#MyWebIdentity. Elementi psicosociologici dell’identità online

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Punti di Vista

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Anna Fata

#MyWebIdentity Elementi psicosociologici dell’identità online

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Prima Edizione: 2015 ISBN 9788898037995 © 2015 Edizioni Psiconline - Francavilla al Mare Psiconline® Srl 66023 Francavilla al Mare (CH) - Via Nazionale Adriatica 7/A Tel. 085 817699 - Fax 085 9432764 Sito web: www.edizioni-psiconline.it e-mail: redazione@edizioni-psiconline.it Psiconline - psicologia e psicologi in rete sito web: www.psiconline.it email: redazione@psiconline.it I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) e i diritti di traduzione e di adattamento totale o parziale sono riservati per tutti i paesi. Finito di stampare nel mese di dicembre 2015 in Italia da Universal Book srl - Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconline® Srl)

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Ringrazio di cuore tutti i miei Maestri, tutti coloro che hanno contribuito a vario titolo alla cura e all’edizione del presente volume, in particolare Andrea Albanese, Claudio Gagliardini, Riccardo Scandellari. Un grazie speciale a mamma Graziella.

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INDICE

Prefazioni Andrea Albanese Claudio Gagliardini Riccardo Scandellari

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Introduzione

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Il contesto: Una concezione del sé come rete #ComeFare - La rappresentazione grafica dei contatti La convergenza dei media #ComeFare - Coordinare la propria presenza sui media I siti di social network come pubblici di rete #ComeFare - Gestire più profili online Dipendenza dai social network? #ComeFare - I segnali dell’abuso di internet Fattori motivazionali e di personalità che predicono l’abuso di internet al lavoro #ComeFare - Misure anti dipendenza da internet Sfruttamento dei social network

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PUNTI DI VISTA

#ComeFare - Social Media Marketing I siti di social network come comunità virtuali #ComeFare - Groupware: piattaforme per lavorare in gruppo Il ruolo dei social network nel generare capitale sociale #ComeFare - Il fenomeno del “Social Street” Quanto utilizziamo i siti di social network? #ComeFare - Come condividere al meglio L’uso dei siti di social network negli ambienti di lavoro #ComeFare - Social Media Tools Elementi sociopsicologici di marketing online #ComeFare - La psicologia per il marketing nei social media Psicologia del comportamento e marketing online #ComeFare - Aumentare il tasso di conversione Psicologia del prezzo #ComeFare - Impostare un Hashtag Marketing Psicologia del colore nel marketing e branding #ComeFare - Strumenti per analizzare il contrasto di colore nei siti web Psicologia della Web usability #ComeFare - Test di usabilità dei siti web Psicologia dello storytelling #ComeFare - Creare storie perfette L’impegno civile e politico nei siti di social network 8

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#MYWEBIDENTITY

#ComeFare - Gestire i Social Media nelle campagne elettorali Blog e siti di social network per le campagne elettorali #ComeFare - Strategie per gestire una prima impressione ottimale Twitter: Il microblogging per costruire un’identità professionale #ComeFare - Ottimizzare il proprio profilo Twitter Il narcisismo collettivo nelle fotografie #ComeFare - Come evitare di confrontarsi con gli altri e soffrirne Le comunità online di condivisione di fotografie #ComeFare - Strumenti visuali Costruire il sé attraverso la selezione di fotografie #ComeFare - Piattaforme di storytelling online I codici impliciti dell’identità nei siti di social network #ComeFare - Pratiche da evitare nell’uso dei social network Identità e livelli di anonimato online #ComeFare - Proteggere identità e privacy online Come influiscono le nuove tecnologie sulle relazioni e sul legame tra gli amici #ComeFare - Suggerimenti per il successo nei social network Implicazioni della privacy nello svelamento online #ComeFare - Come svelarsi agli altri e avere successo online Gli anziani e i nuovi media: la percezione dei ri-

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PUNTI DI VISTA

schi online #ComeFare - Proteggersi dalle truffe online Le relazioni tra l’intensità di uso dei siti di social network, l’autostima e la personalità #ComeFare - Coltivare l’autostima on e offline I rischi connessi all’autosvelamento online #ComeFare - Farsi accettare da un gruppo L’identità sociale negli ambienti di apprendimento collaborativo supportato da computer (CSCL) #ComeFare - Piattaforme di apprendimento collaborativo online Lo status nelle autopresentazioni nei siti di social network #ComeFare - Creare un’autopresentazione perfetta I motivi per creare una pagina web personale e i fattori di personalità #ComeFare - Scrivere una pagina web perfetta L’impatto della comunicazione via mail sulla vita aziendale #ComeFare - Scrivere email perfette L’impatto delle tecnologie mobili #ComeFare - Gestire il tempo in modo ottimale Anonimato, pseudoanonimato e aggressività online #ComeFare - Gestire l’aggressività L’aggressività nei forum #ComeFare - Creare un forum perfetto

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#MYWEBIDENTITY

La netiquette

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Sitografia

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Bibliografia

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Immagini

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PREFAZIONI

Scrivo con piacere questa prefazione per il libro di Anna, una lettura che consiglio vivamente a tutti coloro che vogliono un punto di vista innovativo sul tema dell’identità digitale al tempo dei social media. Trovo che l’approccio divulgativo di questo libro, che da un lato conserva forti elementi teorici e metodologici e dall’altro invita e porta il lettore ad una sperimentazione pratica nella sezione #ComeFare, sia un meraviglioso esempio di trattazione di uno dei temi più complessi ed articolati dei nostri tempi: l’essere umano e le implicazioni di un’innovazione tecnologica sulle relazioni ed il comportamento sociale. Tim Berners-Lee, inventore del Web nel 1990, all’epoca ricercatore del CERN di Ginevra, dichiarò: “Il web è più un’innovazione sociale che un’innovazione tecnica. L’ho progettato perché avesse una ricaduta sociale, perché aiutasse le persone a collaborare e non come un giocattolo tecnologico. Il fine ultimo del Web è migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo”. I Social Network sono un’evoluzione del Web, li utilizziamo in modo così intenso e strumentale per comunicare tanto da aver creato il termine ‘Social Media’. Penso che nemmeno lo stesso Tim Berners-Lee potesse immaginare quanto profetica, futuristica e incredibilmente attuale fosse la sua dichiarazione, né tantomeno gli effetti delle sua creazione. Edizioni Psiconline © 2015 - Riproduzione vietata

