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N. 5/2024
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24 5/ IL PESCE
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AGENDA
Parigi, Francia
Dal 19 al 23 ottobre SIAL Paris 2024 è pronta ad accogliere più di 7.500 espositori in rappresentanza di oltre 130 Paesi, con una previsione del 75% di visitatori internazionali. Questa edizione di SIAL Paris promette di essere un appuntamento senza precedenti per aziende e decision maker. Tra gli highlights ci sarà la nuova disposizione degli stand espositivi. Per migliorare l’esperienza dei visitatori, infatti, la nuova planimetria della fiera, come richiesto dai visitatori stessi, raggrupperà gli espositori per tema. In termini di partecipazione alla fiera, Francia e Italia si contendono il primo posto, con l’Italia attualmente in testa per superficie espositiva, con circa 17.000 m2. La Cina torna con vigore, con oltre 6.000 m2 occupati dai propri espositori, mentre Ucraina e India dimostrano la loro crescente influenza sulla scena globale. Saranno presenti anche diversi Paesi africani, con alcune partecipazioni collettive nel padiglione 5a. Le aspettative per una maggiore presenza rispetto alle precedenti edizioni sono alte, con Costa d’Avorio e Senegal che hanno già confermato la loro partecipazione, sottolineando l’impegno di SIAL per costruire un evento inclusivo grazie all’internazionalità espressa in ogni settore. Ci saranno infine per la prima volta espositori provenienti da Uganda, Libia e Iraq che arricchiranno ulteriormente la presenza culturale del SIAL. In ultima battuta, Stati Uniti e Spagna si stanno preparando per una presenza indimenticabile a questa storica edizione. sialparis.com
Hammamet, Tunisia
L’appuntamento con Aquaculture Africa 2024 (AFRAQ24), terza conferenza internazionale annuale e l’esposizione del capitolo africano della World Aquaculture Society, è a Hammamet, in Tunisia, dal 19 al 22 novembre. L’evento sarà ospitato dal Ministero dell’Agricoltura, delle Risorse idriche e della Pesca con il supporto di altri enti nazionali tunisini. La Tunisia, uno dei Paesi produttori di acquacoltura in più rapida crescita dell’Africa, accoglierà migliaia di delegati da tutto il mondo per celebrare i risultati ottenuti in tutti gli aspetti dello sviluppo dell’acquacoltura in Africa, ma anche per trovare soluzioni ad alcune delle sfide che ostacolano la crescita del settore e per esplorare nuove opportunità nell’ambito della blue economy. AFRAQ24 offrirà senza dubbio numerose opportunità di networking e collaborazione. La conferenza dal titolo “Blue Farming: New Horizons for Economic Growth” metterà in evidenza alcune delle più recenti ricerche, innovazioni e investimenti nel settore dell’acquacoltura per sostenere la crescita continua del settore in Africa. L’evento comprenderà un forum scientifico (presentazioni orali e poster), una mostra commerciale, forum industriali, workshop satellitari, eventi per studenti e altri incontri. was.org/Meeting/code/AFRAQ24
La sicurezza giuridica come chiave principale per lo sviluppo del settore dell’acquacoltura in Europa è un tema tanto complesso quanto attuale. Il nuovo Commissario europeo per la pesca e gli oceani, Costas Kadis, è già chiamato in causa per lavorare su una semplificazione dei processi burocratici. L’adeguamento alle normative europee ha generato tensioni tra la necessità di rispettare standard ambientali rigorosi e la fattibilità economica delle operazioni di acquacoltura. Cosa si può fare quindi per migliorare questa situazione? Il giornalista e comunicatore scientifico Alejandro Guelfo analizza la situazione e propone qualche soluzione a pagina 48.
La spesa degli Italiani nel 1o semestre 2024
La spesa alimentare complessiva nel 1o semestre 2024 si conferma sostanzialmente analoga a quella dello stesso trimestre dello scorso anno, sebbene i diversi comparti contribuiscano in maniera differenziata alla dinamica. Dopo mesi di continua crescita, si evidenziano contrazioni di spesa per tutti i comparti afferenti ai prodotti proteici di origine animale: se per le carni si registra un calo del –2,4%, i prodotti ittici manifestano invece una maggior tenuta, con una flessione più contenuta e pari al –0,8% (fonte: Osservatorio sui consumi alimentari Ismea-NielsenIQ).
Verso ecosistemi sani
L’approccio multiforme della General Fisheries Commission for the Mediterranean per mitigare le interazioni tra pesca e specie vulnerabili
L’area del Mar Mediterraneo e del Mar Nero, nonostante la sua suscettibilità ai cambiamenti climatici, rimane uno degli hotspot mondiali della biodiversità, grazie all’elevata ricchezza di specie, all’endemismo e alla presenza di specie rare e vulnerabili tra cui tartarughe e uccelli marini e diverse specie di squali e razze. Questi gruppi svolgono un importante ruolo ecologico negli ecosistemi acquatici. Valutare la loro distribuzione, abbondanza e stato è
fondamentale per la conservazione della biodiversità, in quanto aiuta ad affrontare le minacce antropiche dirette o indirette, come la pressione della pesca, l’inquinamento, il degrado degli habitat, il cambiamento climatico e l’introduzione di specie non indigene.
Quando si tratta di interazioni — in particolare catture accidentali e depredazione — tra la pesca e le specie vulnerabili, si registrano effetti negativi da entrambe le parti. Da
un lato, infatti, le specie vulnerabili vengono spesso agganciate o impigliate negli attrezzi da pesca e finiscono come catture accessorie, ferite o addirittura uccise. Dall’altro, alcune di queste specie (ad esempio delfini, foche monache, squali) possono causare significative perdite economiche ai pescatori, rimuovendo le catture dagli strumenti di pesca e danneggiandoli. Negli ultimi anni, queste interazioni hanno ricevuto una crescente attenzione, ma permangono
ampie lacune nella conoscenza della reale portata del problema.
Per comprendere meglio questi fenomeni e lavorare a soluzioni di mitigazione, la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (GFCM) della FAO, in collaborazione con diverse organizzazioni, ha recentemente lanciato un piano d’azione regionale per monitorare e mitigare le interazioni tra la pesca e le specie vulnerabili nel Mediterraneo e nel Mar Nero (RPOA-VUL). Questo piano decennale, che contribuisce direttamente alla Strategia 2030 della GFCM, mira a ridurre le catture accidentali di specie vulnerabili e a minimizzare i casi di depredazione dei delfini.
«La pesca produttiva richiede mari sani e il garantire che la pesca non eserciti un impatto negativo significativo sull’ambiente marino è un obiettivo fondamentale del lavoro della CGPM», ha dichiarato Paolo Carpentieri, responsabile del monitoraggio delle risorse ittiche. «Proteggendo il più possibile le
specie vulnerabili dal contatto con la pesca, possiamo ridurre al minimo gli impatti sulla vita marina e sostenere mari più sani, oltre ad aiutare i pescatori il cui sostentamento è infl uenzato da queste interazioni».
Per facilitare l’identificazione delle priorità e l’efficace attuazione delle misure di gestione, la GFCM supporta i Paesi membri nella raccolta e nella valutazione delle informazioni mancanti in modo approfondito e standardizzato. Le guide di monitoraggio delle catture accidentali di specie vulnerabili nella pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero contengono protocolli utili per questa attività.
Ricerca mirata sulle specie vulnerabili Seguendo le azioni chiave descritte nella RPOA-VUL, la GFCM ha lanciato cinque progetti pilota in tutte le sottoregioni del Mediterraneo, in collaborazione con diversi partner, per rafforzare i programmi di
monitoraggio sulle catture accessorie e identificare e testare misure di mitigazione volte a ridurre queste interazioni. BirdLife International sta lavorando per mitigare l’impatto dei palangari demersali sugli uccelli marini al largo delle Isole Baleari in Spagna, dove le specie di falco pescatore, tra cui il falco pescatore delle Baleari, gravemente minacciato, sono più a rischio. In Marocco, l’Accordo sulla conservazione dei cetacei del Mar Nero, del Mar Mediterraneo e dell’area atlantica contigua (ACCOBAMS), in collaborazione con l’Istituto nazionale di ricerca sulla pesca (INRH), si è concentrato su come ridurre il numero di squali e razze catturati accidentalmente con le reti a strascico, studiando anche come limitare la depredazione dei delfini con i ciancioli, le reti per la pesca con la lampara. In altre aree, ACCOBAMS sta collaborando con Marecamp (marecamp.com) per eliminare la depredazione dei delfini nella pesca artigianale in Sicilia orientale e con l’Università turca di
CetaByM, in collaborazione con ACCOBAMS, mira a valutare e mitigare le catture accessorie di cetacei nella pesca del rombo con reti da posta.
Çukurova per mitigare la cattura accidentale di squali, razze, tartarughe marine e altre specie vulnerabili da parte dei pescherecci a strascico nel Mare del Levante settentrionale. Quest’ultimo progetto include una valutazione dei tassi di sopravvivenza post-rilascio di squali e razze. Un quinto progetto prevede una collaborazione tra il WWF-Adria e l’Istituto croato di oceanografia e
GFCM, chi è e cosa fa
pesca e si concentra sulla riduzione delle catture di squali e razze nelle reti da posta e nelle reti combinate nell’Adriatico settentrionale.
«La collaborazione è fondamentale quando si affrontano le catture accessorie di specie vulnerabili. Il progetto pilota sulla mitigazione delle catture accessorie di squali e razze utilizzerà anche tag convenzionali e lavorerà con altri ricercatori che si
occupano di tagging nell’Adriatico settentrionale per raccogliere dati da animali che si muovono tra est e ovest nell’Adriatico», ha dichiarato Simone Niedermueller, responsabile regionale dei progetti dell’Iniziativa marina WWF-Mediterraneo.
I progetti pilota termineranno nel 2025 per poi proseguire con una nuova fase di consolidamento delle conoscenze e rafforzamento delle campagne di sensibilizzazione e dei programmi di formazione.
Mitigare le catture accessorie di cetacei nel Mar Nero
Nel Mar Nero è in corso un progetto correlato: CetaByM, in collaborazione con ACCOBAMS, mira a valutare e mitigare le catture accessorie di cetacei nella pesca del rombo con reti da posta. Il rombo chiodato è una delle specie più pregiate del Mar Nero, ma le reti da posta, il principale attrezzo utilizzato nella sua pesca, rappresentano un problema per la focena, una delle tre specie di delfini della regione. Questo cetaceo non è in grado di individuare le reti per rombi a distanza e, di conseguenza, rimane spesso impigliato. «La pesca del rombo porta reddito a tante comunità di pescatori su piccola scala nel Mar Nero», ha dichiarato Hüseyin Özbilgin , coordinatore di BlackSea4Fish. «Ma, poiché i livelli di mortalità della focena sono significativi, abbiamo testato misure per mitigare queste catture accidentali, assicurando al contempo che il rombo possa essere pescato in modo sostenibile a lungo termine».
GFCM è un’organizzazione regionale di gestione della pesca che opera nell’ambito della FAO e la cui competenza si estende a tutte le acque marine del Mediterraneo e del Mar Nero. Il suo obiettivo principale è garantire la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse marine vive, nonché lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura. I membri della CGPM comprendono 23 parti contraenti (Albania, Algeria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Egitto, Unione Europea, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Monaco, Montenegro, Marocco, Romania, Slovenia, Spagna, Siria, Tunisia, Turchia) e sei parti cooperanti non contraenti (Bosnia-Erzegovina, Georgia, Giordania, Moldavia, Arabia Saudita, Ucraina). Le attività di GFCM nel Mediterraneo e nel Mar Nero sono realizzate grazie al sostegno di paesi e donatori multipli, come l’Unione Europea, che è il principale finanziatore, il Fondo mondiale per l’ambiente e la Spagna attraverso un contributo volontario.
>> Link: fao.org/gfcm
Christophe Hansen: nuovo Commissario per l’Agricoltura e l’Alimentazione
Appuntamento il 12-13 febbraio 2025 con la 9a edizione di AquaFarm
Il prossimo appuntamento con AquaFarm, la Mostra convegno internazionale su acquacoltura, molluschicoltura, algocoltura e industria della pesca, è per il 12 e 13 febbraio 2025. Si tratta dell’evento di riferimento in Italia dedicato al comparto dell’acquacoltura del bacino mediterraneo che, presso il quartiere fieristico di Pordenone, ospita due giornate di lavoro per gli operatori B2B. Unendo un palinsesto di conferenze internazionali ad un’esposizione commerciale internazionale con le principali aziende leader di settore, AquaFarm è diventato uno dei più importanti appuntamenti in Europa, e l’unico appuntamento in Italia, dedicato ai settori dell’acquacoltura, allevamento dei molluschi e all’industria della pesca sostenibile. In concomitanza ad AquaFarm si svolgerà anche AlgaeFarm, il progetto fieristico dedicato all’algocoltura e quindi della coltivazione, trasformazione e utilizzo di alghe e microalghe. >> Link: aquafarm.show
G7 – Agricoltura e Pesca, il mondo di pesca e acquacoltura al centro
Nel corso del G7 – Agricoltura e Pesca che si è svolto a Siracusa dal 26 al 28 settembre scorsi, il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità
Alimentare e delle Foreste, col patrocinio del Comune di Siracusa, ha organizzato sull’isola di Ortigia un’esposizione delle eccellenze di agricoltura, pesca, acquacoltura, del settore vivaistico/forestale nazionale e delle tecnologie innovative, nonché eventi e convegni. Al G7 hanno presenziato i ministri dell’Agricoltura di USA, Canada, Giappone, Francia, Germania e UK, assieme a quelli di nove Paesi africani.
G7 Agricoltura e Pesca: spazio alle cooperative
«Come Legacoop Agroalimentare riteniamo questo appuntamento decisivo per fare conoscere al mondo la nostra filiera agricola cooperativa e le eccellenze della cooperazione. In particolare, la cooperazione siciliana caratterizzata da storie di riscatto, resilienza, qualità e sostenibilità e rispetto per l’ambiente», ha evidenziato il presidente di Legacoop Agroalimentare Cristian Maretti. «Storie che meritano di essere conosciute e il G7 rappresenta la vetrina migliore», ha sottolineato Filippo Parrino, presidente Legacoop Sicilia.
L’acquacoltura a Ortigia con API
Anche l’acquacoltura è stata protagonista a Siracusa, nella ConfagAgorà, l’hub di Confagricoltura. API, Associazione Piscicoltori Italiani, che rappresenta il 90% delle aziende di piscicoltura italiane, ha gestito uno spazio dedicato per tutta la durata della manifestazione, raccontando la straordinaria storia dell’acquacoltura italiana, che, nonostante l’altissimo livello qualitativo dei prodotti, non è ancora così conosciuta al grande pubblico. Il messaggio che l’associazione ha portato a Siracusa era improntato sul grande impegno a tutela delle risorse naturali e, contemporaneamente, in grado di esaltare il lavoro dell’uomo e di portare in tavola pesci allevati buoni e sani. «Siamo da sempre impegnati nella tutela della biodiversità e manteniamo l’equilibrio ambientale (un grande esempio è la vallicoltura) — ha affermato Pier Antonio Salvador, presidente dell’API — e contribuiamo a salvare dall’estinzione specie come lo storione e la trota marmorata. Siamo allevatori e ambasciatori di prodotti di eccellenza: il caviale italiano è rinomato e ricercato in tutto il mondo. Siamo i secondi produttori al mondo e i primi nella UE, con 65 tonnellate prodotte nel 2023. Inoltre, esportiamo le nostre spigole e orate da Singapore agli Stati Uniti». L’orgoglio dell’acquacoltura italiana è stato per l’occasione riassunto dall’API in un racconto con una pubblicazione ad hoc, “I contadini dell’acqua”, che illustra il comparto con fotografie, grafici e dati del settore, senza tralasciare suggerimenti culinari, proponendo piatti della tradizione, a partire da quella siciliana.
Federpesca a Expo Divinazione Siracusa
Anche Federpesca ha partecipato all’Expo Divinazione con la mostra immersiva “In Mare”. Un percorso sensoriale all’interno di una cupola geodetica, in cui il visitatore poteva immergersi fisicamente ed emotivamente in storie di donne e uomini che ogni giorno si impegnano a offrire i migliori prodotti ittici. In questo modo Federpesca ha voluto affiancare alla comunicazione tradizionale una narrazione incentrata sulla potenza evocativa di immagini e suoni, per avvicinare i visitatori ad un mondo poco conosciuto e spesso mal raccontato. Per far capire i sacrifici e la professionalità dietro al percorso che porta i prodotti ittici dal mare alle nostre tavole.
La sostenibilità nelle piccole imprese agroalimentari
Le grandi aziende adottano accorgimenti di impatto, comunicano il proprio impegno per l’ambiente e per un mondo più giusto e inclusivo, si certificano.
Le micro hanno armi spuntate ma possono fare comunque tanto
di Maria Antonietta Dessì
Porre fine alla fame e ad ogni forma di povertà nel mondo, raggiungere la sicurezza alimentare e un’agricoltura sostenibile, in un’ottica di salute e benessere. E ancora: fornire a tutti un’educazione di qualità, equa e inclusiva, raggiungere l’uguaglianza di genere, incentivare una crescita economica, duratura e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti. E molto altro ancora. Potrebbe sembrare un elenco utopistico di desiderata e invece sono solo alcuni degli obiettivi dell’ Agenda 2030 dell’Unione Europea, un documento che ha ribadito la necessità di un cambio di passo per una società che
L’innegabile cambiamento climatico impone l’adozione di politiche serie in materia. Non a caso temi come la tutela degli ecosistemi, la limitatezza delle risorse, l’inquinamento e la gestione dei rifiuti hanno acquisito centralità e vanno di pari passo con l’esigenza del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori e l’equità nella distribuzione dei redditi.
ha a cuore l’ambiente e l’umanità. Se ne occupò anche l’Accordo di Parigi, sottoscritto da 195 Paesi, ma lo spartiacque nella vita dell’UE rispetto a queste tematiche è certamente il New Green Deal che, nel 2019, ha posto una serie di obblighi e definito obiettivi che aprono anche alla cosiddetta transizione energetica
Oggi si assiste ad un innegabile cambiamento climatico che impone l’adozione di politiche serie in materia. Non a caso temi come la tutela degli ecosistemi, la limitatezza delle risorse, l’inquinamento e la gestione dei rifiuti hanno acquisito centralità e vanno di pari passo con l’esigenza del rispetto dei diritti umani e dei lavoratori e con l’equità nella distribuzione dei redditi.
Sostenibilità è diventato il leitmotiv del momento: un termine anche fortemente abusato, sempre più lasciapassare per il mercato. Il criterio delle tre P, Persone, Pianeta e Profitti, introdotto già negli anni ‘90, assume un’altra rilevanza, se non per effettiva convinzione di chi lo pratica, almeno perché il successo di un’azienda passa oggi anche attraverso una politica di sostenibilità. Questa filosofia di vita e di lavoro si traduce in un altro acronimo sempre più in uso, l’ESG, ossia Environmental, Social, Governance, e si riferisce a fattori centrali nella misurazione della sostenibilità. Questo sistema è il termometro di quanto un’azienda impatta in termini ecologici sul pianeta e i criteri sociali rilevano il modo in cui l’impresa si rapporta col capitale umano, come approccia la diversità e le pari opportunità, le condizioni di lavoro, la salute e la sicurezza di chiunque con essa si rapporti.
Le regole di governance, invece, valutano il modo in cui un’azienda è amministrata, compresa la remunerazione degli addetti, le pratiche fiscali, la corruzione e l’abuso d’ufficio, la diversità e la struttura degli organi decisionali.
Gli strumenti della sostenibilità
Al netto del fatto che dimostrarsi sostenibili agli occhi del mercato ha un suo rientro economico, è uni-
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versalmente condiviso, oramai che le imprese che hanno maggiori probabilità di successo e di rendimento sono quelle che creano valore per tutti i soggetti con cui si rapportano, direttamente o indirettamente. Di conseguenza, l’analisi ESG si concentra sul modo in cui le aziende operano nella società e su come questo influisce sulle loro performance attuali e future. Non riguarda, infatti, solo ciò che l’impresa fa oggi, ma anche la capacità di affrontare eventuali cambiamenti che possono incidere sulla sua possibilità di sopravvivenza in futuro.
Al momento non esiste un unico ente di certificazione ESG, ma piuttosto vari organismi e istituzioni finanziarie che possono fornire valutazioni e punteggi basati su questi criteri. Alcuni dei principali fornitori di rating ESG includono MSCI, Sustainalytics, ISS ESG e CDP. Le aziende possono dimostrare il loro impegno anche con certificazioni specifiche come le ISO 14001 per la gestione ambientale o SA8000 per la responsabilità sociale.
Ha una sua rilevanza anche la ISO 20400, la prima norma internazionale sull’approvvigionamento responsabile che introduce criteri e
processi di valutazione dei fornitori e dei prodotti o dei servizi in base alle relative performance di sostenibilità. E ancora la ISO 14067 che, tra le varie cose, quantifica l’impronta di carbonio o climatica, la misura che esprime in CO2 equivalente il totale delle emissioni di gas a effetto serra, associate direttamente o indirettamente ad un prodotto, un’organizzazione o un servizio.
Altra norma importantissima è la ISO 14046, che specifica principi, requisiti e linee guida relativi alla valutazione dell’impronta idrica di prodotti, processi e organizzazioni e si pone come valutazione a sé stante o come parte di una più completa valutazione ambientale.
Sebbene esistano sistemi per stabilire un rating ESG — che quindi esprime un giudizio sul livello di sostenibilità di soggetti pubblici e privati, di titoli finanziari e di strumenti di investimento collettivo — in realtà non ci sono ancora standard condivisi a livello internazionale per una valutazione univoca. I criteri di misurazione sono disomogenei e in via di definizione e questo fatto, oltre a generare confusione, non dà certezze, né possibilità di comparazione oggettiva.
Gli indicatori che oggi si ritengono tra i più autorevoli in termini ESG sono quelli del Global Reporting Initiative (GRI), in attesa degli ESRS (European Sustainability Reporting Standards). Nel frattempo anche alcuni enti di certificazione si sono attrezzati nel tentativo di dare al mercato degli elementi di valutazione il più possibile attendibili, sviluppando per esempio disciplinari tecnici allineati con il set di indicatori GRI “Consolidated Set of GRI Sustainability Reporting Standards 2020”, proprio al fine di misurare il livello di integrazione dei principi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance delle proprie strategie, politiche, obiettivi e attività.
L’Assessment ESG si rivolge a qualsiasi tipologia di organizzazione pubblica o privata, di qualsiasi settore e dimensione che vuole dimostrare il proprio impegno ad integrare i principi ESG all’interno delle proprie attività, permettendo agli stakeholders, interni ed esterni, di formarsi opinioni.
In generale, le attività economiche sostenibili sono quelle che non arrecano impatto a nessun altro degli obiettivi ambientali considerati, che rispettano le garanzie minime di sal-
Rispetto dei diritti umani, impatto sugli ecosistemi e impatto sociale sono elementi vincenti anche in termini di merito di credito da parte degli istituti finanziari, della PA in appalti e bandi, di premialità a vario titolo e di priorità in innumerevoli contesti.
vaguardia sociale e che contribuiscono in modo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali, quali: la mitigazione climatica, l’adattamento climatico, l’economia circolare con la prevenzione dei rifiuti e un uso efficiente delle risorse, la tutela delle acque, la riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, la tutela della biodiversità e degli ecosistemi.
Negli anni la normativa in materia diverrà sempre più stringente e si passerà presumibilmente da norme volontarie a norme cogenti. Ma se anche si fosse poco animati da nobili sentimenti verso l’ambiente e il sociale, la sostenibilità è divenuta un tale elemento da spendere di fronte al resto del mondo che non tenerne conto sarebbe insensato.
Rispetto dei diritti umani, impatto sugli ecosistemi e impatto sociale sono elementi che, oltre ad avere una loro propria spendibilità, sono vincenti in termini di merito di credito da parte degli istituti finanziari, della pubblica amministrazione negli appalti e nei bandi, di premialità a vario titolo, di priorità in innumerevoli contesti.
La sostenibilità nelle microimprese Numerosi studi, compreso l’Osservatorio Immagino GS1 Italy 2023, che offre uno spaccato delle tendenze del mercato e delle preferenze del consumatore di fronte allo scaffale, ha rilevato che, sia nel caso della marca del distributore che nei brand leader di mercato, i fattori di sostenibilità richiamano l’attenzione del consumatore.
E se la marca del distributore punta più su quella ambientale, hanno un loro peso anche la sostenibilità sociale e i riferimenti al benessere animale. Le informazioni di supporto, intese come legate alla raccolta differenziata e al consumo, sono invece fortemente apprezzate da chi acquista. Entrando nel merito delle singole indicazioni ambientali, è significativa la diffusione in etichetta delle informazioni generiche che parlano di riciclabilità e di quelle inerenti al monouso. Passando alle modalità di produzione e approvvigionamento, la private label si
focalizza sui disciplinari di filiera e le certificazioni d’eccellenza. Non potrebbe essere diversamente, se si considera che l’agroalimentare è purtroppo oggi considerato — a torto o a ragione — tra i comparti maggiormente responsabili del cambiamento climatico. E che l’aumento della popolazione, con le relative esigenze di cibo, in prospettiva, è tra le maggiori preoccupazioni per il futuro del pianeta.
L’Osservatorio Immagino GS1 Italy 2023 sottolinea il fatto che sul fronte della sostenibilità, di quella raccontata, più che di quella reale, i piccoli produttori siano molto meno performanti delle grandi aziende. Non è chiaro se perché non lo siano per davvero o perché non lo rendano noto all’esterno.
E in un Paese come l’Italia, con un tessuto produttivo fatto prevalentemente di micro e piccole imprese, spessissimo a conduzione famigliare, questo elemento diviene un problema serio.
Le aziende sotto i 15 addetti fanno fatica a certificarsi e a mostrare al pubblico il proprio impegno per l’ambiente. La fatica è dovuta ai costi di una certificazione, al suo mantenimento nel tempo, agli impedimenti vari nell’applicare un modello pensato per organizzazioni strutturate, su realtà modeste nelle dimensioni. E molto altro ancora. Questa difficoltà di accesso alle norme ISO penalizza fortemente le piccole imprese nel mercato. Ci sono però degli accorgimenti che consentono a queste aziende di fare la loro parte, ma soprattutto di comunicarla efficacemente al resto del mondo.
Le microimprese normalmente sono fornitrici di insegne della Distribuzione Moderna del territorio nel quale producono. E questo elemento è già di per sé un vantaggio competitivo sul fronte della sostenibilità perché chi acquista ha la consapevolezza del fatto che si tratta di un prodotto che ha un basso impatto in termini di CO2 e che presumibilmente il personale coinvolto è del territorio, al pari delle materie prime impiegate. È importante che questi aspetti siano valorizzati e che si tramutino in reputazione perché le comunità locali
sentano l’impresa come patrimonio del territorio e non solo di chi ne ha la proprietà.
La spinta all’acquisto è tanto ecologica quanto economica e sociale, soprattutto se il consumatore locale vuole che le risorse finanziarie generate da quell’acquisto abbiano un impatto reale su quell’area.
Anche le piccole imprese possono avere approvvigionamenti energetici rispettosi degli ecosistemi: comunità energetiche, fonti rinnovabili, consumi ridotti da accorgimenti interni all’azienda. Tutti elementi che si possono mettere in evidenza in etichetta o nella comunicazione al pubblico, in generale con la pubblicità, con i social o nel sito internet aziendale.
E ancora: sistemi di riduzione e riutilizzo dei rifiuti, sistemi interni ed esterni che minimizzino gli sprechi, anche attraverso la riduzione degli imballaggi, che puntino al riciclo e che vedano l’impiego di materiali sostenibili e modelli di economia circolare. Lo sfuso al posto del confezionato, la vendita diretta al posto della Distribuzione Moderna, la carta al posto della plastica e via discorrendo.
Ancora: è importante la sostenibilità nella catena di fornitura, selezionando fornitori che condividono valori di sostenibilità, che operano in modo etico e responsabile, che siano quanto più possibile prossimi territorialmente.
Un’azienda ben contestualizzata nel territorio in cui opera coinvolge direttamente e indirettamente la comunità, sostiene iniziative pubbliche, lavora in simbiosi con l’ambiente in cui si muove, lo rispetta e lo tutela. E infine, considera la formazione un valore aggiunto per questo la mette a disposizione dei propri dipendenti, che inoltre educa alle pratiche ecologiche anche nella quotidianità.
Tutto questo le piccolissime imprese possono fare e tutto questo devono comunicare all’esterno, se vogliono concorrere con i nomi importanti dell’agroindustria e ritagliarsi uno spazio nel mondo e nel mercato.
Maria Antonietta Dessì
Il progetto BOUTCAR e le future professioni del mare
Le “carriere blu” per un’economia del mare sostenibile
Una Blue Economy competitiva, resiliente e socialmente equa necessita di figure professionali altamente qualificate e con competenze professionali adeguate ai bisogni delle imprese. Oggi diversi settori economici, come il settore della pesca e dell’acquacoltura, hanno infatti difficoltà a trovare personale qualificato e competente e questo ostacola fortemente la loro crescita: nel settore ittico sono 25.000 sono gli occupati in Italia, con una contrazione di oltre il 38% negli ultimi vent’anni. A questo si aggiunge l’invecchiamento dei lavoratori nel settore della pesca, con oltre il 58% della forza lavoro che ha un’età compresa tra 40 e 64 anni e col 7% dei pescatori con un’età superiore ai 65 anni. Nell’ultimo ventennio tanti marinai hanno abbandonato il settore e oggi, con un’età media elevata, bassi livelli di scolarizzazione e competenze obsolete, il settore è fortemente minacciato dalla mancanza di una manodopera qualificata e di professionisti qualificati in grado di governare e orientare le strategie mirate a tutelare e salvaguardare le risorse e l’approvvigionamento ittico sulle nostre coste.
Sulle future professioni del mare si è parlato lo scorso 1o agosto a Borgomarina di Cervia (RA) all’appuntamento settimanale organizzato dalla Cooperativa Pescatori di Cervia. Alla serata, condotta da Massimo Bellavista, responsabile pesca e acquacoltura Emilia-Roma-
Il Mar Adriatico e la costa emiliano-romagnola posseggono caratteristiche e potenzialità per generare una reale “crescita blu” nei prossimi anni. Ma ciò sarà possibile solo se si investirà concretamente in istruzione, formazione professionale e nelle nuove competenze per lo sviluppo delle carriere nella filiera del mare
gna di LEGACOOP AGROALIMENTARE, hanno partecipato Piergiorgio Vasi, responsabile Sviluppo e Valorizzazione della Pesca Marittima e dell’Acquacoltura della Regione Emilia-Romagna, Alessio Bonaldo, professore ordinario dell’Università di Bologna, Laura Zambrini, project leader Demetra Formazione, Giuditta Carbone, biologa e ricercatrice della Cooperativa MARE
Progetto BOUTCAR
Oggi più che mai il settore ha bisogno di investimenti strutturali e puntuali strategie per l’orientamento professionale dei giovani e delle giovani. Per far fronte a questa criticità l’Unione Europea ha pubblicato un avviso pubblico (Carriere Blu, Fondo europeo per le attività marittime, la pesca e acquacoltura 2021/ 2027) che mira a contribuire allo sviluppo di una prossima generazione di competenze blu e per offrire opportunità di carriere marittime attraenti e sostenibili. Tra gli 8 progetti approvati
ANTONIO VERRINI
c’è BOUTCAR (Blue Jobs Through Blue Careers) che mira a sviluppare nuovi profili professionali e nuove competenze nella Blue Economy al fine di garantire l’occupabilità degli operatori della pesca e dell’acquacoltura e per favorire l’avvicinamento delle giovani generazioni alle professioni del mare. Il progetto vede un’ampia rete di soggetti pubblici e privati, impegnati nell’identificazione di profili professionali e competenze, nella sperimentazione di pacchetti didattici e nello sviluppo di un network dell’istruzione e della formazione professionale nella Blue Economy. L’Italia è capofila del partenariato europeo (i Paesi coinvolti sono Italia, Spagna, Grecia, Belgio), capitanata dall’ente Demetra Formazione, assieme a Legacoop Agroalimentare Nord Italia, Mare Società Cooperativa e l’Università di Bologna, Dipartimento Scienze Mediche Veterinarie.
