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Mercati Farine e oli di pesce Roberto Villa
Farine e oli di pesce
Buona la produzione, prezzi in leggero ribasso. Ottima raccolta in Perù e Nord Europa, calo delle importazioni in Cina
Advertisement
di Roberto Villa
Secondo i dati diffusi attraverso i rapporti di mercato FAO GLOBEFISH, la stagione di pesca nella zona centrosettentrionale del Perù, conclusasi a metà agosto 2020, è stata particolarmente abbondante, con la quota di 2,41 milioni di tonnellate (+15% sul 2019) completamente raggiunta; l’obiettivo massimo di pesca è stato ottenuto nonostante la campagna sia stata infl uenzata dalle ripercussioni legate alle disposizioni prese nell’ambito del contenimento della pandemia da Covid-19.
Nell’area meridionale del Perù la stagione — che va dal 1o agosto al 31 dicembre — ha fi ssato una quota massima di cattura pari a 435.000 tonnellate, che in base alle prime informazioni disponibili ragionevolmente è stata soddisfatta. Nei primi otto mesi del 2020 il Perù aveva pescato nel complesso 2,37 milioni di tonnellate, in riduzione del 2% sull’analogo periodo dell’anno precedente; di con seguenza, la produzione di farine si è ridotta ed è stata di poco superiore a 557.000 tonnellate nel medesimo periodo.
Anche il Cile ha visto tra gennaio ed agosto un lieve decremento sul 2019, per una produzione pari a
265.000 tonnellate. Gli oli di pesce, nel periodo considerato, sono stati di 80.400 tonnellate in Perù e 97.600 tonnellate in Cile, dati che fanno del
Cile il primo Paese al mondo per
la produzione di olio.
La situazione della biomassa in Perù è molto favorevole, stimata in 10 milioni di tonnellate dall’Istituto marittimo peruviano (IMARPE) prima dell’inizio della stagione.
Nell’Europa settentrionale la produzione di farine nei primi otto mesi del 2020 è cresciuta notevolmente, oltre il 12%, mentre gli oli hanno visto un balzo in avanti addirittura del 26%. I dati dei primi sei mesi indicano che Norvegia e Danimarca hanno congiuntamente avuto un incremento per le farine del 16%, passando da 177.000 a 206.000 tonnellate.
A partire dalla fi ne del 2019 i prezzi sono stati in ascesa fi no ai primi sette mesi del 2020, passando da un valore medio di 1.350 a 1.480 dollari USA per tonnellata; a seguito del primo copioso pescato in Perù hanno cominciato però un’inversione di tendenza al ribasso, toccando un valore di 1.440 dollari per tonnellata a fi ne anno.
Il picco toccato in luglio è stato però in linea con le quotazioni registrate tra giugno 2018 e giugno 2019, secondo i dati elaborati da www.indexmundi.com su fonte della Banca Mondiale, riferiti al prodotto peruviano sfuso o pellettato con titolo del 65% in proteine.
Le esportazioni peruviane di farine sono calate del 58% rispetto al 2019, a motivo soprattutto delle diffi coltose condizioni meteorologiche che hanno colpito gli allevamenti nelle aree più produttive della Cina nel primo trimestre dell’anno passato e delle barriere alle importazioni legate alla pandemia Covid-19 erette da diversi paesi.
In termini quantitativi i volumi destinati alla Cina, che rappresenta tipicamente l’80% dell’export del paese andino, sono passati da circa 780.000 tonnellate nei primi sei mesi del 2019 a 564.000 nel primo semestre del 2020, con una contrazione equivalente al 27%. Questa riduzione nel fl usso tra i due Paesi è anche la conseguenza della fi rma dell’accordo tra Cina e Stati Uniti per l’azzeramento dei dazi, che ha reso più appetibile il prodotto di provenienza statunitense.
Le importazioni di farine della Norvegia vedono come origine principale sempre l’Islanda, con 17.000 tonnellate (ma erano 40.000 nel primo semestre del 2018 e 24.000 nel primo semestre 2019), seguita dalla Danimarca, con 15.000 (stabile nel triennio), e infi ne dal Perù, con sole 5.000 tonnellate, mentre 7.000 circa sono state reperite presso altri mercati.
Anche le esportazioni di olio di pesce dal Perù hanno subito un’analoga contrazione (–51%), passando nei primi sei mesi da quasi 96.000 a circa 47.000 tonnellate. Gli oli di pesce di origine peruviana hanno visto come principale destinazione il Belgio con oltre 10.000 tonnellate, il quale ha superato la Danimarca che tradizionalmente costituiva lo sbocco quantitativamente più rilevante, ora attorno alle 7.500 tonnellate, nel mezzo si è frapposto il Canada con circa 9.500 tonnellate.
La Norvegia si conferma il
primo importatore di oli a livello
globale, con approssimativamente 82.000 tonnellate nel primo semestre, sebbene in calo del 14% sul corrispondente semestre dell’anno precedente; cresce l’importanza della Danimarca, con 24.000 tonnellate (in crescita nel triennio), seguita dagli Stati Uniti con 15.000 tonnellate, volumi quasi triplicati dal 2018, e dalla Mauritania, con 12.000 tonnellate, mentre 27.000 circa sono state reperite presso altri mercati, i quali contribuivano per 40.000 e 48.000 tonnellate rispettivamente nel 2018 e nel 2019.
Roberto Villa
Nota
L’industria internazionale delle farine e dell’olio di pesce è una delle principali fonti di occupazione in tutto il mondo. Questo settore è di cruciale importanza per l’acquacoltura, l’agricoltura, il benessere degli animali, la nutrizione umana e il settore della pesca in generale; photo © Richard Carey – stock.adobe.com