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PUNTI DI VISTA

Quello che ho visto in questo vorticoso periodo è stata la ricerca da parte delle persone e delle aziende di apprendere, comprendere ed utilizzare il nuovo linguaggio digitale. Una ricerca volta ad apprendere come relazionarsi con i propri utenti, clienti e potenziali clienti, come fare marketing e comunicazione, come raccontare i propri prodotti e servizi e soprattutto come raccontare i propri valori e la propria identità. A ben guardare, la ricerca che ho visto nelle persone d’azienda che ho incontrato, è quella di comprendere come dall’On-line si creino relazioni Off-Line e come si sostengano e mantengano contestualmente ancora nell’On-Line attraverso i Social Network. È una ricerca spesso inconsapevole, volta alla comprensione di come usare questo nuovo linguaggio digitale e di tutti i suoi dialetti (Facebook, Twitter, Instagram, Whatsapp, ...). Una ricerca partita dalla sperimentazione personale che ognuno di noi ha fatto nel mondo Digital iniziata solo 25 anni fa con il WWW. Se penso a come è cambiato negli ultimi 4 anni il mio modo di relazionarmi con gli altri con l’avvento dei Social Media quasi non mi riconosco; ora il sabato e la domenica sono diventati un elemento della settimana lavorativa, ed il mio concetto di tempo libero è mutato. La mia attenzione alle cose è cambiata, il modo in cui leggo è differente. Ora incontro le persone digitalmente sui social e poi stringo loro la mano, e l’immagine che danno di loro online mi condiziona. I Social mi hanno dato una sorta di ubiquità digitale, per cui sono sempre online e raggiungibile anche quando sono affaccendato in altre cose: una persona mi legge su Linkedin, approfondisce su un Blog e curiosa su Facebook tra i commenti dei miei collegamenti e mi scrive un messaggio dopo avermi sperimentato digitalmente, con i suoi tempi, secondo le sue esigenze, senza chiedermi nulla. E tutto questo accade mentre sto dormendo, oppure sono in vacanza o da un cliente impegnato su un progetto, tutto accade 14

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senza che io sia fisicamente presente. Negli ultimi 3 anni ho incontrato oltre 12.000 persone sui temi Social e Digital, ed ho avuto l’opportunità di fare formazione in aula a circa 5.600 persone di 4.800 aziende. Questa esperienza personale, mi porta a pensare che la rivoluzione comunicativa e relazionale che stiamo affrontando meriti momenti di riflessione anche attraverso la lettura di un libro. Perché la logica del click e l’analfabetismo emotivo che sta creando, necessitano di studio per essere compresi. Buona lettura. Andrea Albanese Social Media Marketing e Digital Communication Advisor, Project Manager, Docente.

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Chi sono, IO? Cosa faccio nella vita? Quali sono le mie competenze, le mie passioni, le miei opinioni, le cose in cui credo? Come la penso e perché? Cosa rappresento per i miei amici, i miei colleghi, i miei conoscenti? Come posso valorizzare le mie qualità e perseguire i miei obiettivi, in sinergia con altre persone che li condividono e che possono aiutarmi a raggiungerli? Sono molti gli elementi che compongono la nostra personalità e, troppo spesso, neppure noi stessi siamo in grado di elencarli tutti, di gestirli e di proporli nel modo corretto agli altri. “Chi siamo” dipende da moltissimi fattori, alcuni dei quali dipendono da noi stessi, altri esterni, non controllabili e difficili da monitorare. Negli ultimi anni la rete ci è venuta in aiuto. Se ci facciamo caso, molti dei nostri contatti, soprattutto quelli che stimiamo di più e che si dimostrano davvero in gamba, prima della rete avevano poche occasioni per mettere in luce le proprie competenze e, in molti casi, addirittura l’attività che svolgevano era molto diversa da quella attuale. Queste persone, che oggi in molti ritengono autorevoli e molto preparate nel loro settore, hanno saputo utilizzare la rete per proiettarsi in una dimensione più compatibile con la loro natura e con le loro capacità, che spesso in precedenza non erano riuscite ad emergere o a farsi strada, in un mondo del lavoro che allora era “imballato”, imbalsamato, chiuso e soffocante. La rete ha cambiato il mondo, e siamo soltanto all’inizio. Il web e i suoi strumenti, in particolar modo quelli sociali, hanno ribaltato le regole della società e aperto nuove strade, libere a aperte a chiunque sia disposto a togliersi la maschera e la divisa e a rimettersi in gioco, tirando fuori la propria vera identità. Tutti siamo in qualche modo Superman e la rete è la cabina del telefono in cui possiamo cambiarci d’abito e spiccare il volo, per salvare noi stessi e gli altri da una società finta, artificiale, basata su regole vecchie e incapaci di garantirne il

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PUNTI DI VISTA

funzionamento e la sostenibilità. Quando parliamo di “identità online”, dunque, non dobbiamo immaginare un processo di mistificazione e di “identity building”. Al contrario, la rete esalta la trasparenza, la lealtà, la coerenza, le competenze e la capacità delle persone di andare oltre la dimensione individuale, verso un approccio collaborativo, costruttivo e proattivo. Ciascuno di noi, ne sono convinto, può essere qualsiasi cosa e raggiungere qualsiasi obiettivo. Il più alto, quello che porta più lontano, è trovare se stesso e non limitarsi ad assecondare l’opinione degli altri, il modo in cui essi ci vedono e il ruolo in cui ci relegano, per invitante che sia. Ecco, la rete è il mezzo che può davvero compiere il miracolo di aiutarci a scavare un solco, pronto ad ospitare i semi che noi stessi siamo in grado di produrre. Attenzione, però: non stiamo parlando di un solco virtuale e di una realtà parallela. Online e offline sono due facce di una stessa medaglia, se non addirittura la stessa faccia, più definita e meglio illuminata. Chi ha colto l’occasione di mettere in evidenza la propria vera identità in rete, non è rimasto prigioniero di quella dimensione, ma sta vivendo la propria vita reale in una dimensione tangibile, in cui il web rappresenta solamente un mezzo e uno strumento, non un mondo parallelo. Se siete pronti per gettare quella maschera, dunque, e per intraprendere un percorso di tipo collaborativo, sinergico e proattivo, la rete è il luogo sconfinato e ricco di opportunità che state cercando. Un luogo in cui ciò che siamo davvero trova il suo spazio, perché a differenza del sistema in cui abbiamo sin qui vissuto, non relega le persone in un ruolo o in una mansione, omologandole, ma ha bisogno di tutte le competenze, tutti gli approcci e tutte le peculiarità, per completarsi e arricchirsi, giorno dopo giorno. La rete è un acceleratore incredibile, un fattore di moltiplicazione esponenziale, un’autostrada sulla quale non contano 18