>> Link: boutcar.eu
Come la visione del futuro influenza le scelte di fronte allo scaffale
Il consumatore di oggi e di domani
di Maria Antonietta Dessì
Covid, guerra in Ucraina e Palestina, impennata dell’inflazione, crisi energetica, crisi climatica sono eventi che hanno generato paure e timori destinati a segnare le nostre esistenze e a condizionarle a lungo.
L’attenzione al risparmio continua ad essere alta, il carrello si fa più povero e la spesa più frequente ed è boom dei discount, che diventano il secondo canale per rilevanza in Italia. In contemporanea, aumenta la richiesta di valore aggiunto del prodotto e le categorie che performano meglio (+20%), rispetto al 2019, sono quelle che fanno capo al benessere e salutistico. Stesso
fortunato destino per i prodotti ad alto contenuto di servizio (dati Nielsen, NIQ Consumer Planet , 2024 ). Alla crescita del discount fa da contraltare quella del digital commerce, che il Covid ci ha fatto conoscere meglio e ora fa parte delle nostre vite sfiorando i 7 miliardi di euro di fatturato!
Questi valori che sembrano schizofrenici non sono in realtà che l’espressione della polarizzazione dei consumatori, fenomeno che nel tempo andrà via via accentuandosi. Ma è anche sintomo del fatto che non siamo tutti uguali e a queste differenze corrispondono scelte diverse,
che vanno indagate se si vuole fare breccia nel cuore e nel portafoglio del consumatore.
Nei prossimi anni cresceranno le famiglie senza figli. È un fatto demografico noto, a cui è pressoché impossibile porre rimedio sul breve termine. Per comprensibili ragioni, le famiglie con figli hanno tendenzialmente un basso potere d’acquisto, mentre quelle senza figli hanno e avranno una disponibilità economica superiore alla media.
Le esigenze a cui il mercato dovrà dare risposte nel futuro partono da quest’evoluzione demografica. Da questo non si sfugge. Ma l’idea che
ognuno ha di quello che accadrà da qui a qualche anno è determinante già oggi.
Allo stesso tempo, la visione del futuro è fortemente influenzata dalle risorse nella disponibilità attuale della persona e nell’approccio più o meno individualista alla vita, nel suo complesso. La paura di quel che sarà genera una prevalente concentrazione sul presente e, in un contesto in cui l’oggi prevale sul domani, si perde di vista l’interesse collettivo, privilegiando quello individuale. Si aspira ad una vita libera da vincoli: non a caso cresce esponenzialmente il numero degli animali domestici e cala quello dei figli pro-capite.
È chiaro che, per chi è molto concentrato su sé stesso e non intende fare sacrifici, meno che mai a favore della collettività, la sostenibilità, tanto decantata — soprattutto come nuovo obbligo per istituzioni e imprese — diventa un tema secondario. Ma se da una parte abbiamo una fetta di popolazione più chiusa e individualista, dall’altra c’è chi vive nella preoccupazione che i comportamenti attuali abbiano delle ricadute in futuro.
E mentre la prima fascia di popolazione si focalizza su se stessa e vive le esperienze in maniera più estemporanea, dall’altra c’è chi calibra ogni movimento. Anche negli acquisti. Coloro che dal futuro sono fortemente spaventati, vorrebbero che non arrivasse mai e per questo guardano con trasporto e nostalgia alla tradizione, alla famiglia, al territorio. Ma c’è anche chi fa una tale fatica a gestire l’oggi che il futuro nemmeno lo immagina. Persone che non hanno le risorse per affrontare il quotidiano e vedono come una fatica inutile ragionare su problemi o semplicemente temi non imminenti.
Dove invece ci sono più risorse c’è anche più apertura al cambiamento e al nuovo, c’è ottimismo e accoglienza delle nuove tendenze. Queste persone cercano di vivere la vita a pieno, quindi di massimizzare la propria esperienza cercando anche di garantirsi il successo. Per questa fascia è molto importante l’immagine: mostrano infatti sempre la versione migliore di se stessi, portando il futuro nel presente, senza programmarlo.
Tanto più si è precisi nell’individuare e colpire il proprio target con pubblicità, comunicazione e poi a seguire distribuzione, tanto più si sarà in grado di ridurre i costi e massimizzare il fatturato.
Un’altra categoria invece il futuro lo pianifica minuziosamente e ciò che fa oggi lo realizza pensando al domani. Qui hanno un gran peso le questioni sociali, è prioritaria la sostenibilità sotto ogni punto di vista, ma anche le nuove tecnologie messe al servizio della costruzione di un mondo migliore.
Coloro che invece vorrebbero che il futuro non arrivasse mai negano anche tecnologie dirompenti come l’intelligenza artificiale.
Manco a dirlo, anche il rapporto coi media è influenzato dall’approccio del singolo al futuro. La multimedialità è oramai trasversale e va presa in considerazione sempre
a prescindere dal target, sebbene sia ovvio che alcune fasce della popolazione siano più sensibili alla multimedialità rispetto ad altre.
Le leve d’ingaggio che si devono utilizzare per parlare alle diverse culture del futuro sono differenti, perché diversi sono i bisogni profondi a cui ancorarsi per costruire dei contenuti che siano rilevanti e che risuonino al target di riferimento
In generale, chi ha paura del futuro cerca rassicurazioni e vicinanza e, quindi, premierà negli acquisti tutto ciò che già conosce, come i prodotti tradizionali, e ciò che è fisicamente prossimo, quindi il territorio.
Oggi è indispensabile capire quale sia il reale basket di spesa di ogni tipologia di consumatore e su quello operare. Lo scaffale non deve essere infinito ma parlare la lingua del consumatore che frequenta quel negozio. Il manifesto dell’inefficienza è la sconfinata e dispersiva superficie che ha costi enormi, dove tante, troppe referenze parlano a consumatori indefiniti nel profilo e nell’esigenza
Chi non sta pensando al futuro, perché deve gestire un presente già troppo pesante di per sé, cercherà anche nel cibo una consolazione e qualunque cosa alleggerisca il quotidiano, anche in una logica di semplificazione, oltre che di gratificazione del palato: quindi ampio spazio al servizio, alla gastronomia, ai piatti pronti o facili da preparare.
Qui però il rischio è che l’attenzione verso un prodotto nello specifico abbia un tempo breve, perché si tratta di uno stile di vita mordi e fuggi, anche a tavola.
In questo caso la sfida, per le aziende, è quella di generare e mantenere l’attenzione sul prodotto anche in un tempo lungo, ma, fortunatamente, il compito è facilitato dal fatto che questa fascia di persone vede la pubblicità come un’alleata che dispensa preziosi consigli, pertanto la giusta comunicazione a quel target può dare importanti risultati. La pubblicità deve però essere unica, personalizzata e veramente stimolante.
Chi invece il futuro lo pianifica, cerca relazioni più durature e stabili e sposa, con il prodotto, l’impresa.
Pertanto se il progetto aziendale è allineato a quello dell’individuo, l’adesione è forte. La pubblicità per questo target è una comunicazione che racconta una mission o un’operazione specifica e la valorizza.
In tutto questo, il prezzo ha un ruolo fondamentale per le famiglie con fi gli ed è invece nettamente subordinato alla qualità per quelle mature affluenti. Le famiglie con figli chiedono gratificazione immediata, semplificazione del quotidiano, accessibilità e prezzo. La categoria simbolo è lo snack indulgente.
Nel carrello delle famiglie benestanti troviamo invece prodotti che ci parlano di salute, territorio, esperienza culinaria, sostenibilità, radici. Il prezzo passa in secondo piano. Sono loro ad acquistare frutta, verdura, biologico e vini certificati.
Questa è l’area su cui il biologico nel recente passato ha costruito il suo successo e adesso premia le filiere d’eccellenza (dati: Nielsen). Non è un caso se la fascia di popolazione dove si riscontrano i maggiori casi di sovrappeso sia quella con un livello culturale e reddituale più basso, mentre al contrario, dove si ha consapevolezza, anche per conoscenza del valore nutrizionale del cibo, l’attenzione alla qualità — e alla linea! — è maggiore.
In tutto ciò, le grandi marche tendono a lavorare bene sulla richiesta di consolazione espressa
dalle famiglie con figli, ma sono decisamente sottorappresentate nel basket d’acquisto di quelle mature affluenti. Paradossalmente, l’industria sembra far fatica ad intercettare il segmento delle famiglie più ricche, mentre la distribuzione moderna, in particolare con il private label, sta già da tempo presidiando quest’ambito e non a caso molte insegne hanno marchi dedicati a linee salutistiche o di benessere anche non food.
È evidente un gap in termini di offerta e di specializzazione e differenziazione che andrà colmato e che nei prossimi anni può rappresentare una grande opportunità per chi sarà in grado di coglierla.
Il tema della differenziazione diventerà un ritornello, soprattutto per chi non si potrà permettere di disperdere risorse. Tanto più si è precisi nell’individuare e colpire il proprio target con pubblicità, comunicazione e poi a seguire distribuzione, tanto più si sarà in grado di ridurre i costi e massimizzare il fatturato.
Un compito non facile, soprattutto in un Paese come il nostro, con un mercato talmente frammentato da far scappare tutte le multinazionali della distribuzione.
In nessuna parte d’Europa le dinamiche socio-demografiche stanno portando ad una tale polarizzazione dei consumi e, allo stesso tempo, ad una richiesta così geolocalizzata di alimenti e bevande.
L’Italiano medio ha esigenze dettate dal portafoglio, dal livello culturale, dallo stile di vita e dalla visione del futuro e, in più, è tendenzialmente legato alla sua terra, pertanto sempre in cerca di prodotti locali e della tradizione. Questo fatto impone logiche assortimentali altamente specialistiche, dove prezzo e comunicazione non sono comunque secondari.
Ergo, segmentare correttamente il consumatore, definirne il profilo consumistico e parlare a lui e a lui solo e soltanto: questo deve essere fatto.
È indispensabile capire quale sia il reale basket di spesa di ogni tipologia di consumatore e su quello operare, offrendogli ciò che chiede. Lo scaffale non deve essere infinito — per questo saranno privilegiati in futuro gli spazi minori — ma deve parlare la lingua del consumatore che frequenta quel determinato negozio. Il manifesto dell’inefficienza è la sconfinata e dispersiva superficie che ha costi enormi, dove tantissime, troppe referenze parlano a consumatori indefiniti nel profilo e nell’esigenza, sparando nel mucchio senza criterio. Chi adotta strategie studiate sul consumatore medio, avrà risultati medi(ocri).
Le parole d’ordine, sempre più spesso, saranno precisione e differenziazione. Nell’industria, quanto nella distribuzione.
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1. GS1 Italy
Il sistema GS1 aiuta le aziende ittiche a rispondere ai requisiti legali espressi dai regolamenti. Ma non solo: la tracciabilità e l’etichettatura dei prodotti ittici è fondamentale per migliorare i processi logistici della filiera e di identificazione dei prodotti. Tutte le info su: gs1it.org
Conoscete EURL? È il Laboratorio di riferimento dell’Unione Europea per le malattie dei pesci e dei crostacei. Finanziato dalla Commissione europea, si può visitare e seguire negli aggiornamenti sul sito eurl-fish.eu
Il
James Hutton Institute invita il settore ittico a contribuire a comprendere il potenziale dei sottoprodotti del pesce
I ricercatori del James Hutton Institute di Aberdeen, in Scozia, hanno recentemente lanciato un sondaggio on-line destinato agli operatori del settore ittico al fine di comprendere le cause del mancato sfruttamento del grande potenziale dei sottoprodotti del pescato. In Scozia l’olio e la farina di pesce sono già impiegati come sottoprodotti, ma esistono anche altre opportunità da sfruttare, come ad esempio l’estrazione dell’insulina dagli occhi dei pesci, l’uso della pelle dei pesci per la produzione di pellame e persino di innesti di pelle e l’uso dei gusci dei molluschi per il drenaggio dei terreni. «Vorremmo che l’industria ci aiutasse a identificare le migliori opportunità e a trovare il modo di superare gli ostacoli per sbloccarle», ha dichiarato la dott.ssa Nazli Koseoglu. «Un primo ostacolo per l’industria del seafood è la mancanza di dati su ciò che potrebbe essere trasformato ed è per questo che siamo interessati a far partecipare al sondaggio persone provenienti da tutto il settore».
I primi risultati suggeriscono che ci sono altre sfide da affrontare, come il costo della manodopera per la lavorazione che sarebbe necessaria per separare i materiali da utilizzare, così come lo stoccaggio dei sottoprodotti e la variabilità delle catture, che rende difficile la scalabilità e la creazione di catene di approvvigionamento. «In Scozia gran parte del pesce e dei crostacei sbarcati localmente viene esportato, mentre la lavorazione avviene potenzialmente altrove, il che potrebbe anche limitare le opportunità di ottenere più valore dai sottoprodotti. Ma dobbiamo saperne di più: per questo è importante partecipare al sondaggio. Se riusciamo ad individuare le opportunità, potremmo anche contribuire a coinvolgere attori innovativi, finanziamenti e opportunità di collaborazione per un approccio più circolare nella catena di approvvigionamento dei prodotti ittici».
• Link al sondaggio on-line: hutton.qualtrics.com/jfe/form/SV_bOh2mj1OHCh6kOa
>> Link: www.hutton.ac.uk
La
sicurezza giuridica come chiave principale per lo sviluppo del
settore dell’acquacoltura in Europa
di Alejandro Guelfo
L’acquacoltura si è consolidata come settore essenziale per l’approvvigionamento di alimenti sani e nutrienti a livello locale e globale, specialmente in un contesto di crescente domanda di proteine e risorse ittiche sempre più limitate. Queste risorse sono prodotte da aziende che, grazie ai progressi scientifici e tecnologici, sono state in grado di adattare le conoscenze per ottimizzare la produzione sostenibile, migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse e garantire la qualità e la sicurezza alimentare.
Lo sviluppo imprenditoriale dell’acquacoltura è considerato di vitale importanza e si basa su una serie di elementi fondamentali tra cui spiccano la sostenibilità e l’innovazione, con la sicurezza giuridica che è una delle più critiche.
Fornire alle aziende di acquacoltura un quadro giuridico chiaro, stabile e prevedibile è cruciale per promuovere lo sviluppo, l’innovazione e la crescita a lungo termine del settore. L’incertezza frena la disponibilità degli imprenditori e dei finanziatori a continuare a dedicare
risorse a nuove tecnologie, espandere le proprie operazioni o, addirittura, mantenere gli attuali livelli di produzione. Un quadro giuridico stabile consente alle aziende di pianificare a lungo termine, garantire finanziamenti e stabilire relazioni commerciali con la certezza che le regole non cambieranno arbitrariamente. Inoltre, promuove la trasparenza e l’equità, che sono fondamentali per attrarre investimenti sia nazionali che esteri.
In questo contesto, il ruolo del nuovo Commissario europeo per
L’adeguamento alle normative europee ha generato tensioni tra la necessità di rispettare standard ambientali rigorosi e la fattibilità economica delle operazioni di acquacoltura.
la Pesca e gli Oceani, Costas Kadis, è cruciale. Il suo impegno per semplificare i processi burocratici e rafforzare il dialogo col settore sarà determinante per garantire che le normative future siano efficaci nel promuovere lo sviluppo dell’acquacoltura sostenibile.
Secondo le dichiarazioni dei vari attori del settore, tra cui il Consiglio consultivo per l’acquacoltura (CCA) in Europa, un organo di consulenza della Commissione europea e degli Stati Membri in materia di acquacoltura, sono stati fatti progressi nella creazione di un quadro normativo che supporta lo sviluppo dell’acquacoltura, come la Politica Comune della Pesca o il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca e l’Acquacoltura. Tuttavia, permangono sfide che hanno generato una certa insoddisfazione tra gli imprenditori e i finanziatori.
La burocrazia e i tempi prolungati per l’ottenimento delle licenze sono indicati come ostacoli ricorrenti dai produttori acquicoli rappresentati dall’Associazione dei Produttori di Acquacoltura (API), che rallentano l’avvio delle attività, aumentano i costi e influenzano negativamente la competitività e la capacità di espansione nei mercati nazionali ed internazionali. Continuando con il caso dell’Italia, è anche riconosciuto lo sforzo per armonizzare la normativa e promuovere l’acquacoltura sostenibile. Tuttavia, anche in questo caso si sottolineano i problemi legati alla complessità amministrativa e alla mancanza di chiarezza in alcune regolamentazioni. Inoltre, l’adeguamento alle normative europee ha generato tensioni tra la necessità di rispettare standard ambientali rigorosi e la fattibilità economica delle operazioni di acquacoltura.
Cosa si può fare quindi per migliorare questa situazione? Oltre a ridurre la burocrazia e migliorare i tempi necessari per i processi di ottenimento delle licenze, si dovrebbe promuovere il dialogo attraverso una comunicazione più fluida tra le autorità, gli imprenditori e altri attori del settore per garantire che le regolamentazioni riflettano sia le esigenze del mercato sia i requisiti ambientali.
Essere consapevoli delle opportunità e delle limitazioni può contribuire in modo significativo a creare un ambiente più favorevole per lo sviluppo del settore dell’acquacoltura, allineando le aspettative degli investitori e degli imprenditori con le politiche nazionali ed europee.
Alejandro Guelfo Editore di misPeces.com El portal de la acuicultura
In UE acquacoltura ancora marginale. La pesca copre il 74% della produzione ittica mentre nel resto del mondo la tendenza è inversa
Secondo quanto riferito da Eurostat, nel 2022 la produzione di animali acquatici dell’Unione Europea si è attestata a 4,2 milioni di tonnellate, con sbarchi di attività di pesca che hanno contribuito a circa 3,1 milioni di tonnellate. Al tempo stesso, l’acquacoltura ha raggiunto 1,1 milioni di tonnellate. Ciò significa che le catture della pesca rimangono la principale fonte di animali acquatici nell’UE, rappresentando il 74% della produzione totale. In termini di valore, le catture della pesca sbarcate nell’UE hanno raggiunto circa 6,2 miliardi di euro, mentre la produzione dell’acquacoltura è ammontata a 4,9 miliardi di euro. Il prezzo medio per i prodotti della pesca è stato quindi di 1,9 €/kg e di 4,5 €/kg per gli animali acquatici di acquacoltura. La situazione nell’UE è diversa dalla tendenza globale, dove un rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha recentemente affermato che nel 2022, e per la prima volta nella storia, “l’acquacoltura ha superato la pesca di cattura come principale produttore di animali acquatici” (fonte: EFA News – European Food Agency).
L’ALIMENTAZIONE PRE-INGRASSO PER PROFITTI SUPERIORI
Il pesce allevato in Italia garanzia di qualità e salubrità.
API: necessaria l’indicazione di origine anche al ristorante
«È necessario far conoscere al consumatore l’origine del prodotto, non solo al supermercato, dove è già obbligatorio, ma anche al ristorante, dove non abbiamo informazioni sul pesce che scegliamo, né, conseguentemente, garanzie di tracciabilità». Pier Antonio Salvador, presidente dell’API, l’Associazione dei Piscicoltori di Confagricoltura che rappresenta il 90% delle aziende di acquacoltura italiane, evidenzia l’importanza di una maggiore informazione sul pesce che viene consumato nella ristorazione, soprattutto nel periodo estivo, in cui c’è un notevole incremento della domanda proporzionale all’aumento del flusso turistico nel nostro Paese. «Eppure — ricorda Salvador — pur essendo l’Italia il primo consumatore al mondo di spigole e orate, siamo in grado di esaudire appena il 20% della richiesta con la produzione degli allevamenti italiani. Il restante 80% lo importiamo». L’API si sta battendo, anche a livello europeo, affinché l’origine del prodotto sia obbligatoria non solo nella GDO: questo, secondo l’associazione, valorizzerebbe l’acquacoltura italiana, che ha i più elevati standard di sicurezza alimentare e salubrità, grazie al costante lavoro delle imprese del comparto in termini di innovazione e certificazione della sostenibilità. «Anche sul fronte dell’alimentazione negli allevamenti c’è stata una grande evoluzione — aggiunge Andrea Fabris, direttore dell’API — che ha ulteriormente migliorato la qualità del prodotto e favorito al contempo la salvaguardia dell’ambiente marino». Sul fronte delle caratteristiche organolettiche, i pesci allevati in Italia sono ricchi di omega-3, di Vitamina D e sono molto digeribili: un bambino è in grado di assimilarli già dall’ottavo mese. Sono poveri di colesterolo e forniscono appena un centinaio di calorie per ogni etto di prodotto, diventando a tutti gli effetti un alimento dietetico, ideale anche per sportivi e anziani. «L’acquacoltura italiana potrà essere ancora più sostenibile (non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico) e competitiva — conclude Salvador — se ci sarà un forte impulso al suo sviluppo, fornendo a questa attività agricola più spazio e garantendo una maggiore semplificazione burocratica. Attualmente, per quanto riguarda la maricoltura, a fronte di 8.000 km di coste, sono attive solamente 21 concessioni off-shore, mentre altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo ne hanno centinaia. L’Italia potrebbe insomma supplire alla domanda crescente di consumo del pesce, favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro nelle aree rurali e costiere».
>> Link: acquacoltura.org – confagricoltura.it
Mitilicoltura: ancora rischio diossina a Taranto. La Regione Puglia proroga misure sanitarie straordinarie per altri 36 mesi
Prorogate per ulteriori 36 mesi le misure sanitarie straordinarie di controllo del rischio per diossina e Policlorobifenili – diossina-simili (Pcb-DL) nelle produzioni di mitili di Taranto già adottate con precedenti ordinanze del presidente della Regione Puglia. L’ordinanza n. 379 del 05/09/24 è stata emanata sulla scorta degli esiti del monitoraggio espletato su base triennale dal Dipartimento di Prevenzione della ASL di Taranto per la ricerca di diossina e Policlorobifenili – diossina-simili sui molluschi bivalvi allevati in provincia di Taranto. Gli interventi messi in atto dalla Regione sono iniziati a partire dal 2016 quando, nei mitili allevati nel I seno del Mar Piccolo di Taranto, sono stati riscontrati dai Servizi Veterinari della ASL di Taranto dei livelli di Diossine e Pcb-DL ben oltre i limiti previsti dalla legge. Il presidente della Regione, a seguito delle evidenze emerse dai controlli e monitoraggi effettuati periodicamente dai Servizi della ASL di Taranto, al fine di tutelare la salute pubblica e, al tempo stesso, garantire la prosecuzione delle attività di mitilicoltura, con proprie ordinanze n. 188/2016 e n. 532/2018 e n. 323/2021 ha stabilito che:
• entro il 28 febbraio di ogni anno la movimentazione del novellame regolarmente allevato (mitili con lunghezza delle valve inferiore ai 3 cm) dal I seno del Mar Piccolo verso altre zone deve avvenire esclusivamente previa autorizzazione dell’autorità di controllo e dopo aver verificato che i livelli di diossine e Pcb siano conformi ai limiti di legge;
• i mitili prodotti che non rispettano quanto previsto dall’ordinanza devono essere sequestrati e distrutti (fonte: EFA News – European Food Agency, efanews.eu).
Mangimi di alta qualità per l’acquacoltura
LET’S GROW TOGETHER
In qualità di produttore di mangimi per pesci di allevamento, da più di 60 anni, Aller Aqua fornisce non solo alimenti, ma soluzioni sostenibili per l’acquacoltura.
Uganda, alla scoperta dell’acquacoltura negli Aqua Park
di Gianluigi Negroni
L’Uganda è un Paese privo di sbocchi sul mare ma ricco di corpi idrici naturali. La pesca è importante sia per la sussistenza della popolazione che per il suo sostentamento commerciale. Tra le risorse ittiche nazionali, il lago Vittoria è di gran lunga il più grande ed economicamente più significativo. Altre importanti risorse idriche includono grandi laghi come il George, l’Edward, l’Albert e il Kyoga, il fiume Nilo e un gran numero e varietà di paludi e corsi d’acqua.
I 68.000 km2 del Lago Vittoria sono condivisi tra Uganda (45%), Tanzania (49%) e Kenya (6%). Il totale delle catture ha raggiunto un picco di 461.500 tonnellate nel 2014, ma è diminuito negli anni successivi fino a raggiungere le 389.600 tonnellate nel 2017 e poi riprendersi nel 2019 con circa 603.000 tonnellate. Nell’ultimo decennio, le catture di pesce persico del Nilo (Lates niloticus), la specie più pregiata, hanno
continuato a diminuire e, dal picco raggiunto nel 2005 (175.000 t), si è arrivati a meno di 74.000 tonnellate nel 2017. Anche per questa importante specie il 2018 ha visto una ripresa a 80.000 tonnellate. Nel 2019, si stima ci fossero 43.293 piccole imbarcazioni non coperte, il 97% delle quali di lunghezza totale inferiore a 12 metri. Si sta sviluppando l’acquacoltura per tilapia e pesce gatto, per le richieste di prodotti ittici della popolazione locale in crescita.
L’Uganda è il secondo produttore di acquacoltura dell’Africa subsahariana dopo la Nigeria. La produzione di acquacoltura nel Paese nel 2019 era paria a 103.700 tonnellate ed era composta principalmente da tilapia del Nilo (69%) e pesci gatto (30%). Si stima che nel 2019 fossero coinvolti nei settori di pesca e nell’acquacoltura 153.000 ugandesi, di cui 124.800 nella pesca nelle acque interne e 28.236 nell’allevamento ittico.
Grandi quantità di pesce affumicato ed essiccato al sole proveniente dal Lago Vittoria sono commercializzate, legalmente e illegalmente, nell’Uganda occidentale e nella Repubblica Democratica del Congo. Nel 2019, le esportazioni di pesce e prodotti ittici sono state valutate in 160 milioni di dollari, la maggior parte delle quali destinate ai Paesi europei, col persico del Nilo, soprattutto filetti, come principale specie esportata. Le importazioni del 2019 sono state valutate in 10 milioni di dollari: l’Uganda è quindi un esportatore netto di prodotti ittici.
Il consumo annuo pro capite di pesce è stato stimato in circa 11,2 kg nel 2016. I consumatori preferiscono generalmente il pesce fresco, ma affumicatura, essiccazione al sole e salatura da parte dei trasformatori artigianali (molti dei quali donne) vengono effettuate per prolungare la shelf-life degli alimenti.
Il lago Bunyonyi in Uganda.
Kiryabishoro Aqua Park
Ibanda District
Il Kiryabishoro Aqua Park si trova nel villaggio di Kiryabishoro, Rwambu, nella sub-contea di Kijongo, distretto di Ibanda. Questo progetto di sviluppo dell’acquacoltura è stato avviato sotto la supervisione della Mpanga Basin Community Development Initiative Limited (MBCDI). L’MBCDI è un’organizzazione per lo sviluppo della comunità ed è registrata come società a responsabilità limitata. I suoi lavori sono iniziati nel 2018 e successivamente registrati presso l’URSB nel 2020 come veicolo per guidare lo sviluppo della catena di valore commerciale integrata dei prodotti di base, compresa l’acquacoltura, e la trasformazione della comunità in partnership e collaborazione con il governo dell’Uganda e i governi locali distrettuali, le organizzazioni della società civile e altri attori dello sviluppo della comunità. L’iniziativa è stata pensata per coprire 10 distretti (Ibanda, Kamwenge, Kazo Kitagwenda, Buhweju, Kyenjojo, Kabarole, Bunyangabu, Kasese e Rubirizi) attorno al fragile ecosistema dei Grandi Laghi dell’Uganda occidentale e ai relativi numerosi sistemi di drenaggio fluviale. A causa delle risorse limitate, l’organizzazione (MBCDI) è stata pioniera nei distretti di Ibanda e Kamwenge, dove ha ideato un progetto di sviluppo di
acquacoltura commerciale privatocomunitario che prevede la creazione di parchi acquatici con un elaborato sistema di allevamento ittico esterno. A Kiryabishoro la comunità è stata organizzata in 10 gruppi con oltre 100 membri. Ogni membro è detentore di azioni che contribuiscono tra i 10.000 e i 30.000 UGX (scellini ugandesi) al mese. L’autore ha visitato l’Aqua Park e c’è stato un dialogo e confronto col personale operativo nella struttura in merito alle problematiche riscontrate e nella necessità di apportare migliorie.
Attività realizzate e impatto dal 2020 Nel parco acquatico di Kiryabishoro MBCDI ha creato in 4 anni 40 stagni per pesci, ognuno dei quali misura circa 1.200 m2. Gli stagni sono stati inseminati con 280.000 avannotti. La raccolta ha prodotto oltre 8 tonnellate di pesce. Per le vendite gli operatori si sono rivolti ai mercato del pesce nei distretti di Mpondwe-Kasese, Nakivale-Isingiro e Kyaka-Kamwenge, dove erano soliti rifornirsi settimanalmente, ma gli alti costi di trasporto sono diventati un ostacolo. Attualmente raccolgono 80 kg due volte alla settimana e li forniscono ai mercati locali e ai centri commerciali di Kijongo, Rwenkobwa, Bisheshe e Ishongororo, nel distretto di Ibanda. Il progetto ha ridotto la malnutrizione tra i membri della comunità di Kiryabishoro.
Ostacoli e sfide
• Sovrappopolazione negli stagni a causa della riproduzione della tilapia. Gli avannotti di tilapia del Nilo, che sarebbero stati a sesso invertito (monosessuali, tutti maschi che crescono più velocemente), hanno iniziato a riprodursi, causando un sovraffollamento e una competizione per il poco cibo, con conseguente sovraffollamento con diverse taglie.
• Costo estremamente elevato dei mangimi usati per tutta la stagione di crescita (attualmente 1 kg di mangime per l’ingrasso in pellet flottanti con 32% di proteina costa 1 euro).
• Elevati costi di trasporto alla ricerca di un mercato e di un buon prezzo.
Suggerimenti
• L’Aqua Park dovrebbe praticare la policoltura, introducendo nello stesso stagno sia la tilapia che il pesce gatto. I pesci gatto mangerebbero i piccoli di tilapia regolando la popolazione.
• I pesci gatto e la tilapia potrebbero essere nutriti con mangimi autoprodotti con ingredienti disponibili in loco.
• Il parco acquatico dovrebbe essere supportato con un piccolo mangimificio per la produzione di mangimi in proprio.
• Il Dipartimento per la Gestione e lo Sviluppo dell’Acquacoltura (MAAIF) dovrebbe dare una mano con attività di formazione specifica, come avvenuto da parte dello scrivente tramite il progetto PESCA (Promotion of Environmental Sustainable Commercial Aquaculture)
Azienda agricola mista del Gruppo multifunzionale Pokino Immersa nel verde tra dolci colline, l’azienda agricola mista del Gruppo multifunzionale Pokino era un faro di innovazione e sostenibilità situato su 100 acri di terreno paludoso, con solo 10 acri di terreno coltivato. Ciò che la distingueva era la sua straordinaria collezione di 60 stagni per pesci, ognuno dei quali brulicava
Essiccazione al sole del pesce presso l’Aqua Park di Kiryabishoro.
