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La storia di Egidio Battisti
Per non dimenticare
di Massimo Dalledonne
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La storia di Egidio Battisti
Durante la Seconda Guerra Mondiale i caduti ed i dispersi italiani sul fronte jugoslavo furono in tutto 15 mila. Ben 6.800 i caduti, 4.400 i dispersi solo all’interno dello Stato indipendente croato. Uno di questi era Egidio Battisti, nato a Strigno il 19 aprile del 1912. Una vicenda, la sua, raccontata nelle scorse settimane dalla figlia Silvia, un’artista che ha esposto i suoi lavori in occasione della mostra “Per non dimenticare” nello Spazio Klien di Borgo Valsugana. Come scrive Adriana Lotto nella pubblicazione “Protagonisti” del dicembre 2009 “era figlio primogenito di Silvio, disperso in Russia nel 1916 e Maria Giovanna Tea di Servo di Sovramonte dove si stabilì con la madre profuga (le avevano bruciato la casa) e il fratello Silvio. Nel 1938 sposò Domenica Eufemia Zannini, detta Ninetta, e con lei andò a vivere a Cairo Montenotte, in provincia di Savona, dove da due anni lavorava come capo-operaio nella locale fabbrica della Montecatini”. Nel 1939 nasce Silvia ma una denuncia anonima li fece perdere il lavoro: aveva sottratto del carburo per darlo a una famiglia bisognosa. Quando, per la terza volta venne richiamato alle armi, finì inquadrato nella sezione sanità della Divisione “Murge” e nel marzo del 1942 salpò da Bari: destinazione Bosnia-Erzegovina che a quell’epoca faceva parte dello Stato indipendente croati di Ante Pavelic, occupato dai tedeschi e dagli italiani. Della sua vita di soldato si sa ben poco: molto è stato recuperato dalle lettere che la figlia Silvia ha recuperato e che ha utilizzato per esporle in questi ultimi decenni al pubblico. Ancora Adriana Lotto. “Nessun riferimento geografico, men che meno alla guerra civile che funestava l’Erzegovina, ai cetnici e agli ustasa, ai domobrani ed i paesi devastato e bruciati nel ’42. Non si parla nemmeno della deportazione selvaggia dei civili nei campi di concentramento”. Nel mese di agosto del 1942 Egidio torna in licenza a casa. Poi riparte. Moglie e figli non lo videro mai più. Come si legge nelle sue lettere “i soldati prendevano 9 lire al giorno: un limone ne costava 9, di lire, per una birra ce ne volevano 20”. L’Erzegovina era una terra poverissima, tantissimi morivano per inedia. Egidio Battisti, come scrive ancora Adriano Lotto “si può dedurre che fosse utilizzato anche per la costruzione dei presidi lungo la Neretva, lavori di fortificazione promossi dagli italiani all’insegna dell’impreparazione e dell’improvvisazione”. I presidi sulla Neretva, eretti per difendere Mostar, vennero travolti nel febbraio del 1943 dai partigiani di
Il quadro di Silvia Battisti dedicato al papà Egidio Battisti
Tito diretti nel Montenegro. “Si presume che proprio in quei giorni, tra il 15 ed il 21 febbraio, quando metà della Divisione Murge venne messa fuori combattimento, Egidio Battisti scomparve. Che fine abbia fatto non è dato a sapere. Si può ipotizzare per estensione che sia stato catturato e usato per il trasporto dei feriti e che sia quindi deceduto, come il 50% dei prigionieri italiani, di malattia e di stenti”. La notizia della sua morte venne recapitata dal messo comunale a don Giovanni Sebben, parroco di Servo. Fu lui a portarla alla moglie Ninetta assieme ad altre donne del paese. Nelle sue lettere emerge come i soldati italiani vivevano la guerra lontano da casa: con il pensiero fisso della famiglia dei soldi da inviare a casa e le fotografie da ricevere. Nostalgia e speranza per sopportare il peso di una guerra che non apparteneva a loro. In Erzegovina gli italiani non combattevano contro un esercito regolare ma bande di veri e propri guerriglieri. Il 14 ottobre del 1955 Egidio Battisti di Strigno viene insignito della Croce al Merito di Guerra dal comandante militare territoriale di Bolzano, generale Carlo Vacchelli.
