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A parere mio: imprevidenti e non pentiti

Economia & Finanza

di Cesare Scotoni

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IMPREVIDENTI

E NON PENTITI

Le prospettive infauste, chiaramente leggibili fin dalla fine di marzo 2020 dove il Governo, con delle scelte improvvide e finalizzate solo ad indebolire alle radici il Sistema Paese, ha ipotecato il futuro delle prossime due generazioni si sono compiute in un biennio. Lo scontro, mai nascosto fin dal 2002 e da Pratica di Mare, tra i partners dell’Alleanza Atlantica, la vicenda di piazza Maidan a Kiev, con l’abbandono dell’Unione Europea a trazione Tedesca da parte dell’Inghilterra ed il successivo tentativo di golpe ad Ankara lo scontro è diventato evidente e lancinante a fine febbraio 2022, con il naufragare dei due garanti europei degli Accordi di Minsk di fronte alle pretese d’Oltre Atlantico. E l’Italia è stata in tutto ciò, fin dal 2012, il “vaso di coccio”. Anche grazie all’impegno in quel senso di una parte rilevante della sua Classe Dirigente. Dopo le tante chiacchiere su una democratizzante Globalizzazione perseguita per 3 decenni a suon di Guerre per Procura indirizzate al controllo delle Materie Prime qualcuno al tavolo del Poker ha “chiamato”. Un’Unione Europea costruita nella NATO e per la NATO ha scoperto che, togliendo mercato all’Export tedesco e perturbando i flussi logistici destinati a fare di quei Paesi dei Campioni del Manifatturiero, un Modello di Sviluppo costruito su quella Globalizzazione garantita e pagata dall’Alleato d’Oltre Atlantico andava in crisi. Che la Germania senza North Stream2 e senza Nucleare deve ridurre le proprie ambizioni e che il dipendere dagli USA su troppi comparti tecnologici equivale a dipendere per la Produzione Energetica dal gas russo. Ha scoperto che l’assenza di quella Costituzione Europea che troppi eletti nel consesso del Parlamento Europeo han trascurato di rivendicare, ha impedito a quell’ambizioso sogno Politico di darsi una Governance e degli Strumenti per diventare altro che non fosse un Mercato Regolamentato ed uno Spazio Economico. Peraltro è noto a tutti che l’affidare un Sogno Ambizioso a delle persone mediocri non è mai stato un buon viatico e gli italiani su questo hanno una lunga e radicata esperienza. Dunque oggi ci si ritrova con un Paese più povero, depauperato in passaggi precisi, cui è facile dare un nome ed un cognome. Impoverito nei mezzi e nelle competenze, più debole sui mercati e con un peso del disagio sociale che va ben oltre i posti di lavoro bruciati, le aziende chiuse

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ed i servizi pubblici indeboliti. Un Paese in cui la Politica sembra avere abdicato per un difetto di originalità prima ancora che di progettualità. Chi spera di dare una sostenibilità a quei progetti infrastrutturali che sopravviveranno alla Lotteria di un PNRR che sarà comunque depotenziato sia dalla contingenza internazionale che dalla difficoltà a dare concretezza a quelle troppe ed inattuali Condizionalità accettate dal Governo Conte II, dovrà saper costruire scenari nuovi senza i quali quelle residue risorse saranno volano solo a quelle stesse infrastrutture destinate altrimenti ad assorbire risorse anziché a creare economia. Le famose Condizionalità, al momento tese soltanto a smontare un Sistema Sociale considerato troppo oneroso per mantenersi e senza immaginare come crearne uno nuovo, sono in gran parte eredità di un Passato che l’ultimo biennio ha archiviato. La tradizione dell’Economia Sociale, che spazia dal Capitalismo Renano fino alla Cooperazione ed alle Imprese per la Promozione Sociale tornano così ad essere un’alternativa concreta a quel Capitalismo Consumista cui oggi, nell’Assemblea dell’ONU, la maggioranza della Popolazione Mondiale sembra opporsi. La Demolizione dello Stato Sociale novecentesco, dei Sistemi di Welfare su cui l’Europa ha costruito un Progresso Sociale che trova il suo radicamento nell’irrompere della Modernità nella seconda metà del XIX secolo, non ha oggi come unica alternativa al “ritirarsi dello Stato” la creazione di spazi per un Mercato dei Servizi destinato al Privato, ma piuttosto, con una distinzione finalmente più netta delle logiche del puro profitto da quelle cooperative, vede spazi nuovi perché la gestione in Convenzione di quelle tante Infrastrutture destinate ai Servizi Pubblici e finanziate nell’ambito del PNRR in ciò che ne resterà, veda un Pubblico non statale in concorrenza al Privato per offrire quei servizi in modo sostenibile ed indirizzandone parte alle fasce uscite più indebolite da questo lacerante decennio. La Crisi che lo scontro tra Egemonie e Potenze Regionali ci sta regalando è l’opportunità per molti per comprendere che la costruzione di nuove catene del valore è la risposta al mutare della più recente tra le tante Globalizzazioni. Quella che vede la nostra Europa, per la prima volta nella sua storia, viverla ai margini, pur essendo questa fase solo un passo intermedio come tanti di un fenomeno nato sulle rive dei mari e sulle vie delle carovane qualche decina di secoli fa.

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