Mappa dell’Uganda con i distretti in evidenza ove ha operato il progetto P.E.S.C.A.
di vita e di potenziale. La storia di Pokino è iniziata con un visionario di nome SALONGO NJAWUZI JOLLY, un agricoltore locale con il sogno di trasformare la sua comunità. Salongo Njawuzi Jolly, insieme a un gruppo di persone che la pensavano allo stesso modo, ha formato il Gruppo multifunzionale di Pokino nel 2001, registrato nel 2011 come Organizza-
zione di Base Comunitaria. Insieme, hanno perseguito la missione di creare un’azienda agricola che non solo fosse economicamente prospera, ma anche attenta all’ambiente, attraverso l’adozione di pratiche agricole ecologiche e biologiche e la gestione da parte di un’associazione professionale, diventando così un modello di agricoltura sostenibile che
Aqua Park, caratteristiche e obiettivi
ispira le comunità vicine a seguirne l’esempio. Il gruppo ha unito le proprie risorse e ha acquistato un vasto terreno nel pittoresco distretto di Kyotera, dove si è messo al lavoro per costruire la fattoria dei propri sogni. Il cuore della loro attività era costituito da un’impressionante serie di 60 stagni per pesci. Ogni stagno è stato meticolosamente progettato (con l’aiuto di specialisti del settore) per coltivare specie di tilapia del Nilo e pesce gatto africano, creando un ecosistema acquatico diversificato e sostenibile. Con il passare delle stagioni, la fattoria si è sviluppata. Gli stagni sono diventati centro di una fiorente attività che attirava gli agricoltori locali e visitatori curiosi desiderosi di scoprirne i segreti. Inoltre, l’azienda non si è limitata alla coltivazione dei pesci, ma ha adottato un approccio polivalente, integrando la coltivazione di caffè, banane e persino di eucalipto.
L’azienda agricola mista del gruppo multifunzionale Pokino disponeva di un incubatoio che vendeva avannotti soprattutto alla Repubblica Democratica del Congo e poteva ricavare 3.000 euro al mese dalla loro vendita (l’incubatoio ha bisogno di un filtro per l’acqua per essere più professionale). Per quanto riguarda i pesci commercializzabili, finora sono stati prodotti 4 cicli. La prima volta sono stati raccolti 45 milioni di pesci, la seconda 50 milioni, la terza 55 milioni. La quarta volta, che è la più recente, ne sono stati raccolti 40 milioni.
È un parco acquatico, noto anche come “parco dell’acquacoltura”, “cluster dell’acquacoltura”, “villaggio dell’acquacoltura” o “parco industriale dell’acquacoltura”. Si riferisce ad un moderno modello organizzativo dell’acquacoltura sostenibile sviluppato per supportare gli agricoltori su piccola scala. È conforme alla politica di sviluppo, alle normative e all’ambito della zonizzazione e pianificazione dell’acquacoltura, supportando cluster di filiere industriali dell’acquacoltura pertinenti all’interno di un determinato paesaggio geografico. In generale, un parco acquatico coinvolge i principali elementi della produzione dell’acquacoltura, come i fornitori di semi acquatici, mangimi e crescita, e si estende alle funzioni correlate di lavorazione, trasporto, commercializzazione e commercio. Gli obiettivi principali consistono nella fornitura di input di qualità, servizi e produzione di crescita, scambio di conoscenze e innovazione dove vari stagni, gabbie, tank e infrastrutture sono progettati e costruiti per ottimizzare la produzione della filiera dell’acquacoltura. L’Aqua Park va oltre la semplice aggregazione di allevamenti ittici: rappresenta un ecosistema integrato che supporta i piccoli allevatori di pesce in ogni fase della catena del valore dell’acquacoltura. Questo modello di Aqua Park è stato adottato in varie parti del mondo per promuovere la sostenibilità e migliorare la produttività dell’acquacoltura su piccola scala (fonte: The establishment and experience of Aquapark – Experience from China; FAO 2024).
L’ultima formazione in acquacoltura risale al 2022, quindi il sottoscritto ne ha organizzata uno per risolvere i maggiori problemi dell’associazione quali i costi del mangime.
Al di là dei successi, sono stati affrontati ostacoli come la mancanza di mercato, la scarsità di trasporti, l’assenza di connessione elettrica e la necessità di pompare l’acqua, la mancanza di personale qualificato e, infine, lo scavo degli stagni, che è molto costoso. Lo scavo di uno stagno (10x20 m di superficie e 1,20 m di profondità media) costa 12.000.000 di UGX, utilizzando un escavatore. Questi escavatori vengono noleggiati da Kampala e l’agricoltore deve sostenere i costi di trasporto.
Il successo di Pokino non è passato inosservato. Agenzie governative e organizzazioni internazionali hanno riconosciuto gli sforzi del gruppo e hanno offerto sostegno sotto forma di programmi di formazione e moderne attrezzature agricole. Questa assistenza ha permesso a Pokino di
espandere ulteriormente le sue attività, raggiungendo nuovi e più elevati livelli di produttività. La fattoria è diventata un simbolo di speranza e progresso nel distretto di Kyotera, offrendo opportunità di lavoro alla comunità locale e stimolando l’economia della regione. Di recente gli agricoltori si sono riuniti presso l’azienda per ricevere una formazione sulla produzione di mangimi, utilizzando componenti disponibili in loco (tutti reperibili nella zona a prezzi locali) dal team CTA del progetto PESCA (Promotion of Environmental Sustainable Commercial Aquaculture), finanziato dall’Unione Europea. Scuole e università hanno iniziato a organizzare gite a Pokino, trasformandolo in un centro educativo dove la prossima generazione di agricoltori può imparare le pratiche sostenibili. Delegazioni provenienti dai distretti limitrofi hanno visitato Pokino alla ricerca di indicazioni per la creazione di una propria azienda agricola multifunzionale. Salongo Njawuzi Jolly, ora una figura ri-
spettata nella comunità agricola, ha condiviso volentieri le sue esperienze e le sue intuizioni, promuovendo uno spirito di collaborazione e di scambio di conoscenze.
Nel cuore del distretto di Kyotera, Pokino è un esempio di ciò che si può ottenere quando un gruppo di individui si unisce con una visione condivisa per un futuro migliore e più sostenibile. L’esempio di Pokino può essere molto interessante per lo sviluppo di altri Aqua Park ugandesi. Gianluigi Negroni
Fonti
• Visita e formazione di Gianluigi Negroni e Roland Biware per il Progetto PESCA
• FAO Fisheries and Aquaculture, fao.org
• Tumwesigye Zephline, District Fisheries Officer, Ibanda District Local Government
La qualità attraverso il miglioramento continuo è sempre stata la nostra massima priorità. Crediamo che i consumatori abbiano diritto ad un pesce gustoso, di alto valore nutrizionale, sicuro e sottoposto a severi controlli che ne garantiscano anche la sostenibilità verso l’ambiente. Siamo quindi impegnati ad implementare i migliori sistemi di Certificazione per la Sicurezza Alimentare e la Protezione del Consumatore.
La Commissione europea propone i Total Allowable Catch per il 2025
La pesca nel Mar Baltico
La Commissione europea ha recentemente adottato la proposta relativa alle possibilità di pesca per il 2025 nel Mar Baltico. Essa risponde ad una valutazione scientifica che indica che diverse attività di pesca si trovano in una situazione drammatica La Commissione ha proposto quindi i Totali Ammissibili di Catture (TAC – Total Allowable Catch) e i contingenti per nove dei dieci stock gestiti dall’UE nel Mar Baltico. La proposta di contingente per l’aringa di Botnia sarà presentata in seguito. La Commissione propone di aumentare le possibilità di pesca per l’aringa del Baltico centrale (+108%) e l’aringa nel Golfo di Riga (+10%) e di ridurre la pesca del salmone nel bacino principale (–36%) e nel Golfo di Finlandia (–20%), nonché dello spratto (–42%). Le catture di passera di mare rimarrebbero invariate. Proposta
anche la riduzione delle assegnazioni per le catture accessorie inevitabili di merluzzo bianco del Baltico occidentale (–73%), merluzzo bianco del Baltico orientale (–68%) e aringa del Baltico occidentale (–50%). I TAC proposti si basano sui migliori pareri scientifici disponibili del Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM) e seguono il piano di gestione pluriennale per il Mar Baltico adottato nel 2016 dal Parlamento europeo e dal Consiglio.
Merluzzo bianco
Per il merluzzo bianco del Baltico orientale, la Commissione intende mantenere un limite di cattura per le catture accessorie inevitabili e tutte le misure di accompagnamento già in vigore per diversi anni. Tuttavia, poiché lo stock continua a trovarsi in cattive condizioni, il limite per le
catture accessorie dovrebbe essere adeguato al fabbisogno effettivo. Nonostante le misure adottate dal 2019, quando gli scienziati misero in guardia per la prima volta sul cattivo stato del merluzzo, la situazione non è migliorata. La situazione è simile per il merluzzo bianco del Baltico occidentale. La Commissione propone pertanto di adeguare il TAC per le catture accessorie alle esigenze effettive e mantenere tutte le misure di accompagnamento.
Aringhe
La dimensione dello stock di aringa del Baltico occidentale rimane notevolmente al di sotto dei livelli minimi. La Commissione propone di sopprimere l’esenzione per la piccola pesca costiera e adeguare il TAC alle sole catture accessorie inevitabili. La dimensione dello stock di aringa
Pescherecci nei pressi del porto di Chłopy sul Baltico, in Polonia.
del Baltico centrale ha superato il livello minimo dall’anno scorso. Il CIEM prevede uno sviluppo degli stock molto positivo per l’elevato tasso di reclutamento, ma sottolinea l’incertezza delle previsioni. La Commissione propone pertanto un approccio prudente e non proporrà di aumentare il TAC fino al livello massimo indicato nel parere del CIEM. L’aringa del Golfo di Riga è sana e la Commissione propone di fissare i limiti di cattura in base al massimo raccomandato dal CIEM.
Passera di mare
Sebbene i pareri scientifici consentirebbero un aumento considerevole, la Commissione rimane cauta, principalmente per proteggere il merluzzo bianco, che è una cattura accessoria inevitabile durante la pesca della passera di mare. È prevista per quest’anno l’entrata in vigore di nuove misure volte a ridurre le catture accessorie di merluzzo bianco attraverso attrezzi da pesca alternativi.
Spratto
Le dimensioni dello stock di spratto sono diminuite in modo significativo a causa del persistere di bassi tassi di riproduzione. Gli scienziati avvertono che le dimensioni dello stock potrebbero scendere al di sotto dei livelli sani se la riproduzione fosse inferiore al previsto. I pareri scientifici per lo spratto raccomandano pertanto una riduzione sostanziale delle catture. La Commissione propone di fissare il TAC ad un livello che riduca al minimo il rischio che le dimensioni dello stock scendano al di sotto del livello minimo.
Salmone
Lo stato delle diverse popolazioni di salmone fluviale nel bacino principale del Baltico varia notevolmente, mentre alcune rimangono deboli e altre in buona salute. Per raggiungere livelli sani, tre anni fa il CIEM ha raccomandato la chiusura di tutte le attività di pesca del salmone nel bacino principale. Allo stesso tempo, il CIEM ha ritenuto
che sarebbe stato possibile mantenere alcune attività di pesca durante l’estate nelle acque costiere del Golfo di Botnia e del Mare di Åland. Il CIEM ha mantenuto il principio del suo parere per il 2025, ma ha ridotto il relativo livello di catture perché i tassi di riproduzione sono diminuiti negli ultimi anni. La Commissione propone pertanto di adeguare di conseguenza le possibilità di pesca e le relative norme, in particolare vietando la pesca ricreativa del salmone di allevamento, che inevitabilmente provoca anche la morte del salmone selvatico.
Prossime tappe
Sulla base di tali proposte, i Paesi dell’UE adotteranno una decisione finale per determinare i quantitativi massimi delle più importanti specie ittiche commerciali che possono essere catturate nel bacino del Mar Baltico. Il Consiglio esaminerà la proposta della Commissione in vista della sua adozione nella sessione del 21 e 22 ottobre prossimi.
La proposta rientra nell’approccio dell’Unione Europea volto ad adeguare i livelli di pesca agli obiettivi di sostenibilità a lungo termine, denominati Rendimento Massimo Sostenibile (MSY) , come concordato dal Parlamento europeo e dal Consiglio nell’ambito della politica comune della pesca. La proposta della Commissione è inoltre in linea con il piano pluriennale per la gestione del merluzzo bianco, dell’aringa e dello spratto nel Mar Baltico e con le intenzioni politiche espresse nella comunicazione “Pesca sostenibile nell’UE: situazione attuale e orientamenti per il 2025”
La situazione attuale è difficile per i pescatori in quanto stock commerciali in precedenza importanti
(merluzzo bianco occidentale e orientale, aringa del Baltico occidentale e centrale, spratto e il salmone nel Mar Baltico meridionale e nei fiumi) sono soggetti a varie pressioni che hanno portato al degrado della biodiversità del Baltico, come un elevato apporto di nutrienti e livelli costantemente elevati di contaminanti.
Questi fattori di stress derivano, in parte, dalla mancata attuazione della legislazione UE. Inoltre, il parere scientifico riconosce anche l’impatto dell’errata dichiarazione delle attività di pesca, senza essere in grado di quantificarlo. Le dichiarazioni errate possono portare ad una pesca eccessiva occulta. Per aiutare i pescatori del Mar Baltico, gli Stati Membri e le regioni costiere possono utilizzare il Fondo sociale
europeo Plus per attuare misure per l’apprendimento permanente e lo sviluppo delle competenze.
Il Baltico è il mare più inquinato d’Europa. Risente della perdita di biodiversità, dei cambiamenti climatici, dell’eutrofizzazione, della pesca eccessiva del passato e di livelli elevati di contaminanti come i prodotti farmaceutici e i rifiuti. Preoccupata per questa situazione, la Commissione europea ha organizzato due edizioni della conferenza “La nostra regione baltica” nel 2020 e nel 2023. Questi eventi hanno riunito ministri degli 8 Paesi dell’UE che circondano il Mar Baltico ovvero Danimarca, Germania, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Finlandia e Svezia (fonte: ec.europa.eu/commission/ presscorner/detail/it/ip_24_4401).
Nuovo presidio Slow Food dell’Umbria per la pesca tradizionale
del Trasimeno
Un importante riconoscimento per l’economia del territorio. Il lago umbro è ricco di pesci: dalla carpa alla tinca, dall’anguilla al persico. Negli ultimi anni, complice la crisi economica, diversi giovani si sono avvicinati ad un mestiere millenario e oggi i pescatori sono una cinquantina
La pesca tradizionale del Lago Trasimeno è entrata a far parte della famiglia dei Presidi Slow Food dell’Umbria. Il Trasimeno è il quarto lago più esteso d’Italia. Un bacino d’acqua dolce particolare, caratterizzato da una profondità media che non raggiunge i cinque metri: un lago che soffre la scarsità d’acqua (in questi giorni il livello è oltre un metro più basso dello zero idrometrico), ma dove il pesce non manca. «La nostra è una pesca passiva» sottolinea Aurelio Cocchini, un’esperienza da pescatore lunga quarant’anni, referente dei produttori. «Stendiamo le reti e aspettiamo
che il pesce, muovendosi, rimanga imprigionato nelle maglie. Funziona così da tremila anni, da quando l’uomo ha cominciato ad abitare le coste del nostro lago e a uscire in barca».
Fatiche e soddisfazioni, anche economiche
«L’opportunità di diventare Presidio Slow Food — dice Guido Materazzi, un altro dei pescatori coinvolti nel progetto — arriva in un momento storico importante, in cui il mestiere del pescatore ha necessità di coniugare tradizione e innovazione, buone pratiche e sostenibilità economica». Fare economia tenendo a
mente le generazioni future, come ricorda Ivo Banconi, presidente della Cooperativa Stella del Lago (cooperativapescatoristelladellago. wordpress.com), che aderisce al Presidio, sottolineando che «il Presidio è un ulteriore tassello verso la giusta condivisione di strategie comuni a salvaguardia dell’ambiente, nell’intento di preservare quell’immagine lasciataci in eredità da chi ha dato al lago la sua vita».
Persico reale, carpa, pesce gatto, latterino, tinca, persico-trota, anguilla e capitone sono le specie ittiche comprese nel Disciplinare che regola il Presidio Slow Food e
sono, soprattutto, le protagoniste del lago. «A seconda di quale pesce si vuole pescare si utilizzano reti con maglie più o meno larghe» spiegano i pescatori. «La carpa ad esempio viene pescata con una maglia di 90100 millimetri, mentre per specie più piccole si adoperano maglie che vanno dai 25 ai 40 millimetri». Il resto lo fa l’intuito, la conoscenza del lago e delle abitudini dei pesci. Naturalmente, serve anche una certa dimestichezza nel guidare l’imbarcazione tradizionale. È stretta e lunga, poco più di un metro per cinque e mezzo, e ha il fondo piatto perché, un tempo, le attività di pesca si svolgevano perlopiù nelle vicinanze delle coste e nei canneti. Ma oggi si pesca anche al largo, dove le onde possono rendere difficile manovrare la barca.
Un pescato imprevedibile «Siccome la nostra è una pesca di attesa, non aggressiva, risulta anche altamente sostenibile — spiega il referente Aurelio Cocchini —, ed è pressoché impossibile che l’attività si intensifichi al punto da intaccare le riserve di pesce nel lago». Per lo stesso motivo, però, è anche fortemente imprevedibile: «Non posso prevedere di che cosa rifornirò i
ristoranti, i negozi o la nostra locanda, perché non ho certezza di che cosa pescherò. Se, da un lato, questo rappresenta un handicap economico, dall’altro nasconde un vantaggio: quello di non rischiare di mettere in crisi gli stock ittici, la nostra fonte di lavoro e di sostentamento». I pescatori professionisti attivi sul lago Trasimeno oggi sono una cinquantina, la maggior parte dei quali aderiscono a due cooperative: «Negli ultimi tempi l’età media si è abbassata parecchio» conclude Cocchini. «Merito di tanti giovani che, faticando a trovare un lavoro in altri settori, si sono avvicinati al mondo della pesca». Per questo le cooperative continuano a lavorare, addirittura con nuovi investimenti nella filiera di trasformazione del pescato, nella commercializzazione del prodotto e nella ristorazione.
Cosa farà Slow Food
L’adesione di nuovi giovani pescatori, sottolinea Cinzia Borgonovo, referente Slow Food del Presidio, ha «ridato entusiasmo e motivazione a raccontare il pesce di lago nel territorio e a farlo conoscere anche ai più giovani. Come Slow Food ci è sembrato giusto aiutarli a sostenerne l’impegno e lo sforzo. Se guardo al
futuro, poi, credo che il riconoscimento come Presidio si inserisca bene anche nel progetto di tutela dell’ecosistema lago, inteso sia dal punto di vista ambientale sia come risorsa per chi vive nei borghi rivieraschi». Sarà fondamentale, infatti, la collaborazione con le comunità del territorio lacustre, anche per il recupero delle ricette tradizionali e la loro riproposizione. «Per parte nostra — conclude la presidente Slow Food Umbria, Monica Petronio — saremo felici di contribuire a valorizzare le ricette di cucina legate al pescato, non sempre di facile esecuzione per chi non è originario di questi luoghi, ma di sicuro gradimento per il consumatore e per il turista, anche grazie alla collaborazione che abbiamo avviato con gli istituti alberghieri di tutta la regione, che coinvolgeremo subito nel progetto. I ragazzi, sia gli aspiranti cuochi che il personale di sala, potranno mettersi alla prova confrontandosi direttamente con i pescatori e i professionisti della ristorazione lacustre, e sicuramente con il loro sguardo e la loro fantasia sapranno ricambiare quanto impareranno dalle generazioni che li hanno preceduti».
>> Link: fondazioneslowfood.com
Persico reale, carpa, pesce gatto, latterino, tinca, persico-trota, anguilla e capitone sono le specie ittiche comprese nel
Rispetto per l’ambiente + Benessere animale + Gusto inarrivabile =
Salmone Loch Duart
Alles Fisch è il distributore ufficiale per il territorio italiano di questo prodotto davvero unico per sostenibilità, qualità e gusto
Siamo in Scozia, più precisamente sulla costa nord-occidentale, in un contesto paesaggistico e di natura incontaminata di grande bellezza.
Qui opera Loch Duart Ltd, con un allevamento su piccola scala di salmoni a basso impatto ambientale, il cui prodotto è da tempo tra i più ricercati dai top chef di tutto il mondo per la texture e il sapore delle sue carni. È distribuito in Italia da Alles Fisch & C. Srl ImportExport , azienda chioggiotta di proprietà della FAMIGLIA PASQUATO che dal 2015 è stata scelta da Loch Duart come miglior partner per la distribuzione esclusiva del suo salmone scozzese.
Qualità, selezione, genetica in allevamento
Loch Duart è uno standard della migliore qualità riconosciuta nel mondo nella produzione di salmone. Ma cosa rende davvero speciale il suo prodotto? La risposta è semplice. È il suo programma di allevamento che, da oltre 40 anni, ha permesso a questa realtà di allevatori scozzesi di
La missione di Loch Duart è allevare il salmone dal gusto migliore col minimo impatto sull’ambiente circostante, garantendo così un prodotto totalmente sostenibile e prestando la massima attenzione al benessere animale
individuare e selezionare una linea genetica di riproduttori con caratteristiche simili ai salmoni selvatici che per millenni hanno nuotato nelle acque scozzesi. Loch Duart è infatti uno degli ultimi riproduttori scozzesi rimasti al mondo, come attestato dal RAFTS (Rivers And Fisheries Trusts of Scotland) sullo sviluppo di strumenti genetici per distinguere i pesci d’allevamento da quelli selvatici in Scozia.
Al centro di tutto: preservare l’ambiente
La missione di Loch Duart è quella di allevare il salmone dal gusto migliore con il minimo impatto ambientale, garantendo così un
prodotto sostenibile e prestando la massima attenzione al benessere animale. L’allevamento di salmoni su piccola scala di Loch Duart è estensivo ed insieme alle innovazioni in materia di energia ibrida, tutela l’ambiente. Riconoscendo che l’80% delle emissioni degli allevamenti di salmone deriva dalla produzione di mangimi, Loch Duart ha sviluppato Blue Impact, uno tra i mangimi più sostenibili. Questo feed, che trasforma gli scarti in risorse preziose, utilizza ingredienti a basso impatto ed è certificato MSC e Marin Trust. Utilizzando il Blue Impact, Loch Duart ha ridotto le emissioni di carbonio del 56,5% rispetto alle diete standard per salmoni.
Loch Duart si dedica all’allevamento naturale dei propri salmoni per ottenere un prodotto superiore.
In alto: la specie del salmone Loch Duart è più vicina al salmone scozzese selvatico, il che lo rende un prodotto più resistente rispetto ad altri salmoni di allevamento standard. In basso: i salmoni Loch Duart sono alimentati con una dieta ad alto contenuto di ingredienti marini, crescono senza antibiotici, lentamente (impiegando fino a tre mesi in più rispetto alla media) e sono allevati con una densità di allevamento molto bassa, 98,5% di acqua e 1,5% di pesce
In alto: il salmone Loch Duart possiede un gusto straordinario, che si distingue da quello del salmone d’allevamento standard. In basso: HEART UK (heartuk.org.uk), ente benefico che sensibilizza i cittadini britannici per la salute sui rischi di un elevato tasso di colesterolo, dopo una selezione rigorosa, ha scelto il salmone Loch Duart come“approvato da HEART UK”, riconoscendone la ricchezza di Omega-3 (EPA e DHA), fondamentali per il benessere cardiovascolare.
Mangime sano = alimento sano = consumatore sano
L’esclusivo mangime realizzato per Loch Duart non è solo rispettoso dell’ambiente, ma anche più salutare per i salmoni allevati e per i consumatori. La dieta, ricca di proteine e contenente il 51% di ingredienti marini, riproduce ciò che i salmoni mangiano in natura, mantenendoli in salute e in condizioni ottimali. Gli esami di laboratorio attestano che il salmone Loch Duart presenta livelli di Omega-3 fino al doppio rispetto al salmone d’allevamento standard. Inoltre, il salmone di Loch Duart è l’unico salmone riconosciuto dalla principale organizzazione benefica britannica per la salute del cuore “HEART UK”. Alla luce di alcuni contaminanti oceanici che tutti i pesci (selvatici o d’allevamento) assorbono, Loch Duart effettua una tripla pulizia dell’olio di pesce nel mangime, riducendo tali sostanze e ottenendo il 67% di diossine in meno rispetto al salmone d’allevamento standard. Questo sforzo garantisce ai clienti un prodotto più sano e di qualità superiore.
Gusto e consistenza impareggiabili Facendo leva sull’eredità selvatica del salmone, sulla mangimistica specializzata, su una crescita lenta e focalizzata al benessere naturale e animale, il salmone Loch Duart ha un gusto straordinario. Dal sapore simile a quello del salmone selvatico, Loch Duart offre un gusto profondo e saporito che si distingue da quello del salmone d’allevamento standard. I salmoni Loch Duart, sani e in forma, sono infatti caratterizzati da una consistenza più solida e carnosa che all’assaggio offre un’esperienza più soddisfacente ed unica. Con un contenuto di grassi notevolmente inferiore, la delicata e sottile marezzatura del salmone è ben bilanciata e rimanda a una sensazione di burro in bocca. Non a caso questo è il salmone scelto dai ristoranti stellati Michelin di tutto il mondo, compresi i ristoranti dello
Filetti di salmone Loch Duart
con surgelazione criogenica
Tra le ultime novità in materia di sviluppo prodotto Loch Duart ha ampliato l’offerta con una linea di salmone surgelato con azoto liquido, la cosiddetta surgelazione criogenica. Una tecnologia che consiste nel congelamento istantaneo del salmone a temperature inferiori a –150 °C (la congelazione standard avviene a temperature comprese tra i –20 e i –40 °C). In questo modo si impedisce l’accumulo di umidità e si garantisce un congelamento uniforme dei filetti. Ciò preserva la consistenza dopo lo scongelamento e limita l’ossidazione che potrebbe portare a scolorire le carni. Il congelamento rapido inibisce la crescita di microrganismi come ad esempio i batteri. Con questa tecnica il prodotto è più sodo, dal colore uniforme e naturale, non duro né secco, preservando gusto e sapore originali.
chef GORDON RAMSAY, tra cui il Savoy Hotel di Londra.
Ikejime
Loch Duart pesca secondo lo standard di qualità Ikejime: è un metodo di macellazione del pesce usato per mantenere inalterata la qualità della sua carne che causa l’immediata morte cerebrale. Tale tecnica impedisce l’azione riflessa. Il mancato utilizzo di tale metodo causerebbe la produzione di acido lattico, rendendo il pesce acido. Inoltre, con l’utilizzo del metodo Ikejime il sangue contenuto nella carne del pesce si ritrae nella cavità dell’intestino, dando come risultato una migliorata colorazione e aromaticità del filetto. Questo metodo è considerato il metodo più rapido e umano per il fine vita dei pesci. Loch Duart è l’unico allevamento scozzese di salmoni riconosciuto con questo standard ed è proprio grazie ad esso che il suo salmone è ricercato dai migliori chef di sushi nel mondo.
Alles Fisch, distributore esclusivo di salmone scozzese Loch Duart Alles Fisch & C. Srl Import-Export opera da anni nel comparto ittico e si è affermata, per affidabilità e distribuzione dei prodotti ittici di migliore qualità, nel panorama nazionale ed internazionale, sviluppando una rete di vendita capillare. Non a caso, dal 2015 Loch Duart ha individuato in Alles Fisch il miglior partner per la distribuzione esclusiva del suo miglior salmone scozzese
TUTTI I RICONOSCIMENTI DELLA FARM E DEL SALMONE LOCH DUART
Tra tradizione e innovazione: Lepore Mare e le nuove frontiere nel settore ittico
La sicurezza alimentare è una delle priorità globali nel contesto delle sfide odierne dell’industria alimentare. Lepore Mare Spa è un’azienda italiana che opera nel settore ittico dal 1948 e si prepara a partecipare «alla kermesse chimica più prestigiosa del Paese, l’MS Food DAY 2024 (16-18 ottobre), un appuntamento scientifico di rilevanza internazionale, che si
terrà proprio nell’area geografica in cui risiede l’headquarter della nostra azienda, a Fasano (BR), Puglia» commentano i responsabili di Lepore Mare. «Questa partecipazione non solo rappresenta un’opportunità per la nostra azienda di mettere in luce le proprie innovazioni, ma riflette anche il nostro impegno verso la sostenibilità e la sicurezza alimentare».
Approcci innovativi e focus sulla sostenibilità
In questo contesto, la sfida principale è quella di affrontare temi complessi come la contaminazione alimentare, la conservazione dei prodotti e l’ottimizzazione dei processi produttivi attraverso l’uso di tecnologie avanzate e approcci innovativi. Lepore Mare da sempre affronta le sfide
Attraverso un approccio che integra tecnologia avanzata, collaborazione con enti di ricerca e un forte impegno verso la sostenibilità, Lepore Mare dimostra come un’impresa del Sud possa affrontare con successo le sfide del settore alimentare moderno. La ricerca di una qualità elevata, di alimenti sicuri, con buone caratteristiche nutrizionali e sensoriali, dotati di una buona conservabilità e facilità d’uso sta diventando sempre più il criterio-guida dei consumatori di oggi. In questo contesto, è importante promuovere la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico per garantire adeguati sistemi di controllo.
del settore ittico con un approccio unico che combina tradizione e innovazione.
L’azienda si basa su una profonda conoscenza delle risorse locali e su una forte connessione con le comunità ittiche del Mediterraneo. Questo le permette di mantenere elevati standard di qualità e sostenibilità, rispettando le tradizioni e le pratiche di pesca locale. Inoltre, attraverso un approccio che integra tecnologia avanzata, collaborazione con enti di ricerca e un forte impegno verso la sostenibilità, Lepore Mare dimostra come un’impresa del Sud possa affrontare con successo le sfide del settore alimentare moderno.
I processi che tratta l’azienda passano dalla produzione primaria alla trasformazione delle più svariate specie ittiche e questi processi implicano dei controlli differenti sia sulla base dell’analisi del rischio sia delle norme cogenti. Tali controlli sono necessari a garantire alimenti sicuri, salubri e conformi a tutti gli standard interni.
Congelamento a bordo Il congelamento a bordo fa parte delle tecnologie utilizzate dai pescherecci per effettuare l’abbattimento dei prodotti ittici. Il congelamento a bordo è associato allo stoccaggio in celle a –50 °C. Tale temperatura di stoccaggio permette di:
1. mantenere, ma, soprattutto, elevare il concetto di sicurezza alimentare;
2. stoccare il prodotto per almeno 24 mesi mantenendo inalterate le caratteristiche organolettiche;
3. non utilizzare additivi nel processo produttivo;
4. consumare il prodotto ittico anche crudo.
I motopescherecci Lepore Mare ad alto contenuto tecnologico consentono dunque di avviare già a bordo quella catena del freddo che garantisce la massima freschezza, sicurezza e qualità dei prodotti.
Sostenibilità
Confezionamento, etichettatura ed inserimento dei prodotti in magazzino avvengono già a bordo, grazie
Consumare un prodotto congelato a bordo vuol dire consumare un prodotto che presenta le caratteristiche di un prodotto appena pescato.
ad una connessione dei sistemi informatici dei motopescherecci di Lepore Mare con il gestionale
aziendale, riducendo l’impatto ambientale legato alla movimentazione dei prodotti stessi.
Tra le tecnologie che Lepore Mare ha adottato nel confezionamento dei prodotti emerge lo “skin pack”, un sistema di imballaggio sottovuoto che si distingue per le sue caratteristiche innovative e i diversi vantaggi.
Confezionamento
Nel settore ittico, il confezionamento svolge un ruolo cruciale per la conservazione, la presentazione e la protezione dei prodotti. Tra le tecnologie più avanzate ed efficienti che Lepore Mare ha adottato emerge lo skin pack, un sistema di imballaggio sottovuoto che si distingue per le sue caratteristiche innovative e i numerosi vantaggi. I prodotti vengono posti in vaschette utilizzando la tecnica del sottovuoto per la conservazione. Così facendo, la pellicola diventa di fatto una seconda pelle (da qui il nome per la tipologia di confezionamento, skin, in lingua inglese, significa “pelle”) per il prodotto, garantendo una presentazione ottimale ed il perfetto mantenimento delle caratteristiche organolettiche, per un periodo di tempo prolungato.
