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Professione infossatore

Professione infossatore

di Massimiliano Rella

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MATTEO BARTOLONI, professione agricoltore e infossatore di formaggi, a Centinarola di Fano (Pesaro-Urbino). Lo incontriamo nella sua piccola azienda a conduzione familiare con 90 piante d’ulivo e tre fosse di stagionatura, nell’area DOP del pregiato Formaggio di Fossa di Sogliano, prodotto caseario della zona appenninica, a cavallo tra Emilia-Romagna e Marche, tra le vallate del Rubicone e del Marecchia. L’idea di far maturare questo formaggio sotto terra si deve in realtà all’iniziale esigenza di nasconderlo dalle razzie dei predoni in età medievale, ma presto ci si rese conto che il prodotto acquisiva carattere e profilo organolettico, intensità di profumo e piccantezza, doti che da sempre contraddistinguono quest’eccellenza casearia, le cui origini più nobili si fanno però risalire al periodo dei Malatesta, signori di Rimini da fine ‘200 al ‘500.

La preparazione di questo formaggio, che nel 2009 ha ottenuto la DOP europea, è tanto particolare quanto meticolosa. La prima cosa da sapere è che si può fare tanto con latte intero ovino e vaccino oppure misto (vaccino massimo 80%, ovino minimo 20%). Il resto del procedimento riguarda il rapporto con la terra, che nella zona a Denominazione D’origine Protetta è composta da limo, tufo e argilla.

Ne abbiamo una dimostrazione dalla nostra “guida”, Matteo, la cui attività, oltre all’olio extravergine d’oliva e agli ortaggi, si completa da una ventina d’anni proprio con la stagionatura del formaggio nelle tre fosse di proprietà, una di queste nei rifugi della seconda guerra mondiale.

Matteo Bartoloni posa i sacchetti di Formaggio di Fossa di Sogliano in una delle tre fosse di proprietà a Centinarola di Fano (PU). Una volta ricoperti con la paglia, si procede alla chiusura con coperchio e terriccio.

Photo @ Massimiliano Rella

Le fosse non sono semplici buche in cui gettare qualche forma per andarla a ripescare dopo un po’ di tempo, ma ci piace pensare siano un sodalizio tra un’antica architettura rurale e ipogea e la sapienza del contadino-casaro. Le fosse sono uno spazio ricavato nella terra tufacea e argillosa il cui microclima ideale, temperato dall’uomo con l’introduzione di accorgimenti, favorisce il migliore affinamento del formaggio. Hanno la forma di un fiasco rovesciato scavato nella terra di 3 metri di larghezza nel punto più alto, 2 metri in quello più stretto in basso, e un’altezza longitudinale di almeno 3 metri. Sulla

base la presenza di una “fossetta” di raccolta dei liquidi d’affinamento. Così in generale.

Una volta ricoperti con la paglia, si procede alla chiusura con coperchio e terriccio.

Photo @ Massimiliano Rella

La chiusura della Fossa

Photo @ Massimiliano Rella

Le tre fosse dell’azienda di Centinarola di Fano hanno capacità di 78 quintali, la più grande, e capienza di circa 4.600 forme, 32 quintali la seconda e la terza, nel rifugio bellico, di “appena” 5 quintali.

Quando un formaggio di Sogliano entra in fossa pesa 1,5 kg ma ne esce deformato dal peso, un po’ schiacciato e cilindrico, e alleggerito di almeno 300-400 grammi, persi durante il “dimagrimento” ad una temperatura costante di 16-17° gradi e umidità relativa del 98%. I formaggi sono avvolti in sacchi di cotone, ogni sacco con 10 forme, e l’insieme dei sacchi poggiato sui bancali di legno alla base della fossa, tenuti al caldo tutti ammassati e avvolti da una “coperta” di canne e paglia, sapientemente addobbata sulle pareti del “fiasco rovesciato”. Il “letargo” dura 80-100 giorni e la “sfossatura” avviene a novembre e trova il suo momento più simbolico il 26, Santa Caterina.

La famiglia Bartoloni con Gianluigi Draghi, presidente del Consorzio della Casciotta di Urbino e dell’azienda Fattorie Marchigiane, e Paolo Cesaretti di Cooperlat Trevalli.

Photo @ Massimiliano Rella

della loro posizione nel “fiasco”: quelli maturati vicino alle pareti più intensi e piccanti, più delicati invece i più interni alla fossa e distanti dalla terra. «Esistono un centinaio di fosse. Un tempo si distinguevano tra le cantine delle case, le neviere e le fosse di grano» ci racconta GIANLUIGI DRAGHI, presidente del Consorzio della Casciotta di Urbino e dell’azienda Fattorie Marchigiane, Gruppo Cooperlat Trevalli, produttrice di 400.000 forme di Formaggio di Fossa di Sogliano DOP. «Inoltre, il profilo organolettico è diverso a seconda dell’esposizione e delle temperature e dei terreni. Ci sono fosse che lavorano molto, fosse che lavorano il giusto, in queste i formaggi perdono il 10% del peso e scendono di volume senza crepe».

Il Formaggio di Fossa di Sogliano Dop.

Photo @ Massimiliano Rella

Un suggerimento sui vini da abbinare ai formaggi ci arriva da OTELLO RENZI, il capo dei sommelier delle Marche. «Se per la delicata Casciotta di Urbino suggerisco uno dei nostri bianchi, come il Bianchello del Metauro, per i formaggi di fossa non posso che consigliare rossi non particolarmente strutturati, come il Rosso Conero o il Rosso Piceno».

Invece per i consigli ai fornelli conclude il giro di suggerimenti lo stesso Draghi. «Il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP? Ottimo condimento per carpacci, passatelli in asciutto e Crescia di Pasqua».

Massimiliano Rella

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