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Madri e lavoratrici

di Sonia Sartor Speciale Pianeta Donna

Madri e lavoratrici: le donne equilibriste

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Il dibattito in merito alla conciliazione tra vita familiare e carriera professionale delle donne che decidono di diventare madri non è mai stato forte come ai giorni nostri. Stando ad una ricerca pubblicata dall’Eurostat in riferimento all’anno 2020 le madri italiane detengono il primato della disoccupazione Europea; l’Italia, infatti, nella classifica dedicata all’occupazione femminile, si posiziona ultima con il 57,3% di donne lavoratrici con figli. Un quadro che rivela senza ombra di dubbio le difficoltà riscontrate dalle donne con uno o più figli nel trovare una propria realizzazione nel mondo del lavoro. A questo proposito uno studio condotto dall’università di Manchester in collaborazione con l’Istituto per la ricerca sociale ed economica dell’università di Essex ha dimostrato che le madri con un impiego raggiungono un livello di stress pari al 18% se hanno un unico figlio e con vette del 40 % se si trovano a crescere due bambini. Si tratta di un bilancio che entra esplicitamente in contrasto con l’immagine idealistica diffusa dalla società moderna attraverso la raffigurazione di una madre che non è mai stanca, affaticata o arrabbiata. Il ritratto, da copertina pubblicitaria, che dipinge la maternità esclusivamente attraverso i suoi momenti positivi, rischia di creare aspettative qualificabili come inverosimili. Spesso accade che sia proprio lo scarto esistente tra immagine idilliaca ed esperienza reale a condurre la neomamma in uno stato depressivo. Elena Rosci, psicoterapeuta e saggista, in un libro dal titolo Mamme acrobate. In equilibrio sul filo della vita senza rinunciare alla felicità approfondisce la tematica in questione riconoscendo alle madri l’abilità di destreggiarsi, anche se non con poche difficoltà, tra molteplici compiti e dimensioni della vita. Anche Save the Children, in un rapporto dedicato alla maternità e diffuso lo scorso 4 maggio, parla di madri equilibriste, espressione più che appropriata per descrivere la frenetica vita di una mamma. Conciliare carriera lavorativa e famiglia, nei primi anni di vita dei bambini, risulta meno estenuante se ci si può affidare ad una rete di aiuti quali possono essere i nonni o altri esponenti del nucleo familiare, l’asilo nido, la baby-sitter. Tuttavia, i dati Istat rivelano come ad usufruire delle cure dell’asilo nido siano solo il 25 % delle famiglie e le motivazioni che si celano dietro a questo dato in molti casi vanno individuate nell’insufficienza di strutture dedicate alla prima infanzia nel territorio italiano oltre che nei loro eccessivi costi. Dagli stessi dati Istat emerge infatti che l’offerta di servizi per la prima infanzia si pone ancora al di sotto del target europeo: alla fine del 2019 sono oltre 361 mila posti autorizzati ma di questi solo la metà nel settore pubblico. Nel 2021 un’indagine ad hoc evidenzia gli aumenti generalizzati dei costi di gestione delle strutture dedicate all’infanzia. Pertanto, la forma di custodia prevalente risulta essere rappresentata dai nonni (52,2%), i quali svolgono un ruolo determinante nella cura dei nipoti ponendosi come riferimento logistico per l’intero nucleo familiare. Per sostenere le donne lavoratrici nel loro ruolo di madri esistono dei diritti imprescindibili stabiliti dalla legge italiana ai quali il datore di lavoro deve sottostare; a questo proposito la principale tutela della maternità è costituita dalla legge 151 del 26 marzo 2001 che garantisce alla madre, in primo luogo, l’astensione obbligatoria dal posto di lavoro per cinque mesi. Va anche riconosciuto che un numero consistente di aziende mette attualmente a disposizione dei propri dipendenti un asilo nido per assicurare un adeguato bilanciamento tra impegni lavorativi ed esigenze familiari. Concludiamo con l’augurio e la speranza che un numero maggiore di politiche di Welfare possa essere posto a servizio delle neomamme per sostenerle nella ricerca di un nuovo equilibrio di vita.

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