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#MYWEBIDENTITY

cavalli e cilindrata, ma piuttosto la capacità di spostarsi tra le corsie in modo ordinato, al momento giusto e senza tagliare la strada a nessuno. A breve essa sarà il palcoscenico di miliardi di identità, molte delle quali artificiali. Internet degli Oggetti è pronto per dare vita alle cose, trasformare le macchine in entità dotate di una loro intelligenza, di capacità di comunicare e addirittura di relazionarsi, con altri oggetti e con le persone. Loro, le macchine, le intelligenze artificiali, saranno enormemente più capaci di noi di esprimere la propria identità e di trovare il proprio spazio, il proprio ruolo e la propria missione. Perché il mondo del futuro, ne sono convinto, sarà un fiume in piena che scorre veloce e ciascuno dovrà muoversi in quel liquido con autorevolezza, competenza e, soprattutto, con una forte identità, che gli permetterà di essere un faro nella notte, piuttosto che uno scoglio appuntito nel buio. Quando parliamo di “identità digitale”, dunque, parliamo di noi stessi in tutta la nostra essenza più genuina. Parliamo di chi siamo, non di come gli altri ci vedono. Parliamo di chi siamo, non di come vorremmo essere e delle maschere che indossiamo. In rete le maschere sono un arma a doppio taglio, che ci porta lontano da dove vorremmo arrivare e che ci costringe a nuotare tra i pescecani, invece che in acque tranquille. Gettatele via, quelle maschere, e usate questo luogo sconfinato e i suoi mezzi per trovare voi stessi, per coltivare le vostre passioni, per affinare le vostre competenze e metterle a frutto, affinché diventino la vostra fonte di sussistenza in questo e nel mondo che sta arrivando, molto rapidamente e proprio a partire dalla rete, e dalle tecnologie che essa ha abilitato. In rete siamo tutti nudi e chi non lo è viene denudato, un pezzo alla volta, come in una partita di strip poker in cui non ha altre possibilità se non quella di perdere. Avete presente l’immagine dei dirigenti dell’Air France denudati dai dipendenti licenziati? Ecco, questo è il trattamento che la rete riserva a

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PUNTI DI VISTA

chi gira in costume e in maschera, anzichĂŠ nudo, trasparente e coerente con la propria genuina natura. Siate voi stessi, siate leali. E siate anche pazzi e affamati, come disse Steve Jobs, ma non sprecate quella fame e quella follia in altre direzioni che non siano quella che porta alla vostra essenza piĂš vera. Claudio Gagliardini Consulente, formatore e relatore in Web Marketing, Social Media e comunicazione online

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Le tecnologie di conversazione digitale, negli anni, stanno diventando, sempre più, una realtà parallela. Un luogo in cui viviamo, ci confrontiamo, facciamo nuove amicizie, lavoriamo e intratteniamo relazioni. In molti casi, sono l’unico luogo di relazione di persone che, per impegni lavorativi e comodità di accesso, lo prediligono rispetto alla relazione vecchio stile. Questi strumenti si sono evoluti e continueranno a farlo, per cercare di offrire un meta-luogo in cui poter vivere e fare affari senza stringere mani, richiedere appuntamenti e collaborazioni. Non sta a me valutare l’impatto sociale di una simile trasformazione. Si vedono già gli importanti effetti, sia positivi che negativi, e sono raccontati benissimo nel libro che state per leggere. Come professionista del marketing digitale il mio compito è verificare e mettere in pratica, per me e per i miei clienti, attività, atteggiamenti e tecniche da cui trarre il massimo profitto a scopi lavorativi e relazionali. In questo ambito, queste tecnologie offrono molto. Forse troppo. È abbastanza comune vedere che rimangono disoccupati ottimi professionisti, perché incapaci di relazionarsi e di utilizzare le tecniche narrative proprie di questi strumenti, mentre altri che, pur essendo meno qualificati sul piano tecnico, ottengono maggiore successo grazie alla loro ottima comprensione delle opportunità che offrono queste tecnologie. Ottenere un ottimo Personal Branding digitale è una operazione alla portata di tutti. Questo libro racconta, con dovizia di particolari, quali sono le attività premianti e quali i blocchi che dovremo superare per avvalerci di questa importante attività. Nel tempo, sono giunto alla conclusione che i veri motivi del fallimento di questo esercizio siano dettati più dalla mancata conoscenza degli obiettivi e dei nostri blocchi personali che dalle problematiche tecniche facilmente risolvibili. Ho conosciuto molte persone negli ultimi mesi che hanno tentato di crearsi un’immagine digitale convincente e sostenibile, ma che

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si sono arenate alle prime difficoltà. Impegnarsi nella creazione di un’immagine digitale convincente e credibile di sé, richiede la capacità di gestire al meglio il tempo, di comprendere e affrontare i propri limiti personali e una continua auto formazione tecnica sugli strumenti. Una combinazione di fattori che davvero in pochi sono capaci di gestire. La nostra immagine personale digitale è costituita, nel 90% dei casi, da ciò che raccontiamo e che diamo prova di conoscere, dal nostro modo di confrontarci e dalle doti empatiche e comunicative. Ci sono molti modi di comunicare. Lo si può fare attraverso testi, video, immagini o anche con la combinazione di questi, ma la dote principale rimane la capacità di relazionarsi. Dote sulla quale cadono anche molti sedicenti guru della rete che dialogano esclusivamente con persone della loro cerchia e mantengono un atteggiamento di chiusura quasi totale verso l’esterno. Una caratteristica che fa grande chi è riuscito ad ottenere una buona immagine digitale è l’autorevolezza, come anche la scelta di rimanere fuori da logiche di gruppo o settarie, dalle lobbie improvvisate dei gruppi chiusi, allontanando le sirene delle “persone tossiche” e dei manipolatori. Saper dire di no è una abilità di pochi. Quei pochi che, di fatto, dimostrano di avere qualcosa di veramente unico e utile: la coerenza! Riccardo Scandellari Giornalista e consulente per il marketing on-line