Evoluzione del prodotto
Per il settore ittico, ottenere un prodotto ready-to-eat con elevata shelf-life rappresenta un’assoluta innovazione. La ricerca di una qualità elevata, di alimenti sicuri, con buone caratteristiche nutrizionali e sensoriali, dotati di una buona conservabilità e facilità d’uso sta diventando sempre più il criterio-guida dei consumatori di oggi. In questo contesto, è importante promuovere la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico per garantire adeguati sistemi di controllo. Riguardo tutti questi aspetti la spettrometria di massa, che è il tema centrale dell’MS Food DAY, gioca un ruolo chiave. L’impressionante evoluzione delle sue applicazioni, metodi, strumentazione e tecnologia ha prodotto metodi altamente sensibili, specifici, rapidi, robusti e convalidati che sono strumenti fondamentali nella scienza e nella tecnologia alimentare. «Siamo certi che un appuntamento scientifico come l’MS Food DAY 2024 rappresenterà un bella opportunità per gli operatori del settore e, al tempo stesso, una sfida a fare sempre meglio» sottolineano alla Lepore Mare. Riepiloghiamo di seguito i vantaggi principali che la spettrometria di massa offre al comparto ittico e, nello specifico, a Lepore Mare.
Nel settore ittico, il confezionamento svolge un ruolo cruciale per la conservazione, la presentazione e la protezione dei prodotti.
La sede di Lepore Mare. La partecipazione in prima linea da parte dell’azienda all’MS Food DAY rappresenta un passo importante, che le permetterà di rafforzare la propria posizione in termini di sicurezza alimentare e sostenibilità.
Identificazione di specie
La spettrometria di massa può essere utilizzata per identificare le specie di pesci, il che è particolarmente utile per prevenire frodi alimentari.
Rilevamento di contaminanti
Questa tecnica può rilevare la presenza di metalli pesanti, pesticidi e altre sostanze potenzialmente nocive nei prodotti ittici.
Analisi nutrizionale
La spettrometria di massa può essere utilizzata per analizzare il contenuto nutrizionale dei prodotti ittici, come proteine, grassi e vitamine.
Tracciabilità
Questa tecnica può essere utilizzata per determinare l’origine geografica dei prodotti ittici, il che può aiutare a garantire la qualità e la sicurezza del prodotto.
MS Food DAY 2024
Questi sono solo alcuni dei tanti buoni motivi per cui Lepore Mare parteciperà attivamente all’8a edizione dell’MS Food DAY 2024 ed è qui che, direttamente affacciati sulla riviera adriatica pugliese, la spettrometria di massa si interfaccerà con i
big player del comparto alimentare. La partecipazione in prima linea da parte di Lepore Mare a questo evento di carattere scientifico rappresenta un passo importante per l’azienda, permettendole di rafforzare la propria posizione in termini di sicurezza alimentare e sostenibilità.
L’azienda è orgogliosa di far parte del comitato organizzativo dell’evento, con la cooperazione di BonassisaLab Spa, e di interfacciarsi con un comitato scientifico di spicco rappresentato da un gruppo di figure tecnico-specialiste il cui presidente è il prof. Gianluca Giorgi dell’Università degli Studi di Siena, rappresentante della Divisione Spettrometria di Massa della Società Chimica Italiana
L’MS Food DAY è diventato negli anni di fondamentale importanza per chi opera nel settore alimentare e vuole essere sempre aggiornato su come garantire la sicurezza alimentare, identificare contaminanti e migliorare i processi di controllo qualità. Un’occasione imperdibile di aggiornamento e networking tra professionisti e di matching con la parte scientifica, irrinunciabile per aziende che operano nell’industria alimentare.
Lepore Mare Spa
Via Dell’Agricoltura 22/24 (SEDE LEGALE)
C.da Martucci Z.I. 72015 (SEDE OPERATIVA)
72015 Fasano (BR)
Telefono: 080 4428111
Web: leporemare.com
Salerno Pesca, tradizione, innovazione e tanto Mediterraneo
Un’azienda campana che commercializza prodotti ittici catturati nelle acque egiziane, con vent’anni di esperienza e un focus sulla sostenibilità. Il suo fondatore e attuale titolare, l’imprenditore di terza generazione Eid El Salah Dorgham, in questa intervista ci racconta i punti di forza e le strategie di prodotto della sua attività, leader sul mercato a livello locale e nazionale
Siamo in Campania, una splendida regione da sempre vocata alle produzioni alimentari di eccellenza, tra cui spiccano anche quelle del comparto ittico. Qui, dal 2013, opera la Salerno Pesca Srl, una realtà fondata dall’imprenditore di origini egiziane Eid El Salah Dorgham, che ha sede appunto a Salerno ed è specializzata nel commercio di prodotti ittici.
L’azienda, fortemente radicata nella tradizione marinara della città campana e del suo porto antico, si occupa di pesca e distribuzione di pesce e frutti di mare, servendo tanto il mercato locale quanto quello nazionale.
Nel corso degli anni, Salerno Pesca ha saputo evolversi e rispondere alle nuove esigenze del mercato, investendo in tecnologie moderne per garantire sempre la massima freschezza e la qualità dei prodotti. L’azienda si distingue per la sua capacità di unire tradizione e innovazione, mantenendo uno stretto rapporto con il territorio e i pescatori locali.
Grazie alla costante attenzione alla qualità e alla sostenibilità, Salerno Pesca è diventata un attore di primo piano nel settore ittico campano: oltre alla distribuzione all’ingrosso, l’azienda è infatti anche impegnata nella lavorazione e nella vendita al dettaglio di prodotti ittici freschi e congelati.
Eid El Salah Dorgham, fondatore e titolare dell’azienda campana, con il collaboratore Pantaleo Sansone alla scorsa edizione del Seafood Expo Global, a Barcellona, nello spazio espositivo di Salerno Pesca.
La sua reputazione si basa su competenza, esperienza e rispetto per l’ambiente marino, valori che guidano quotidianamente il suo operato. Dotata dell’approval number ITCEW5Q7X rilasciato dalla Comunità europea, Salerno Pesca garantisce ai propri clienti prodotti di altissima qualità.
Leader sul mercato internazionale, l’azienda ha stretto una partnership con King Fish For Investment Spa e si avvale di una flotta di 40 pescherecci in Egitto, tutti equipaggiati con le più moderne attrezzature per il congelamento a bordo, preservando la freschezza del pescato, tra cui gamberi rossi, seppie, polpi e calamari, direttamente dalla cattura al porto.
Eid El Salah Dorgham, imprenditore di terza generazione, ha sempre creduto nel potenziale dell’Italia e dell’Europa, mettendo a frutto la sua esperienza internazionale. Oggi alla guida dell’azienda si affianca la giurista Alessia Budetta, Chief Financial Officer, e la figlia Sara Dorgham , laureata in Scienze Politiche, insieme alla moglie, per proiettare Salerno Pesca verso traguardi sempre più ambiziosi. Ad ora l’azienda, grazie ai traguardi raggiunti, ha chiuso il bilancio 2023 con 30M di fatturato. Abbiamo recentemente incontrato Eid El Salah Dorgham e gli abbiamo posto alcune domande per approfondire i punti di forza e le strategie di prodotto della sua attività.
Quali sono i prodotti e i servizi di punta di Salerno Pesca sul mercato? E cosa rende i suoi prodotti e i suoi servizi speciali per i clienti del comparto ittico?
«I nostri prodotti di punta sono sicuramente il gambero rosso, il gambero viola del Mediterraneo, il polpo e i moscardini , sempre del Mediterraneo. Tutti questi prodotti hanno una qualità altissima perché sono congelati a bordo e quindi sono caratterizzati da qualità organolettiche pressoché identiche al prodotto fresco che viene appunto pescato e congelato all’istante sulla barca. Essendo io egiziano, riusciamo ad avere un filo
diretto col fornitore. Con le barche egiziane che pescano il prodotto nel Mediterraneo e lo inviano alla nostra sede a Salerno possiamo affermare senza tema di smentita che siamo i maggiori fornitori di questi prodotti, sicuramente per il Sud Italia.
I nostri servizi sono all’avanguardia perché riusciamo ad avere il prodotto nel giro di pochissime ore dalla cattura, potendo così a servire tutto il territorio nazionale e internazionale grazie alla flotta di mezzi refrigerati che abbiamo in dotazione. Oltre a questi prodotti, siamo presenti sul mercato sia del fresco che del congelato con un’ampia offerta, tra cui orate, spigole, salmone, sgombro e merluzzo. Praticamente tutto».
La sostenibilità e l’innovazione sono temi sui quali state investendo in termini di prodotto e comunicazione?
«Per quanto riguarda sostenibilità e innovazione, ovviamente non commercializziamo nulla che non sia assolutamente tracciato. Rispettiamo l’ambiente marino non acquistando prodotti sottoposti a fermo biologico, così come prescritto e regolamentato dalla normativa italiana e comunicato dalle associazioni ittiche. Abbiamo investito, grazie ad alcuni progetti attivati insieme alla Regione Campania, nell’acquisto di alcuni macchinari come ad esempio una linea verticale di imbustamento, una termosigillatrice, una macchina arriccia polpi. Abbiamo investito anche in nuove celle all’avanguardia a temperatura controllata tramite sistemi di software. Abbiamo inoltre installato 300 kilowatt di pannelli fotovoltaici per rendere l’azienda più sostenibile nell’impiego di risorse green . Grazie a batterie di accumulo anche in caso di un eventuale blackout le nostre celle frigorifere sono sempre funzionanti per mantenere il prodotto ad una giusta temperatura, garantendo così la massima qualità».
Secondo la sua esperienza, qual è la situazione attuale del comparto ittico?
«Il comparto ittico in questo momento sta sicuramente vivendo una fase di trasformazione e crescita
dovuta a diversi fattori, sia economici che ambientali. La filiera ittica italiana sta ormai puntando sempre di più sull’innovazione e sulla sostenibilità, dato l’aumento dei costi energetici e, soprattutto, ai processi che oggi sono tutti digitalizzati. Se durante la pandemia si era tornati ad un consumo alto di pesce surgelato, già dalla seconda metà del 2021 si è registrato un ritorno alla domanda di pesce fresco da parte del mercato. Le prospettive di Salerno Pesca rimangono sempre positive, con un focus crescente sulle certificazioni di qualità e, soprattutto, su una gestione sempre più efficiente delle risorse energetiche e ambientali».
In quali mercati operate abitualmente?
«Operiamo sia sul mercato italiano che estero e con la nostra flotta di camion garantiamo le consegne sia sul territorio nazionale che all’estero».
A quali manifestazioni fieristiche partecipate e nel 2025 esporrete a qualche fiera?
«Partecipiamo abitualmente come espositori alla Seafood Expo Global di Barcellona e confermiamo la nostra presenza anche all’edizione del 2025. Come visitatori, invece, non manchiamo mai al Conxemar a Vigo, in Spagna».
Salerno Pesca Srl Via R. Wenner 41 84131 Salerno Telefono: 089 772176
E-mail: info@salernopesca.it Web: salernopesca.it
La Trute, allevamento con laboratorio e trasformazione a Sutrio
testi e foto di Massimiliano Rella
Essere biologici o non esserlo diventa un dettaglio quando si lavora a 600 metri d’altitudine in Friuli Venezia Giulia, in un ambiente incontaminato come quello di Sutrio (UD), tra le Alpi carniche, a ridosso del fiume But e — letteralmente — sopra le risorgive che alimentano di acqua freschissima un allevamento a dir poco virtuoso, un “acquario” di trote e salmerini che poi vengono eviscerati, sfilettati e affumicati con legno di faggio. Prodotti delicati, di qualità, dal prezzo ragionevole al punto vendita, per il piacere del nostro palato.
Parliamo dell’allevamento con laboratorio e trasformazione La Trute della famiglia Vidotti: Giuliano e Selene e i figli Davide e Stefano, di 28 e 21 anni, itticoltori di professione e con passione.
Le acque affiorano dalla terra a pochi metri dalle vasche d’allevamento e dallo stabilimento, un edificio in stile moderno, di basso
impatto ambientale, certificato Casa Clima per l’utilizzo di materiale e tecniche costruttive biocompatibili ed energeticamente efficienti. Ospita i laboratori di trasformazione, l’affumicatoio e il punto vendita, un complesso rivestito di legno recuperato nei sottoboschi del territorio. Poi con una materia prima di qualità è difficile sbagliare il prodotto se hai l’arte di saperlo trasformare.
La famiglia Vidotti gestisce la società agricola La Trute dal 1958, aperta dal signor Giulio, padre di Giuliano, in località Peschiera. L’azienda alleva trote iridee, trote salmonate e salmerini, alimentandoli con farine e olio di pesce acquistati da aziende del settore.
I pesci nuotano in vasche a cielo aperto e in tre laghetti naturali, a una temperatura dell’acqua che va dagli 8 °C in inverno ai 10,5-11 °C d’estate. «L’ossigenazione avviene naturalmente, grazie ad una portata d’acqua media di 250 litri al
secondo durante l’anno, senza l’uso di ossigenatori meccanici — spiega Giuliano Vidotti — e questo assicura un ricambio essenziale per una sana crescita dei pesci. Inoltre, la densità di allevamento è limitata a un massimo di 1 kg di trote per metro quadrato». L’allevamento La Trute è situato su un dislivello che permette un’ossigenazione simile a quella di un torrente di montagna, assicurando condizioni ideali per i pesci, e questo influisce positivamente sulla qualità delle loro carni.
Le trote e i salmerini impiegano 18 mesi per raggiungere la pezzatura di 300 grammi, ideale per i filetti freschi, ma con pochi mesi di crescita in più si ottengono esemplari perfetti per gli hamburger di trota, un prodotto confezionato e dalla forma a fiore preparato aggiungendo alle carni solo mollica di pane (10%) e un pizzico di sale.
Le iridee più grandi, di circa 1 kg, sono affumicate a caldo a 70-80 °C
Vasche di salmerini nell’itticoltura La Trute.
per due ore, dopo una salamoia di 24 ore. Il processo preserva la compattezza delle carni.
Le trote salmonate e i salmerini di dimensioni maggiori, dai 3 ai 6 kg in quattro anni, sono invece sfilettati, salati e affumicati a freddo a 30 °C per 12 ore, infine spinati, spellati e affettati. Il risultato è un prodotto delicato ma deciso, carni consistenti e retrogusto di faggio. Prezzo dai 3 ai 7 euro l’etto.
Per il futuro, la famiglia prevede un leggero aumento della produzione e un efficientamento dei magazzini e della logistica, oltre all’espansione del punto vendita per una migliore accoglienza.
Massimiliano Rella
La Trute Società Agricola di Vidotti Giuliano e C. Snc
Nel comune di San Bartolomeo di Breda, in provincia di Treviso, la famiglia Giaveri alleva 10 specie di storioni in pieno equilibrio col loro ecosistema, offrendo la collezione di caviale proveniente dallo stesso produttore più vasta disponibile sul mercato: ben otto tipologie!
L’eccellenza, oggi come non mai, passa attraverso il rispetto per l’ambiente, le risorse, le materie prime. In Caviar Giaveri questo si traduce in una cura certosina, da sempre presente, verso gli ettari di vasche protette e controllate che possiede nel comune di San Bartolomeo di Breda (TV), a pochi chilometri da Venezia, dove alleva in pieno equilibrio con il loro ecosistema 10 specie di storioni
L’azienda nasce come allevamento di anguille alla fine degli anni ‘70. All’inizio degli anni ‘80 Rodolfo Giaveri ebbe la grande intuizione di introdurre alcune specie di storioni per diversificare l’impianto, dopo essere stato conquistato dalla bellezza e unicità di questo pesce preistorico, tanto che, negli anni ‘90, diventò allevamento esclusivo di storioni. Caviar Giaveri è oggi condotta da Jenny, Giada e Joys, tre giovani im-
prenditrici che, con grande passione, continuano la tradizione di famiglia a fianco del padre Rodolfo.
La consapevolezza che la qualità derivi soprattutto dal livello di benessere dei propri storioni, capaci di vivere anche oltre i 40 anni, come il Beluga e il Persiano, fa sì che le specie allevate in azienda vengano alimentate con prodotti ricercati di altissima qualità, senza OGM, quindi con nutrienti selezionati, per
L’azienda trevigiana della famiglia Giaveri alleva 10 specie di storioni.
VENDITA PESCE FRESCO
Gió Mare unisce l’esperienza del suo fondatore, Giovanni Bonci, e la freschezza commerciale giorno il pescato proveniente da ogni parte d’Italia.
la propria gamma di prodotti di decine di articoli ed impreziosire così la propria offerta sì la offerta
Gió Mare Via Matteucci 17/19 – 47042 Cesenatico (FC) Tel. 0547/675446 – Fax 0547/75 139 info@giomare.net – www.giomare.net
In Caviar Giaveri la risorsa idrica, grazie alle moderne tecnologie di acquacoltura, è rispettata, con una piena sostenibilità degli impianti, che raccolgono acque di risorgiva con il supporto del fiume Meolo, affluente del Piave.
un prodotto che sia il più genuino possibile, tanto da poter dichiarare il massimo livello di qualità sul mercato mondiale.
Il parco storioni è diversificato anche per assicurare il ripopolamento, con ben due specie destinate alla salvaguardia e non alla produzione. Con queste accortezze vengono prodotte ben 8 tipologie di caviale, che si diversificano tra loro per grano, sapore e proprietà organolettiche. La collezione di caviale proveniente dallo stesso produttore più vasta disponibile sul mercato.
Strettamente legata alla cura degli animali è l’attenzione verso l’ambiente che li circonda, un ecosistema delicato che Caviar Giaveri protegge con passione, dedizione e professionalità. La risorsa idrica, in particolare, grazie alle moderne tecnologie di acquacoltura, è rispettata, con una piena sostenibilità degli impianti, che raccolgono acque di risorgiva con il supporto del fiume Meolo, affluente del Piave.
In questo vasto sistema estensivo, con acque in continuo movimento di entrata e uscita, senza alcun ricircolo, ogni vasca ha una tecnologia dotata di rilevatore di ossigeno, temperatura e quantitativo di mangime, perché il controllo della salubrità idrica e il suo corretto equilibrio biochimico sono determinanti per assicurare una vita sana agli stessi
storioni. L’acqua che esce dalle vasche, dopo l’utilizzo, passa attraverso un canalone dove vivono le carpe, biofiltro per l’acqua di scarico che torna in natura. Un impegno che l’azienda, oggi al vertice nella produzione di caviale in Italia, porta avanti con costanti investimenti.
D’altra parte è una filiera dai cicli produttivi lunghi, anche decenni, che impone lungimiranza nella visione e che dimostra anche quante buone scelte sono state fatte ormai diverso tempo fa, prima che la sostenibilità fosse una tendenza e una necessità di svolta delle abitudini quotidiane. Questo, infatti, si è tradotto anche nella scelta di fonti energetiche rinnovabili, nella piena salvaguardia dell’integrità degli ambienti naturali.
Un approccio produttivo che da oltre quarant’anni permette il controllo di tutta la filiera in modo diretto e interno, così da unire alla cura per la perfezione, la passione per la ricerca e per un approccio sempre più sostenibile
La produzione: cura minuziosa di ogni aspetto e rispetto per gli equilibri della specie
La salatura segue il tradizionale metodo russo malossol (poco sale), la selezione delle uova avviene rigorosamente a mano, come anche il confezionamento. Ogni
esemplare di storione vive come in natura: è accudito e seguito in ogni fase della sua crescita, ogni aspetto è curato minuziosamente per ricreare il miglior habitat garantendo il massimo rispetto per gli equilibri della specie. Lo storione è attualmente una delle specie in pericolo di estinzione incluse nella Convenzione di Washington appunto, il cui allevamento e commercializzazione sono tutelati dal CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora) che controlla il commercio internazionale delle specie di flora e fauna minacciate di estinzione. E Caviar Giaveri, naturalmente, opera nel totale rispetto di tali norme, per la completa salvaguardia delle specie.
Infine, le moderne tecnologie di acquacoltura permettono anche la piena sostenibilità degli impianti e del territorio circostante.
>> Link: www.caviargiaveri.com
Jacopo Ticchi: l’innovazione nella tradizione della cucina romagnola
Grazie alla tecnologia Stagionello® e al Metodo Cuomo®, lo chef rivoluziona la cucina sostenibile, offrendo sapori unici e riducendo gli sprechi
Jacopo Ticchi rappresenta una delle figure emergenti più interessanti nel panorama gastronomico italiano. Romagnolo di origine, Ticchi ha saputo fondere in modo innovativo la
tradizione culinaria della sua terra con tecniche moderne, creando un connubio che esalta la qualità degli ingredienti locali. Dopo aver completato gli studi all’Istituto Alberghiero di Riccione, Ticchi ha arricchito la sua formazione professionale lavorando in vari contesti, tra cui un’esperienza significativa in Australia dove è venuto a conoscenza del lavoro
Jacopo Ticchi.
di JOSH NILAND. È infatti proprio in questo periodo che ha scoperto la tecnica della frollatura del pesce, un metodo che sarebbe diventato uno dei capisaldi della sua cucina. La frollatura, tradizionalmente usata per la carne, consente di migliorare la consistenza e il sapore del pesce, conferendogli una qualità unica e raffinata.
Al ritorno in Romagna, Ticchi ha avviato un progetto giovane e dinamico, culminato con l’apertura del suo locale nel 2019, la Trattoria da Lucio (da-lucio.com). Il cuore del suo approccio è semplice ma rivoluzionario: celebrare il pescato locale del Mar Adriatico attraverso la frollatura a secco. Questa tecnica, inedita nel mondo del pesce, permette di esaltare ogni parte del pescato, riducendo al minimo gli sprechi e valorizzando anche gli scarti, in perfetta sintonia con una filosofia di cucina sostenibile.
Ma il percorso di Ticchi non si è fermato qui. Da settembre la trattoria si è spostata in una location straordinaria “in mezzo al mare”, offrendo un’esperienza culinaria unica, dove la tradizione romagnola incontra l’innovazione e il futuro. Grazie alla sua visione creativa e alla passione per le tecniche avanzate, Jacopo Ticchi è destinato a lasciare un segno indelebile nella scena gastronomica italiana.
Stagionello® Fish Curing Device: innovazione nella frollatura del pesce
Una svolta fondamentale nel percorso di Jacopo Ticchi è stata senza dubbio l’incontro con Alessandro Cuomo e la rivoluzionaria tecnologia Stagionello ® . Grazie ai corsi di formazione presso l’Academy dell’azienda, riconosciuta per l’eccellenza nel formare centinaia di chef, macellai, ristoratori e operatori della grande distribuzione di tutto il mondo, Ticchi ha potuto apprendere i segreti delle antiche ricette tradizionali, combinandoli con le più avanzate tecnologie di produzione.
Alessandro Cuomo, col suo innovativo sistema di stagionatura e conservazione degli alimenti, ha
sviluppato il Metodo Cuomo, un approccio capace di migliorare i processi tradizionali di stagionatura, rendendoli non solo più efficienti, ma anche più sicuri e controllati. Ciò avviene senza compromettere le tecniche artigianali né le preziose qualità organolettiche dei prodotti, che anzi registrano un incremento. Valori fondamentali per un professionista come Ticchi, sempre attento alla qualità e alla tradizione.
L’integrazione della tecnologia Stagionello® ha permesso a Jacopo Ticchi di sperimentare nuovi orizzonti culinari, come la produzione di salumi di mare stagionati o cotti, un esempio di come tradizione e innovazione possano convivere armoniosamente per creare prodotti innovativi. Il legame con Cuomo non è solo tecnologico, ma rappresenta una visione condivisa: rispetto per le tradizioni culinarie italiane, accompagnato da un costante impegno per l’innovazione.
Il dispositivo Stagionello® Fish Curing Device, all’avanguardia per la frollatura del pesce, ha permesso a Ticchi di portare la sua visione culinaria a un livello superiore. Grazie a questa innovazione, il processo di stagionatura diventa sicuro, controllato e personalizzabile, con risultati di altissima qualità.
Lo Stagionello ® Fish Curing Device offre un controllo preciso di parametri fondamentali come temperatura, umidità e ventilazione, attraverso la gestione del pH dell’alimento lungo tutte le fasi di trasformazione. Ciò garantisce una stagionatura ottimale e riduce il rischio di contaminazioni batteriche. Un dispositivo che non solo consente di migliorare la qualità organolettica del pesce, ma ne preserva anche la sicurezza igienica, un fattore cruciale nel settore della ristorazione di alto livello.
Adatto per una vasta gamma di pesci lo Stagionello® permette agli chef di personalizzare ogni fase del processo di stagionatura, creando sapori unici.
L’innovazione di questa tecnologia è particolarmente apprezzata dagli chef e dai ristoratori che cercano di offrire un prodotto di alta
qualità, senza l’utilizzo di conservanti artificiali.
La sinergia tra tradizione artigianale e innovazione tecnologica rappresenta uno dei punti di forza del successo di Jacopo Ticchi e del continuo sviluppo della realtà 100% made in Italy Stagionello® Nuove tecniche innovative che con cui oggi è possibile portare l’arte della frollatura del pesce ad un livello professionale, rispondendo alla crescente domanda di prodotti naturali e salutari. Lo Stagionello® Fish Curing Device è una garanzia di qualità, sicurezza e autenticità, consentendo di trasformare il pesce fresco in un prodotto gastronomico di eccellenza. Jacopo Ticchi, grazie al suo talento e alla collaborazione con Stagionello®, sta ridefinendo il concetto di cucina sostenibile e innovativa in Italia.
La sua trattoria e il suo approccio alla frollatura del pesce rappresentano un esempio di come tradizione e innovazione possano fondersi armoniosamente per creare un’esperienza gastronomica unica e rivoluzionaria.
Se anche tu vuoi offrire ai tuoi clienti nuovi ed innovativi prodotti o approfondire la tecnologia dello Stagionello ®
Fish Curing Device, scansiona il QR-Code o visita il sito Stagionello.com
Nuovo Regolamento UE per DOP e IGP: tracciabilità garantita per pesca e acquacoltura grazie a Track Ittico
Cambiamenti in arrivo anche per il settore ittico dopo l’entrata in vigore il 13 maggio del nuovo Regolamento europeo 1143/2024 sulle Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e le Indicazioni Geografiche Protette (IGP). L’ambito di applicazione riguarda i vini, le bevande spiritose e i prodotti agricoli, comprendenti anche i prodotti alimentari e i prodotti della pesca e dell’acquacoltura.
Questo nuovo regolamento mira a rafforzare la protezione delle Indicazioni Geografiche, migliorare la tracciabilità e garantire standard elevati di qualità. In particolare, per quanto riguarda la pesca e l’acquacoltura, le novità principali hanno a che fare prima di tutto con l’estensione della protezione geografi ca: i prodotti ittici e dell’acquacoltura possono ottenere la certificazione DOP o IGP
se rispettano criteri stringenti legati alla loro origine geografica e la zona deve essere chiaramente delimitata e giustificata sulla base di fattori naturali (come le caratteristiche delle acque) e umani (come le pratiche di allevamento).
Per quanto riguarda i metodi di produzione, devono essere tradizionali e sostenibili, specifici per la zona geografica ed è fondamentale che
contribuiscano alle caratteristiche uniche del prodotto. È incoraggiata l’adozione di tecniche di allevamento che promuovano il benessere animale e la sostenibilità ambientale.
Sempre più importanza viene data a controlli e certificazioni: i primi devono essere rigorosi ed effettuati regolarmente da parte di organismi di controllo indipendenti per garantire la conformità alle specifiche DOP e IGP. La certificazione deve essere rilasciata solo dopo un’accurata verifica della conformità ai requisiti del regolamento.
Si punta molto anche sull’etichettatura e sulle informazioni fornite al consumatore: i prodotti certificati devono avere un’etichetta chiara che indichi il nome della DOP o IGP e includa il logo ufficiale dell’Unione europea. È necessario essere dettagliati sull’origine, le caratteristiche e i metodi di produzione del prodotto, migliorando la trasparenza per chi acquista.
Devono essere rispettati elevati standard di qualità e sicurezza alimentare in tutte le fasi della filiera, per questo viene richiesta l’applicazione di buone pratiche igieniche e di produzione per garantire la salubrità del prodotto finale.
È obbligatorio implementare sistemi di tracciabilità avanzati che permettano di monitorare il prodotto dall’origine fino al consumatore finale. I dati di tracciabilità devono essere facilmente accessibili e verifi cabili, assicurando trasparenza lungo tutta la filiera produttiva.
Alla luce di queste novità introdotte dal nuovo Regolamento 1143/2024 un software di tracciabilità come Track Ittico di Zuffellato Technologies può svolgere un ruolo cruciale nel facilitare la conformità alle nuove norme:
• può registrare dettagliatamente le informazioni sull’origine geografica, i metodi di produzione e i controlli di qualità;
• può monitorare continuamente il prodotto lungo tutta la filiera. Il sistema è dotato di un modulo per la gestione della produzione attraverso il quale è possibile controllare il carico a magazzino del prodotto finito e lo scarico delle materie prime utilizzate. Si crea così un legame tra il lotto di prodotto finito e i corrispondenti lotti di materie prime;
• può aiutare nella preparazione per i controlli e gli audit, fornendo facilmente accesso a tutte le informazioni necessarie per la verifica da parte degli organismi di controllo;
• può supportare la creazione di etichette conformi alle normative, includendo tutte le informazioni richieste per controllare la trasparenza e incrementare la fiducia dei consumatori. Track Ittico consente infatti la stampa di etichette con codici a barre realizzati secondo gli
Impianto di maricoltura.
Una delle peculiarità di Track Ittico è la grande flessibilità che consente, in fase di installazione, di personalizzarlo in modo da adattarlo il più possibile alle esigenze e al modo di operare delle aziende. Con queste caratteristiche è il software ideale per allevamenti, industrie per la lavorazione e la trasformazione, distributori.
standard EAN/UCC. Sono codici univoci per identificare merci, servizi, beni e sedi in tutto il mondo. All’interno dell’applicativo è possibile registrare tutte le informazioni che dovranno essere obbligatoriamente riportate in etichetta, la denominazione commerciale della specie, il metodo di produzione, la zona di cattura o di allevamento;
• Track Ittico ottimizza inoltre anche la fase di vendita dei prodotti grazie all’uso di lettori wireless attraverso i quali è possibile leggere i codici a barre riportati sulle etichette e da essi creare il documento di trasporto.
Una delle peculiarità di Track Ittico è la grande flessibilità che consente, in fase di installazione, di personalizzarlo in modo da adattarlo il più possibile alle esigenze e al
modo di operare delle aziende. Con queste caratteristiche è il software ideale per allevamenti, industrie per la lavorazione e la trasformazione, distributori.
Il Regolamento europeo 1143/2024 introduce norme dettagliate e stringenti per il settore della pesca e dell’acquacoltura, migliorando la protezione delle indicazioni geografiche, la tracciabilità e la qualità dei prodotti. L’integrazione con software di tracciabilità come Track Ittico può facilitare la conformità a queste nuove normative, migliorando la gestione e la verifica lungo tutta la filiera produttiva.
Zuffellato Technologies
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Contributi a fondo perduto
Regione Marche
Finanziamento a fondo perduto dal 50% al 100% per la trasformazione e commercializzazione prodotti ittici
Reg. UE 1139/2021 FEAMP 2021/2027 – Obiettivo Specifico 2.2 Competitività e sicurezza delle attività di commercializzazione e trasformazione dei prodotti della pesca e acquacoltura
Sarà operativo a breve il bando per investimenti nelle aziende di trasformazione e commercializzazione prodotti ittici con un contributo a fondo perduto dal 50% al 100% per spese sostenute dal novembre 2022 e da sostenere nel 2024-2025 presumibilmente per le seguenti spese:
1. acquisto di terreni funzionali all’iniziativa per un importo non superiore al 10% dell’iniziativa;
2. acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili funzionali all’iniziativa;
3. investimenti in attrezzature di sicurezza (sistemi antincendio, sistemi di sicurezza e di allarme,
ecc…) che vanno oltre i requisiti previsti dal diritto unionale o nazionale;
4. investimenti per migliorare le condizioni di lavoro, la tutela e la salute e il miglioramento dell’igiene degli addetti (aree comuni, servizi igienici, cucina, sala mensa, dispositivi atti a ridurre la movimentazione manuale dei carichi, ecc…) che vanno oltre i requisiti previsti dal diritto unionale o nazionale;
5. acquisto di impianti, macchine, attrezzature per la lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici (ad esempio, macchine filettatrici, tritatrici, tavoli di lavorazione, macchine per l’imballaggio ed il confezionamento, celle frigorifere, affumicatori, essiccatoi, produttori di ghiaccio, ecc…);
6. investimenti diretti al miglioramento dell’efficienza energetica ed ambientale, all’utilizzo di fonti di energia rinnovabile prodotta e reimpiegata in azienda;
7. acquisto di contenitori coibentati posti su camion con assemblato l’impianto frigorifero e autoveicoli “VAN” dotati di coibenta-
zione e gruppo frigorifero non amovibile dalla motrice;
8. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 9. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione collegate all’operazione finanziata, ecc…
Regione Marche
Finanziamento a fondo perduto dal 50% al 100% per investimenti in acquacoltura
Reg. UE 1139/2021 FEAMP 2021/2027 – Obiettivo 2.1
Investimenti in acquacoltura
Sarà operativo a breve il bando per investimenti nelle aziende di acquacoltura e mitilicoltura con un contributo a fondo perduto dal 50% al 100% per spese sostenute dal novembre 2022, e da sostenere nel 2024-2025, presumibilmente per le seguenti spese:
1. acquisto di terreni funzionali all’iniziativa per un importo non superiore al 10% dell’iniziativa; 2. acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili funzionali all’iniziativa;
3. acquisto di attrezzature o macchinari per impianti di acquacoltura;
4. acquisto/ammodernamento di barche al servizio degli allevamenti compresi i macchinari di raccolta e lavorazione a bordo;
5. lavori di sistemazione e miglioramento dei circuiti idraulici;
6. spese per il miglioramento delle condizioni di igiene e sanitarie, delle condizioni ambientali e dei sistemi di produzione;
7. acquisto di macchinari ed attrezzatura per investimenti relativi al commercio al dettaglio;
8. acquisto di attrezzature volte a proteggere gli allevamenti dai predatori;
9. acquisto casse frigo refrigerate per i mezzi di trasporto, di mezzi refrigerati per il trasporto dei prodotti ittici quando la parte di allestimento frigorifero sia inscindibile dal mezzo e di mezzi per il trasporto del vivo;
10. acquisto di macchinari e attrezzature scientifiche finalizzati all’acquisizione e digitalizzazione dei dati meteo marini per una migliore gestione degli impianti; 11. programmi informatici “hardware e software” dedicati ai processi produttivi;
Finanziamento a fondo perduto dal 50% al 100% per la trasformazione e commercializzazione prodotti ittici
Reg. UE 1139/2021 FEAMP 2021/2027 – Obiettivo Specifico 2.2 Competitività e sicurezza delle attività di commercializzazione e trasformazione dei prodotti della pesca e acquacoltura
È operativo fino al 15/10/2024 il bando per investimenti nelle aziende di trasformazione e commercializzazione prodotti ittici con un contributo a fondo perduto dal 50% al 100% per spese sostenute dal 01/01/2021 e da sostenere nel 2024-2025 per le
seguenti spese:
1. acquisto di terreni funzionali all’iniziativa per un importo non superiore al 10% dell’iniziativa;
2. acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili funzionali all’iniziativa;
3. investimenti in attrezzature di sicurezza (sistemi antincendio, sistemi di sicurezza e di allarme, ecc…) che vanno oltre i requisiti previsti dal diritto unionale o nazionale;
4. investimenti per migliorare le condizioni di lavoro, la tutela e la salute e il miglioramento dell’igiene degli addetti (aree comuni, servizi igienici, cucina, sala mensa, dispositivi atti a ridurre la movimentazione manuale dei carichi, ecc…) che vanno oltre i requisiti previsti dal diritto unionale o nazionale;
5. acquisto di impianti, macchine, attrezzature per la lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici (ad esempio, macchine filettatrici, tritatrici, tavoli di lavorazione, macchine per l’imballaggio ed il confezionamento, celle frigorifere, affumicatori, essiccatoi, produttori di ghiaccio, ecc…);
6. acquisto di contenitori coibentati posti su camion con assemblato l’impianto frigorifero e autoveicoli “VAN” dotati di coibentazione e gruppo frigorifero non amovibile dalla motrice;
7. acquisto di hardware e software dedicati ai processi produttivi; 8. spese generali, spese tecniche, spese di progettazione collegate all’operazione finanziata, ecc…
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Regione Abruzzo
Come vendere all’estero
con la GDO?
Essere selezionati da una GDO estera è un processo lungo e complesso, spesso precluso a molte aziende italiane per via delle loro piccole dimensioni. Grazie agli accordi che ICE Agenzia ha siglato con oltre
80 catene della GDO internazionale, è possibile superare questo limite e riuscire a posizionarsi con successo in questo importante segmento
Uno dei metodi che le aziende hanno a disposizione per commercializzare i propri prodotti, sia in Italia che all’estero, è la vendita attraverso la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), il segmento del settore retail maggiormente diffuso nel mondo. Si tratta di una tipologia di vendita al dettaglio di prodotti di largo consumo (sia alimentari che non) realizzata tramite una serie di punti vendita come supermercati , ipermercati e discount, organizzati su grandi superfici e, generalmente, aderenti ad un’organizzazione o ad un gruppo che gestisce più punti vendita contrassegnati da una o più insegne commerciali comuni.
I vantaggi di vendere attraverso la GDO
Vendere all’estero attraverso la GDO può consentire l’accesso ad un mercato globale poiché la stessa catena di distribuzione è spesso presente in diversi paesi, e quindi, usufruendo anche di un sistema di distribuzione più capillare, è possibile raggiungere nuovi clienti in più aree geografiche e diversificare così il proprio bacino di utenza.
Vendere con la GDO può anche aiutare a condividere i rischi di vendita con il partner di distribuzione: ad esempio, se un prodotto non si vende bene, il partner di distribuzione condividerà il rischio con l’azienda fornendo un feedback utile per migliorare il prodotto. Allo stesso tempo, si può guadagnare
una conoscenza più approfondita dei mercati internazionali e delle preferenze dei consumatori locali, cosa che può consentire di sviluppare prodotti e strategie di marketing più adatti al mercato estero.
Essere presenti sugli scaffali della GDO, inoltre, può offrire maggiore visibilità al proprio marchio perché si può beneficiare della pubblicità e delle promozioni organizzate dalla catena, che gode di una più grande presenza mediatica, riducendo così i propri costi di marketing e promozione.
Come riuscire ad accedere alla GDO?
I vantaggi sono indubbi, ma la GDO non è per tutti, soprattutto per chi produce prodotti di nicchia, ed in quantità limitata. I prodotti commercializzati da un player operante nella grande distribuzione organizzata, infatti, sono solitamente beni poco costosi, destinati ad essere venduti in grande quantità con un ciclo di magazzino decisamente veloce. Inoltre, quello della GDO è un contesto altamente competitivo dove è difficile emergere in mezzo alla concorrenza, soprattutto all’estero. Tuttavia, con la giusta pianificazione e i giusti strumenti è possibile riuscire a posizionarsi con successo nella GDO internazionale.
Il primo passo da compiere è un self assessment relativo alle proprie capacità tecniche, operative ed organizzative, in termini di volumi di
produzione e di efficienza della rete logistica. Ciò significa essere in grado di fornire grandi quantità di volumi di prodotto e farlo 12 mesi l’anno entro i tempi stabiliti, ma anche essere in grado di integrarsi perfettamente nel sistema logistico della GDO che per sua natura è particolarmente complesso, dal momento che implica il coinvolgimento di numerosi attori della supply chain e la movimentazione di un numero importante di merci, assicurando al contempo velocità, sicurezza ed efficienza.
Se si è pronti da questo punto di vista, si può passare allo step successivo: lo studio del mercato di riferimento e l’analisi delle esigenze dei consumatori locali. Questo passo è di fondamentale importanza, perché non avrebbe alcun senso imbarcarsi in un’avventura nella GDO estera — con conseguente dispendio di tempo, energie e denaro —, se poi il prodotto che si va a proporre non ha mercato in quella specifica area geografica. Nella scelta del paese una regola spesso seguita è quella di seguire la corrente. Il rovescio della medaglia di questa strategia, però, è che la concorrenza è forte e il consumatore (quindi il buyer) è esperto, e quindi esigente.
Un mercato nuovo per le imprese richiede più ricerca ma può essere preferibile perché c’è meno concorrenza e può essere più facile affermarsi.
Una volta accertatisi che il proprio prodotto sia in grado di eserci-
Avannotteria
Produzione di Avannotti di Branzino e Orata.
Valle
Produzione biologica di Branzini, Orate, Cefali e Anguille in estensivo.
Allevamento in mare
Produzione di Branzini e Orate di taglia commerciale.
Valle Ca’ Zuliani
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E-mail: vallecazuliani@vallecazuliani.it
Le GDO partner di ICE, pur restando completamente autonome nella selezione di fornitori e tipologie di prodotto, a volte si avvalgono della sua collaborazione per lo scouting e il recruiting di nuove aziende italiane.
tare un certo appeal sulla clientela locale, vanno analizzate le caratteristiche intrinseche del prodotto stesso ed il modo in cui questo si posiziona rispetto alla concorrenza.
La domanda da porsi a questo punto è: perché un supermercato e i suoi consumatori dovrebbero scegliere il mio prodotto anziché quello di un’altra azienda? Quali sono sue le sue particolarità e quelle stesse peculiarità sono presenti già in altri prodotti venduti nella grande distribuzione?
Se la risposta è no, si è sulla buona strada per posizionare un prodotto alimentare nella GDO. Se invece la risposta è sì, si dovrebbe cercare di elaborare un’offerta diversa, che sia in grado di rispondere a un’esigenza dei consumatori che non è ancora stata esplorata dai competitor. I consumatori potrebbero essere interessati ad un formato differente, ad un diverso metodo di produzione, ad una particolare materia prima, ecc…
Per semplificare questo passaggio, potrebbe essere utile realizzare collaborazioni di co-branding per condividere idee e produrre referenze innovative unendo i prodotti di diverse aziende. La GDO, infatti, vuole fornire ai suoi clienti un’offerta che sia più ampia possibile, e per questo è sempre interessata alle novità. I prodotti, inoltre, devono essere provvisti di un’etichettatura adeguata per essere conformi alle normative locali e delle certificazioni richieste dal paese in cui vuole esportare.
Un altro aspetto da non sottovalutare è il packaging, che deve essere attraente ma allo stesso tempo coerente con la filosofia aziendale: per esempio, se si vuole distribuire un prodotto biologico capace di comunicare ai consumatori la propria dedizione nel mantenere le referenze il più naturali possibili, bisogna rafforzare questa associazione mentale attraverso un confezionamento ido-
neo, come un packaging ecologico, in grado di comunicare fin da subito la propria preoccupazione per le questioni ambientali.
Lo stesso vale per la promozione: sito internet, brochure, cataloghi ed altro materiale informativo devono seguire tutti la stessa linea di comunicazione che deve essere coerente con il brand e con i suoi valori per immagine e tono di voce. Allo stesso tempo, deve essere accattivante e deve essere in grado di attrarre buyer e consumatori.
Se si è in possesso di tutti questi requisiti, è giunto il momento di individuare la catena che più si adatta alle caratteristiche del prodotto proposto. I vari attori sulla scena della GDO sono molto diversi tra di loro: alcuni, come i discount, puntano tutto sul basso prezzo e sugli sconti, altri, come le catene specializzate, hanno un approccio più attento alla qualità. La scelta va fatta in base alle specificità della propria offerta.
Ma è qui che arriva il passo più difficile: la ricerca del contatto
Convincere il buyer è di fondamentale importanza e, per farlo, occorre mostrare il prodotto al meglio. A meno che il nostro brand abbia grande notorietà occorre molta pazienza: i buyer non ci conoscono, sono assediati dalle proposte, conoscono bene i loro fornitori attuali (che sono i nostri concorrenti), ma non noi, e prima di riceverci personalmente vogliono leggere di noi e vogliono leggere nella loro lingua. Ecco perché il materiale promozionale deve essere curato in ogni minimo dettaglio e deve essere localizzato in funzione del paese in cui si vuole entrare.
I buyer vogliono anche testare i nostri prodotti in anteprima, quindi è opportuno inviare delle campionature delle referenze che si vogliono proporre, presentazioni fotografiche e schede tecniche del prodotto, contenenti tutte le informazioni necessarie. Quando ci ricevono ci danno poco tempo, e preferiscono le presentazioni brevi, schematiche, efficaci, che vanno al sodo: piano di marketing e disponibilità a fargli conoscere come produciamo e dove produciamo possono essere decisivi.
Essere selezionati da una GDO è dunque un processo lungo e complesso, che richiede adeguata struttura organizzativa, gestionale e produttiva, capacità di interagire rapidamente e con flessibilità,
possesso di certificazioni richieste nei diversi mercati, spesso l’adattamento delle confezioni e delle etichette alle regole, usi e costumi del mercato, e a volte anche una pregressa esperienza con la GDO di altri Paesi.
Per tali motivazioni questo importante canale rischia di essere precluso a moltissime aziende italiane, soprattutto a quelle di dimensioni piccole e medio/piccole, in cui aiuto vengono però i numerosi accordi che ICE Agenzia ha siglato con le principali catene della GDO internazionale attive sia attraverso punti vendita fisici che on-line, da WORLD MARKET negli Stati Uniti fino a SECOMA in Giappone, passando per DOUGLAS in Germania e FRISCO in Polonia, solo per citarne alcuni.
Accordi GDO con Agenzia ICE Agenzia ICE è da anni impegnata nel sostegno alle imprese italiane sui mercati esteri attraverso accordi distributivi con le reti della GDO (Grande Distribuzione Organizzata), sia fisiche (punti vendita) che digitali ( on-line ). La promozione del made in Italy in collaborazione con i department store ed i retailer on-line ha l’obiettivo primario di incrementare la riconoscibilità e la visibilità dei prodotti autentici italiani per aumentarne distribuzione e vendite. La strategia dell’Agenzia ICE punta inoltre a: • consolidare e migliorare le per-
formance dei brand già presenti;
• inserire, per quanto più possibile stabilmente, nuovi brand e nuove merceologie;
• promuovere dell’immagine del made in Italy;
• potenziare le azioni di comunicazione verso il consumatore;
• contrastare fenomeni di contraffazione e Italian Sounding Dal 2015 sono stati stipulati più di 80 accordi con partner GDO in tutto il mondo. L’Agenzia ICE, attraverso la sua rete estera e di concerto con la rete diplomatica e consolare, individua potenziali partner tra le catene distributive internazionali, disponibili ad aderire alla campagna e all’investimento richiesti in accordo con i parametri fissati dall’Agenzia. Le GDO partner, pur restando completamente autonome nella selezione dei fornitori e delle tipologie di prodotto, a volte si avvalgono della collaborazione di Agenzia ICE per lo scouting e il recruiting di nuove aziende italiane. Le nuove aziende sono coinvolte nelle promozioni supportate dall’Agenzia ampliando il portafoglio fornitori delle catene. Tutti gli aspetti dell’inserimento della merce sul mercato sono curati direttamente dalla GDO: dallo stoccaggio del prodotto, alla vendita finale, alle consegne, ai pagamenti, ai resi/ sostituzioni.
Fonte: Agenzia ICE, Italian Trade & Investment Agency www.ice.it
Il
Il private label come una valanga, tra rischi e opportunità
Mentre i produttori temono di diventare invisibili dietro un’etichetta che non gli riconosce valore
di Maria Antonietta Dessì
“La principale causa della rivalità fra produttori e distributori sta nel fatto che entrambe le parti sono fortemente motivate a stabilire relazioni stabili e privilegiate col consumatore finale, facendo leva o sulla fedeltà al nome di marca o al punto vendita. Pertanto, entrambi gli attori hanno interesse ad esercitare un predominio sul mercato che
finisce per rappresentare l’obiettivo prioritario delle strategie messe in atto singolarmente dai due attori. La capacità, dunque, di esercitare un alto potere contrattuale, ovvero di imporre alla controparte condizioni di scambio a proprio vantaggio, definisce chi all’interno della negoziazione funge da channel leader”*
Etichetta spartana, modesta promozione alle spalle, confezione poco accattivante, si presentano così i prodotti in private label, un tempo relegati in un angolo del supermercato, oggi protagonisti nelle vendite. Ma la Marca del Distributore come è vista nel mondo della produzione? E operare in private label è un’opportunità o un rischio?
Il dilemma anima il dibattito e non restituisce una risposta decisa e univoca. La verità sta probabilmente nel mezzo ma merita un’analisi. La merita soprattutto perché gli spazi del private label vanno via via ampliandosi ed aumentando e lo scenario futuro sembra sempre più orientato verso un deciso consolidamento. Non solo le grandi insegne della Distribuzione Moderna spingono in questo senso, ma anche il mercato l’asseconda senza troppa resistenza, in Italia quanto nel resto del mondo.
L’Africa, il Medio Oriente e l’America Latina presentano la crescita della MDD più rapida nello scenario internazionale, trainata da livelli di inflazione più elevati. Gli incrementi sono del 9% in Europa, del 12,6% in Asia/Pacifico, del 33,4% in Africa e Medio Oriente e del 15,9% in America Latina. Fanalino di coda il Nord America, che registra una crescita più modesta, con un aumento
“solo” del 3,6% (fonte: NielsenIQ RMS MAT Q1 2024). Sono stabili nei settori non alimentari come la cura degli animali domestici, della persona e delle bevande, ma guadagnano quota nella maggior parte dei settori alimentari, dove in Paesi come Svizzera, Regno Unito e Spagna rappresentano rispettivamente il 52, 47 e 45% della fetta di mercato delle produzioni che passano per la Distribuzione Moderna.
In Europa, i marchi privati rappresentano una quota significativa del venduto. Sempre secondo la NIELSENIQ, detengono oltre il 30% del mercato totale dei beni di consumo confezionati in molteplici Paesi europei. Ma anche gli Stati Uniti, che potrebbero essere un mercato ormai saturo anche per storicità, essendo stata una delle prime aree dove si è sviluppato il private label, continuano a guadagnare terreno.
Il motivo è presto detto. Al netto della propulsione generata dalle
insegne della DM in questo senso, sono anche numerosi i vantaggi per i consumatori: un rapporto qualitàprezzo interessante, con una qualità percepita sempre più elevata e tuttora in continua crescita, al punto che molti consumatori li considerano talvolta anche superiori al marchio aziendale; un’azione costante delle catene di distribuzione in innovazione, qualità e ampliamento della gamma, con addirittura l’introduzione di linee premium, si pensi a Fior Fiore di COOP ITALIA, Sapori e Dintorni di CONAD, Terre d’Italia di CARREFOUR, Il Viaggiator Goloso di IPER-UNES o Esselunga top. O ancora, linee a “tema”, come quelle dedicate a prodotti biologici, equosolidali o per bambini, anche non alimentari.
Private label non significa necessariamente prodotto di prezzo, ma il marchio dell’insegna ha di media un listino inferiore del 25% rispetto alla marca leader a parità di
Private label non significa necessariamente prodotto di prezzo, ma il marchio dell’insegna ha di media un listino inferiore del 25% rispetto alla marca leader a parità di qualità.
qualità e, se non è facile scardinare il ruolo che alcuni prodotti hanno nelle abitudini e nell’immaginario, le private label continuano comunque a erodere quote anche laddove non si immaginerebbe.
La scelta di introdurre prodotti a Marchio del Distributore ha lo scopo di fidelizzare la clientela, convertendo la brand loyalty (fiducia verso un brand) in store loyalty (fiducia verso il punto vendita). Questo fenomeno è incoraggiato anche dal costante incremento dell’innovazione da parte dei retailer. Ma certamente di recente hanno aiutato la pandemia prima e l’ondata inflazionistica poi. Due eventi che, assieme alle conseguenze più dirette della guerra in Ucraina, hanno falciato i portafogli delle famiglie, costringendole a fare ulteriormente i conti per arrivare a fine mese. È su questo terreno che avviene l’ennesimo scontro tra produzione e distribuzione. Giocano però un ruolo importante anche le nuove abitudini dei consumatori, che non vogliono rinunciare alla qualità pur dovendo tirare un po’ la cinghia. Se infatti un tempo il private label puntava tutto sul prezzo, magari a discapito del prodotto, oggi questo non accade.
Tuttavia, le scuole di pensiero su quanto i marchi privati possano danneggiare quelli dell’industria sono diverse. Non solo alcuni imprenditori sono convinti che il private label possa essere un volano per i propri prodotti, ma in certi casi il fenomeno è letto come una vera e propria opportunità di crescita e un’occasione di sfondare dove (ancora) non si è arrivati.
Al contrario di quanto si può pensare, però, non è tanto l’azienda ad avvantaggiarsi da questa opportunità, quanto il prodotto in sé, quando, grazie alla MDD, raggiunge contesti in cui non è conosciuto e si apre, in questo modo, un varco. Il produttore ha la possibilità di accedere a diversi mercati senza fare azioni di promozione del prodotto a suo carico diretto e questo vale tanto per i mercati regionale e nazionale, quanto per quello internazionale. Questo meccanismo, se ben gestito, può divenire il cavallo di Troia della produzione per introdursi in ambiti altrimenti difficili o molto onerosi da raggiungere. E, pur con tutti i rischi del caso, sarebbe la MDD a consentire un miglioramento del posizionamento complessivo dell’azienda, la diversificazione dei
canali di distribuzione, il controllo sulla produzione e la qualità. Perché, se c’è una cosa che le insegne costringono l’industria a fare, è un perfetto controllo dei processi e, di conseguenza, una migliore gestione complessiva dell’impresa, seppur in maniera indiretta. Le ispezioni e le verifiche infatti — tutte a carico del produttore, manco a dirlo! — sono condotte da enti esterni e, talvolta, con l’imposizione di protocolli talmente rigidi da superare per severità alcune norme di adesione volontaria come le varie ISO o similari.
Il fatto che il distributore abbia un controllo ancor più incalzante sul fronte del marketing, del prezzo, delle promozioni, della qualità e dei processi produttivi, oltre che di vendita, gli permette di condizionare i rapporti di natura verticale con le industrie di produzione, come anche quelli di natura orizzontale con le altre catene di vendita. Ma in più crea un legame ancor più forte tra distributore e produttore, che però si regge su equilibri molto delicati.
A ragion veduta, i produttori tendenzialmente temono di diventare invisibili dietro un’etichetta che non riconosce loro valore alcuno. Il fatto
di “sparire” agli occhi del consumatore impedisce di fidelizzarlo e generare quella relazione di cui ogni impresa vorrebbe ragionevolmente godere. L’altro timore è di essere facilmente sostituiti con i concorrenti. Ma il rapporto che si crea con la fiducia, l’affidabilità, il servizio e il rispetto reciproco non è così facilmente scalfibile da elementi futili e di sola economia. Avviare rapporti commerciali di fornitura, verificare la bontà del fornitore, assumersi la responsabilità di mettere il proprio nome su un prodotto realizzato da altri, sono attività che generano costi e non possono pertanto essere intraprese frequentemente e a cuor leggero per ogni spazio nello scaffale. Se è vero infatti che la distribuzione è normalmente in una posizione di forza, è pur vero che l’equilibrio tra poteri deve essere trovato nel tempo e può divenire meno fragile e meno sbilanciato se ci sono i giusti accorgimenti.
Le relazioni commerciali, quelle durature, non sono mai costruite unicamente su aspetti economici, per quanto fondamentali. Nessun rapporto d’affari fortemente squilibrato può durare a lungo perché, in assenza di reciprocità, chi ha la peggio perisce proprio per la diseconomia generata costantemente.
La Distribuzione Moderna, per quanto costretta anch’essa a fare i conti con margini sempre più modesti
e una concorrenza incalzante, ha un vantaggio anche solo per mero interesse a consolidare rapporti. Una relazione commerciale stabile e soddisfacente, nel modello winwin, consuma meno risorse e meno energie, genera maggiori efficienze di scala e si traduce in ultima istanza in profitti. In più, in un contesto tendenzialmente ricco, la ricchezza si distribuisce. Nessuno ha interesse ad operare in un deserto e, soprattutto, laddove il prodotto locale è fortemente richiesto, come in Italia, non avere partner del territorio è un problema. Se i fornitori tutt’intorno alle superfici di vendita muoiono, presto o tardi moriranno anche quei punti vendita. E questo i più l’hanno fortunatamente capito.
Corre però anche l’obbligo di sottolineare che il tessuto produttivo italiano è costellato di una miriade di piccole imprese che non sempre sono in grado per struttura e organizzazione di affrontare certi mercati, primi tra tutti DO, GDO e private label. Questo è un ambito in cui l’improvvisazione, oltre a spingere rapidamente fuori, può creare danni seri.
Al netto degli effetti che individualmente il private label genera, il maggior rischio attuale è che nel tempo la Distribuzione Moderna vada ad occupare tutte le posizioni, acquisendo ogni spazio di mercato possibile, sostituendosi in tutto o quasi ai prodotti di marca, inizian-
do a produrre direttamente o per interposti soggetti, dettando regole e condizioni, depotenziando e trasformando il mondo produttivo. Il rischio è che assuma un ruolo talmente ampio da governare la produzione senza però caricarsi direttamente gli oneri. In una frase, che acquisisca potere di vita o di morte non solo di singole imprese, ma di contesti produttivi completi.
Questo fenomeno inasprisce il rapporto tra industria e DM, esasperato anche da una continua eliminazione delle referenze a marchio del produttore. Le centrali acquisti, ma non solo quelle, hanno come mission lo sviluppo del proprio brand sul territorio nazionale e questo obiettivo si concretizza con attività variegate che vanno dall’aumento delle referenze allo sviluppo della rete con le nuove aperture, dagli investimenti in comunicazione all’incremento dei prezzi dei prodotti di marca perché siano meno concorrenziali. Insomma, la direzione presa è quella di occupare più spazi possibile e le conseguenze sul fronte economico e sociale sono tutte da calcolare.
Maria Antonietta Dessì
Nota
* MARCO COSSU, GIUSEPPE MELIS, R OBERTA P INNA in “Localismo e sostenibilità dei prodotti freschi a libero servizio nelle strategie della moderna distribuzione”, edito da Franco Angeli.
Quando il genio incontra il mare: Testa Conserve, una storia di famiglia
Non solo passione, artigianalità e competenza: la famiglia Testa ha ricevuto un dono in più, il genio, quella goccia che permette di fare la differenza, di fare ancora meglio, con lo sguardo sempre fisso verso l’orizzonte
di Lara Abrati
Una famiglia la cui storia si è sempre intersecata col mare: da oltre 200 anni, infatti, opera nel mondo della pesca e, dei suoi componenti, si può affermare con certezza che il mare lo conoscano per davvero. Il mare ce l’hanno dentro. E, come per ogni cosa che fa parte di noi, diviene importante, se non fondamentale, prendersene cura. L’attenzione per
l’ecosistema marittimo, per la gestione delle attività di pesca, per le specie marine e per l’impatto delle proprie attività in mare sono caratteristiche imprescindibili, anche se purtroppo invisibili sul prodotto finale, ma da garantire affinché ci sia rispetto per il nostro pianeta. Come dice il comandante Pippo Testa, «…sei una piccola cosa di fronte a tanta onnipotenza. Ci vuole coraggio e umiltà. Pazienza e speranza. Scrupolo, rispetto, in una parola pudore. Una bella serata di pesca è un dono che ti devi meritare. Una soddisfazione che non ha paragoni».
Dal mare al laboratorio conserviero è un attimo… oppure no? La famiglia Testa si dedica alla pesca del tonno rosso siciliano — oggi una
La pregiata ventresca di tonno rosso della famiglia Testa.
I cugini Tuccio, Giuseppe e Nino Testa, rispettivamente direttore commerciale, responsabile comunicazione e social e responsabile gestione dell’innovazione dell’azienda di famiglia.
delle specie marittime protette —, ma anche del pesce azzurro nostrano, tra cui spiccano alici, sgombri e sugarelli. La pesca avviene con due imbarcazioni: Atlante, la più grande, e Futura Prima, entrambe dotate di sistemi che già nei primi anni 2000 erano all’avanguardia.
L’innovazione nasce dal genio di Pippo Testa, con al fianco Nino Testa , ingegnere elettronico che rende realtà le visioni dei membri della famiglia, da sempre al comando dell’azienda: una realtà dove ognuno fa quel che sa fare, mettendoci del proprio e mettendoci la faccia, dando così origine ad un’orchestra che suona in modo armonico.
E lo si vede dai prodotti che è in grado di preparare nel laboratorio di Porto Palo (SR). La scelta è chiara: qui si lavora solo il pesce pescato dalle due imbarcazioni di proprietà, in modo delicato, e viene principalmente conservato in olio extravergine di oliva Sicilia IGP, al fine di rendere queste prelibatezze disponibili in ogni parte del globo.
Il tonno rosso è una specie protetta, la cui cattura deve seguire regole ferree: 30 giorni tra il mese di maggio e giugno, periodo durante il quale i raggiunge la maturità sessuale, così da accoppiarsi e deporre le uova. Viene quindi catturato vivo quando supera i 30 kg con reti di circuizione, nel rispetto delle normative in
vigore, poi è sottoposto ad una fase di ingrasso e finissaggio nutrendolo con pesce azzurro in vasche di crescita che si trovano nel canale di Sicilia. Ciò permette un corretto e bilanciato sviluppo del grasso e ne determina succulenza e scioglievolezza, tali da meritare la similitudine con il burro.
Nascono così i filetti, la ventresca e la tipica buzzonaglia, perché è obbligo e onere non sprecare nulla. Prima della lavorazione, il pesce viene congelato a –70 °C per 24 ore, per poi risalire di temperatura man mano fino alla sua lavorazione: questo è fondamentale al fine di garantire la salubrità del prodotto, annullando l’eventuale presenza di un’alta carica batterica.
Il pesce azzurro, come lo sgombro viene invece pescato, scapuzzato, eviscerato e subito cotto a vapore. Poi viene asciugato e messo sotto vuoto con l’olio. Il metodo di cottura scelto ne permette la conservazione e valorizzazione delle caratteristiche sia nutrizionali che in termini di texture
I Testa lavorano anche il sugarello, pescato tra l’autunno e l’inverno. Un pesce poco conosciuto e poco consumato, molto simile allo sgombro, ma dalle carni leggermente più magre. Molto diffuso in passato, è il pesce del cuore del comandante Testa. Infine le alici, che nell’immagine
collettiva riportano subito la mente alla Sicilia, sempre pescate dalla flotta della famiglia Testa, divengono acciughe perché sono conservate sotto sale. Il pesce pescato nel periodo estivo arriva in laboratorio e viene scapuzzato con una pressione del pollice e dell’indice, all’altezza delle branchie, per eliminare testa e viscere. Entro due ore dall’arrivo le acciughe sono salate e disposte dentro dei recipienti dove avverrà la maturazione, con la fuoriuscita dell’acqua in eccesso. Una volta mature, sono deliscate e messe in olio di semi.
L’arte della conservazione: l’eterna lotta dell’uomo contro l’inesorabile trascorrere del tempo. Un modo antico per garantirsi cibo nel periodo in cui il fresco non era possibile averlo e la sua disponibilità si concentrava solo in determinati periodi dell’anno. Un atto culturale vero e proprio che ha garantito la sopravvivenza agli uomini nei secoli e nei millenni, che spesso dimentichiamo nella frenesia delle nostre vite contemporanee. Frutto dell’intelligenza dell’uomo, un’arte che la famiglia Testa ha saputo interpretare, perseverare, innovare e attualizzare, sempre con uno sguardo verso il mare.
Lara Abrati
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La spigola fresca nell’UE
Struttura del prezzo nella catena di approvvigionamento.
