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Fatti & personaggi di ieri: la famiglia Poppi

Fatti & personaggi di ieri

di Massimo Dalledonne

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DA GRIGNO A BORGO:

LA STORIA DELLA FAMIGLIA POPPI

Per ben 12 volte la famiglia Poppi ha ricoperto, nei secoli scorsi, la carica di sindaco nel comune di Borgo. Un cognome, quello di cui parla don Armando Costa nel suo ultimo libro “Cives Burgi Ausugi memoria digni”, che altro non è un soprannome, affibbiato nella prima metà del ‘500 al capostipite Bortolo “Popo” quando, da Grigno dove lavorava come pellicciaio, deciso di trasferire l’attività di famiglia a Borgo Valsugana. Come scrive don Costa “Bortolo, uomo destro e onesto, avviò il figlio Baldassare alla professione del notariato rendendosi utile alla Magnifica Comunità del Borgo che lo volle sindaco nel 1547 e nel 1567”. Successivamente la carica venne ricoperta anche da altri membri della famiglia. I Poppi, con il passare del tempo, vennero elevati al rango di nobili. Ciò avvenne il 20 maggio del 1575 quando, l’allora imperatore Massimiliano II concesse il diploma imperiale ed il blasone di nobiltà a Leonardo, Giovanni e Andrea Poppi, i tre figli del notaio Baldassare. “Il grado nobiliare – scrive ancora don Armando Costa – aprì al ramo della famiglia rimasto al Borgo la via delle cariche politiche al servizio del castello e della giurisdizione di Telvana posseduta fino dal 1462 dai baroni Welsperg”. Tra i discendenti di Baldassare Poppi senior è da ricordare la figura di Baldassare junior. Nato nel 1608, quando nel 1621 morì Giacomo Annibale dei conti Welsperg, all’età di 28 anni, gli fu affidato l’incarico di Commissario arciducale con il preciso compito di tutelare gli interessi della famiglia. In primo luogo quelli del piccolo erede barone Marco Sigismondo e della vedova contessa Beatrice di Lodron. “Con il passare degli anni – si legge ancora nel volume di don Costa – Baldassare Poppi junior seppe attirarsi la stima e l’affetto del giovane barone tanto che, quando poté farlo avendo raggiunto l’età che gli concedeva di fruire i pieni diritti legali, lo nominò Capitano della Casata”. Baldassare Poppi junior morì nel 1658, all’età di 58 anni, in Primiero. Lo stemma di famiglia ancora oggi è visibile in un banco in legno che si trova all’interno della chiesa arcipretale di Borgo Valsugana. Raffigura un bambino in fasce ripetuto sul cimiero racchiuso da una piuma di struzzo. “Una raffigurazione che allude al cognome – conclude don Costa – espresso in latino Popus, de Poppis; in italiano prima Popo e poi costantemente, per diversi secoli, trasformatosi in Poppi”.

Stemma dei Conti di Welsperg

Il personaggio

di Francesco Zadra

Degasperi,

amato e odiato

“Apre la processione, con il messale in mano, Alcide buon Degasperi scagnozzo americano”, recitava una vecchia canzonetta intonata in ambienti filo comunisti. Ebbene sì, vi fu un tempo in cui Alcide Degasperi, lo statista per antonomasia, il deus ex machina della neonata Repubblica, il padre nobile dell’Europa unita, nonché abile negoziatore del Piano Marshall, veniva attaccato, vilipeso e sbeffeggiato da larga parte dell’agone politico italiano. Austriacante, cecchino di Truman, baciapile del Vaticano. Sono solo alcuni dei teneri nomignoli che gli appioppavano i suoi avversari. Ne scrive Francesco Agnoli nel suo ultimo saggio edito da Cantagalli: “Alcide Degasperi, vita e pensiero di un antifascista che sconfisse le sinistre.”

Prof. Agnoli, che uomo era Degasperi?

Un mortale come noi, ma retto, potentemente idealista e al contempo realista. Un uomo che credeva di doversi schierare, sempre, a qualunque costo, dalla parte del bene, senza essere un litigioso, un fanatico, un fazioso, anzi! Per certi versi era un vero trentino: solido, schivo e fiero come i montanari. Oltre che grande statista, era un uomo di fede e di famiglia, che trovava riposo tra le sue donne (la moglie e le figlie), le sue preghiere (amava molto i salmi, che conosceva a memoria), il suo amato popolo trentino e i prati della Valsugana.

In Trentino si fece le ossa anche il giovane Mussolini, che sangue scorreva tra i due?

