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Ma gli alpini hanno paura?

A parer mio

di Marco Nicolo’ Perinelli

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MA GLI ALPINI

NON HANNO PAURA

Confesso, sono di parte: mio nonno Mario, classe 1912, era alpino sul fronte francese nel 1940. Lo era il mio bisnonno, sul monte Grappa e mio zio Sergio a Gemona. Ecco perché mi è difficile pensare agli alpini come molestatori seriali beccati a Rimini a infastidire le donne. Non credo minimamente, come ha scritto un leghista della prima ora, che ci siano stati degli infiltrati, gente che, secondo la fantasiosa versione, ha comperato il cappello con la penna (e non piuma come erroneamente ha scritto) per avere un alibi nell’attuare le molestie e godere della tradizionale protezione di un corpo che è militare ma e soprattutto sociale. Allora, se colpevoli ci sono, questi vanno individuati e puniti, come hanno dichiarato il presidente nazionale Sebastiano Favero: “Faremo di tutto, insieme alle forze dell’ordine, per individuare i responsabili. E se sono appartenenti alla nostra associazione, prenderemo provvedimenti molto forti” e di Trento, Paolo Frizzi. Detto questo, parliamo dell’attività dei nostri alpini nella comunità. Come cittadino del mondo e sindaco di Tenna, testimonio che gli alpini sono una componente importante, in qualche caso determinante della nostra società. Certo, sono nati come corpo militare in un periodo in cui la specializzazione in teatri bellici di alta quota era fondamentale per poter vincere un conflitto, ma di quella esperienza hanno ereditato i valori più alti: la solidarietà di corpo, la capacità di lavorare in squadra per il bene comune, la resistenza agli elementi naturali, che contraddistingue chi vive la montagna. Caratteristiche che

Adunata Nazionale Alpini (da Wikipedia)

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accompagnano le centinaia di volontari trentini quando si trovano ad affrontare le emergenze, sempre in prima linea quando si tratta di aiutare le popolazioni colpite da calamità, così come mio zio Sergio nel 1986 in Friuli, e tanti altri che, in questi giorni soccorrono i profughi di tutti i colori o in fuga dall’Ucraina. E nei nostri Comuni, dal più grande ai più piccoli, la loro presenza è una certezza. Penso a quanto hanno fatto gli Alpini di Tenna, così come quelli di altre località del Trentino, durante il periodo del Covid, portando aiuto alle famiglie, ma anche organizzando eventi che hanno saputo – nel rispetto dei limiti imposti dalla pandemia - mantenere vivo il paese collaborando attivamente con l’amministrazione comunale e le altre, preziosissime, associazioni del territorio. E proprio a Tenna sorgerà, il prossimo anno, il grande Parco della Memoria al quale aderiscono già molte delle Associazioni presenti in tutto il Trentino. Rimane il fatto che a Rimini all’adunata nazionale del 5-9 maggio fra le migliaia di partecipanti qualche mela “bacata” c’era e le 500 segnalazioni, con 160 testimonianze raccolte dalle donne dell’associazione “ Non una di meno” sono pesanti come macigni. Ma gli alpini non hanno paura, recita la bella canzone Monte Pasubio, non hanno paura della verità, né temono le bugie. In tema di molestie sessuali mi fa

A parer mio

Adunata Nazionale Alpini a Milano - Piazza del Duomo

piacere ricordare la confessione di un lettore del quotidiano l’Adige: “una ventina d’anni fa ero studente in Romagna, ha scritto, quando ad una commessa dal petto prosperoso che portava affisso ad un seno un cartellino con scritto Silvia, il suo nome, ho chiesto credendomi spiritoso come si chiamasse l’altro e lei senza dire una parola mi allungò uno schiaffone. Ben dato e ben preso: a ciascuno il suo.

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Fatti & Misfatti

di Patrizia Rapposelli

TRA POLITICALLY CORRECT E CANCEL CULTURE

Oggi estremismo totalitario nemico della cultura?

La tendenza del politicamente corretto è nuovo totalitarismo? Negli ultimi decenni, universitari americani “liberal” hanno cercato di elaborare un codice linguistico rispettoso verso le minoranze non considerate dal discorso politico. Questo per poter parlare liberamente di chi da quel discorso politico era oggetto di pregiudizio. Sostituire le espressioni discriminatorie ha permesso libertà espressiva per trattare i problemi politici in maniera appropriata nei confronti delle categorie svantaggiate, di nominare correttamente gruppi minoritari, evitare il diffondere di pregiudizi e luoghi comuni. Politica e media, oggi, hanno fatto un pasticcio. La sbagliata ricezione e diffusione di questa legittima iniziativa ha portato all’intolleranza e al revisionismo, nemici della cultura e della libertà d’opinione. L’ estremismo di alcune parti politiche, citando il pensiero del libro “Manifesto del libero pensiero” di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi, rischia di costruire categorie di vittime per poi poterle difendere. Un tema corrente, dibattuto e di grande attualità: il politically correct. Un atteggiamento sociale che crea schieramenti ben distinti che non ammettono vie di mezzo. Tra fanatismo e repulsione l’invadenza del politicamente corretto è reale. Diventato il mantra del progressismo su scala globale permane e invade la quotidianità. Impone comportamenti e scelte politiche. Processa la tradizione, in alcuni casi, e cancella la storia in altri. Molti fenomeni, nell’ambito della comunicazione e dei media, nascono con uno scopo, ma la situazione culturale ne cambia il significato originale, distorce la percezione al punto di cambiare l’intenzione originale per cui nasce. Ad oggi la tematica discussa del politicamente corretto tende a sovrapporsi alla Cancel Culture. La cultura della cancellazione è un fatto complesso e sfaccettato che non dovrebbe mischiarsi al politically correct. Quest’ ultimo nasce dalla necessità sociale di sensibilizzare sui linguaggi da adottare, sia sulle parole da evitare che quelle da introdurre nel lessico comune per essere maggiormente rispettosi verso determinate categorie. La crociata alla correttezza sfocia nel fanatismo e nella polemica. Confronto, critica e cultura assistono ad un clima generale di intolleranza e gogna pubblica. L’autocensura preventiva nei confronti di pensieri non allineati minaccia la libertà di parola e l’anticonformismo. L’espressione correttezza politica è un termine che traccia una linea di opinione, un orientamento ideologico allo scopo di rifuggire l’offesa e di tutelare categorie sociali ritenute in svantaggio. Invece oggi si parla del bacio non consensuale del principe a Biancaneve, l’etichetta omofoba e razzista della tradizione classica. Molto altro è sotto processo. Ricordiamo i centocinquanta intellettuali americani che hanno scritto una lettera aperta su Harper’s Magazine dove denunciano un clima di intolleranza esasperato citando redattori licenziati per articoli controversi, libri ritirati, professori indagati per aver citato particolari opere. Non lontano da noi, poco tempo fa, Paolo Nori denuncia l’episodio di Cancel Culture in Italia a seguito della decisione della Bicocca di cancellare il corso su Dostoevskij a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina. La decontestualizzazione è totale. Ogni capolavoro della tradizione non conforme all’attuale idea allineata è colpevole di essere figlio del suo tempo. L’ignoranza si sconfigge con il confronto, la critica e la cultura. Un nuovo puritanesimo nato da idee estreme, forse, porta all’intolleranza verso chi non si adegua ad un unico pensiero totalitario?

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