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INTRODUZIONE

Siamo sempre più immersi e permeati dai mezzi di comunicazione: nuovi, meno nuovi, oggi tutti devono poter operare in sinergia e sintonia per poter svolgere le funzioni a cui sono deputati fin dal loro sorgere, diffondere informazioni, comunicare, condividere, mettere in relazione le persone, creare un terreno comune in cui conoscere, formarsi, aggiornarsi, contribuire attivamente, creare una nuova visione di sé e del mondo. Ciò che caratterizza sostanzialmente i nuovi media digitali è la maggiore interattività, la delocalizzazione spaziotemporale, la portabilità quasi assoluta, al punto che quasi si arriva a sentirli come parte integrante di se stessi, del proprio modus operandi, del proprio essere, esserci, vivere e lavorare. La nostra identità, il nostro modo di vivere e di lavorare hanno inevitabilmente risentito di queste nuove opportunità: nel momento in cui qualcosa si inserisce nel nostro spazio vitale, inevitabilmente lo trasforma, noi stessi ne siamo trasformati, e a nostra volta modifichiamo tali strumenti e con essi la visione del mondo. Quanto è reale la visione del mondo, di noi stessi, dell’universo, dell’azienda che abbiamo tramite i nuovi media? Quanto conosciamo e sappiamo avvalerci delle loro potenzialità? Quanto siamo consapevoli dei loro limiti? Un professionista, un’azienda di successo, un brand, non Edizioni Psiconline © 2015 - Riproduzione vietata

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possono prescindere da questi strumenti tecnologici, ma al tempo stesso devono poter mantenere quella concretezza, quel calarsi nella realtà materiale e quotidiana con cui tutti noi, volenti o nolenti, siamo costantemente a contatto. Più che parlare in modo distinto, a volte opposto, di tecnologie e identità on e offline, forse, più propriamente, si può utilizzare l’espressione “integrazione”: il confine tra i due mondi sta sfumando sempre più, sta diventando sempre più permeabile, al punto che, spesso, diviene difficile distinguere i due universi. L’identità personale, professionale, aziendale, i brand, stanno mutando la loro personalità, la loro essenza psicologica, di conseguenza, un bravo manager, un imprenditore, un libero professionista, un comunicatore ne devono tenere conto per potersi porre sul mercato in maniera coerente. Altra parola chiave ricorrente nel mondo dei nuovi media: la “coerenza”, che va di pari passo con trasparenza, onestà, semplicità, vicinanza, umanità. I nuovi media offrono una chiave di rappresentazione e lettura di noi stessi e del mondo, una tra le tante possibili. Come tale essa è parzialmente sotto controllo del diretto interessato, in quanto tali strumenti offrono la possibilità di veicolare alcune informazioni, ma di tacerne altre. Questa affermazione è valida, ma fino ad un certo punto. La definizione dell’identità è in continuo divenire, oggi più che mai, è sotto gli occhi di tutti, ma ancora più che in passato è il frutto di condivisione, cocreazione, grazie ad un peso sempre maggiore delle reti sociali e del capitale sociale che ne scaturisce. Tutto e tutti possono ritagliarsi la propria nicchia, il proprio micro protagonismo, per un tempo più o meno ampio, per un pubblico più o meno circoscritto. Nel fare ciò, però, è imprescindibile una linearità di fondo: le menzogne, durano poco on e offline. Nelle pagine a seguire verranno illustrati alcuni principi di funzionamento teorico della formazione delle reti sociali e dell’identità integrata on e offline, indispensabili da conoscere, 24

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successivamente corredati da elementi pratici contraddistinti dall’hashtag #ComeFare, per rendere immediatamente operativo nella pratica quanto appreso. Un manuale ideale per chi desidera comprendere le pieghe della mente umana, individuale e collettiva, per addentrarsi tra gli aspetti psicologici e sociologici in cui siamo costantemente immersi e che noi stessi, spesso inconsapevolmente, alimentiamo. Conoscere e padroneggiare tali aspetti significa poter modellare un’identità di sé, della propria immagine personale, professionale, aziendale, vincente, in linea con i propri obiettivi produttivi e comunicativi.

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IL CONTESTO:

UNA CONCEZIONE DEL SÉ COME RETE

I sistemi sociali sono uno dei massimi esempi di reti. In una rete sociale i nodi sono gli individui e i link corrispondono alle relazioni. È possibile pensare a questi tipi di reti in termini matematici. Proviamo a prendere come esempio Facebook e a considerarlo come un network casuale in cui la maggior parte degli individui possiede approssimativamente circa il medesimo numero di amici. Ci sono solo poche persone che hanno un ampio numero di amici, oppure che non ne hanno affatto. Questo fa sì che la maggior parte delle persone siano simili una all’altra. Il modello casuale di rete descrive una società fondamentalmente democratica. Nonostante la casualità con cui i link sono collocati, essa raggiunge dei livelli medi in cui tutte le persone sono molto simili una rispetto all’altra. Esiste un ampio grado di casualità nel modo in cui ci creiamo delle amicizie e nel modo in cui le cose sono connesse. Proviamo ad esaminare network reali per comprendere come essi si comportano. Prendiamo ad esempio il world wide web, un ampio network in cui i nodi e i documenti sono collegati utilizzando degli url. Se dovessimo visualizzare il web vedremmo una mappa in cui ciascun nodo corrisponde a una pagina web e i link indicano connessioni ad altre pagine a cui Edizioni Psiconline © 2015 - Riproduzione vietata

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si può accedere tramite un singolo click. Le pagine web sono create da individui che differiscono significativamente gli uni dagli altri. Tali pagine riflettono gli interessi personali di coloro che le assemblano. Questo implica che un ampio network avrà un certo grado di casualità, inoltre possiamo trovare un vasto numero di nodi molto piccoli con pochi link ciascuno e pochi nodi altamente connessi. Questo fenomeno è stato definito da Albert-Laszlo Barbasi “Power low distribution”. È possibile anche considerare il web un network “scale free”, cioè un network dominato da pochi hub. Prendiamo per esempio una mappa di internet, che in realtà è molto differente dal web in quanto è una rete fisica. Sul web non costa denaro connettersi con qualcuno. Con internet collocare un cavo tra qui, ad esempio, e la Cina è piuttosto costoso. Su internet i nodi corrispondono ai router e i link ai cavi fisici, gli hub sono i router. Internet è una struttura dominata dagli hub. Ora passiamo ad un altro esempio e consideriamo le comunità online: qui i nodi sono i membri. Anche se noi non sappiamo chi essi siano, i loro amici lo sanno e tali relazioni con gli amici sono i link. Ci sono molti modi in cui tali amici si pongono in contatto tra di loro, indipendentemente dal tipo di modo in cui entrano in contatto si può visualizzare la stessa immagine, cioè la maggior parte delle persone ha solo pochi link e pochi ne hanno un grande numero. Dagli esempi fatti finora si può dedurre che la proprietà “scale free” è radicata in qualcosa che facciamo. Questi hub forse emergono come qualcosa di intrinseco nel comportamento umano. Questo vale anche per l’organismo umano: ad esempio, i geni hanno il ruolo di generare le proteine, queste ultime a loro volta quasi mai lavorano da sole, ma interagiscono le une con le altre nel sistema di interazione proteina-proteina. Nell’essere umano c’è anche una rete metabolica che si basa sulle reazioni chimiche. Questo significa che anche nelle nostre cellule ci sono molte reti. Esistono, quindi, dei principi orga28