Caso studio EUMOFA
Nel 2021, la produzione di spigola1 ha raggiunto un valore globale di 305.000 tonnellate, il 98% dall’acquacoltura e il 2% dalla pesca. La produzione acquicola si è concentrata principalmente in Turchia (155.000 t), nell’UE-27 (97.000 t, il valore più elevato del decennio) e in Egitto (33.000 t).
Negli ultimi 10 anni (2012-2021), la produzione globale di spigola d’allevamento è raddoppiata. La produzione è aumentata molto più rapidamente in Turchia (+137%) e in Egitto (+144%) rispetto all’UE-27 (+52%). La Grecia (51.232 t) e la Spagna (23.037 t) hanno dominato la produzione dell’UE con il 76% della produzione totale. Tuttavia, l’aumento più marcato nella produzione dell’ultimo decennio si è verificato in Croazia (+270%), che ora rappresenta il 9% della produzione dell’UE (9.083 t). Seguono Italia, Cipro e Francia, rispettivamente con 7.282, 2.680 e 2.615 tonnellate. Nello stesso periodo, invece, la produzione di spigole selvatiche è diminuita del 38% a livello globale e del 42% a livello dell’UE, soprattutto a causa del forte calo delle risorse nell’Atlantico e dell’attuazione di misure di gestione drastiche dopo il 2015. Con le sue 4.730 tonnellate nel 2021, l’UE-27 rappresenta 1’85% delle catture mondiali. Nonostante il forte calo delle catture nel periodo, la Francia è ancora in testa alla produzione dell’UE.
Il consumo apparente dell’UE2 per la spigola ammontava a 110.723 tonnellate nel 2021, valore che include principalmente i prodotti freschi. Le importazioni extra-UE hanno raggiunto 21.594 tonnellate di peso vivo equivalente (PVE) nel 2021 (principalmente dalla Turchia) mentre le esportazioni extra-UE sono state pari a 12.560 tonnellate PVE (principalmente verso gli Stati Uniti e il Regno Unito). Ci sono anche significativi flussi intra-UE tra gli Stati membri (65.588 tonnellate nel 2022): i principali esportatori sono stati la Grecia, la Spagna e la Croazia, mentre i principali importatori sono stati l’Italia, la Spagna e la Francia. I due mercati più importanti sono stati l’Italia e la Spagna,
che insieme hanno rappresentato il 62% del consumo apparente dell’UE (rispettivamente 35.130 e 33.742 tonnellate). La presente relazione è dedicata a Grecia, Spagna e Italia: * la Grecia è il principale produttore di spigola dell’UE (51.611 tonnellate nel 2021, comprese le spigole d’allevamento e quelle catturate in natura), con elevate esportazioni (48.260 t PVE) e un consumo apparente limitato a livello nazionale (7.120 t PVE). L’analisi della struttura del prezzo riguarda le spigole intere fresche vendute nella Grande Distribuzione, con un prezzo franco allevamento di 5,64 €/kg e un prezzo finale di 10,99 €/kg; * la Spagna è il secondo mercato dell’UE, sostenuto in egual misura dalla produzione nazionale (24.300 tonnellate nel 2022, comprese le spigole d’allevamento e quelle selvatiche)3 e dalle importazioni (23.900 tonnellate PVE). La spigola è un pesce a buon mercato in Spagna e i prezzi sono determinati in larga misura dai prezzi all’importazione. Le analisi dettagliate della struttura del prezzo riguardano la spigola spagnola venduta nella Grande Distribuzione (prezzo franco allevamento di 5,50 €/ kg e prezzo finale di 8,25 €/kg); venduto in una pescheria (prezzo franco allevamento di 5,40 €/ kg e prezzo finale di 7,48 €/kg) Nella presente analisi, il prezzo finale della spigola in Spagna è risultato essere più basso nelle pescherie rispetto alla Grande Distribuzione; tuttavia, questa non è una regola generale, e può variare da un anno all’altro (le strategie di approvvigionamento sono diverse per la grande distribuzione e le pescherie) e dalla posizione del punto vendita; * l’Italia è il principale mercato dell’UE per la spigola. L’approvvigionamento avviene in gran parte attraverso le importazioni (31.207 t PVE nel 2021) e in misura minore attraverso la produzione nazionale (7.501 t nel 2021, comprese le spigole d’allevamento e quelle catturate
in natura). In questo contesto, il Paese d’origine svolge un ruolo importante per la segmentazione del mercato in Italia: i prezzi sono più alti per la spigola italiana rispetto ai prodotti importati, in tutte le fasi della catena del valore. Illustreremo in dettaglio due analisi della struttura del prezzo, entrambe relative a spigole fresche vendute nella Grande Distribuzione: spigola importata dalla Grecia (prezzo all’importazione di 6,00 € /kg e prezzo finale di 12,00 €/kg); spigola italiana (prezzo franco allevamento di 9,70 €/kg e prezzo finale di 19,0 €/kg).
Produzione mondiale
Nel 2021 la produzione mondiale di spigola è stata di 305.380 tonnellate, il 97% in più rispetto al 2012, grazie al significativo aumento dell’acquacoltura. La produzione di spigole proviene principalmente dall’acquacoltura (98%) e ammontava a 299.810 tonnellate nel 2021. Le catture hanno rappresentato solo il 2% della produzione globale, pari a 5.570 tonnellate.
Evoluzione della produzione acquicola a livello mondiale
La spigola è stata storicamente allevata nelle lagune costiere e nei bacini di marea, prima che avessero inizio gli allevamenti intensivi alla fine degli anni ‘60. La piscicoltura è stata inizialmente associata alla produzione di sale nelle paludi e nei bacini evaporitici costieri. I banchi di pesci che vivono nelle aree estuariali venivano catturati e allevati in inverno e in primavera (stagione di bassa evaporazione). Alla fine degli anni ‘60, Francia e Italia si sono impegnate a sviluppare tecniche affidabili di produzione di massa per il novellame di spigola e, alla fine degli anni ‘70, queste tecniche erano sufficientemente sviluppate nella maggior parte dei Paesi del Mediterraneo per fornire centinaia di migliaia di larve. La spigola ( Dicentrarchus labrax) è stata la prima specie di pesce marino non salmonide a essere allevata commercialmente in Europa
e attualmente è il pesce commerciale più importante ampiamente allevato nelle aree del Mediterraneo. L’allevamento di spigole è spesso associato a quello delle orate.
Nel 2021, la produzione mondiale di spigola d’allevamento ha raggiunto quasi 300.000 tonnellate; la produzione dell’UE rappresentava il 32% di questo totale. Secondo le statistiche della FAO, nel 2021 le principali aree di produzione sono state la Turchia (155.151 tonnellate, pari al 52% della produzione), l’UE (96.647 tonnellate) e l’Egitto (32.8893 tonnellate). Altre piccole produzioni sono segnalate in altri Paesi non UE, come la Repubblica Islamica dell’Iran (5.616 tonnellate nel 2021), la Tunisia (5.101 t) e l’Albania (2.463 t). La produzione globale del 2021 si è raddoppiata rispetto a quella del 2012.
Dal 2017 la Turchia è il principale produttore di spigole al mondo: la sua produzione è aumentata notevolmente tra il 2012 e il 2021 (+89.000 tonnellate, +137%). Con una produzione ampiamente superiore al mercato interno, la Turchia è diventata il principale esportatore di spigole, con il suo 98% del volume delle importazioni di spigole nell’UE.
Evoluzione delle catture globali
Le catture globali di spigola hanno raggiunto le 5.570 tonnellate nel 2021. La spigola viene pescata soprattutto nel Mare del Nord e nel Canale della Manica dalla fl otta dell’UE-27. In misura minore viene inoltre pescata anche nel Mediterraneo. Nel 2021, l’UE rappresentava l’85% delle catture mondiali di spigola. Altri Paesi importanti in termini di catture di spigole in Europa sono il Regno Unito (11%) e l’Egitto (3%). Le catture di spigola sono diminuite notevolmente tra il 2012 e il 2016 (da quasi 9.000 tonnellate nel 2012 a circa 5.800 tonnellate nel 2016); le catture sono più stabili dal 2016 e hanno raggiunto 5.570 tonnellate nel 2021. Questa forte tendenza è dovuta principalmente alla scarsità di stock ittici nella Manica e nel Mare del Nord (la principale area di pesca della spigola) e alle misure di conservazione introdotte a livello europeo e nazionale.
La produzione dell’UE
Evoluzione della produzione acquicola a livello di UE-27
La produzione di spigola d’allevamento nell’UE-27 ha raggiunto
97.135 tonnellate nel 2021. La maggior parte di questa produzione proviene da Grecia (53%) e Spagna (24%). Gli altri principali Stati membri produttori sono stati Croazia (9%), Italia (7%), Cipro (3%) e Francia (3%). Nel 2021, la produzione dell’UE-27 ha raggiunto il massimo valore mai registrato (+54% rispetto al 2012), grazie soprattutto agli aumenti in Grecia (+45%) e Spagna (+59%) e, in misura minore in Croazia e Italia. In Francia la produzione è rimasta relativamente stabile nel corso del decennio (+3%). A differenza del mercato italiano, quello spagnolo è rifornito principalmente dal proprio settore dell’acquacoltura; l’aumento della domanda e i continui investimenti hanno comportato una rapida crescita della produzione interna in Spagna. La produzione croata è sostenuta dalla crescita del mercato italiano, che la produzione nazionale non riesce a soddisfare; il 59% della produzione croata di spigole viene esportata nel vicino mercato italiano.
Evoluzione delle catture a livello di UE-27
Nel 2022, le catture di spigole nell’UE hanno raggiunto le 4.480 tonnel-
Pescheria.
late. La Francia è di gran lunga il principale Stato membro in termini di catture, con 2.431 tonnellate catturate dalla flotta francese nel 2022, pari al 51 % delle catture totali dell’UE. Altri Stati membri con valori di catture significativi sono la Spagna (15%) e il Portogallo (10%). Seguono Grecia, Paesi Bassi e Italia, con catture comprese tra 200 e 400 tonnellate nel 2022.
Nell’ultimo decennio (20132022), le catture di spigole nell’UE hanno registrato una forte tendenza al ribasso (–42%). Questa tendenza è attribuibile principalmente alla forte riduzione delle catture in Francia (–56%) e, in misura minore, nei Paesi Bassi (–38%). La ragione principale di questo forte calo è il declino delle risorse di spigole, soprattutto nell’Atlantico settentrionale (Manica, Mar celtico e irlandese, Mare del Nord meridionale). Ciò è dovuto a un aumento della pressione di pesca e a una riduzione della riproduzione. Questa situazione ha portato alla stesura di un nuovo
regolamento dell’UE nel 2015, con l’obiettivo dì ridurre drasticamente le catture di spigole in queste aree. Le catture di spigole sono aumentate in Grecia (+30%) e in Italia (+27%).
Il mercato italiano
Struttura della catena di approvvigionamento
Produzione
Il volume della produzione europea di spigola in Italia è stato di 7.501 tonnellate nel 2022, con 7.282 tonnellate provenienti dall’acquacoltura (97%) e 219 tonnellate dalla pesca (3%). Entrambi i settori sono aumentati dal 2012: +6% per l’acquacoltura e +19% per la pesca. La produzione dell’allevamento di spigole ha raggiunto un picco nel 2022 con 7.282 tonnellate. Si osserva una tendenza all’aumento negli ultimi anni, con un nuovo picco nel 2017 (7.039 tonnellate). La produzione italiana è condotta in mare aperto in gabbie e a terra. Tuttavia, a causa del consumo
di energia delle pompe negli impianti a terra, le prospettive di sviluppo di questo tipo di produzione sono piuttosto negative (in base al feedback qualitativo degli stakeholder italiani). Le prospettive sono più ottimistiche per i siti off-shore, anche se le aziende incontrano difficoltà nell’ottenere nuove licenze. In Italia ci sono 4 incubatoi su larga scala per le spigole, nel Nord Adriatico, in Sicilia e in Puglia.
Importazioni
Le importazioni totali di spigole fresche e congelate in Italia hanno raggiunto 28.856 tonnellate e 184 milioni di euro nel 2022; il prodotto principale importato è la spigola fresca, con 28.250 tonnellate e 182 milioni di euro nel 2022 (99% del valore totale importato). Nel 2022 i principali fornitori erano la Grecia (50% del valore totale delle importazioni), la Croazia (24% del valore totale) e la Turchia (16% del valore totale). Le importazioni di spigole sono aumentate del 35% in
volume e del 51% in valore (+35% in termini reali) dal 2012 al 2022. Il prezzo è aumentato negli ultimi anni fino a 6,47 €/kg nel 2022 (rispetto ai 5,79 €/kg del 2012, +12% in termini nominali ma –1% in termini reali). Tra i diversi esportatori verso l’Italia, il flusso dalla Croazia è aumentato significativamente negli ultimi anni, con 7.046 tonnellate di spigole importate nel 2022 rispetto alle 1.150 tonnellate del 2012. Le importazioni di spigole fresche dalla Grecia e dalla Turchia hanno raggiunto un picco intorno al 2018 e al 2019 per ciascuno di questi Paesi (rispettivamente 18.477 tonnellate e 7.390 tonnellate) e negli ultimi anni hanno avuto una tendenza al ribasso (14.055 tonnellate dalla Grecia e 5.341 tonnellate dalla Turchia nel 2022).
Esportazioni
Le esportazioni di spigole dall’Italia sono inferiori alle importazioni. Nel 2022 hanno raggiunto le 3.086 tonnellate, per un valore di 22 milioni di euro. Si tratta soprattutto di spigole fresche (99% del valore di tutte le spigole esportate, 22 milioni di euro). Le principali destinazioni sono state la Francia (23% del valore esportato), il Portogallo (20% del valore esportato) e la Germania (12% del valore esportato). Dal 2012 le esportazioni di spigole sono diminuite del 335% in volume e del 297% in valore (+255% in termini reali). Il prezzo
è oscillato tra 4,92 €/kg e 7,95 €/kg nel periodo (con il punto più basso nel 2019 e il più alto nel 2012). Nel 2022 era di 7,26 €/kg.
Consumo apparente
Nel 2021, l’offerta totale di spigola in Italia ammontava a 38.708 tonnellate in peso vivo equivalente (PVE), il 19% dalla produzione nazionale (acquacoltura+ pesca) e l’81% dalle importazioni. Solo il 9% di questa fornitura è stato esportato e il 91% (35.130 tonnellate PVE) è stato destinato al mercato nazionale (consumo “apparente”).
Caratteristiche del mercato
La segmentazione del mercato italiano della spigola si basa su:
• il Paese di origine del prodotto: il prezzo è più alto per il pesce proveniente dall’Italia rispetto ai prodotti importati (queste differenze possono raggiungere diversi €/kg). Le ragioni sono:
* una maggiore freschezza dei prodotti italiani rispetto alle spigole greche e turche, dovuta al ritardo del trasporto;
* una migliore conoscenza da parte di grossisti e dettaglianti italiani dei metodi di produzione attuati dagli allevatori italiani, con l’utilizzo di diversi programmi di certificazione per evidenziare l’origine nazionale;
* una possibile preferenza per l’origine nazionale da parte dei consumatori.
Tra le spigole importate, i prezzi sono più alti per il pesce greco e croato rispetto a quello proveniente dalla Turchia;
• le dimensioni del pesce, con prezzi più alti per le spigole più grandi: il peso di ogni spigola varia da 300 g a 1,5 kg;
• il metodo di produzione (allevamento / cattura in natura): il prezzo è più alto per i prodotti catturati in natura, anche se il volume di spigole catturate in natura è limitato sul mercato italiano;
• il tipo di presentazione (intero o filetto): il prodotto è spesso venduto al dettaglio intero (eviscerato o meno), ma può anche essere venduto al dettaglio filettato (non sono disponibili dati sulla quota di prodotto intero rispetto al filetto). Quando il pesce viene venduto intero e non eviscerato, l’eviscerazione può essere effettuata dalla pescheria (se richiesto dal cliente) o dal consumatore stesso. Entrambi i tipi di presentazione (intero o filetto) possono essere di origine nazionale e di importazione. I filetti provengono generalmente da pesci di peso compreso tra 400 e 600 grammi e pesano circa 110 grammi ciascuno. Il feedback qualitativo degli stakeholder
La spigola (Dicentrarchus labrax) è stata la prima specie marina non salmonide ad essere allevata commercialmente in Europa e attualmente è il pesce commerciale più impor tante ampiamente allevato nelle aree del Mediterraneo.
indica che le importazioni di filetti dalla Turchia sono una tendenza in crescita (le statistiche commerciali non consentono di identificare i filetti e i pesci interi).
Non sono disponibili dati dettagliati sui canali di vendita. Il consumo domestico di prodotti freschi è stimato in 19.392 tonnellate nel 2021 (fonte: Europanel, in tonnellate di prodotti), che rappresenta circa il 55% del consumo apparente calcolato in peso vivo equivalente.
L’Associazione Piscicoltori Italiani (API) stima che la ripartizione delle vendite di spigola italiana sia:
• 50% nella Grande Distribuzione (si ritiene che la quota di prodotti importati sia maggiore nella Grande Distribuzione);
• 30% nei ristoranti;
• 20% nei negozi specializzati (pescherie).
Ogni canale di vendita richiede una dimensione specifica del pesce (in base alle interviste con gli stakeholder):
• la Grande Distribuzione chiede le taglie più piccole: 200-300 g o 400-600 g;
• le pescherie specializzate chiedono 600-800 g o pesci superiori a 1.000 g;
• i ristoranti chiedono pesce da 600 grammi fino a 2.000 grammi. Sul mercato sono utilizzati diversi programmi di certificazione, in particolare per la spigola italiana, per assicurare la qualità e sottolineare l’origine italiana. I principali programmi utilizzati sono: Global GAP, Friend of Sea, ASC, marchi privati della Grande Distribuzione e lo schema nazionale “Sistema di qualità nazionale acquacoltura sostenibile” avviato nel 2020.
Consumi
La spigola viene consumata tutto l’anno. L’unica stagionalità è legata al periodo estivo, con un consumo maggiore nei ristoranti legato al turismo in Italia (sulla base di interviste qualitative con i grossisti). Sulla base dei dati EUROPANEL (disponibili in EUMOFA), il consumo domestico di spigola fresca è oscillato tra 17.000 e 19.400 tonnellate tra il 2016 e il 2021, per poi scendere a 14.932 tonnellate
nel 2022 (–23% rispetto al 2021). Per il 2023, i dati sono disponibili fino ad agosto (mentre viene redatto questo rapporto). Il consumo nei primi otto mesi è diminuito rispetto agli anni precedenti: 8.145 tonnellate nel 2023 (da gennaio ad agosto) rispetto alle 10.687 tonnellate del 2022 (da gennaio ad agosto).
Trasmissione dei prezzi nella catena di approvvigionamento
Prezzi di prima vendita
Il prezzo nominale della spigola a livello franco allevamento ha registrato una tendenza al rialzo tra il 2014 e il 2021 (+6,7%) e ha raggiunto 8,14 €/kg nel 2021 (fonte: EUROSTAT). In termini reali, l’evoluzione è negativa (–0,5%). Esistono forti differenze di prezzo in base alla taglia del pesce, da 8,40 €/kg per i pesci più piccoli (300-400 g) fino a 15,60 €/kg per i pesci di oltre 1 kg (sulla base di Ismea Mercati, dati relativi ad aprile 2023). Negli ultimi anni (da gennaio 2019 ad aprile 2023, periodo pre-Covid rispetto all’ultimo periodo disponibile), i prezzi per ogni taglia di pesce sono aumentati da 0,12 a 0,19 €/kg. La variabilità intermensile è abbastanza limitata; l’evoluzione maggiore si registra nel marzo 2022 (da +0,60 €/kg a +1,10 €/kg a seconda delle dimensioni del pesce). Osserviamo anche una piccola diminuzione del prezzo (–0,10 €/kg) per le due categorie più piccole all’inizio del 2023.
Prezzi all’importazione e all’esportazione
Il principale flusso commerciale di spigole da o verso l’Italia è l’importazione di spigole fresche (25.00030.000 tonnellate ogni anno). Il prezzo era di 6,47 €/kg nel 2022 (+0,70 €/kg rispetto al 2012, +12% in termini nominali e –1% in termini reali), con una tendenza al rialzo dopo il minimo del 2019 (4,79 €/kg).
Per la spigola fresca, il prezzo all’esportazione è più alto di quello all’importazione: +0,12 € /kg nel 2019 fino a 2,21 €/kg nel 2012. Il prezzo all’esportazione della spigola fresca è stato di 7,23 €/kg nel 2022, il picco più alto dal 2013.
Sintesi dell’analisi della struttura dei prezzi in Grecia, Spagna
Il prezzo delle spigole congelate importate tende a essere più alto di quello delle spigole fresche (importate ed esportate), raggiungendo i 7,12 €/kg nel 2022. Tuttavia, il volume rimane limitato a poche centinaia di tonnellate ogni anno. Il flusso di esportazione di spigole congelate è molto limitato (meno di 20 tonnellate all’anno) e i dati non vengono qui dettagliati. Il prezzo di importazione della spigola turca è inferiore a quello croato e greco, da 0,70 €/kg a 2,00 €/kg in meno dal 2016 (la differenza era leggermente inferiore prima del 2016, tra 0,30 e 1,00 €/kg).
I prezzi sono in crescita dal 2020 e hanno raggiunto 6,62 €/kg (Grecia), 6,43 €/kg (Croazia) e 5,46 €/kg (Turchia) nel 2022. Questo aumento era ancora in corso nel 2023 per le spigole greche e croate (dati disponibili fino all’agosto 2023 durante la stesura della presente relazione), con prezzi di 7,60 €/kg dalla Croazia, 7,10 €/kg dalla Grecia e 5,35 €/kg dalla Turchia.
Prezzi all’ingrosso
Sulla base dei prezzi all’ingrosso nei diversi mercati all’ingrosso italiani (di seguito un esempio coi dati del
mercato di Milano a novembre 2023), osserviamo che:
• il prezzo è più alto per le taglie più grandi: da 6,70 €/kg per una spigola greca di 300-400 grammi fino a 12,50 €/kg per una spigola greca di 1.000-1.500 grammi;
• una forte differenza in base all’origine (per la stessa taglia), di solito basata sul seguente ordine (dai prezzi più bassi a quelli più alti): Turchia, Grecia, Croazia e Italia. Nel novembre 2023 a Milano, ci sono 5,50 € /kg di differenza tra una spigola turca e una italiana (taglia 400-600 g).
La maggior parte delle spigole vendute nei mercati all’ingrosso proviene dall’acquacoltura. Occasionalmente, ci sono alcuni dati sulle spigole provenienti da pesca selvatica, con prezzi significativamente più alti di quelli dei prodotti di allevamento. Ad esempio, nel mercato all’ingrosso di Milano, tra gennaio e luglio 2023, la spigola selvatica catturata era compresa tra 10,00 e 35,00 €/kg.
Si possono osservare alcune differenze anche tra i luoghi di mercato. Ad esempio, nel novembre 2023, la spigola italiana (400-600 g) è stata
e Italia (2022–2023)
venduta tra gli 8,50 e i 10,00 €/kg a Venezia rispetto ai 13,30-14,00 €/kg di Roma. La forbice dei prezzi della spigola greca è stata più contenuta (da 6,30 a 9,00 €/kg a Milano e Venezia). A lungo termine, osserviamo un aumento dei prezzi all’ingrosso sia per la spigola italiana che per quella greca (sulla base del mercato all’ingrosso di Roma, 400-600 g per la spigola greca e 600-800 g per la spigola italiana).
I prezzi della spigola italiana oscillavano tra i 12,50 e i 13,60 €/kg nel luglio 2018 rispetto ai 14,20-15,00 €/kg nel settembre 2023. Da gennaio 2021 ad aprile 2022 si è registrato un periodo di prezzi più bassi (tra 9,50 e 11,30 €/kg). La differenza media tra i prezzi minimi e massimi è di 1,30 €/kg. Il prezzo della spigola greca è inferiore a quello italiano (a causa della sua origine e delle dimensioni del pesce monitorato).
Osserviamo una crescita generale dal luglio 2017 (prezzi tra 5,30 e 5,80 €/kg), in particolare dal luglio 2021, per raggiungere un massimo nel gennaio 2023 (da 7,70 €/kg a 8,20 €/kg). Dal luglio 2023 si osserva una piccola diminuzione (da 7,00 a 7,50 €/kg). La differenza tra minimo
Fonte: EUMOFA.
e massimo è minore per la spigola greca rispetto a quella italiana, con una differenza media di 0,50 €/kg.
Consumi delle famiglie per prodotti freschi (dati Europanel in EUMOFA)
Il prezzo medio al dettaglio della spigola fresca (consumo domestico)
è stato di 12,03 €/kg nel 2023 (dati disponibili fino ad agosto 2023, fonte: EUROPANEL). Osserviamo 2 periodi:
• il prezzo al dettaglio è stato relativamente stabile tra il 2017 e l’inizio del 2022, con prezzi medi annuali che vanno da 9,55 €/kg a 10,25 €/kg (i prezzi mensili minimi e massimi sono 8,67 €/kg e 11,44 €/kg in questo periodo);
• si osserva un aumento del prezzo a partire da maggio 2022 (in relazione al periodo di inflazione generale) e il massimo è stato raggiunto nel dicembre 2022 a 14,42 €/kg. I prezzi sono rimasti relativamente alti nel 2023 (prezzo medio di 12,03 €/kg nel periodo gennaio-settembre 2023).
Prezzi al dettaglio: le fonti
Sono disponibili diverse fonti:
• dati EUROPANEL (visualizzati in EUMOFA) per il consumo domestico di prodotti freschi;
• monitoraggio dei prezzi al dettaglio in EUMOFA (su base settimanale);
• sondaggio su una selezione di negozi on-line;
• sondaggio telefonico con le pescherie specializzate. Il prezzo della spigola varia molto in base al metodo di produzione (cattura selvatica o allevamento), alla taglia, al paese di origine e alla presentazione (intera o in filetti). Le prime due fonti non forniscono dettagli su questi elementi, mentre queste informazioni potrebbero essere raccolte con gli ultimi due metodi (indagini specifiche realizzate per questo rapporto).
Prezzi al dettaglio su larga scala (dal monitoraggio automatico sui negozi on-line)
Sulla base del monitoraggio dei prezzi al dettaglio in EUMOFA dei prezzi sui siti web della grande distribuzione, il prezzo della spigola fresca ha oscillato tra 9,75 €/kg e 23,90 €/kg tra settembre 2021 e ottobre 2023. Osserviamo che i prezzi massimi
tendono ad aumentare nel corso del periodo: il prezzo massimo era di 17,49 €/kg fino all’agosto 2021, era di 19,90 €/kg nel 2022 e di 23,90 €/ kg nel 2023.
Questi dati devono essere considerati con cautela in quanto non sono disponibili informazioni dettagliate per prodotto (origine, certificazione, nome del rivenditore).
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Prezzi Grande Distribuzione (da un’indagine su una selezione di negozi on-line)
Sulla base di un’indagine condotta sui negozi on-line della Grande Distribuzione (novembre 2023), i prezzi al dettaglio delle spigole intere fresche d’allevamento variano da 9,90 €/kg (12,50 €/kg, esclusi eventuali sconti) a 22,90 €/kg. È stato identificato solo un prodotto a base di spigole selvatiche catturate a un prezzo superiore a 39,90 €/ kg. I prodotti importati sono prodotti entry-level (fino a 13,90 €/kg), mentre i prezzi dei prodotti italiani tendono a essere più alti, tra 16,50 e 21,90 €/kg, escludendo eventuali offerte promozionali che possano abbassare i prezzi.
I prodotti italiani presenti sul mercato sono spesso accompagnati da informazioni aggiuntive sull’origine, come Ortobello Terre d’Italia, e sono talvolta venduti con marchi di rivenditori. Una delle produzioni italiane di spigola è biologica, il prezzo non è più alto per la spigola biologica rispetto a quella non biologica a parità di taglia e origine. Sono state identificate solo tre referenze di filetti di spigola, per un prezzo variabile tra 25,90 €/kg e 28,70 €/ kg; in due casi si tratta di prodotti importati e nell’ultimo caso non viene menzionata l’origine.
Prezzi pescherie specializzate (da un’indagine telefonica su una selezione di negozi) Nei negozi specializzati (pescherie) i prezzi sono più alti rispetto alla Grande Distribuzione. I prezzi osservati nelle pescherie di Roma (sulla base di un’indagine telefonica in una selezione di negozi) variano per la spigola greca d’allevamento da 15,90 €/kg a 16,90 €/kg per i pesci di 300-600 grammi, e fino a 21,00 €/ kg per i pesci più grandi (700 g). A parità di taglia (500-600 g), il prezzo della spigola d’allevamento italiana è superiore di 3,10 €/kg rispetto a quello della spigola greca, pari a 20,00 €/kg. Sono state identificate due referenze di prodotti di fascia alta: una spigola biologica italiana a 30,00 €/kg e una spigola pescata in natura a 60,00 €/kg.
Trasmissione dei prezzi
Per l’Italia vengono analizzate due trasmissioni di prezzo:
• spigola greca d’allevamento (300/400 g), importata in Italia e venduta nella Grande Distribuzione (prezzo finale 12,00 €/ kg), essendo la Grecia il primo esportatore di spigola in Italia; • spigola d’allevamento italiana (400/600 g), venduta nella Grande Distribuzione (prezzo finale 19,00 €/kg).
Come già detto, la differenza di prezzo tra i due prodotti è legata: 1. all’origine (il prezzo della spigola italiana è più alto di quella greca); 2. alla taglia (il prezzo è più alto per le spigole più grandi).
Spigola greca (300/400 g) venduta nella Grande
Distribuzione in Italia
Le spigole di allevamento greche importate in Italia sono vendute al dettaglio tra 9,90 €/kg e 13,90 €/kg (sulla base di un’indagine condotta su negozi on-line); nella presente analisi consideriamo 12,00 € /kg. Questo prezzo di importazione è calcolato a partire dal prezzo franco grossista (fonte: Mercato all’ingrosso di Milano) e il margine lordo del grossista (fonte: intervista con grossisti). Il prezzo di importazione è stimato intorno ai 6,00 €/kg per una spigola di piccola taglia (50% del prezzo finale), mentre le statistiche riportano un prezzo di 6,62 €/kg nel 2022 e di 7,10 €/kg per i primi mesi del 2023 per tutte le taglie di spigola. Queste differenze sono coerenti in quanto il livello dei prezzi tra le diverse categorie di taglia è significativo (ad esempio, il prezzo della spigola di oltre 1 kg è superiore di 5,80 €/kg rispetto al prezzo della spigola di 300/400 g proveniente dalla Grecia, a Milano nel novembre 2023). I costi e il margine del grossista rimangono limitati (11% del prezzo franco grossista), mentre i costi e il margine della distribuzione rappresentano una quota significativa del prezzo finale (35%). L’analisi si basa su dati provenienti dai mercati all’ingrosso, su dati monitorati sul sito web della Grande Distribuzione e su interviste qualitative con gli stakeholder.
EUMOFA, Caso studio – Spigola fresca nell’UE. La struttura del prezzo nella catena di approvvigionamento, marzo 2024.
Spigola italiana 400-600 g venduta nella GDO in Italia
La spigola italiana è venduta al dettaglio tra i 16,50 €/kg e i 22,90 €/ kg (in base a un’indagine on-line). Si tratta di spigole di allevamento di qualità superiore in Italia (rispetto a quelle importate). Le spigole pescate allo stato selvatico raggiungono anche prezzi più alti, ma i volumi sono limitati. Nel caso in esame, consideriamo che il prodotto è venduto tramite un grossista. Tuttavia, gli allevatori possono anche vendere direttamente alla grande distribuzione. Nell’esempio seguente, il prezzo finale è di 19,00 €/kg. Il prezzo franco allevamento rappresenta la metà del prezzo finale (51 %). I costi di distribuzione e il margine rappresentano il 32% del prezzo finale e quelli del grossista il 7%.
