2 minute read

Il senso religioso: la domanda di totalità

Il senso religioso

di Franco Zadra

Advertisement

La nostra domanda di totalità

La lettura progressiva de “Il senso religioso” di don Luigi Giussani nel centenario della sua nascita, ci porta ora ad affrontare il quinto capitolo sulla natura del senso religioso. Un approfondimento più che mai necessario in questo nostro tempo dove il frastuono della vita sociale ottunde in maniera sistematica domande “esistenziali” radicate da sempre nell’animo umano, come «quale è il significato ultimo dell’esistenza?», «perché c’è il dolore, la morte, perché in fondo vale la pena vivere?», o anche «di che cosa e per che cosa è fatta la realtà?». L’autore de “Il senso religioso” ci accompagna passo passo alla scoperta della realtà stessa del nostro io, dimostrando come queste domande documentino quel radicale, necessario, e ineludibile impegno con la nostra vita che coincide di fatto con il senso religioso, quella «capacità che la ragione ha di esprimere la propria natura profonda nell’interrogativo ultimo». Occorre, infatti, andare al fondo del nostro essere per scoprirvi l’esigenza di una risposta totale nell’esperienza, anche faticosa, che più uno s’addentra nel tentativo di rispondere alle domande di cui sopra, «tanto più ne percepisce la potenza, e tanto più scopre la propria sproporzione alla risposta totale», tanto che «fra un milione di anni la questione posta da quelle domande sarà caso mai esasperata, non risposta». Diveniamo così consapevoli di quel “desiderio di un bene assente” – come lo ha definito san Tommaso d’Aquino – che fa maturare in noi la coscienza della statura della vita con il sentimento del suo destino, anche se, come sembra insegnarci Google, sembra sia sufficiente allineare dati per avere tutte le risposte, senza più necessità di spiegarli o interpretarli Per dire come questa ricerca sia “strutturale” nell’uomo, Giussani propone un “dialogo tra nonna e nipote” tratto dal testo, ancora molto attuale, di James Baldwin, “Blues per l’uomo bianco”. «Lo sai che non credo in Dio, nonna»; «Tu non sai quello che dici: non è possibile che tu non credi in Dio, non sei tu a decidere»; «E chi altro decide?»; «La vita. La vita che è in te decide. Lei sa da dove viene e crede in Dio». Senza nemmeno occuparsene direttamente, il testo di Giussani sbaraglia del tutto il tanto propagandato, insanabile conflitto tra scienza e fede, affermando in conclusione che «solo l’ipotesi di Dio, solo l’affermazione del mistero come realtà esistente oltre la nostra capacità di ricognizione corrisponde alla struttura originale dell’uomo», e la domanda di totalità costitutiva della nostra ragione è una «implicazione inevitabile», per cui «per ciò stesso che l’uomo vive pone questa domanda, perché è la radice della sua coscienza del reale». La ragione, per ciò stesso che si mette in moto afferma «una realtà ultima di cui tutto consiste; un destino ultimo, senso di tutto». Ma una risposta esiste, ed è «implicata nel fatto stesso della domanda», provare per credere. Se ancora sospettiamo che la fede sia un salto nella irrazionalità, diamo una occhiata alla biografia di Francesco Severi (Arezzo, 13 aprile – Roma, 8 dicembre 1961) il grande matematico e accademico italiano, fra i maggiori rappresentanti della Scuola italiana di geometria algebrica, amico di Einstein che, agnostico, dopo cinquant’anni di alta esperienza scientifica ha finalmente e convintamente abbracciato la fede. Fermarsi e pensare a partire dalla nostra esperienza è il grande compito che dobbiamo assumerci nella vita. Suggeriamo allora il testo del 2013 di Massimo Introvigne, edito da Passione Educativa, “Le domande dell’uomo. Filosofia per chi ha fretta”.

This article is from: