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A Tu per Tu
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Marco Andreoli
Marzia. Due donne
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Prima Edizione: 2014
ISBN 9788898037551 © 2014 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di Ottobre 2014 in Italia da UniversalBook srl - Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl) Edizioni Psiconline © 2015 - Riproduzione vietata
Iඇൽංർൾ
Prologo 15 settembre 21 settembre 28 settembre 30 settembre 5 ottobre 6 ottobre 8 ottobre 28 ottobre 3 novembre 5 novembre 17 novembre 21 novembre 27 novembre 30 novembre 4 dicembre 6 dicembre 10 dicembre 18 dicembre 24 gennaio 28 gennaio 30 gennaio 31 gennaio 6 febbraio 21 febbraio 8 marzo 12 marzo Edizioni Psiconline © 2015 - Riproduzione vietata
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24 marzo 25 aprile 1 maggio 8 maggio 9 maggio 10 maggio 13 maggio 17 maggio 18 maggio 2 giugno 3 giugno 4 giugno 5 giugno 6 giugno 15 giugno 16 giugno 24 giugno 25 giugno 26 giugno 27 giugno 3 luglio 4 luglio 5 luglio 17 luglio 19 luglio 29 luglio 30 luglio 1 agosto 4 agosto 11 agosto 26 agosto 28 agosto 29 agosto 31 agosto 6 settembre 6
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Quando nacque Marzia, io ero fuori. Fuori metaforicamente e fisicamente. Stavo per andare a prendere il treno come ogni mattina ripensando a quello che era successo negli ultimi giorni. Che un po’ mi piaceva e un po’ no. Che un po’ mi rendeva felice nell’anima e un po’ mi stringeva il cuore fino a farmi quasi male. In Marzia ci sono molte vite. Molte vite che si stanno dipanando, annoiate e sornione, ed altre che attendono di essere vissute. Ci sono incontri, dialoghi, pensieri, momenti di ognuno di noi, di voi. Marzia siete voi. Chi più, chi meno. Ora questa raccolta di pensieri si potrebbe intitolare “Due donne”. Forse un giorno si scoprirà perché e forse no... Una donna che, non inganni, contiene anche pensieri e parti di uomini. Una donna perché ogni uomo, comunque, per un breve periodo della propria esistenza, è stato parte di una donna...
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A volte non ti chiedi più neanche il perché. È che se per tutti quegli anni ti hanno sempre chiamata così, poi inizi ad abituarti. Anche se il tuo secondo nome ti piace molto di più. Più diretto, meno complicato e altisonante, più fresco per chi lo pronuncia e per te che lo senti. Ma a volte i percorsi della vita, i pensieri e le voglie delle altre persone non fermano nelle stazioni dei tuoi desideri. E così finisci quasi per dimenticartene di quel secondo nome e talvolta ti tocca tirar fuori la carta di identità per ricordare che si, sei proprio tu quella ragazza, con i suoi due nomi e i suoi molteplici pensieri che le affollano la mente. Questo pensava Marzia mentre rileggeva quel secondo nome, sbirciando al contrario il proprio documento mentre pagava con la sua nuova carta di credito. Un sorriso le illuminò il volto nell’incontrare casualmente la seconda lei anche quel sabato mattina. La cassiera restituì d’istinto il sorriso. Marzia si chiese fugacemente quale delle due lei stesse salutando, a quale stesse sorridendo...
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“Come stai?” “Bene” Si era riproposta di non arricciare più il naso in quella maniera che sentiva strana. Si, è vero, lei stessa non si poteva vedere ma era convinta che se qualche persona attenta fosse stata a guardarla, di sicuro lo avrebbe notato. Una piccola smorfia fatta con il naso, stringendo leggermente le labbra e piegando impercettibilmente il capo da un lato. Che voleva dire “si, bene, ma...”. Tutti in fondo, quando diciamo “bene” intendiamo “si, bene, ma...”. È normale, naturale e succede molto spesso. Marzia invidiava di cuore quelli che il “ma” non ce lo mettevano, non lo concepivano nemmeno. Quelli a cui la risposta alla fatidica domanda non scatenava nemmeno la più piccola smorfia. Ma, pensandoci bene, quella smorfia poteva forse parlare di lei? Qualcuno avrebbe mai potuta notarla? Molte volte le persone non notano nemmeno quando sei senza trucco o hai pianto o sei tesa e nervosa. Altre ancora non ti notano. Punto. Nemmeno se avessi i capelli blu o ti fossi disegnata una nota musicale su una guancia. Ma se hai la gonna più corta, quello lo notano.
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Ma se notano quello non noteranno di certo la smorfia, è sicuro. “Come stai?” “Bene”
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E ti scopri nuovamente a pensare. Dove stiamo noi, ti chiedi? Stiamo dove sta il nostro corpo, il nostro fisico o dove sta il nostro pensiero? Se il nostro corpo è la prigione dell’anima, un fardello, allora noi siamo dove è il nostro pensiero, noi siamo dove è la nostra mente. Ma non è che se uno pensa alla luna o a Venere si trova in quei posti... Quindi stai a vedere che ci toccherà mantenere l’annosa suddivisione, ci toccherà continuare a dire “sei qui ma non sei qui”, a far notare che “hai la testa da un’altra parte” o che “fisicamente sei qui ma...”. Ancora quel “ma”. Oggi si sta materializzando troppe volte. Se fosse un numero lo giocherei al Lotto ma con un “ma” non si può fare. Non è che puoi entrare in una ricevitoria e dire “vorrei giocare un “ma” su tutte le Ruote. Anche se, magari, a Napoli trovi una di quelle vecchie bottegucce, di quelle stanzette piccolissime piene di libricini, bollette e tazzine di caffè mai restituite dove una persona vede il mondo come una serie di numeri che camminano. Un po’ come in “Matrix” ma con i numeri. Da 1 a 90. E ti immagini entrare, essere catalogata come 77, se ti chiedono “come sta” con un 72 e ti vedi speranzosa a domandare
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candidamente “vorrei giocare un “ma”, non so come fare” e ti senti rispondere “35”. Almeno servirebbe a qualcosa questo “ma”. Invece sono qui a pensare, a cercare di capire se sono qui o sono là. E mentre ci pensi forse scopri che, in quel preciso istante, non sei né qui né là. E non sai se esserne enormemente felice o incredibilmente rattristata. “Dove sono?” Dove sei, Marzia?
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Hanno inventato tutto. Possiamo comunicare a migliaia di chilometri di distanza, volare a velocità supersoniche, ricercare informazioni in pochi secondi. Se abbiamo freddo ci copriamo con le fibre più moderne, più calde e leggere che la tecnologia ci ha messo a disposizione. Se non vogliamo farci male ai muscoli prima di uno sforzo ci mettiamo gli scaldamuscoli. Ma se è vero che il cuore è un muscolo perché nessuno ha mai inventato lo scaldacuore? Perché una coscia o un polpaccio - con tutto il rispetto da danzatrice dilettante che porto loro - sono più importanti del nostro cuore? E si, il cuore è diverso. Magari fosse un muscolo come tutti gli altri da poter proteggere, riscaldare affinché non abbia a strapparsi, spezzarsi, patire dolore. Il dolore fisico lo sopporti bene Marzia, anche quando è forte e ti fa quasi piangere, ma quello dell’anima un po’ meno. Quello fisico passa, quello dell’anima... boh. E allora vorresti poter avere un navigatore personale dove impostare delle destinazioni quando senti che forse devi partire per qualche viaggio non programmato. E vorresti impostarlo con una destinazione semplice ed immediata. “Di là”.
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Oltre gli schemi prefissati che ti stanno soffocando senza che tu te ne accorga. Oltre la smorfia che ti viene dopo aver risposto “Bene” ad un “Come stai?”. Di là. E non sai se vuoi partire o se è solo un malessere passeggero, non sai nemmeno se vuoi guardare dal finestrino durante il viaggio. Certe volte vorresti solo addormentarti e risvegliarti sentendo una sola parola: “Arrivo”.
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Ti sei fermata davanti ad un fioraio oggi. Giusto un minuto, il tempo di guardare velocemente dentro. Gerbere, tulipani, orchidee e rose. Ti piacciono le rose, Marzia, e non perdi occasione per dirlo a chi conosci. Ma giusto per caso, proprio perché è più forte di te. Perché immagini che il principe che cavalca i tuoi sogni un giorno si presenti da te con un mazzo di rose di quel colore, proprio quella sfumatura che starebbe bene con il tuo smalto, con quella forma, quella grandezza precisa, quel profumo che sempre associ all’amore. E quando ti sfugge una frase riguardo la tua passione per le rose un po’ ti mordi la lingua. Cosa faresti se un amico o una persona che ti conosce così poco ti mandasse cinquanta rose? E se poi fossero proprio di quel colore, con quella forma, quella grandezza e quel profumo? Avresti il coraggio, tu che le ami tanto, di rimandarle indietro? Poi pensi che, comunque, non dici quasi mai di che colore ti piacciono e, per fortuna, di colori le rose ne hanno tanti. Chi ti manderebbe delle rose rischiando di scegliere un colore che non ti piace? E a quel punto sorridi pensando che i possibili guai che avresti potuto trovarti tra capo e collo si sono magicamente dissolti. Devi avere una sorta di intuito che ti impedisce di fare sciocchezze.
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Ci pensi mentre stacchi gli occhi da quelle rose. Ci pensi e un po’ ti dispiace.
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È arrivato un mazzo di rose. Tante rose. Del colore giusto. Della dimensione che amo. Con quei petali vellutati su cui starei ore a strusciare la punta del mio naso e la mia guancia. Con quel profumo che mi inebria, quello che ti rimane nella stanza, soave ma persistente e ti fa fare bei sogni. Ho aperto il biglietto. L’ho letto. Non finivo più di leggere quelle frasi, soppesavo ogni parola. Ognuna parlava di me. Penso di averlo riletto tre volte. Mi girava un po’ la testa ma stavo bene, era solo un po’ leggera. Tutto era perfetto. Solo la firma era fuori posto. Avrei voluto che la firma fosse un’altra. Lo avrei desiderato più di ogni altra cosa al mondo. “Forse si sono sbagliati”, ho pensato. Ma allora il commesso del fioraio come faceva a conoscere il mio nome? Ma, più che altro, come faceva quel tale a conoscere di che colore mi piacciono le rose? Sono sicura di non averglielo mai detto. Sicura... forse no. Fai mente locale Marzia. Ma come fare quando la mente è da un’altra parte?
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Ringrazierò. Domani ringrazierò per quel magnifico mazzo di rose. E poi vedrò di capire per quale occasione mi sono state donate. Ma non è questo che mi fa sentire stanca ora. È altro. Per anni pensi che il tuo principe con il tuo mazzo di rose stia cavalcando verso il tuo castello. Anni in cui ti sembra di sentire quel profumo, il frusciante rumore del suo mantello, lo scalpitare di zoccoli del suo destriero. Hai il tuo mazzo di rose. Il profumo. Il colore. Hai le parole che avresti voluto che dicesse. E ti accorgi d’improvviso che il principe sta ancora cavalcando da qualche parte. Stanca. È tardi. Domani potresti risvegliarti e scoprire che è stato solo un sogno. O un incubo. Ma senti il profumo delle rose. Almeno questa notte farai bei sogni.
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E ti scopri ad osservare una donna sul treno che risponde a dei messaggi sul cellulare. Dita affusolate ed eleganti, unghie curate, abbigliamento di classe. I tuoi occhi vengono catturati da due bracciali. Il loro luccicare ha un che di ipnotizzante. I brillanti che li compongono ti trasportano in una dimensione magica che ti spinge a distaccarti dalla realtà e ad entrare per un attimo in un mondo da sogno. Ti piacciono le cose che luccicano ed abbagliano. In fondo, Marzia, questi bracciali attirano l’attenzione, catturano gli occhi, mandano un segnale, come un radiosegnalatore in mezzo all’oceano. Il tuo oceano. Il tuo oceano di emozioni in burrasca che il giorno prima era calmo e tranquillo. Una distesa d’acqua in mezzo a tanta altra acqua, così profonda che stupisce ed affascina quanto lo sia. Una distesa talmente sperduta che non ci sono previsioni del tempo per questo meraviglioso specchio grigioverdeazzurro e senza previsioni non lo puoi sapere quando arriva il maltempo. Una cosa non hai ancora imparato alla perfezione. Che la luce che ti avvolge non te la danno i bracciali e i brillanti. Quella luce l’hai dentro. Mille volte più brillante di qualsiasi diamante.
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Mille volte più preziosa di qualsiasi tesoro. Certo, i bracciali, gli orecchini e le collane abbelliscono. C’è una sottile differenza tra chi ti dice “che belli quegli orecchini” e chi invece ti accoglie con un “quella collana ti sta davvero bene”. La differenza è minima. Un semplice “ti”. Te. Perché tu sei la luce e quei bracciali possono solo sperare di accompagnarsi più o meno degnamente a te. È ora di scendere Marzia. Distogli lo sguardo da quel luccichio. “Che belli”, pensi, “che splendida luce facevano”. E non ti accorgi che scendi e stai illuminando la stazione.
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Dove finiscono i pensieri? Questo ti chiedi stasera Marzia, continuando a pensare. Esiste un posto, un angolo di spazio, un’anticamera di cielo, dove i pensieri si affollano come vecchi libri dimenticati sullo scaffale dell’ala chiusa di una biblioteca? Si perdono per sempre una volta formulati, prima di essere fissati sulla carta, prima di arrossare le gote di chi li ha posseduti, prima che possano avere la benché minima possibilità di concretizzarsi in fragili realtà? O si incontrano, volando eterei e leggeri, in un luogo sacro, dove cadono a terra esanimi, senza forze né vita perché nessuno più li pensa? O forse rivivono quando qualcuno fa rifluire in essi sufficiente linfa vitale per farli volare, liberi ed inarrestabili più del vento? “Stavo pensando la stessa cosa”, “hai avuto la stessa mia idea” non son forse prove degli stessi pensieri che vivono in menti diverse? Magari uguali non saranno mai, ma potreste dire che un’auto non è più la stessa se la si ritarga o la si rivernicia? Tu non sai dove finiscono i pensieri, Marzia, - se mai finiscono da qualche parte - ma una cosa sai per certa... Se questo posto esiste tu ne occupi uno spazio generoso. Ci sono persone che non vi lascerebbero alcuna impronta, ma non tu. E pensi che se mai esistesse un tal luogo nessuno dovrebbe averne accesso perché i pensieri sono la cosa più intima che una
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persona possa esprimere. A meno che tu non decida che qualcuno di veramente speciale possa vederne alcuni attraverso le tue parole. Ma non succede spesso. Pensi alle rose. Al colore. Forse qualche pensiero non autorizzato ogni tanto sfugge. Ma la tua testa non è una prigione. Non esistono nulla osta o permessi da vidimare. Forse quel pensiero lo hai aiutato ad evadere tu. Comunque sia il problema non è dove sia adesso. Il problema è cosa potrebbe aver scatenato.
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Stasera ho fatto una sciocchezza. Nel senso che ho fatto una cosa senza peso, un gioco, una cosa per divertirmi e distrarmi un attimo. Non mi sarei mai aspettata che questa piccolezza potesse meravigliare e rendere allegro qualcuno. Mi ha sorpreso, piacevolmente sorpreso. All’inizio mi ha colpito, incuriosito, ma poi mi sono sentita divertita, felice. Mi sono detta: Marzia, a volte le cose più piccole ed insignificanti possono far l’effetto di grandi cose. Non posso credere che questa inezia possa aver avuto strascichi che si sono propagati fino al giorno seguente. Ho capito quindi che anche la più piccola cosa può allietare la giornata di qualcuno e, di riflesso, la mia. Che possiamo dare gioia e felicità o strappare piccoli sorrisi con poco perché la nostra anima vuole essere felice. Si, le piccole cose sono molto potenti. Un battito d’ali di una farfalla può scatenare un uragano secondo una teoria che si sta affacciando prepotente nella mia vita. Il problema è che io forse non sono dalla parte della farfalla. Forse sono nel cuore dell’uragano.
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L’ho rifatto. Non so perché. Mi sembrava divertente. Questo gioco, questa sciocchezza mi fa sentire bene, allegra. Questa volta però non se ne è nemmeno accorto subito. Alcune persone hanno proprio la testa tra le nuvole. Però so che la cosa lo ha rallegrato. Una cosa il mio istinto mi urla. Non devo farlo quattro volte. Una, due, tre sono accettabili. Quattro no. Non so perché e non so nemmeno da dove mi arrivi questa assurda considerazione però... sento che quattro potrebbe far battere le ali di quella farfalla. Nuovamente. Mi sento davvero sciocca. Tre sciocchezze, in fondo, sono come quattro no? Ho bisogno di un caffè. Oggi ne ho già presi tre però. Ma si, per una volta ne prenderò quattro. Male non farà.
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Per una donna ci sono tappe importanti. Appuntamenti che non puoi sbagliare, pena il rovinarsi l’esistenza per giorni. Prendersi un eritema solare i primi giorni di mare. Un taglio di capelli che non corrisponde ai propri desideri. Una tinta sbagliata. Che poi i capelli per una donna sono fondamentali. Ti potrebbe stare a raccontare come li ha avuti vent’anni prima, di che colore, di che lunghezza e quanto li ha tenuti in quel modo. E ogni volta che avviene un cambiamento a volte sotto sotto sta cambiando qualcosa di più profondo. Ma a volte no. Tanto che qualche amico ti chiede sempre: “Ehi, che succede?” e tu a spiegargli che non succede proprio niente, che vuoi solo farti una tinta. Per alcuni, automaticamente, cambi il tuo look per compiacere gli atri. Invece tu, Marzia, hai un’idea radicalmente diversa. Tu lo fai per compiacere te stessa, lo fai per te. Lo fai per piacerti, magari per piacere, ma non per piacere ad una persona. Tanto poi all’inizio va sempre qualcosa storto e il risultato non ti piace. Succede quasi sempre così. Tra quelli che non se ne accorgono nemmeno e quelli che ti
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dicono che sei una sciocca e stai bene. E anche se non succede niente - ne sei assolutamente sicura che non succede niente - a volte ti fermi a pensare che si, lo fai per te ma non riesci a spiegare perché lo fai proprio quel mese, proprio in quel periodo. “Ehi, che succede?”
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