La medicina di Santa Ildegarda

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Gli antichi rimedi che funzionano sempre

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La medicina di Santa Ildegarda

I consigli di vita, le ricette, le tisane, i preparati che curano senza intossicare

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Santa Ildegarda è stata una delle personalità più importanti del medioevo europeo. Monaca, fondatrice di monasteri, musicista, poetessa e medico, ci ha lasciato un’eredita imponente di osservazioni, ricette, suggerimenti per la cura del corpo e della psiche. Queste terapie sono oggi al centro di una riscoperta da parte di studiosi e medici che ne apprezzano le qualità e l’originalità. Anche perché nella visione della santa, la vera salute si raggiunge solo con l’armonia tra corpo e mente. Ecco perché seguire le sue indicazioni significa aprire la strada a un benessere autentico e duraturo.

La medicina di Santa Ildegarda

Edizioni Riza S.p.A. - Via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano - www.riza.it

Le piante officinali, gli alimenti e gli elisir suggeriti dalla monaca medioevale santa ildegarda OKGIULIO DEFINITIVA.indd 1

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Sommario La vita e le opere Comincia qui il nostro “viaggio” alla scoperta di Ildegarda di Bingen. Attraverso la sua vita e i libri che scrisse, ispirata dalle visioni. Vediamo, quindi, come nacque il suo pensiero.

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Il cibo di Santa Ildegarda Scopriamo quali erano le qualità curative che la monaca attribuiva agli alimenti. E come vanno assunti per trarne il massimo per la nostra salute.

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L’uso dei minerali La santa riteneva che anche le pietre dure potessero svolgere un’azione terapeutica. La loro durezza conservava virtù primigenie derivate dalla creazione stessa.

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Le ricette del benessere Andiamo a conoscere i rimedi naturali proposti dalla santa e scopriamo come si possono realizzare a casa nostra, grazie agli ingredienti base nelle giuste proporzioni.

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Pomate e altri rimedi Ildegarda di Bingen non proponeva solo elisir medicamentosi. Anche unguenti e pomate facevano parte del corredo di medicine naturali.

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La farmacia naturale Vediamo insieme quali sono le piante della salute che si possono coltivare nel giardino o anche in vaso. Per avere i rimedi che servono sempre a portata di mano.

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la vita e le opere

Una figura universale Santa cristiana, monaca benedettina, Ildegarda di Bingen visse attorno all’anno 1100. Riassumere la complessità della sua opera è difficilissimo, perché si tratta di un patrimonio di conoscenze che riassumono in sé religione, medicina, saggezza, osservazioni naturali e tante altre suggestioni di ogni epoca

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ldegarda di Bingen è, storicamente parlando, una figura complessa e incredibilmente ricca. Fu infatti, nell’arco di tutta la sua vita, scrittrice, drammaturga, teologa, medico, musicista, e riuscì in maniera eccellente in ogni campo in cui ebbe modo di cimentarsi. Ma ciò che affascina di questa figura non si limita all’alto valore delle sue opere. È la visione dell’uomo che emerge ad avere un valore che travalica il tempo della sua vita per collocarsi tra i massimi pensieri raggiunti dall’umanità. Ciò che la rende tanto speciale, importante e unica è (ancora oggi) la capacità di “vedere” l’essere umano nelle sue qualità e complessità. In un cosmo in cui l’unicità dell’individuo rappresenta un valore fondamentale e in contrasto con ogni massificazione. Un’idea di una modernità sconcertante proprio oggi quando, a un millennio di distanza, ci rendiamo conto di essere spesso schiavi di mode, pensieri, opinioni dominanti e modelli sociali.

era una predestinata

sare, di intendere la vita e gli altri. E come, fin dalla più tenera infanzia, essa fu colta da visioni che le fecero interpretare l’essere al mondo (il suo, certo, ma anche quello degli altri) in una maniera davvero particolare. E questo influenzerà non solo la sua metafisica, ma anche la sua concezione naturalistica e le sue applicazioni pratiche, mediche. Di

Per comprendere con maggiore precisione il valore del pensiero e delle opere di Ildegarda, dobbiamo presentare quelle che sono state le tappe più importanti della sua vita. Le notazioni autobiografiche che ci ha lasciato, infatti, ci aiutano a comprendere nel migliore dei modi quale fosse il suo modo di pen8

