cornuda. Dopo soli due anni i treni potevano arrivare fino a Belluno. A questa linea ferroviaria passata nel 1905 in gestione alle Ferrovie dello Stato, si diramava nella stazione di Sedico-Bribano una linea privata che proseguiva fino ad Agordo e serviva i viaggiatori, ma soprattutto il trasporto dei minerali ferrosi di cui l'Agordino è ricco. In un cassetto dei burocrati austriaci c'era fin dal 1865 un altro progetto ideato per collegare il Tirolo a Venezia che lo ricordiamo fu annessa all'Italia solo nel 1866. Il progettista era l'ingegner Giovanni Battista Locatelli il quale, avendo ricevuto l'incarico dall'Inclita Congregazione Provinciale di Belluno” presentò una corposa relazione per la “Strada ferrata alpina da Venezia alle valli bellunesi e tirolesi per la direzione del lago di Costanza”. Duecento ventisette chilometri e 74 metri, di binari attraverso le valli di Fassa e Gardena, il Primiero e poi verso il piano da

Fonzaso a Feltre passando per Lamon. Un sogno rimasto nel cassetto anche perché aveva un costo elevato. Nel 1869 il viennese Alfred Wrede presentò un progetto per una linea ferroviaria con carrozze trainate da cavalli, con cui congiungere Dobbiaco a Cortina. La sua proposta, bocciata, fu rivista in chiave più attuale e moderna da Josef Riehl. Anch'essa rimase tuttavia nel largo cassetto di qualche scrivania. Ci volle il vento della guerra per convincere amministratori austriaci e italiani che una ferrovia ben fatta, sia pure a scartamento ridotto, poteva facilitare il rifornimento di viveri, armi e munizioni, alle truppe al fronte. Per primi ci pensarono i soldati dell'Imperatore d'Austria e nel 1915 iniziarono i lavori per la ferrovia in grado di congiungere Dobbiaco (Toblach) e Landro. Dall'altra parte del fronte i soldati italiani, nel 1916, realizzarono una ferrovia Decauville fra Peaio e Zuel alle porte di Cortina


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