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nizzatori dei network: il primo è la proprietà “scale free” che emerge in un alto numero di reti e consiste nel fatto che molti piccoli nodi sono tenuti insieme da pochi grandi hub. Il secondo principio organizzatore si definisce “sei gradi” o “fenomeno piccolo mondo”. Esso ha portato Stanley Milgram a coniare nel 1967 il concetto di “sei gradi di separazione”, che si basa sul fatto che la separazione media tra i nodi non è in funzione di quanti nodi il network possiede, ma piuttosto del logaritmo del numero dei nodi, che è in numero relativamente limitato. Questa non è una proprietà esclusiva dei network sociali, lo vediamo nel web, nelle cellule, in tutti i tipi di reti. Questo fenomeno è molto importante perché distrugge completamente la nozione di spazio: due persone possono essere molto lontane se noi misuriamo la loro distanza fisica, ma se guardiamo la loro distanza sociale essa si riduce ampiamente. Esiste un’altra caratteristica legata ai network “scale free”: il numero di nodi può rimanere invariato mentre si stanno effettuando delle connessioni. I network possono continuare ad espandersi e crescere, come ad esempio sta accadendo per le pagine web, ma i nuovi nodi preferiscono collegarsi ai nodi che sono già altamente connessi e questo si vede in maniera evidente nel web. Le nostre conoscenze, quindi, sono deviate verso le pagine che hanno maggiori connessioni. Quando ci connettiamo tendiamo a seguire la nostra conoscenza. Questo fenomeno si definisce “attaccamento preferenziale”, che significa che potremmo connetterci con qualsiasi nodo, ma è più probabile connettersi con un nodo altamente connesso che non con altri. È una questione di probabilità: la probabilità per me di connettermi ad una determinata pagina web è funzionale a quanti link tale pagina già possiede. Tale funzione si chiama “Matthew effect”, o anche “vantaggio cumulativo”. Esiste, pertanto, una distorsione verso i nodi maggiormente connessi. Se un nodo ha molti più link di un altro è probabile che i nuovi nodi si connettano ad

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esso, quindi i grandi nodi cresceranno più velocemente rispetto ai nodi meno connessi. Una delle più interessanti scoperte della teoria random delle reti consiste nel fatto che se continuiamo ad aggiungere dei link casualmente, ad un certo punto un’ampia rete improvvisamente emergerà. Questo implica il fatto che una rete esiste già dall’inizio e semplicemente ci limitiamo ad espanderla. Non c’è un momento magico in cui emerge la rete, quindi se consideriamo questo modello e coltiviamo numerosi nodi ci troveremo con il sorgere di una rete “scale free” e gli hub emergeranno in modo naturale. Questo è il terzo principio organizzativo: gli hub emergono tramite la crescita e l’attaccamento preferenziale. Un’altra questione interessante riguarda il fatto che i primi nodi di una rete diventano i più grandi hub: tanto più tardi si arriva, tanto meno possibilità un nodo ha di diventare grande. Questo si basa su un principio matematico: ciascun nodo accresce il suo grado in maniera direttamente proporzionale alla radice quadrata del tempo, cioè da quanto più a lungo ci si trova nel sistema, tante più connessioni si possiedono. Viene spontaneo a questo punto domandarsi come mai il modello di ricerca Google sia diventato uno dei più grandi hub oggi. È possibile comprendere questo fenomeno introducendo il concetto di fitness, che è la possibilità di un nodo di attrarre link. Non è quindi la probabilità di trovare una pagina web, bensì piuttosto una volta che si è trovata una pagina web è la probabilità che ci si connetta ad essa. Non è un caso imbattersi in una persona, ma una volta in cui la si incontra è la volontà di rivederla ancora. Il fitness, pertanto, è l’abilità di attrarre link dopo questi incontri casuali. In sintesi: la probabilità di connettersi ad un certo nodo è il prodotto del fitness e del numero di link. Quest’ultimo ci dice quanto è facile trovare il nodo. Secondo il modello del fitness, ogni nodo accrescerà i suoi link seguendo una legge di potenza, ma il livello esponenziale con cui il nodo cresce è unico di quel nodo. 30

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Il modello del fitness si lega anche a un concetto della fisica che è il principio della “condensazione Bose-Einstein”, secondo cui un nodo con un fitness particolarmente significativo attrarrà tutti gli altri link. Nel momento in cui la rete cresce questo nodo dominerà completamente il sistema molto più di quanto può fare un hub in una rete “scale free”. Esiste anche un altro concetto che è quello della robustezza secondo la quale i sistemi complessi mantengono le loro funzioni di base anche in caso di errore e fallimento. Secondo il modello random delle reti se si comincia a rimuovere dei nodi si raggiunge un punto critico in cui la rete decade, quindi ciascuna rete casuale e ogni rete regolare ha un suo punto critico. Rimuovendo più nodi rispetto al suo punto critico la rete si infrange, è inevitabile. Questo, però, vuol dire anche che possiamo rimuovere una porzione significativa di nodi senza rompere la rete. Se rimuoviamo casualmente i nodi, in una rete “scale free” tipicamente rimuoviamo i piccoli nodi, perché sono più numerosi. La probabilità di rimuovere un hub è molto bassa, in quanto ce ne sono pochi. Pertanto: rimuovendo i piccoli nodi una rete semplicemente si rimpicciolisce, ma senza rompersi, infatti possiamo rimuovere fino al 98% dei nodi e con il rimanente 2% la rete può continuare ad esistere e comunicare. Quindi c’è una robustezza nella rete che fa sì che soltanto rimuovendo gli hub più grandi la rete si infrange molto velocemente. Le ripercussioni sulle comunità online all’interno dei network si basano sul fatto che la maggior parte dei network sono pieni di comunità e gruppi di nodi che tendono a connettersi tra di loro. L’esistenza di tali comunità produce una tensione rispetto alla proprietà “scale free”. Tale proprietà indica che abbiamo pochi hub che mantengono insieme l’intera rete e le comunità suggeriscono che ci sono gruppi relativamente isolati di nodi che lavorano indipendentemente. Possiamo mettere insieme le due entità tramite il principio della “rete gerarchica”:

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PUNTI DI VISTA

le comunità più piccole sono molto interconnesse, mentre le comunità più grandi sono meno dense. Nel momento in cui le comunità si ampliano, diventano meno dense e si connettono tra loro in modalità gerarchica. Secondo la teoria di Mark Granovetter l’informazione si accumula nelle comunità e impiega del tempo per diffondersi, perché i legami tra le comunità sono deboli. Se tutti i link sono uguali, le nuove informazioni arrivano agli individui dai legami deboli. Quando poi soppesiamo correttamente i link, in realtà ci si rende conto che l’informazione giunge dai legami non forti, né deboli, ma intermedi. La ragione di ciò è semplice: le persone raramente si avvalgono dei loro contatti deboli, perché raramente comunicano attraverso essi. L’informazione non arriva neanche dai legami più forti, perché essi sono parte dei gruppi in cui tutte le persone condividono le medesime informazioni. Pertanto, l’informazione proviene da qualche parte nel mezzo.

#ComeFare - La rappresentazione grafica dei contatti Soprattutto in ambito professionale, e ancor più aziendale, rappresentare graficamente e analizzare la rete sociale propria e dei propri impiegati si rivela molto utile per tante possibilità, in primis per individuare tutti quegli influencer di cui non si è espressamente a conoscenza. Secondo una ricerca recente pubblicata su Hr Techcnology si è visto che se si chiede ai leader aziendali chi sono i principali influencer nella loro azienda, circa il 75% dei nomi che forniscono è scorretto. L’uso dell’analisi del traffico mail o le ricerche dirette su impiegati e manager non sembrano essere abbastanza efficaci nel rilevare accuratamente la quantità e la forza dei network sociali in azienda. Inoltre, si presentano anche problemi legati alla privacy, soprattutto relativamente alle mail. Per questo scopo, 32

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metodologie basate sui software sembrano essere più accurate ed eticamente lecite. L’analisi delle reti sociali sta diventando un modo sempre più diffuso per comprendere le organizzazioni e il cambiamento. Anche se l’assetto gerarchico nelle aziende sembra essere destinato a persistere, in esse diventano sempre più rilevanti le reti sociali informali, che divengono cruciali per un buono svolgimento delle attività professionali. I software in questo senso consentono di rendere visibile con precisione chi fa cosa e come il lavoro si svolge. In tal modo le aziende hanno più possibilità di sostenere, riconoscere, investire e trattenere le persone più efficienti e che possiedono più ricche reti sociali. I migliori professionisti oggi sono coloro che non solo sono tecnicamente preparati e svolgono al meglio le loro mansioni, ma anche e soprattutto che sono in grado di gestire al meglio e avvalorarsi delle loro reti sociali. Esistono veri e propri software, alcuni dei quali gratuiti, per rappresentare graficamente i propri contatti. In ambito accademico possiamo segnalare: •

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UCINET Software: è un software per l’analisi dei dati dei social network, sviluppato da Lin Freeman, Martin Everett and Steve Borgatti, si può scaricare e utilizzare gratuitamente per 90 giorni; Pajeck: è un programma per l’analisi e la visualizzazione di ampie reti, è gratuito per usi non commerciali; ORA: è uno strumento di valutazione e analisi sviluppato da CASOS presso Carnegie Mellon, consente di identificare nodi, legami, gruppi in modo dinamico, per comprendere come le reti cambiano nello spazio e nel tempo; GUESS: è un sistema di esplorazione grafica delle reti, viene fornito in modalità “open source”, si può anche procedere alla parziale modifica del codice;

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PUNTI DI VISTA

in ambito commerciale: • •

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InFlow Inventory: è un sistema gratuito per piccole aziende per tracciare ordini, controllare gli stock, gestire piccoli business; KeyHubs: permette di descrivere visivamente come l’azienda è strutturata e funziona, comprese le relazioni informali, aiuta a identificare e fare crescere i talenti, alimenta la collaborazione, valorizza l’attività degli influencer; NetMiner: è un software per la visualizzazione e l’analisi di ampie reti, consente di comprendere i nodi e la struttura delle reti, rilasciato per la prima volta nel 2001, esistono diverse licenze per usi commerciali e non, oltre che accademici; Gephi: è un software open source per la visualizzazione e l’analisi delle reti sociali, è nato in Francia, in ambito universitario, il suo uso si è esteso nel giornalismo, nei social media e in molti altri campi (guarda le immagini a pag. 373).

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LA CONVERGENZA DEI MEDIA

Oggi piÚ che mai tra nuovi e vecchi media esiste un rapporto di convergenza. Le nuove tecnologie di comunicazione stanno cambiando il modo in cui si acquisiscono e si recepiscono le informazioni a livello istituzionale, interpersonale e tra pari. Le tecnologie cambiano le presentazioni temporali di tali fonti e possono anche mutare il processo di elaborazione delle informazioni e le dinamiche di influsso sociale tra queste fonti. Esistono dei potenti filtri e delle distorsioni che possono influire su tale processo. Quando si parla di convergenza dei media si intende una sorta di mescolanza tra vecchi e nuovi media. Un esempio in cui tale fenomeno ha luogo sono le comunità virtuali e altre forme di informazioni create da pari. La tecnologia ha anche creato nuove forme di comunicazione, come nei siti di social network, che uniscono caratteristiche strutturali e funzionali della comunicazione di massa, interpersonale, tra pari. Tradizionalmente la comunicazione di massa comporta la trasmissione di messaggi a una via da una fonte unica a un pubblico ampio, relativamente indifferenziato, anonimo. La comunicazione interpersonale coinvolge numeri ridotti di partecipanti che si scambiano messaggi, che sono stati appositamente creati per loro e diretti a loro da fonti specifiche. La Edizioni Psiconline Š 2015 - Riproduzione vietata

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PUNTI DI VISTA

comunicazione interpersonale è stata considerata una forma di scambio di messaggi a due vie. I nuovi media interattivi a loro volta non possono rientrare in alcuna precedente categorizzazione, in quanto richiedono un nuovo approccio epistemologico. La loro natura interattiva impedisce che essi siano collocati nella loro interpretazione tra quelli interpersonali o quelli di massa. È stata pertanto coniata l’espressione da Cathcart e Gumpert “comunicazione interpersonale mediata” in cui ciascuna interazione da persona a persona viene veicolata da un medium per trascendere le limitazioni del tempo e dello spazio. All’interno di questa categoria si colloca una nuova tipologia che è la comunicazione mediata da computer (CMC). È una forma di comunicazione “mass personale”, non solo nelle forme attraverso internet, ma anche tramite l’appropriazione non convenzionale dei media convenzionali, come accade quando gli individui utilizzano gli strumenti di comunicazione di massa per la comunicazione interpersonale, i canali tradizionali di comunicazione interpersonale per la comunicazione di massa e i nuovi canali di comunicazione per generare comunicazione di massa e comunicazione interpersonale simultaneamente. Relativamente all’interattività si possono considerare diversi punti di vista: secondo i ricercatori delle comunicazioni di massa, i nuovi media sono relativamente più interattivi rispetto alle fonti tradizionali, mentre secondo i ricercatori della comunicazione interpersonale i nuovi media sono meno interattivi rispetto alle fonti tradizionali. Secondo altri approcci la comunicazione mediata da computer comprende elementi intermedi di comunicazione di massa e interpersonali ricombinati in un modo unico. In base a quest’ultima prospettiva, nella comunicazione mediata da computer coloro che inviano possono essere fonti della comunicazione di massa e partner della comunicazione interpersonale al tempo stesso. I riceventi nella comunicazione mediata da computer possono essere un’audience 36

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anonima e possono anche essere il target di messaggi istantanei personalizzati. In aggiunta, nella comunicazione mediata da computer l’analisi dei messaggi non è vincolata dallo spazio e dal tempo. Da ciò si deduce che la comunicazione mediata da computer implica dei nuovi processi che richiedono nuovi paradigmi di analisi. Oltre alla convergenza e alla complementarietà della comunicazione di massa e della comunicazione interpersonale una fonte interpersonale deve anche essere credibile. Inoltre, le fonti dei mass media possono non fornire lo stesso grado di accesso all’informazione. Relativamente all’accesso noi tendiamo a cercare l’informazione nei media o nei canali interpersonali basandoci su un argomento, un momento specifico e l’immediata accessibilità. Ogni materiale che noi troviamo dipende dalla disponibilità nel momento in cui cerchiamo. Su internet invece l’informazione è accessibile su richiesta. Internet è quasi sempre disponibile, mentre i mass media tradizionali e le fonti interpersonali possono non essere sempre facilmente accessibili per la ricerca di informazioni. Questo radicale grado di accessibilità sembra aver ovviato alle questioni di credibilità in termini di preferenza e accettabilità delle fonti. La credibilità, infatti, gioca il ruolo più grande nella nostra accettazione dell’informazione. I motori di ricerca come Google forniscono dei risultati di ricerca gerarchici in base alla rilevanza, tenendo relativamente poco in considerazione la fonte delle pagine citate. Inoltre, la maggior parte di noi tende a focalizzare la sua ricerca quasi esclusivamente sulle prime pagine che vengono visualizzate dal motore di ricerca. I cambiamenti che la tecnologia apporta nell’accesso all’informazione riguardano non solo la convergenza dei media, ma anche la convergenza dei canali di massa, interpersonali, tra pari. La comunicazione mediata da computer e tramite internet sovverte i precedenti schemi relativi al flusso di comunicazione tra le fonti. Prendiamo ad esempio le discussioni politiche: esse

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sembra che promuovano l’impegno civico. Quando le persone partecipano alle discussioni ricordano molti pro e contro sulla questione e accrescono così la conoscenza politica. Coloro i quali si impegnano di più nelle discussioni politiche online è più probabile che vadano a votare e quindi eseguano i loro doveri di cittadini. Si è visto che la comunicazione mediata da computer può essere interpretata anche con il modello della identificazione e deindividuazione sociale (modello SIDE). In base ad esso le conversazioni a breve termine anonime in chat creano una forte pressione nei partecipanti a conformarsi alle posizioni normative che si manifestano nelle discussioni di gruppo molto di più di come accade invece nei contesti vis a vis. In internet le fonti di informazione e di comunicazione possono essere multiple e simultanee e questo influisce ampiamente su coloro che vi sono esposti. Il web 2.0, che racchiude i siti web appositamente creati per facilitare l’interattività e la cocreazione di contenuti da parte dei visitatori, in aggiunta ai contributi originali degli autori, apre le porte ad una comunicazione molti a molti, contrariamente al web 1.0 che si basava su una comunicazione uno a molti. Esistono numerosi siti nel web 2.0 che forniscono nuove forme di comunicazione tra gli individui e i gruppi: ad esempio Facebook, Youtube, eBay, che rendono visibili e raggiungibili i pari, cioè gli altri visitatori e le loro interazioni. In realtà, i pari non sono semplicemente dei pari, ma esibiscono una “eterofilia ottimale”: secondo Rogers e Shoemaker essi sono come noi in termini di interessi e di prospettive condivise, ad eccezione di un’importante differenza, cioè loro hanno esperienza in un argomento specifico o capacità specifica che noi non abbiamo. Questi sono degni di fiducia e relativamente esperti in un settore: è noto infatti che le persone danno più valore ad un’informazione presentata quando credono che la fonte sia relativamente attendibile. La selezione tra pari, quindi, diventa 38

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un elemento discriminante per sancire la qualità e la rappresentatività di un’informazione. Online esistono oggi dei veri e propri sistemi che valutano la reputazione. A volte tale reputazione ha anche un valore monetario, se consideriamo ad esempio eBay. Si è anche visto che il web rende possibile manipolare le convinzioni e le azioni che si effettuano offline influenzando la credibilità e l’attrattività. Affidarsi a punti di vista, esperienze, commenti di persone affidabili ed esperte online è diventata una strategia normale relativamente ad attività quali lo shopping, la cura della salute, la coltivazione di un hobby, la vendita di prodotti e servizi. I commenti dei pari online possono anche influenzare i lettori relativamente ai loro atteggiamenti, attitudini e percezioni delle notizie. I commenti di parti terze non solo influenzano gli atteggiamenti degli individui, ma anche le loro percezioni in generale delle comunità online. I commenti di parti terze hanno un influsso anche relativamente alla nostra percezione dei profili online di altre persone specie nei network sociali: ad esempio i contenuti postati sulla bacheca di Facebook influenzano la percezione del profilo di questa persona in termini di attrazione e credibilità. Lo stesso vale anche per l’aspetto fisico della persona stessa e dei suoi amici. Il web 2.0 eleva ampiamente l’influsso potenziale delle fonti interpersonali, in questo senso non sono più importanti soltanto gli amici o i familiari, ma anche il gruppo diffuso di pari anonimi che condividono determinati interessi o attività. Dalla nascita di Facebook in poi il concetto di “amico” si è notevolmente ampliato. Con una media numerica di 250-275 amici associati al profilo online si va ben oltre 10-20 amici più vicini nelle relazioni tradizionali. A sua volta si è esteso ampiamente l’influsso sociale tra le persone. Il modo in cui le persone si avvalgono dei nuovi sistemi di comunicazione implica una raccolta di informazio-