Mussolini odiava Degasperi, lo accusava di essere l’esponente trentino più autorevole della “destra clericale”. Allora Mussolini era un socialista, ateo e anticlericale. Alcide invece sposava il “cattolicesimo sociale” di Leone XIII e don Guetti, lontano dal liberismo borghese, ma anche dal socialismo. Mussolini riteneva di incarnare la modernità contro il “passato”. Instaurato il regime continuò a vedere in Degasperi un avversario pericoloso, anche quando questi era rinchiuso nella biblioteca vaticana, protetto dal papa. Dopo averlo incarcerato per alcuni anni, il duce voleva fargli ancora del male, ma Pio XI gli rispose così, nel 1931: “Il S. Padre non si pente e non si pentirà di aver dato ad un onesto uomo e onesto padre di famiglia un poco di quel pane che voi gli avete levato…”.

Cosa può insegnare Degasperi a tanti politici (o politicanti) di oggi?

Era colto, aveva vissuto due guerre, aveva gioito e sofferto, amava il suo Trentino, l’Italia, l’Europa: per lui la politica era una forma di carità, di servizio, mai per sé, sempre per il bene comune. Il suo era uno sguardo lungo, al futuro del paese. Dovrebbe insegnarci la serietà, la sobrietà, la lungimiranza, il senso delle istituzioni, il rispetto per gli avversari, perché Degasperi era un fiero avversario dei

fascisti e delle sinistre, ma rimaneva sempre, nei modi, nei toni, nei rapporti personali, un signore.

Alla luce dei drammatici fatti in Ucraina e delle crescenti tensioni tra Nato e Russia come agirebbe “il nostro”?

Credo che sarebbe sconcertato. Anzitutto perché la Nato di oggi non è più quella dei suoi tempi: già durante la guerra contro la Serbia essa ha assunto tratti offensivi, e non più difensivi. In secondo luogo perché lui, anticomunista di ferro, non impostò mai il suo rapporto con l’URSS al dileggio e al disprezzo. In terzo luogo Degasperi, che avrebbe tanto voluto la CED (Comunità europea di difesa), vedrebbe nell’Europa di oggi un ectoplasma, senza una politica estera, senza ideali né visione. Parlando della CED disse che l’Europa avrebbe dovuto diventare “un terzo elemento tra i due grandi (Usa e URSS, ndr), una forza la quale al momento decisivo sappia far cadere la bilancia dalla parte della pace”. Oggi in Ucraina si sta svolgendo una guerra per procura tra Usa e Russia, e l’UE appare non “unita”, bensì divisa, impotente, incapace di “far cadere la bilancia dalla parte della pace”.

Aveva veramente “il viso girato a sinistra”?

Questo lo dissero i suoi avversari

Francesco Agnoli

interni, la sinistra Dc, dopo averlo disarcionato, per intestarselo. I fatti parlano chiaro: finchè Degasperi fu vivo, il centro sinistra non nacque mai! Poi, ad osteggiarlo per anni, furono i degasperiani più fedeli, da Piccioni a Scelba, mentre lo realizzarono coloro che gli avevano sempre fatto la guerra, Fanfani, La Pira ecc. Degasperi voleva che la DC rimanesse un partito alternativo sia al MSI (ma aperto alla destra liberale e monarchica) sia alla sinistra socialista e comunista, rappresentata da quelli che lui chiamava i “fascisti rossi”. Di più: diceva sempre che per guardare alla questione sociale, agli ultimi, non serviva affatto amoreggiare con la sinistra, bensì con la dottrina sociale della Chiesa. Egli non accettava la subalternità culturale di alcuni nella DC, né verso destra, né verso sinistra. Inoltre, lui che era stato un fiero avversario del fascismo, nel secondo dopoguerra aveva ben chiaro che il vero pericolo non veniva più da lì, ma dalle sinistre più o meno camaleontiche

Ma venne criticato anche dal MSI…

Alla fine della sua carriera Degasperi si trovò ancora una volta contro comunisti e missini, che infatti non gli votarono la fiducia. Anche riguardo all’unità europea, erano loro i suoi avversari: i missini in nome del nazionalismo, le sinistre perché contrarie ad un’Europa forte, che avrebbe dato fastidio all’URSS.

Ci ha da poco lasciati la figlia Maria Romana, fu politicamente impegnata?

Bellissima figura, consigliera devota del padre. In una occasione le ho chiesto come fosse stato possibile che la DC non l’avesse mai portata in Parlamento. Mi fece capire che non la vollero, perché assomigliava al padre, poi si fermò: non voleva parlare male di nessuno, ma si sentiva quello che voleva dire: suo padre era stato tradito tante volte, in vita e dopo la morte, dal suo stesso partito. Ma Degasperi ha messo l’Italia sulla strada della ricostruzione. Tutto ciò che di buono ha vissuto l’Italia in questi 75 anni si deve un po’ anche a lui e ai suoi collaboratori e amici. Tanti errori che sono stati fatti, lui, forse, li avrebbe evitati.

Il personaggio

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