Conclusioni
Confronto della trasmissione dei prezzi per la spigola in Grecia, Spagna e Italia
Il presente rapporto propone cinque analisi di trasmissione dei prezzi in tre Stati Membri (Grecia, Spagna e Italia). Tra le cinque analisi condotte, tutte riguardano le spigole d’allevamento, fresche e intere. Come segue:
1. 400-600 g di branzino fresco venduto nella Grande Distribuzione in Grecia (origine pesce: Grecia), nel 2023;
2. 400-600 g di spigola fresca venduta nella GD in Spagna (origine pesce: Spagna), nel 2022;
3. 300-400 g di spigola fresca venduta nella GD in Italia (origine del pesce: Grecia), nel 2023;
4. 400-600 g di spigola fresca venduta nella GD in Italia (origine pesce: Italia), nel 2023;
5. 400-600 g di spigola fresca venduta in pescheria in Spagna (origine pesce: Spagna), nel 2022. La presente sezione propone una sintesi dell’analisi della trasmissione dei prezzi, in particolare fornisce i dettagli sulla gamma di prezzi osservati a ciascun livello della catena del valore, in quanto è possibile osservare un’elevata variazione dei prezzi in base alle dimensioni del pesce, all’origine geografica, al tipo di presentazione (intero o in filetti) e al metodo di produzione (allevato o pescato in natura).
Prezzi franco allevamento/ importazione
Tra i cinque prodotti monitorati, il prezzo franco allevamento/importazione è compreso tra 5,00 €/kg e 6,00 €/kg in quasi tutti i casi. C’è un’eccezione per le spigole allevate in Italia, con un prezzo franco allevamento più alto, pari a 9,70 €/kg.
Costi e margine di distribuzione I costi di distribuzione e il margine variano tra 4,09 e 7,57€/kg in Grecia e in Italia (i costi di distribuzione e il margine tendono a essere più alti per i prodotti più costosi). I costi di distribuzione e il margine sono inferiori in Spagna, da 1,40 a 2,00 €/kg.
Prezzi al dettaglio
La spigola è un prodotto relativamente accessibile in Spagna, è il mercato con i prezzi più bassi tra i tre SM monitorati (da 7,48 a 8,25 €/kg). Il mercato spagnolo è rifornito in egual misura dalla produzione nazionale e dalle importazioni. Di conseguenza, il mercato spagnolo è fortemente influenzato dai prezzi a livello internazionale (dalla Grecia o dalla Turchia)
e non esiste un prodotto di fascia alta per i prodotti spagnoli rispetto a quelli importati. Nella presente analisi, il prezzo finale è più basso nelle pescherie rispetto alla Grande Distribuzione, ma questa non è una regola generale e può dipendere dall’anno e dall’ubicazione dei negozi. Le strategie di approvvigionamento sono diverse per la grande distribuzione e le pescherie. La Grande Distribuzione può stipulare contratti pluriennali con gli allevatori (che consentono prezzi più stabili), mentre ile pescherie si riforniscono tramite grossisti con un’evoluzione dei prezzi più elevata (a seconda dei prezzi internazionali). In Grecia, il mercato della spigola è piccolo e la produzione è orientata all’esportazione. Il prezzo finale della spigola greca venduta al dettaglio in Grecia è di 10,99 €/kg nella presente analisi ed è paragonabile alla spigola greca venduta al dettaglio in Italia (12,00 €/kg). In Italia, il prezzo della spigola italiana è superiore a quello della spigola importata, raggiungendo i 19,00 €kg. A differenza di altri mercati, in Italia esiste una chiara segmentazione del mercato basata sull’origine del prodotto; il prodotto italiano (che rappresenta solo il 19% dell’offerta nazionale, una quota inferiore a quella spagnola) è venduto ad un prezzo significativamente più alto rispetto al prodotto importato. La spigola selvatica rappresenta una quota limitata del mercato, è un prodotto di fascia alta venduto a prezzi più alti rispetto ai prodotti d’allevamento (prezzi monitorati in Italia a 40,00 €/kg nella Grande Distribuzione e anche 60,00 €/kg per i pesci di grossa taglia in pescheria).
Fonte: EUMOFA European Market Observatory for Fisheries and Aquaculture Products, eumofa.eu
Note 1. La presente relazione riguarda la spigola, che può essere indicata semplicemente come “spigola”. 2. Consumo apparente = produzione + importazioni – esportazioni. 3. A differenza di altri Stati Membri, è stato calcolato il consumo apparente del 2022 in Spagna.
PELATRICE PER PESCE
Pesce povero e consumo ittico sostenibile
di Chiara Gelici, Fabio Boncinelli, Giulia Secci, Giuliana Paris
Negli ultimi anni, i consumatori europei hanno concentrato il loro consumo su poche specie ittiche, caratterizzate da un elevato valore commerciale. Purtroppo, la pressione esercitata dalla pesca intensiva su poche specie può produrre un’eccessiva quantità di pesci scartati, esacerbare i problemi di sovrasfruttamento delle risorse e mettere a rischio la stabilità degli ecosistemi marini. Pertanto, sarebbe importante rivitalizzare la domanda delle specie ittiche considerate di minor valore commerciale, il cosiddetto “pesce povero”, al fine di
favorire un consumo responsabile, sostenibile e diversificato. Tuttavia, preparare pietanze a base di pesce povero richiede tempo, pazienza ed abilità culinarie.
Non è facile trovare soluzioni che ne incoraggino un consumo domestico, a causa delle mutate condizioni sociali ed economiche e del cambiamento delle abitudini di consumo di cibo dei consumatori moderni, fattori che sono difficili da modificare. Per questo motivo, si è voluto testare l’efficacia di strategie nell’aumentare la probabilità di scelta del pesce povero nei ristoranti,
ovvero in luoghi dove il tempo di preparazione e le abilità culinarie del consumatore non sono determinanti delle loro scelte.
In particolare, lo studio si è concentrato nel testare l’efficacia di strumenti impliciti (ovvero di strumenti che vanno a condizionare inconsciamente le scelte dei consumatori) inseriti nei menù dei ristoranti. In tal senso, è stato condotto un esperimento di scelta su un campione rappresentativo di consumatori italiani in cui i soggetti sono stati suddivisi casualmente in tre condizioni sperimentali.
L’Accademia dei Georgofili è la più antica istituzione del genere al mondo lad occuparsi di agricoltura, ambiente, alimenti, promuovendo il progresso delle conoscenze, lo sviluppo delle attività tecnico economiche e la crescita sociale. Adeguando ai tempi organizzazione, metodologia e strumenti di lavoro, ha sempre mantenuto il proprio ruolo e gli obiettivi enunciati con l’atto costitutivo. Il lavoro svolto dall’Accademia fa emergere un richiamo alla consapevolezza della vitale importanza dell’agricoltura, da sempre giustamente considerata settore primario, non solo per la priorità temporale delle sue attività produttive, ma anche perché ha costituito e costituisce tuttora la fonte principale del nostro sostentamento alimentare. Inoltre è stata la matrice dello sviluppo manifatturiero industriale (al quale ha fornito materie prime, forza lavoro e capitali) e rappresenta il fondamentale fattore di equilibrio per la biosfera della quale l’uomo è parte integrante e dalla quale dipende la sua stessa sopravvivenza. L’Accademia ha accompagnato lo sviluppo delle scienze agrarie, nella loro accezione più ampia. Seguendo l’evolversi dei tempi, continua ad affrontare le nuove problematiche che investono l’agricoltura e tutti i rapporti dell’uomo con l’ambiente naturale. Conduce studi e ricerche, adottando le più moderne metodologie, al fine di promuovere concrete iniziative. I risultati vengono esposti e discussi pubblicamente in apposite “Adunanze pubbliche”, poi riportate nell’annuale volume degli Atti. Per affrontare lo studio di ogni singola problematica, l’Accademia liberamente si avvale della collaborazione dei più qualificati studiosi e tecnici, ovunque siano, anche se afferenti a diversi enti pubblici e privati. Per lo studio di specifici temi sono costituiti anche appositi Centri e Comitati consultivi. Inoltre, al fine di potenziare attività e collaborazioni sull’intero territorio nazionale, i Georgofili hanno realizzato Sezioni geografiche. L’attività editoriale oggi comprende anche la “Rivista di storia dell’agricoltura”, le “Informazioni dai Georgofili”, monografie su specifici argomenti, pubblicazioni commentate di antichi manoscritti, vari cataloghi. La Biblioteca, la Fototeca e l’Archivio offrono agli studiosi un patrimonio documentario tematico di ineguagliabile valore, oggetto continuo di indagini storiche da parte di studiosi di varie discipline. I pregi di tale patrimonio vengono messi in rilievo anche da numerosi momenti espositivi organizzati periodicamente su tematiche specifiche. Fra le attività dell’Accademia vi sono altre iniziative, quali corsi di formazione e aggiornamento. I Georgofili hanno rappresentato e rappresentano uno strumento per confrontare e far circolare le idee, collegandosi con il mondo e contribuendo a mantenere alto il prestigio della nostra cultura, sempre nel pieno rispetto del proprio motto Prosperitati Publicae Augendae.
>> Link: georgofili.info
Nel primo gruppo, denominato di controllo, i rispondenti hanno effettuato la scelta da un menù fittizio contenente tre piatti di pesce di alto valore commerciale (ovvero salmone, tonno e pesce spada) ed un piatto di pesce di basso valore commerciale, ovvero una “zuppa di pesce” a base di pesce povero.
Nel secondo gruppo, l’opzione “zuppa di pesce” era accompagnata da una piccola immagine e da un messaggio che evidenziava la sostenibilità del piatto.
Nel terzo gruppo, la stessa opzione era accompagnata da un altro simbolo e da un messaggio che ne evidenziava la tradizionalità.
Tramite l’applicazione di modelli econometrici applicati ai dati raccolti dall’indagine sui consumatori, è stata stimata la disponibilità a pagare dei rispondenti “manipolati” attraverso l’immagine e il messaggio descrittivo rispetto a quelli non influenzati, valutando dunque l’efficacia degli interventi impliciti nel valorizzare il pesce povero.
Dai risultati è emerso che lo strumento relativo alla tradizionalità è l’unico efficace nell’incentivare i consumatori a scegliere piatti a base di pesce povero. Questo effetto è stato particolarmente ampio per il gruppo di consumatori con redditi superiori. Il messaggio relativo alla sostenibilità, invece, non è risultato efficace nel modificare le preferenze dei consumatori. Questo risultato è stato confermato anche per il segmento di consumatori più attenti all’ambiente.
In conclusione, gli strumenti impliciti che fanno leva sulla tradizionalità dei piatti rappresentano un valido strumento per la promozione del consumo di pesce povero nei ristoranti
Inoltre, questi strumenti hanno il doppio vantaggio di essere poco costosi e facili da implementare da parte degli operatori. Si potrebbero comunque effettuare studi supplementari per rendere l’esperimento più aderente alla realtà culinaria italiana.
Per esempio, dato che la denominazione “zuppa di pesce” (presente nel menù dell’esperimento) in realtà rispecchia una denominazione generica di preparazioni e varianti regionali, la stessa indagine potrebbe essere condotta indicando direttamente il nome del piatto tipico regionale (ad esempio, cacciucco per la Toscana, brodetto veneziano per il Veneto, buridda alla genovese per la Liguria, ecc…), fornendo in questo modo un’indicazione più precisa e corretta riguardo alla tradizionalità del piatto. Come pure la stessa pietanza potrebbe anche essere sostituita con altre tipologie di piatti preparati con pesce povero, sempre richiamando ricette tipiche tradizionali (ad esempio, triglie alla livornese, orecchiette con cime di rapa e acciughe, sarde ripiene a beccafico, ecc…).
Oramai siete abituati, io parto dal nome: prima assonanza, poi etimologia. A me poke ricorda il poker, un gioco di carte basato sulle combinazioni, e siccome non ti conviene far sapere agli avversari che carte hai in mano, devi fare la poker face, ovvero essere impassibile. Perciò ha preso questo nome anche il tenere il volto in modo assolutamente inespressivo nonché una delle prime e più famose canzoni di Lady Gaga. Ma sto divagando.
Poke (che si pronuncia pok-hai) in realtà significa “tagliare a pezzi” ed è la denominazione hawaiana di un piatto a base di pesce crudo marinato e, appunto, tagliato a cubettini. Una specialità che, almeno fino al 2010, era confinata in quel paradiso ma che si è poi diffusa rapidamente in Asia, negli Stati Uniti e in Europa.
In Italia è stata Milano ad importarlo (e non poteva essere altrimenti, visto il melting pot culinario della città meneghina) e oggi tutto lo Stivale pullula di pokerie. Il condimento classico è sale marino, kimchi (verdure fermentate), kukui (noci) e alghe — poi è stato aggiunto il riso per renderlo un piatto completo —, i quali accompagnano tonno (aku poke o ahi poke, se è a pinne gialle) o polpo (he’e poke).
Era il cibo classico dei pescatori, preparato con ingredienti facilmente reperibili. Ovviamente, poi, iniziando a viaggiare, il poke ha incontrato i gusti asiatici, americani ed europei e si è arricchito di ingredienti locali. Fino a diventare una specie di insalatone… Ma non chiamatelo insalatone, bensì poke bowl. Che segue la regola del 4+1, ovvero riso, proteine, verdure, frutta e l’aggiunta di una salsa. Nelle pokerie si segue anche un’altra convenzione, quella del “fai da te”: ci si compone da sé la propria ciotola, attingendo da un’ampia varietà di materie prime messe a disposizione.
La ricetta è diventata famosa quindi anche per la comodità: ci metti ciò che vuoi e te la porti dove vuoi, proprio come un insalatone (anche se non dovete chiamarlo così). È infatti anche uno dei piatti più ordinati per l’asporto
Il pesce può essere appunto tonno o polpo, per attenersi alla tradizione hawaiana, ma niente vieta di usare salmone o gamberetti o altre varietà: l’importante è che sia stato abbattuto (per evitare contaminazioni, dato che è crudo), ben marinato e tagliato a pezzettini piccoli. Anche verdura e frutta vanno ridotte a cubetti: si devono poter raccogliere in contemporanea agli altri ingredienti senza fare alcuna fatica e il loro sapore si deve amalgamare. Perciò lavorate di fantasia, ma assaggiate: che sia per ritrovare i vostri sapori preferiti o per scoprirne di nuovi. Il riso usato è quello per sushi (vanno bene anche l’integrale e quello nero), messo in acqua fredda e fatto bollire perché perda l’amido. La salsa è addizionale e va a gusti: può essere soia, teriyaki, wasabi o anche solo olio di sesamo e zenzero.
La vera differenza con l’insalatone è la disposizione: là buttate tutto dentro e mescolate, in modo da diversificare colori e consistenze, mentre nel poke il riso è alla base e gli ingredienti vanno disposti sopra a spicchi, lasciandoli ben separati (se state pensando ad una pizza, ecco, l’idea è quella, tanto più che ad alcuni è venuta l’idea di creare il poke pizza). Quanto all’ordine nel mangiare, potete scegliere se iniziare dalla parte meno intensa (frutta e verdura) o quella più intensa (il pesce).
Per chi non ama il pesce, o ha scelto di non mangiarlo per questioni di salute o etiche, esiste il poke vegetariano, con uova sode, edamame (fagioli di soia) e tofu. Ed esiste anche il poke carnivoro, col pollo. Tra frutta e verdura molto apprezzati sono carote, avocado, mango, cipollotti, zucchine, pomodori, papaya, cavolo rosso. Al posto del riso si possono usare farro o quinoa.
Il gioco è dunque questo: provare, sperimentare, inventare. Tutto, ma senza chiamarlo insalatone. Potete però chiamare “poke” una torta cotta e forata in superficie con un coltellino per poter inserirvi creme o confetture o bagna o ganache, perché il verbo significa anche “fare un buco”… Forse il poker è più semplice da comprendere.
Giorgia Fieni
Ricordi di pesce gatto, memorie e ricette
di Giorgia Fieni
Quando ero piccola il nome mi faceva ridere. Mi immaginavo una specie di sirenetta, ma col volto felino e i lunghi baffi… Brutta ma in qualche modo affascinante e misteriosa. Unica nel suo genere. Poi mio cugino mi portò in gita ad un laghetto poco distante da casa e vidi ciò che aveva catturato. I baffi c’erano eccome, ma era solo un pesce con una grossa bocca e gli occhi piccoli, molto scuro e vischioso… Scivolosissimo e quasi fastidioso al tocco. Poi però la sera sua madre ce lo cucinò (anzi, ce li cucinò, perché il pomeriggio era stato divertente e i lombrichi “freschi” del mio orto avevano attirato tanti pesci) e devo ammettere che era buono! Credo fosse fritto, in modo semplice, dopo essere stato passato in farina e olio d’oliva e poi servito con patatine. Una specie di Fish & Chips della Pianura Padana, che a noi bambini faceva figura perché si sa che fritto è buono tutto (anche una scarpa, diceva mia nonna).
Infine, lo ricordo nel film Pomodori verdi fritti alla fermata del treno (il pesce gatto fritto era una delle specialità del Whistle Stop Cafè) e in una puntata del serial Friends, in cui, al ristorante, alcuni dei protagonisti non potevano permettersi di ordinare Gamberoni alla griglia o Pesce gatto alla cajun. In questa versione, è marinato con pepe, paprika, cipolla, aglio, origano, timo, pepe di Caienna e latticello, rosolato in olio di girasole e servito con salsa Alfredo (burro non salato, panna, aglio, pecorino romano, pepe) e fettuccine, completando con broccoli sbianchiti. Lo so, a noi abituati ai freschi sapori della Dieta Mediterranea e ai condimenti leggeri, suona pesante, ma, se volete stupire e soprattutto ricreare l’atmosfera di un serial degli anni ‘90 ormai diventato un classico, provateci (e fatemi sapere).
Sappiate che la carne di pesce gatto è grassa e saporita e il sapore è simile a quello dell’anguilla. È considerato “povero” per via delle molte lische e del fatto che è molto comune, in quanto si pesca negli acquitrini, ovvero laghi e risaie, di quasi tutta Italia (anche se è stato introdotto — si dice nel bolognese, inizialmen-
te — solo nel XVIII secolo, era già comune trovarlo nel Nilo nell’Antico Egitto e veniva consumato da tutte le classi sociali).
MASSIMO BOTTURA, che lo inserisce nel suo “Risotto fra acqua dolce e acqua salata”, un piatto preparato con riso, pesce gatto (il brodetto è ottenuto dalle sue lische), pesce persico e carpa, con gocce di salsa alla clorofilla, ne parla come di un prodotto «diverso dal suo carnoso e grasso parente del Mississippi: piccolo e spinoso, è da sempre simbolo di povertà per i pescatori che si accampano sugli alti argini del Po con le loro larghe reti, in attesa di pigliare qualunque cosa». Nel Mantovano, invece, il pesce gatto è fritto e cotto nel burro con noce moscata, cannella, pepe e acciughe, prima di aggiungerlo al risotto con erba cipollina.
Troverete però altri modi per prepararlo (e, se volete, potete anche andare a pescarlo, così da rendere l’esperienza completa). In umido. In una zuppa di pesce come la Ukha di origini russe o l’Halászlé ungherese.
In un sugo al pomodoro e servito con la polenta o come condimento per una pasta aglio, olio e peperoncino. Al forno, in modo classico con patate e pomodorini. Alla griglia. In padella. In agrodolce. Negli spiedini. E, per quanto riguarda il pesce gatto fritto, ho letto che si può sostituire la farina bianca con quella gialla (e sminuzzarvi noci pecan per dare croccantezza), aggiungere birra e friggere in olio di arachidi o di colza o di girasole.
Sono ricette che ho cercato e provato anche io in tutti gli anni trascorsi da quel pomeriggio al laghetto. Da allora non ho imparato a pescare, ma quando vedo un lombrico in un campo ricordo ancora come si lega all’amo. E, soprattutto, da allora ho perso un po’ la fantasia legata al cibo: ora, quando penso al pesce gatto, so esattamente come immaginarlo. Peccato però per quella sirenetta baffuta… Nella mia mente era molto carina e quasi magica, perché aveva trasformato una noiosa domenica in un ricordo indimenticabile.
Giorgia Fieni
Pesce gatto fritto.
Marca By BolognaFiere, edizione a tutto business
La fiera dedicata alla MDD si proietta al 2025 con tante novità, come l’International Buyers Preview, per incontri B2B e occasioni di networking
Marca by BolognaFiere si prepara ad una 21a edizione a tutto business. La manifestazione, organizzata in collaborazione con ADM – Associazione Distribuzione Moderna, si farà nuovamente specchio del mercato e punto di riferimento dell’intero ecosistema della Marca del Distributore. In un periodo caratterizzato da trasformazioni, inflazione e riduzione del potere di acquisto delle famiglie, l’appuntamento fieristico punta i riflettori sulle abitudini di consumo sempre più orientate alla
MDD, un settore in crescita in tutta Europa, nonché sulle strategie e i modelli di sviluppo utili alla community professionale in cerca di soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide attuali e future del mercato.
MDD: panoramica al 1o semestre ‘24
La crescita di Marca by BolognaFiere trova riscontro negli ottimi dati sulle vendite dei prodotti a marca privata. Come certifica CIRCANA — partner di
BolognaFiere anche per il 2025 — al primo semestre 2024 la Marca del Distributore risulta il segmento più dinamico del mercato: con un incremento delle vendite a valore di +2,7% a totale Omnichannel, la MDD sviluppa oltre 14,5 miliardi di euro di ricavi complessivi, raggiungendo 30,1 punti di quota (+0,2 rispetto al primo semestre 2023). Crescita confermata anche da un aumento dei volumi di vendita del +3,6%. Guardando alle merceologie, migliora il posizionamento competitivo della
MDD in tutti i reparti, con particolare riferimento ai segmenti drogheria alimentare, carni e pet care (tutti al +0,5 pti quota) e al cura casa (+0,4 pti). L’incremento a valore tra i reparti è sostenuto da un contestuale aumento nei volumi, fatta eccezione per il reparto bevande. Con un trend positivo e un’ampia offerta assortimentale, che ben coniuga qualità e convenienza, la MDD è preferita da milioni di consumatori, ricoprendo sempre più un ruolo chiave per lo sviluppo del settore e del comparto agroalimentare.
Marca Identity
Marca by BolognaFiere è l’unico appuntamento in Italia interamente dedicato ai prodotti food e non food a Marca del Distributore e l’unico in Europa a poter contare sulla presenza in fiera degli stand delle principali insegne della Distribuzione Moderna Organizzata, in qualità di espositori e
di membri del comitato tecnico scientifico dell’evento. La presenza in manifestazione di decine di importanti buyer di queste catene contribuisce ad accrescere il peso strategico di Marca all’interno del palinsesto fieristico internazionale.
A quattro mesi dalla 21a edizione, big player dell’industria, ma anche marchi storici specializzati in private label, così come numerose piccole e medie imprese, avevano già confermato la propria partecipazione sottolineando la fiducia e l’entusiasmo per un’iniziativa capace di anticipare le tendenze e di creare nuove opportunità di business nel comparto MDD. È stato inoltre siglato l’accordo triennale con U NION A LIMENTARICONFAPI — associazione di 2.800 PMI che tutela e promuove gli interessi economici e sociali delle piccole e medie industrie dell’agroalimentare italiano — che mira a incrementare la partecipazione a Marca 2025 da
parte degli associati che operano nel settore.
I 9 padiglioni assegnati a Marca — due in più rispetto al 2024 — danno forza all’impianto generale della manifestazione, articolato nelle macroaree espositive food e non food. La sezione food darà, come di consueto spazio al meglio delle proposte made in Italy e internazionali: dai prodotti da forno ai lattiero-caseari, passando per carni, salumi, pollame, senza dimenticare il pesce e i prodotti ittici. E poi ancora olio, aceto e condimenti, salse e sughi pronti, dolci, confetture e snack, surgelati, caffè, bevande, ecc…
Parallelamente, spetterà al comparto non food presentare tutto ciò che ruota attorno alla cura della casa, della persona e al fai-da-te/ bricolage, con un occhio di riguardo ai temi dell’efficienza e della sostenibilità. Sarà questa un’area ricca di idee innovative e soluzioni pratiche.
FISHFARMBOAT
LA NUOVA LINEA DI IMBARCAZIONI PER L’ACQUACOLTURA
Dall’esperienza di Giorgetti Group nasce il progetto FishFarmBoat, imbarcazioni destinate al settore ittico caratterizzate da:
Carena a catamarano per una massima stabilità e disponibilità di spazi di lavoro
Costruzione in alluminio o PEHD o altri materiali se richiesto
Ampia gamma sia per i diversi allestimenti che per le dimensioni
Economicità e minimo impatto ambientale
Marca Fresh e Marca Tech
La 5 a edizione di Marca Fresh , organizzata in collaborazione con SGMARKETING, renderà protagonista il settore del fresco e freschissimo in ortofrutta, chiamato a dialogare con la GDO all’insegna di una sempre più sentita e diffusa responsabilità economica, sociale e ambientale. Packaging, logistica, materie prime, ingredienti, tecnologia e servizi saranno invece protagonisti della 11a edizione Marca Tech, che porterà in vetrina i beni intermedi per la supply chain della MDD, presentando a produttori e retailer le ultime tendenze per innovare e operare in modo sostenibile.
Strategie di internazionalizzazione
Condividere e intensificare una strategia di promozione di Marca By BolognaFiere sulle piazze interna-
zionali efficientando risorse e nuove opportunità di business, accrescere la visibilità sui mercati e diventare punto di riferimento globale in materia di MDD: è da questi presupposti che nasce la principale novità dell’edizione 2025, l’introduzione di una giornata in più, quella del 14 gennaio, che si aggiunge alle due di manifestazione (15 e 16), e destinata esclusivamente agli incontri B2B. L’iniziativa offrirà agli espositori la possibilità di dialogare con buyer selezionati e qualificati per avviare nuove relazioni e sviluppare partnership commerciali sui mercati esteri.
L’International Buyers Preview del 14 gennaio è stata accolta con grande entusiasmo sia da parte degli espositori iscritti, sia dai buyer esteri che hanno già confermato la loro presenza, ad ulteriore riprova della crescita internazionale della fiera.
Marca Talks
Si conferma di grande richiamo il programma convegnistico, articolato in conferenze e focus sui più attuali dati di mercato, con workshop e focus tematici che coprono ogni aspetto d’interesse per la private label. È calendarizzata al mattino di mercoledì 15 gennaio la presentazione del Position Paper di The European House-Ambrosetti , promosso da ADM e Marca by BolognaFiere, cui seguirà un momento di approfondimento con stakeholder e protagonisti del settore. Nel pomeriggio, spazio al XXI Rapporto Marca by BolognaFiere, annuale fotografia sul ruolo della Marca del Distributore scattata da CIRCANA, e alla 2a edizione del convegno tenuto da GS1 ITALY con un approfondimento sul suo Osservatorio Non Food, lo studio annuale dedicato alle tendenze di 13 settori
non alimentari, e sul Digital Product Passport, l’insieme di informazioni sul prodotto a supporto dell’economia circolare e della sostenibilità. Inserito nel quadro delle iniziative comunitarie su sostenibilità ed economia circolare, il passaporto digitale del prodotto fornirà ai prodotti coinvolti un’identità univoca, collegata a una o più fonti di dati, e conterrà informazioni legate all’intero ciclo di vita del prodotto come origine, composizione, durabilità, opzioni di riparazione e smontaggio e riciclabilità dei diversi componenti del prodotto. GS1 Italy sarà presente anche con uno stand, per approfondire le varie questioni.
Ad animare le giornate di manifestazione anche gli incontri di
Marca Fresh , la presentazione dell’ Osservatorio Packaging del largo consumo a cura di NOMISMA e la premiazione dell’ADI Packaging Design Award.
International Private Label Selection – IPLS Di sicuro richiamo per gli operatori in visita sarà la nuova edizione dell’ International Private Label Selection – IPLS, promossa da Marca by BolognaFiere in collaborazione con Expertise On Field – IPLC L’IPLS metterà in vetrina prodotti lanciati o di prossimo lancio delle aziende espositrici.
I prodotti, inizialmente presentati in una sezione dedicata del sito, saranno esposti all’interno di uno
spazio denominato IPLS Manufacturers’ Innovation Expo per tutta la durata dell’evento. L’esposizione dell’IPLS verrà riproposta anche in occasione di altre iniziative internazionali organizzate da Marca by BolognaFiere.
Marca by BolognaFiere 15-16 gennaio 2025
>> Link: www.marca.bolognafiere.it
Alleanza Cibus-TuttoFood: spinta da 7,5 miliardi per il made in Italy
In un Paese come l’Italia dove in concetto di “fare sistema” è un mantra sistematicamente ignorato dalle logiche di campanile, colpisce positivamente la sinergia che sta decollando dall’alleanza tra Cibus (Fiere di Parma) e TuttoFood (Fiera di Milano), due delle più importanti manifestazioni fieristiche dell’agroalimentare italiano, che rischiavano di cannabalizzarsi in una competizione senza senso. Uno dei principali artefici dell’alleanza è Antonio Cellie (in foto), AD di Fiere di Parma, che in una lunga intervista al CORRIERE DELLA SERA ha tracciato la strada futura delle due manifestazioni, ora pienamente complementari. Si comincerà con la prossima edizione di TuttoFood, in programma a Milano dal 5 all’8 maggio 2025. «L’obiettivo è portare TuttoFood da 55.000 m2 a quasi 120.000. Milano e il suo territorio potrebbero beneficiare non solo del fatturato di 15 milioni di euro in più della fiera, ma soprattutto di un indotto di circa 150 milioni». L’obiettivo è di fare della kermesse un evento cardine per il settore a livello globale, anche grazie all’alleanza con Cibus e agli accordi con Anuga. Prendendo a modello il Salone del Mobile, si intende realizzare «una serie di eventi per la città, censiti da un’apposita guida, che animeranno Milano dal week-end precedente a TuttoFood». «Si tratta di un accordo sistemico voluto da tutti gli stakeholders», precisa Cellie sull’alleanza Parma-Milano. «Hanno visto un’opportunità di convergenza di competenze ed eccellenze tra Parma e Milano. L’obiettivo è che, nei prossimi 4-6 anni, questa mossa strategica contribuisca a supportare l’esportazione del made in Italy e, allo stesso tempo, puntare alla leadership fieristica in un settore chiave come l’agroalimentare». I compiti per ciascun partner sono chiari. «Fiere di Parma, che unisce i team di Cibus, TuttoFood e Anuga, gestirà da Parma e Milano gli espositori nazionali e i top client grazie anche alla storica collaborazione con Federalimentare e Food&Drink Europe, mentre Fiera di Colonia fornirà supporto alle collettive e agli espositori stranieri. Dopodiché, dal 2027, Cibus continuerà a tenersi negli anni dispari e TuttoFood negli anni pari per alternarsi ad Anuga». Le previsioni, basate sulle stime Prometeia-Aefi, vedono per il settore agroalimentare una spinta da 7,5 miliardi di euro in quattro anni (fonte: EFA News – European Food Agency).
Soluzioni naturali per mitigare gli effetti negativi sul benessere animale e la contaminazione da microplastiche nel pesce allevato
di Matteo Zarantoniello, Nico Cattaneo, Federico Conti, Ike Olivotto
La Politecnica delle Marche è molto partecipe a progettualità che riguardano la salvaguardia dell’ambiente e il benessere degli animali in acquacoltura. Nello specifico, il gruppo di ricerca coordinato dal prof. Olivotto si è occupato con entusiasmo del tema delle microplastiche in acquacoltura, raggiungendo, grazie anche alla collaborazione con aziende italiane, dei risultati molto interessanti relativamente a soluzioni naturali in grado di ridurre l’accumulo di microplastiche nei pesci e di migliorarne il benessere.