Conosciamo le leggi
di Erica Vicentini*
La qualità di coerede,
la comunione e la divisione ereditarie
Quando muore una persona cara, pur nel dolore e nella difficoltà del momento, si presenta la necessità per coloro che sono chiamati a ereditarne il patrimonio di gestire tutti gli incombenti relativi alla c.d. successione. Infatti, nell’ambito della successione, se più soggetti risultano titolari del diritto a subentrare nel patrimonio del deceduto, pur se in misura fra loro diversa, si parla di coeredi. A stabilire chi sono gli eredi può essere il defunto tramite la redazione di testamento. Il testamento è un documento che va a contenere tutte le volontà di un soggetto per il tempo in cui avrà cessato di vivere, includendo anche propositi e indicazioni di tipo morale o personale (ad esempio, oltre alle disposizioni patrimoniali, possono essere previste indicazioni su come deve avvenire il funerale o la eventuale cremazione); esso può essere redatto in forma solenne e pubblica, di fronte ad un Notaio, oppure in modo privato, quale testamento c.d. olografo, scritto a mano dal testatore nel rispetto di alcuni requisiti di forma. Solo in pochi tuttavia muoiono dopo aver fatto testamento. Così, in assenza di testamento, è la legge a definire a chi debba andare il patrimonio e come esso debba essere gestito. Il Codice civile prevede una serie di regole precise che individuano delle quote di patrimonio rispetto alle quali i coeredi hanno diritto di succedere in base al grado di parentela di ciascun soggetto vivente. Di regola, la disciplina privilegia i parenti di grado più stretto: i figli, il coniuge, i genitori, i fratelli. Così, ad esempio, in presenza di tre fratelli quali unici eredi del padre, a ciascuno di questi spetterà il 33% di ciascuno dei beni paterni. Quando più coeredi diventano assieme titolari di quote sul patrimonio ereditario, si verifica quella che viene chiamata comunione ereditaria. La comunione ereditaria è anche definita comunione pro indiviso ossia una condivisione dei diritti e doveri di più persone sullo stesso bene, da esercitarsi secondo delle precise quote. In altri termini, ciascun coerede è titolare di una quota ideale e non fisica su tutto il patrimonio del soggetto deceduto, la c.d. massa ereditaria. è importante sottolineare come la massa ereditaria contempli tutti i beni che erano nella titolarità del decuius (beni immobili, mobili, gioielli, denaro) inclusi eventuali debiti e, in certe casi, le donazioni. Così, ad esempio, ciascun fratello, titolare di un terzo della casa paterna, non ha diritto a utilizzare solo un terzo dell’immobile (ad esempio, tre camere su nove o un piano su tre) ma un terzo dell’intero immobile: tale quota non ha un suo riscontro fisico nella realtà, anche perché, come detto, contempla tutti i beni lasciati dal decuius, inclusi tutti i più piccoli oggetti raccolti negli anni (ad esempio la fede nuziale). È evidente come tale situazione possa creare non poche difficoltà, soprattutto se i coeredi faticano ad andare d’accordo fra loro o, più semplicemente, sono in un numero elevato sparsi per il mondo: il codice civile, infatti, impone a tutti e ciascuno dei coeredi il dovere di gestire insieme la massa ereditaria, curando la manutenzione e quindi tutti gli adempimenti connessi all’ordinaria amministrazione, con conseguente ripartizione, appunto pro quota, delle relative spese. Ne deriva, dunque, spesso, la necessità per gli eredi di procedere alla c.d. divisione ereditaria. Con la divisione ereditaria, la comunione pro indiviso che viene a crearsi
Conosciamo le leggi
all’apertura della successione trova la materiale spartizione fra i coeredi, ciascuno per la quota che gli spetta in base alla legge o al testamento. Se gli eredi vanno d’accordo, la divisione può tranquillamente essere raggiunta con un atto notarile, forma necessaria nel caso in cui la massa ereditaria contempli beni immobili: di regola, in tali casi, è opportuno che gli eredi procedano insieme alla quantificazione del valore di tutti i beni che compongono l’asse ereditario, accordandosi poi fra loro per capire a chi spetterà cosa, nel rispetto, appunto, della quota di ciascuno. In tal caso, sono gli eredi che, fra loro, decidono a chi spettano, ad esempio, i terreni, gli immobili, i gioielli, il denaro che erano appartenuti al decuius. Laddove i coeredi non siano in grado di raggiungere una divisione ereditaria in accordo fra loro, l’unica opzione è il processo civile. Il Tribunale procederà alla quantificazione precisa del valore della massa ereditaria, attraverso – di regola – la nomina di un perito e procederà poi alla spartizione dei beni agli eredi secondo le quote di spettanza. Nei casi di accesa conflittualità, in presenza di beni immobili non comodamente divisibili (ad esempio, un appartamento) l’opzione di regola seguita è la vendita con successiva ripartizione del ricavato. Si tratta, all’evidenza, di soluzioni di tipo salomonico che spesso non conducono ad una dispersione del patrimonio ereditario, che per essere diviso viene liquidato anche con terzi soggetti per ottenerne un ricavato spartibile. Il consiglio è certamente quello di gestire il momento della successione in modo attento rivolgendosi a professionisti, al fine di evitare successive liti poco proficue.
Nota: chi desiderasse ulteriori informazioni in merito a quest’articolo può contattare la dott.ssa Vicentini.
* Avvocato Erica Vicentini, del Foro di Trento, Studio legale in Pergine Valsugana, Via Francesco Petrarca n. 84)
Chi desiderasse avere un parere su un problema o tematica giuridica oppure una risposta su un particolare quesito, può indirizzare la richiesta a: direttore@valsugananews.com
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