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PUNTI DI VISTA

ni tra i media, la loro elaborazione, la loro comprensione. In questo processo le motivazioni interpersonali possono guidare la ricerca di informazioni al fine di soddisfare degli obiettivi interpersonali. Questo fenomeno si chiama “adattamento comportamentale”: in tale processo la ricerca delle informazioni è motivata dalla loro utilità per dirigere un comportamento anticipato. In tal modo le informazioni ottenute sono in relazione all’argomento di interesse, ma forniscono anche un’utilità comunicativa, una consapevolezza circa l’argomento relativamente al quale l’individuo si aspetta di interagire in future conversazioni. Gli obiettivi specificamente interpersonali che guidano la persona al consumo di un media portano l’attenzione sul contenuto, influenzando l’interpretazione e il ricordo. Ad esempio, una persona può non guardare un dibattito o un discorso a mente aperta con l’intento di compiere una decisione politica consapevole perché la ricerca di informazioni può essere deformata da specifici obiettivi interpersonali. Gli obiettivi possono essere differenti relativamente alle dimensioni, agli strumenti, all’identità, a questioni relazionali, alla necessità d’inclusione, affetto, controllo, al desiderio di impressionare, di mantenere uno status. Inoltre, gli obiettivi interpersonali possono riflettere un desiderio di esprimere accordo e generare una forma di somiglianza interpersonale al fine di impressionare favorevolmente il partner comunicativo. Quando gli individui perseguono obiettivi relazionali possono focalizzarsi sui contro-atteggiamenti che loro potrebbero generare. Per questo motivo gli obiettivi relazionali influiscono sull’attenzione, la selezione, l’interpretazione, la ritenzione delle informazioni. La ricerca e l’analisi delle informazioni possono essere differenti negli ambienti tradizionali in cui l’esposizione ai media e le discussioni interpersonali sono separate da un certo intervallo di tempo, diversamente da quanto accade con i nuovi 40

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media in cui i canali di massa e interpersonali possono essere simultanei. Anche nei gruppi di discussione offline i comunicatori possono condividere o detenere delle informazioni distorte per motivi sociali e la comunicazione mediata da computer può esacerbare questa tendenza, perché facilita un’autopresentazione selettiva a fini relazionali. La comunicazione mediata da computer consente agli utilizzatori di adattare fluidamente le loro autopresentazioni alle aspettative degli osservatori o dei partner conversazionali al fine di favorire impressioni e interazioni positive nei contesti asincroni e sincroni. Gli utilizzatori web sono molto consapevoli delle impressioni che hanno generato ai fini relazionali e considerano attentamente il bilanciamento tra l’apertura onesta versus le distorsioni dettate dalla desiderabilità sociale nel selezionare le strategie comunicative per attrarre gli altri online. Nella comunicazione mediata da computer esiste un ibrido tra messaggi di massa e interpersonali, che si basa sui messaggi interpersonali pubblici postati sui social network. Per leggere questo fenomeno si può utilizzare un approccio basato sugli obiettivi: i messaggi postati, ad esempio, su Facebook sulla propria bacheca diventano immediatamente messaggi pubblici, perché sono letti da tutti gli amici presenti sul profilo, che a loro volta possono commentare o condividere. Ulteriori condivisioni e commenti possono essere effettuati anche dalle persone che condividono in prima battuta tali messaggi. Uno dei principali utilizzi dei social network è basato sul mantenimento delle relazioni. Lo scambio dei messaggi è intrinsecamente personale e al tempo stesso pubblico, come una sorta di graffiti sui muri in cui è molto forte la componente di scambio partecipativo. Alla pari dei graffiti, tali messaggi possono rappresentare un segno simbolico di connessione. Una reciproca appartenenza a Facebook in questo senso può essere definita come una forma di comunicazione “mass personale”,

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PUNTI DI VISTA

secondo la definizione di O’Sullivan.

#ComeFare – Coordinare la propria presenza sui media Ogni media ha il suo linguaggio, finalità, regole, esplicite, e ancor più implicite. Adattarsi, integrarsi e valorizzare le possibilità e gli strumenti che tali contesti offrono è fondamentale per una buona riuscita delle proprie attività e comunicazioni, online e offline. L’obiettivo è fornire un messaggio unitario, coerente, comprensibile. Molte aziende si stanno adattando a questa modalità multi espressiva di sé e dei propri prodotti e servizi, e così anche i singoli professionisti. Prendiamo, ad esempio, Oscar di Montigny, che passa da una lunga nota biografica e professionale nel suo blog, ad una presentazione più essenziale su Twitter, con tutti i segni grafici convenzionali nel contesto, passando per Facebook, Google+, LinkedIn, YouTube (guarda l’immagine a pag. 374). C’è un elemento costante che sancisce una riconoscibilità: l’immagine fotografica che lo ritrae, nei primi quattro siti citati, ad oggi, novembre 2015, è la medesima. Sicuramente il luogo in cui si esprime massimamente la sua filosofia comunicativa e di convergenza, è il suo blog, ben ordinato a seconda delle aree tematiche, professionali e non. Il lettore sa cosa aspettarsi. Qui immagini, parole, video e rimandi ai social network si intrecciano in maniera impeccabile, perfettamente calibrati. Quando si decide di seguire un link ad altro sito, ivi compresi i social network, le modalità espressive si adattano di conseguenza, dalla brevità di Twitter, al tono pulito, formale, professionale di Linkedin, passando per la vena ludica e istrionica di Facebook. Quello che emerge, nel suo complesso, in modo trasversale, 42

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è un’immagine di uomo e di professionista di successo, affermato, positivo, sempre sulla cresta dell’onda, un grande formatore e motivatore che si pone di fronte al proprio uditorio al meglio possibile, per fare scaturire a sua volta il meglio in chi lo ascolta. Osservare esempi di case history ben riuscite, a nostro avviso, può rappresentare una lezione importante per imparare come fare. Non si tratta nella maniera più assoluta di imitare, bensì di trarre ispirazione, di apprendere il metodo, in modo da poter poi declinare la propria presenza e le proprie attività professionali e/o aziendali, on e offline, in modo altrettanto adeguato, lineare, ma al tempo stesso, sempre nuovo, sorprendente, fresco, coinvolgente.

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