Le microplastiche, definite come frammenti di plastica inferiori ai 5 mm, sono considerate un problema ambientale esteso a livello globale. Sono state rilevate in tutti gli ecosistemi, dalla vetta delle montagne fino ai fondali marini, contaminando l’intero pianeta e mettendo a rischio a rischio la nostra salute e gli ecosistemi. In particolare, le microplastiche, derivanti da prodotti di uso quotidiano o dalla degradazione dei rifiuti, si accumulano negli oceani e negli organismi che li abitano, dal
livello più basso fino alla cima della catena alimentare, ponendo gravi preoccupazioni sulla loro salute e sulla sicurezza dei settori legati al mare per la produzione di alimenti destinati all’uomo, come la pesca e l’acquacoltura. È stato infatti recentemente dimostrato come anche l’allevamento di diverse specie ittiche sia afflitto dal problema dell’inquinamento da microplastiche, derivanti dall’ampio utilizzo di materiali plastici e, principalmente, dagli stessi mangimi utilizzati.
(a
Figura 1 – Microcapsule di astaxantina adese ai pellet di mangime per pesci
sinistra). Nel dettaglio, microcapsule di astaxantina osservate attraverso microscopia confocale.
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Figura 2 – Intestino di spigola analizzato attraverso microscopia confocale. La freccia indica un esempio di microplastica assorbita dalle cellule intestinali.
Sia gli ingredienti convenzionali utilizzati per le formulazioni mangimistiche, come quelli di origine marina e vegetale, sia le alternative più recenti, come le farine di insetto, sono infatti intrinsecamente caratterizzati da diversi gradi di contaminazione da microplastiche. In particolare, per ogni tipologia di ingrediente, il numero di frammenti trovato, così come il tipo di polimero e le sue dimensioni, sono correlati sia all’area di produzione/raccolta della materia prima sia ai successivi processi di lavorazione e imballaggio (va comunque sottolineato che la Comunità europea richiede altissimi standard di qualità in questo senso e pertanto la maggior parte dei prodotti impiegati è da considerarsi sicuro).
Nonostante sia stato dimostrato che i pesci riescono a discriminare dalle particelle alimentari i frammenti di plastica presenti in acqua, le microplastiche diventano più difficili da rilevare quando sono contenute nei mangimi e questo ne aumenta l’ingestione da parte dei pesci. Nel
complesso, l’ingestione delle microplastiche può portare nei pesci a ostruzione del tratto digerente, alterazioni nel comportamento alimentare, riduzione dei tassi di crescita, diminuzione dell’attività natatoria, alterazione della flora intestinale, processi infiammatori e stress ossidativo.
L’impatto di questo inquinante emergente sulla salute dei pesci può variare a seconda della sua dimensione, forma, composizione chimica e concentrazione, nonché della specie e dallo stadio del ciclo vitale degli esemplari allevati.
A livello del sistema digerente dei pesci, mentre le microplastiche più grandi possono solo transitare esercitando, in certi casi, un effetto abrasivo, quelle di dimensione inferiori a 20 µm possono essere assorbite dalle cellule dell’intestino. Come avviene per i nutrienti, le microplastiche assorbite entrano quindi nel flusso sanguigno, attraverso il quale raggiungono i diversi organi e tessuti. Principalmente tendono ad
accumularsi nel fegato che svolge, dunque, una funzione di filtro: se, da un lato questo riduce l’accumulo di microplastiche a livello di altri tessuti (come il muscolo, destinato al consumo umano), dall’altro causa un aumento dello stress ossidativo a livello epatico, con importanti conseguenze sul benessere animale.
A causa della diffusa distribuzione delle microplastiche, lo stress ossidativo deve essere considerato un problema di primaria importanza per il settore dell’acquacoltura, con potenziali impatti sul benessere e sulla qualità dei pesci allevati
Le moderne formulazioni mangimistiche possono contenere degli ingredienti funzionali con proprietà antiossidanti, potenzialmente in grado di mitigare il danno ossidativo causato dalle microplastiche. Tra questi, l’astaxantina (un carotenoide) è già ampiamente utilizzata in acquacoltura, non solo per le sue proprietà antiossidanti, ma anche diversi effetti benefici sulla pigmentazione, i tassi di sopravvivenza e di crescita e sulle performance riproduttive delle specie ittiche allevate. In particolare, l’astaxantina naturale, principalmente estratta dalla microalga Haematococcus pluvialis, è preferibile alla versione sintetica per il suo maggiore potere antiossidante, nonostante il costo di produzione sia più elevato. Tuttavia, la molecola naturale è soggetta ad una rapida degradazione a causa della sua bassa stabilità, limitandone potenzialmente l’applicazione come supplemento per mangimi per l’acquacoltura al fine di mitigare lo stress ossidativo risultante dall’esposizione alle microplastiche.
In questo contesto, il Laboratorio di Biologia della riproduzione e dello sviluppo del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche ha testato l’efficacia di una nuova tecnologia sviluppata dall’azienda italiana AQUATRADE SRLU, del tutto naturale, applicabile a tutti mangimi destinati all’acquacoltura, grazie alla sua specifica natura chimica.
MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce
Nello specifico questo nuovo prodotto è in grado sia di ridurre significativamente lo stress ossidativo indotto dalle microplastiche alimentari nei pesci, ma anche, con grande sorpresa del gruppo di ricerca, di ridurne drasticamente l’assorbimento a livello del tratto digerente.
Più nello specifico, il lavoro di ricerca condotto in collaborazione ha, in primis, microincapsulato l’astaxantina naturale in microcapsule caratterizzate da una matrice naturale sviluppate dall’azienda Aquatrade per aderire perfettamente ai pellet dei mangimi destinati all’acquacoltura (Figura 1).
Questa procedura di microincapsulazione è quindi indispensabile sia per proteggere l’astaxantina dalla sua spontanea degradazione, sia per permettere alle microcapsule di aderire ai mangimi destinati all’acquacoltura.
Lo studio è stato condotto su giovanili di spigola (Dicentrarchus labrax, Figura 3), alimentati per 60 giorni sia con dieta di controllo priva di microplastiche sia con diete volontariamente contaminate da microplastiche fluorescenti disponibili in commercio (range dimensionale 1-5 µm, concentrazione similnaturale), sia con diete contenenti
microplastiche e implementate con microcapsule di astaxantina (fornite ad una concentrazione di 7 g/kg di mangime).
I pesci sottoposti alle diverse diete contenenti microplastiche non hanno evidenziato una riduzione del tasso di sopravvivenza e delle prestazioni di crescita e non hanno mostrato alterazioni patologiche a livello del tratto digerente, confermando che il transito di piccole microplastiche, come quelle utilizzate nel presente studio, non altera la struttura intestinale o la sua funzionalità, come già dimostrato in diverse specie di pesci.
Tuttavia, avendo una dimensione inferiore a 20 µm, le microplastiche incluse nella dieta sono state assorbite a livello intestinale (Figura 2) e, conseguentemente, traslocate ad altri organi e tessuti dei pesci, come il muscolo, il tessuto adiposo e, in misura maggiore, il fegato che ha confermato il suo ruolo di filtro naturale.
Questo accumulo ha innescato l’attivazione di meccanismi di difesa contro lo stress ossidativo nei pesci alimentati con la dieta contenente solo microplastiche, ma non in quelli alimentati con la dieta implementata anche con l’astaxantina microincap-
sulata, in cui i parametri di stress ossidativo sono tornati ad essere simili a quelli osservati nel gruppo sperimentale alimentato con diete prive di microplastiche.
Questo interessante risultato ha dimostrato che le microcapsule hanno permesso di preservare l’astaxantina naturale, permettendole di esercitare la sua funzione di potente antiossidante e di contrastare gli effetti negativi delle microplastiche sulla salute dei pesci allevati
L’azione di questa soluzione innovativa per il settore della mangimistica in acquacoltura non si è però solo limitata a veicolare al meglio la molecola antiossidante, lasciandola intatta fino al tratto intestinale. Infatti, la matrice naturale delle microcapsule ha permesso di ridurre drasticamente il numero microplastiche assorbite a livello intestinale e, di conseguenza, il loro accumulo nei diversi organi, arrivando all’assenza completa nel filetto (dato estremamente interessante per i consumatori finali).
Questo processo è stato reso possibile grazie alla presenza dell’amido tra le sostanze naturali incluse nella preparazione delle microcapsule, il quale, oltre ad essere una sostanza economica, facilmente reperibile
Figura 3 – Sistema di vasche utilizzato per la sperimentazione.
Batteri del genere Vibrio nei frutti di mare: rischi aumentano per cambiamento climatico e resistenza agli antimicrobici
EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha effettuato una valutazione degli aspetti di salute pubblica relativa ai vibrioni connessi al consumo di frutti di mare. I vibrioni sono batteri acquatici che possono trovarsi nei frutti di mare. Alcuni ceppi sono patogeni e possono provocare gastroenteriti o infezioni gravi. In una precedente relazione (CLEFSA), gli esperti avevano analizzato i possibili effetti dei cambiamento climatici su un ampio spettro di questioni di sicurezza alimentare, tra cui i Vibrio nei frutti di mare.
Vibrio spp.: cos’è e come ci si può infettare I vibrioni sono batteri acquatici che vivono principalmente in acque marine costiere e zone salmastre (dove i fiumi si mescolano col mare) prosperando in acque temperate o calde a salinità moderata. Possono causare gastroenteriti o infezioni gravi negli esseri umani che consumino frutti di mare o molluschi crudi o poco cotti come le ostriche. Il contatto con l’acqua contenente vibrioni può anche causare ferite e infezioni alle orecchie.
Quali specie rappresentano un rischio per la salute pubblica in UE a causa del consumo di frutti di mare e quali sono i sintomi di un’infezione da Vibrio Il gruppo batterico Vibrio comprende diverse specie che possono causare la vibriosi. In Unione Europea Vibrio parahaemolyticus, Vibrio vulnificus e Vibrio cholerae sono le specie più rilevanti per la salute pubblica in relazione al consumo di frutti di mare. Vibrio parahaemolyticus può causare gastroenterite in individui sani, mentre Vibrio vulnificus e Vibrio
Una recente valutazione EFSA afferma che la presenza di batteri del genere Vibrio nei frutti di mare è destinata ad aumentare in Europa e nel mondo a causa dei cambiamenti climatici, soprattutto in acque a bassa salinità o salmastre.
Baltico, le acque di transizione tra Baltico e Mare del Nord, Mar Nero) e le aree costiere con grossi apporti fluviali.
Nella recente valutazione dell’EFSA gli esperti hanno previsto che la presenza e i tenori di Vibrio nei frutti di mare aumenteranno a livello mondiale e in Europa, soprattutto nelle acque a bassa salinità e salmastre, per effetto di cambiamenti climatici come il riscaldamento delle aree costiere e di eventi meteorologici estremi come le ondate di calore.
Prevenire e tenere sotto controllo i vibrioni nei frutti di mare
cholerae non-O1/non-O139 possono portare ad infezioni gravi, sepsi e decesso in individui vulnerabili.
Presenza e concentrazione dei vibrioni riscontrati nei frutti di mare immessi sul mercato UE o ad esso destinati
• Vibrio parahaemolyticus è stato riscontrato in circa il 20% dei campioni di frutti di mare analizzati, col risultato che 1 su 5 conteneva ceppi patogeni.
• Vibrio vulnificus è stato rilevato in circa il 6% dei campioni di frutti di mare analizzati e tutti i ceppi individuati sono considerati potenzialmente patogeni.
• Vibrio cholerae non colerico è stato rilevato in circa il 4% dei campioni di frutti di mare analizzati.
Fattori che fanno sopravvivere e proliferare i batteri Vibrio negli ambienti acquatici
I Vibrio possono sopravvivere e prosperano in vari ambienti acquatici grazie a diversi fattori. I più rilevanti sono:
• temperatura: i vibrioni proliferano in condizioni di caldo.
Temperature più elevate ne favoriscono presenza e crescita;
• salinità: i vibrioni gradiscono una certa concentrazione di sale per una crescita ottimale. Per questo motivo le acque a bassa salinità e salmastre (dove i fiumi si mescolano col mare) sono le più rischiose.
Stato attuale della resistenza agli antimicrobici (AMR) nelle specie Vibrio isolate dai frutti di mare e nelle infezioni trasmesse da essi e i rischi per i consumatori europei
La presenza di AMR nei batteri riscontrati nei frutti di mare e patogeni per l’uomo è preoccupante a causa del suo potenziale impatto sulla salute pubblica. L’ultima valutazione EFSA evidenzia che la resistenza a diversi antimicrobici, compresi quelli di ultima istanza, è stata rilevata in studi su campionature di Vibrio spp. presente nei frutti di mare e/o su campionature di Vibrio spp. che causano infezioni di origine alimentare in Europa. Essendo scarse le evidenze disponibili, gli esperti raccomandano di condurre un’indagine per raccogliere dati confrontabili.
In che modo i cambiamenti climatici influenzeranno la presenza di vibrioni nei frutti di mare e quali aree sono particolarmente esposte?
A causa dell’aumento di eventi climatici estremi, come le ondate di calore, negli ultimi 20 anni l’Europa ha registrato un aumento delle infezioni da Vibrio. Acque costiere più calde hanno dilatato le aree in cui i batteri Vibrio possono moltiplicarsi, con conseguente aumento del rischio di infezioni legate al consumo di frutti di mare contaminati.
Le regioni particolarmente a rischio sono quelle con acque salmastre o a bassa salinità (ad esempio, Mar
Per prevenire e controllare la presenza di vibrioni nei frutti di mare è fondamentale mantenere la catena del freddo durante la lavorazione, il trasporto e la conservazione, in particolare per i frutti di mare destinati a essere consumati crudi. Le misure possibili per ridurre i vibrioni sono la lavorazione ad alta pressione, l’irradiazione e l’abbattimento seguito da una conservazione a lungo termine in congelatore.
La depurazione, che consiste nel mettere i molluschi vivi in vasche con acqua di mare pulita e ricambiata per filtrare i microbi, è consigliata in condizioni controllate per il consumo di ostriche vive. Ai consumatori si raccomanda la manipolazione corretta e la cottura accurata dei frutti di mare ma anche di evitare il consumo di prodotti crudi o poco cotti, soprattutto da parte di soggetti vulnerabili.
I prossimi passi
Come priorità assoluta gli esperti raccomandano di avviare un’indagine di riferimento a dimensione UE per la ricerca di Vibrio spp nei prodotti ittici pertinenti, sia a livello di produzione primaria che di vendita al dettaglio, con la finalità di raccogliere dati aggiuntivi e armonizzati.
Questi dati potranno poi essere utilizzati come riferimento per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla prevalenza di Vibrio nei frutti di mare.
Fonte: EFSA www.efsa.europa.eu
Ai consumatori si raccomanda la manipolazione corretta e la cottura accurata dei frutti di mare ma anche di evitare il consumo di prodotti crudi o poco cotti.
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Confezionamento in atmosfera protettiva: miscele di gas alimentari, HACCP e certificazioni MOCA
Linde mette a disposizione i gas della linea Tresaris, una gamma completa di miscele appositamente studiate per le differenti applicazioni e propone
la realizzazione di impianti certificati MOCA per la distribuzione di gas alimentari
Il confezionamento in atmosfera protettiva dei prodotti alimentari è ormai oggi una tecnologia consolidata e largamente diffusa. I gas alimentari impiegati nel confezionamento in atmosfera protettiva sono:
• Ossigeno – Permette il mantenimento del colore rosso e roseo del muscolo (la forma ossidata della mioglobina legata all’Ossigeno determina il colore rosso);
• Anidride carbonica – Noto per l’effetto inibente sulla crescita di batteri e muffe. L’Anidride carbonica inibisce la crescita microbica solubilizzandosi nella fase acquosa dell’alimento abbassandone il pH e mutando la permeabilità e funzionalità delle membrane cellulari dei microrganismi;
• Azoto – È un gas inerte. La sua principale funzione è quella di sostituire l’ossigeno per quegli alimenti in cui la sua presenza non è prevista.
I gas alimentari sono considerati a livello legislativo degli additivi alimentari. Il processo produttivo deve pertanto seguire rigorosi standard qualitativi secondo un preciso piano HACCP.
L’altro aspetto fondamentale ed assolutamente non trascurabile è l’idoneità al contatto con gli alimenti degli impianti di distribuzione dei gas alimentari installati presso
Al fine di prolungare la shelf-life di pesce crudo o precotto, si impiegheranno miscele di gas addizionate con anidride carbonica in diverse concentrazioni.
Per un prodotto come il tonno, è fondamentale mantenere il più a lungo possibile la colorazione che rende attraente il prodotto per il consumatore: si applicheranno quindi miscele ad elevato contenuto di ossigeno.
Linde Gas Italia è un’azienda dedicata alla produzione e distribuzione di gas dell’aria (ossigeno, azoto, argon) per applicazioni nei settori industriale, alimentare e medico. Linde Gas Italia è la filiale di Linde Plc, leader internazionale nel mercato del gas e dell’ingegneria presente in più di 100 Paesi.
gli utilizzatori finali. Tali impianti, costituiti normalmente da sistemi di riduzione pressione e tubazioni di distribuzione, devono essere certificati MOCA ai sensi del Regolamento CE 1935/2004. Tale certificazione ne attesta l’idoneità a contatto con gas alimentari.
Le tematiche legate al confezionamento del pesce sono differenti a seconda dei prodotti: sia nel caso di pesce crudo, sia nel caso di pesce precotto, l’obiettivo principale è prolungare la shelf-life del prodotto per inibizione dell’attività batterica, dell’attività enzimatica e dell’ossidazione. Si impiegheranno quindi miscele di gas addizionate con anidride carbonica, in diverse concentrazioni, grazie alla caratteristica proprietà inibente batteri e fughi. In altri casi, come ad esempio per tonno o squalo, oltre a questo primo obiettivo, è fondamentale mantenere il più a lungo possibile la colorazione che li rende attraenti per il consumatore, e si applicheranno quindi miscele ad elevato contenuto di ossigeno.
Il confezionamento in atmosfera protettiva è normalmente abbinato ad un rigoroso controllo della catena del freddo ai fini di un efficace incremento della shelf-life dell’alimento.
Tale prolungamento della shelflife è diverso a seconda dei prodotti, andando da +3/5 giorni per i prodotti più complessi a +20 giorni per altri prodotti, come ad esempio i precotti.
Inoltre, giocando la temperatura un ruolo chiave nella qualità dei prodotti, le atmosfere modificate risultano complementari ai processi di abbattimento delle temperature (linea abbattitori Cryoline®).
Linde mette a disposizione i gas della linea Tresaris, una gamma completa di miscele appositamente studiate per le differenti applicazioni e propone la realizzazione di impianti certificati MOCA per la distribuzione di gas alimentari.
• Per ulteriori dettagli potete contattare Linde Gas Italia: marketing.it@linde.com
>> Link: www.linde-gas.it
ALL4PACK Emballage Paris, 4-7 novembre, Paris Nord Villepinte
Di fronte a sfide economiche, tecnologiche, ambientali e normative, il settore del packaging e dell'intralogistica vive profonde trasformazioni. In questo contesto, ALL4PACK Emballage Paris, in programma dal 4 al 7 novembre a Paris Nord Villepinte, si posiziona come think tank, consentendo a esperti e professionisti del settore di comprendere la realtà del mercato di domani. Il salone accoglierà 45.000 visitatori professionali provenienti da 80 Paesi, in 11 settori industriali: Alimenti e bevande, Bellezza e igiene, Beni di consumo, Beni industriali, Bevande e liquidi, Distribuzione e-commerce, Lusso, Farmaceutica e salute, Servizi, Trasporti e logistica, Multi-industrie… Tutte le conferenze saranno gratuite, ad accesso libero e tradotte (francese/inglese).
• ALL4PACK Emballage Paris è un evento chiave del settore dell’imballaggio e della logistica, che si tiene ogni due anni, ed è la principale fiera internazionale per le soluzioni di imballaggio e intralogistica sostenibili, che copre l’intera linea di produzione, compresi i macchinari. Fonte di ispirazione per aiutare tutti gli operatori del settore ad affrontare le sfide attuali e future, il salone aiuta a decodificare le normative e mette in evidenza le innovazioni più responsabili.
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Ci sono mille modi per spellare un pesce, vero?
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I garusoli e la leggenda della porpora fenicia
Umili “spazzini del mare” e protagonisti di tanti piatti regionali, secernono anche un prezioso pigmento che costituì uno dei punti forza dei ricchissimi commerci dei più pregiati tessuti colorati che da Tiro e Sidone, e in seguito da Roma e Bisanzio, arrivavano in tutte le terre allora conosciute. Tuttora rimane a contrassegnare l’abito dei cardinali come segno di altissimo rango
di Nunzia Manicardi
I Veneziani e i Chioggiotti lo chiamano “garusolo”, ma “murice comune” (o “lumaca di mare”) è il nome con il quale questo mollusco gasteropode è più genericamente noto nel Mediterraneo, e in particolare nell’Alto Adriatico, costituendone una delle specie ittiche più diffuse. Ha come habitat caratteristico le zone sommerse, dove forma colonie
popolatissime, soprattutto nei fondali fangosi profondi un centinaio di metri, alimentandosi di pesci morti o altri tipi di molluschi che uccide con una sostanza acida che ne perfora il guscio. La sua fama, tuttavia, non è dovuta tanto alla pesca a scopo alimentare (di valore commerciale non altissimo ma tuttavia apprezzabile per il bassissimo apporto di calorie
I “garusoli” (murici) sono molluschi apprezzati sin dall’antichità, anche perché da essi si estraeva il pigmento alla base della fabbricazione della porpora per tingere di rosso i tessuti. L’industria della porpora ebbe una tale importanza economica e storica che, col colore del prodotto (phoinix = rosso), si connotò il nome stesso dei Fenici.
e grassi e l’elevato contenuto di sali minerali e vitamine), quanto al ruolo che ha occupato nella storia della civiltà, poiché fin da tempi remoti fu utilizzato da Fenici e, successivamente, da Greci e Romani, per produrre quel meraviglioso colore dalle infinite sfumature rosso-violacee che prende il nome di porpora e che fu a lungo impiegato nella tintura dei tessuti più pregiati.
Il pigmento viene secreto da una ghiandola come liquido vischioso, considerato ancor più prezioso dell’oro anche perché ogni ghiandola può produrre una sola goccia di porpora. E fu infatti proprio sulla produzione e commercio di questo colorante impiegato per i tessuti che nel primo millennio a.C. si fondò l’impero commerciale dei Fenici (provenienti dall’odierno Libano) esteso all’intero Mediterraneo, tanto che il nome stesso di questo popolo derivava, a quanto pare, proprio dalla porpora (phoinix = rosso).
Secondo una leggenda il dio fenicio Melqart avrebbe scoperto per caso la porpora durante una passeggiata con la sua innamorata, la ninfa nereide Tiro. Per dimostrarle il suo amore avrebbe mandato il proprio cane lungo le spiagge del Libano alla ricerca di un regalo adeguato. Quando il cane tornò col muso sporco di rosso, dapprima Melqart credette fosse sangue, per accorgersi poi che
esso proveniva invece dai resti di un mollusco, che l’animale teneva ancora tra le fauci e che, non appena si fu seccato, divenne di un vivace color rosso scuro. La ninfa ne rimase colpita e accettò di sposare Melqart solo se questi le avesse confezionato un vestito dello stesso colore. Allora il dio raccolse i murici in numero tale da poter soddisfare il suo desiderio. E fu così che nacque la cosiddetta “porpora di Tiro”, dall’intenso colore blu-viola che, impiegata per colorare i tessuti, una volta perfezionate le tecniche di lavorazione diventò il principale prodotto d’esportazione dei Fenici.
Straordinari navigatori oltre che abilissimi commercianti, per pescare il murice si spingevano fin oltre le Colonne d’Ercole (l’attuale Stretto di Gibilterra). Poiché la lavorazione emetteva un cattivo odore, essa avveniva al di fuori dei centri urbani, dove gli scavi archeologici hanno portato alla luce enormi cumuli di gusci infranti rimasti dopo il processo di macerazione durante il quale si otteneva il pigmento che poi veniva
diluito con acqua di mare ottenendo le diverse gradazioni. Dopo il declino di Tiro, Cartagine (la maggiore città fenicia del Nord Africa) diventò il principale centro di smistamento della porpora che da lì, dopo la sottomissione dei Fenici, raggiunse Roma dove divenne uno dei simboli della magnifi cenza imperiale. Si parla addirittura di “follia della porpora” (purpurae insania), che dilagò in tutto l’Impero Romano.
La porpora era uno dei prodotti più esportati e venduti. Si diffusero centri di estrazione e lavorazione quali Otranto, Taranto, Pozzuoli e Ancona, dove i Romani svilupparono proprie tecniche per l’allevamento artificiale del murice e di altri molluschi in conche scavate nella roccia. Tuttavia, anche per i suoi altissimi prezzi, era riservata ad imperatori, senatori e sacerdoti (tuttora l’abito dei cardinali, che per il resto è simile a quello dei vescovi, si distingue per il color porpora, da cui il nome di “porporati” e di “porpora cardinalizia”). La produzione continuò anche nell’Impero Romano d’Oriente, fino
a quando gli imperatori bizantini non ebbero più le risorse economiche per portare avanti una simile dispendiosa attività. Ciononostante, si riuscì a proseguire ancora a pieno ritmo fino a circa metà del Medioevo, dopodiché la tecnica andò perduta fino al 1833 quando venne recuperata da BARTOLOMEO BIZIO, chimico veneto che si occupò dello studio dei colori e dei molluschi e che riscoprì il metodo di estrazione della porpora dai murici.
Oggi che la porpora non viene più prodotta dal pigmento naturale (tranne che presso alcune popolazione dell’Estremo Oriente) bensì sinteticamente, a noi non rimane che continuare a mangiare il gustoso garusolo nelle tante ricette regionali che lo vogliono ancora protagonista: nell’insalata di mare con cozze, vongole e calamari o secondo piatto in umido oppure, più semplicemente, come facevano i pescatori veneti all’osteria: bolliti ed estratti dal guscio con un colpo secco sul tavolo o aiutandosi con uno spillo.
Nunzia Manicardi
Ricordiamo gli anciuè, gli acciugai piemontesi
di Josette Baverez Blanco
Dal 2014 ha riaperto il Buco di Viso, primo traforo delle Alpi eseguito con maestranze italiane nel 147879 per volontà del Marchese di Saluzzo, Ludovico II, d’intesa con il Re di Provenza, Renato d’Angiò. Si trattava di agevolare il passaggio delle merci da un versante all’altro delle Alpi, ma soprattutto di trovare una via di commercio alternativa ai passi controllati dai Savoia che
facevano pagare dazi altissimi sul sale proveniente dalla Provenza. Questa galleria di 75 metri, scavata sotto il colle delle Traversette, permette di evitare la parte più ripida e pericolosa del passo, che culmina a 2950 metri di quota. Nel corso dei secoli, la produzione piemontese del Monferrato e di Saluzzo destinata alle regioni franco-provenzali transitò da lì, quindi non più solo
sale ma canapa, lino e olio di noce. Ci passarono anche gli eserciti di Carlo VIII, di Luigi XII e di Francesco I. Fu chiuso con la Rivoluzione Francese e riaperto col contributo del Parco Monviso e della Regione Piemonte. Prima di loro, quintali di ottime acciughe rosse di Provenza, Catalogna e Mar Cantabrico furono portati a spalle, con basto e cinghie, attraverso questa galleria.
Le acciughe arrivarono in Langa a partire dal ‘700 col contrabbando del sale, importato a barili dalla Provenza, su cui gravavano dazi pesantissimi imposti dai Savoia. I commercianti iniziarono così a riempire soltanto i fondi delle botti con il sale, coprendolo con del pesce per sfuggire ai controlli doganali. Piccole, economiche, a lunga conservazione, le acciughe erano perfette per lo scopo: riempivano bene tutti i buchi e resistevano ai lunghi viaggi. Con il passare del tempo molti si resero conto che le acciughe sotto sale non rappresentavano soltanto un utile stratagemma per superare i controllori in frontiera, ma potevano rivelarsi una valida alternativa di guadagno. Nacquero così gli anciuè: instancabili contadini che, in inverno, si dedicavano ad un secondo mestiere (fonte: doglianiturismo.com).
Raramente si usavano la slitta o la portantina sorretta da due uomini. Solo più avanti si iniziò ad usare il carrettino, leggero e robusto, il caruss ‘d l’Anciuè di colore azzurro/blu costruito a Tetti di Dronero (CN). Si lasciavano così mulattiere e sentieri per strade carrozzabili.
Tanti pensano che il commercio (e il contrabbando) delle merci si facesse solo tra Liguria e Piemonte. In realtà, i montanari andavano ben al di là delle frontiere come se ci fosse in loro un richiamo ancestrale, dalle baite verso i mari dei propri antenati. In effetti si deve risalire al 1200 per scoprire i primi movimenti migratori dalla Catalogna e dalla Provenza in direzione del Piemonte in seguito a guerre e persecuzioni religiose. Queste persone si stabilirono in Val Maira dove portarono la loro lingua occitana e crearono poco a poco la gloriosa consorteria degli acciugai, che facevano una distribuzione capillare, quasi a domicilio, nelle città, paeselli e cascine di campagna del loro prezioso pesce. Ad esempio, l’acciuga salata era conosciuta ad Asti durante il Medioevo, in piena età comunale, col nome di “inchioda”. Era il premio di consolazione (e scherno) per l’ultimo arrivato al Palio più antico d’Italia (si corre dal 1275), un’acciuga salata… in insalata. Citiamo anche la bagna cauda, cibo popolare e corale della Festa della Svinatura nella comunità dei vignaioli piemontesi sin dal secolo XI. Si può ben dire che nel ‘700 l’economia della Valle Maira vertesse sulla vendita di acciughe, utilizzate inizialmente per coprire il fondo di sale nascosto nei barili ed evitare così di pagare ai gabellieri alle frontiere i dazi elevati imposti dai Savoia, e poi divenute protagoniste di un commercio vero e proprio, comprensivo di merluzzo, baccalà, stoccafisso, olive e ovviamente sale. La vendita si faceva nei mesi invernali, finita la stagione dei lavori nei campi, e portava l’ambulante a fare una trentina di chilometri al giorno, trainando o spingendo il suo carretto con due barili da 100 kg. I capifamiglia facevano gli acquisti ma anche ragazzini di dodici anni
Il Buco di Viso o Buco delle Traversette è una galleria scavata nella roccia lunga circa 75 m che collega l’Italia con la Francia e che mette in comunicazione i territori comunali di Crissolo e Ristolas. Si trova nel territorio della provincia di Cuneo, alle pendici del monte Granero, sotto il versante che separa la valle Po da quella francese del Queyras, ad un’altitudine di 2.882 m slm.
se ne andavano a vendere non solo per guadagnare pochi spiccioli ma anche per non pesare sulla famiglia spesso numerosa.
Un buon acciugaio dava anche consigli alle massaie su come scegliere la qualità giusta del pesce in base all’uso che se intendeva fare e suggeriva di conservare le acciughe sottolio di noci o noccioli. Questi ambulanti si spinsero fino a Ferrara, dal Cardinal d’Este, a Firenze dai Medici e a Roma dal Papa, divulgando an-
che la cucina piemontese intrisa di acciuga sotto sale come ingrediente o condimento aromatizzato. Mettete in calendario per il prossimo anno Anciue (www.anciue.it), la Fiera degli acciugai che si svolge a Dronero (CN) il primo week-end del mese di giugno: un evento, organizzato dalla Fondazione Amleto Bertoni, alla scoperta delle antiche tradizioni legate al consumo delle acciughe in Valle Maira.
Josette Baverez Blanco
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Questi sono gli impianti realizzati da Adriatic Sea International che Giuseppe ha scelto per il suo locale.
Proprietario del ristorante "Lo Chalet dei Gourmet" a San Giovanni Rotondo, Giuseppe ha scelto di collaborare con Adriatic Sea International per la realizzazione di due elementi distintivi del suo locale: un acquario e un banco pesce su ruote. Questi elementi non solo valorizzano l'estetica del ristorante, ma offrono anche ai clienti un'esperienza unica, esaltando la freschezza e la qualità del pesce servito. Grazie all'expertise di Adriatic Sea International, "Lo Chalet dei Gourmet" si distingue come un vero e proprio punto di riferimento per gli amanti della cucina di mare.