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Fu anche fondatrice di monasteri

lei sappiamo che nacque nel 1098 nella contea di Spanheim, da una famiglia nobile e facoltosa del Palatinato. I suoi genitori erano Ildeberto e Matilda di Vendersheim. Decimogenita e cagionevole di salute, Ildegarda entrò in convento molto presto e qui divenne la protetta di Jutta di Sponheim, che si prese a cuore la sua educazione. Ildegarda ebbe visioni profetiche fin dalla più tenera età e la stessa Jutta fu la prima (e una dei pochi) a essere messa al corrente di queste visioni e del loro contenuto. Ildegarda descrive queste esperienze di voci e luci come assertive; erano indicazioni su che cosa fare e come. E narra anche di come la sua salute peggiorasse nel momento in cui ella non obbediva a questi ordini, che intendeva come provenienti da Dio.

Ildegarda, dato che non scelse la vita claustrale, credeva in un modello monastico diverso, più aperto alla predicazione pubblica. Nel corso della sua vita fondò quindi due monasteri: quello di Rupertsberg (nel 1150) e quello di Eibingen (nel 1165), ancora esistente. Ma non è tutto: effettuò ben quattro viaggi pastorali tra le città di Colonia, Treviri, Liegi, Magonza, Metz e Wurtzburg. E in questi viaggi, unica tra le donne del periodo, ebbe modo di predicare pubblicamente, davanti a platee gremitissime.

Un’esistenza al servizio delle istituzioni religiose Dopo avere preso i voti direttamente dalle mani del vescovo Ottone di Norimberga, Ildegarda non scelse la clausura, come la sua tutrice. Ciò la portò, nel tempo, a diventare dapprima priora del convento e poi badessa presso il monastero di San Disibodo. Nel tempo ebbe modo di trasferirisi a Bingen, all’interno della comunità femminile, nella quale rimase fino alla morte, avvenuta nel 1179. 9

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il ciBo di santa ildegarda

Il farro come garante del benessere la monaca ne decantava le virtù. e suggeriva di usarlo anche per farne farine con cui panificare. oggi è al centro di una riscoperta per le sue virtù Benefiche e la grande digeriBilitÀ

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niziamo questa “esplorazione” negli alimenti di Santa Ildegarda partendo da uno dei cibi che a lei erano più cari e graditi: il farro. Si tratta di un cereale che a suo dire si prestava come alimento per resituire forza ed energie anche in caso di convalescenza post malattia. Asseriva, in proposito, come questo cereale facesse “buon sangue e buona carne. E concede un carattere allegro e spensierato a chi ne usa”. Lo suggeriva anche per panificare e rappresentava (più del grano) il cereale più adatto per l’alimentazione quotidiana.

Per che cosa può essere usato Il farro ha un potere lenitivo nei confronti dei problemi digestivi legati all’acidità gastrica e al reflusso. Pertanto dovrebbe essere consumato da coloro che hanno problemi digestivi. Le fibre del farro, inoltre, sono ottime per nutrire i batteri della flora e di ciò si giova tanto la salute intestinale quanto la produzione di serotonina, l’ormone del buonumore, il quale (proprio come afferma Ildegarda) è in grado di stabilizzare il tono emotivo e regalare una sensazione di maggiore serenità e benessere.

CHE COSA SAPPIAMO OGGI Il farro abbina una buona digeribilità (eccezione fatta per i celiaci: dato che contiene glutine è un cereale a loro proibito) e un alto potere nutritivo. Contiene anche molti minerali alcalinizzanti quali potassio e magnesio a cui possiamo aggiungere calcio, che è utile per le ossa, e lo zinco necessario per la salute della pelle, dei capelli e l’efficienza del sistema immunitario. Inoltre è una ottima fonte di selenio, che migliora il metabolismo e contrasta l’azione dei radicali liberi. 32

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Usa l’avena: è lenitiva e molto rinfrescante suBito dopo il farro, questo è il cereale che gode di maggiore considerazione da parte della santa. per i suoi effetti sul corpo ma non solo: anche per quelli tonificanti che svolge sulla mente

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nche se non è corretto fare una classifica relativa al potere curativo degli alimenti, non possiamo non notare come, negli scritti di Santa Ildegarda, l’avena godesse di una considerazione particolare, quale alimento completo, utile per il trattamento di tanti stati patologici e anche buono da mangiare e quindi gradevole al palato. La santa ne parla in questi termini: “Favorisce un temperamento allegro e rende la pelle bella e la carne sana”.

Ottima per la convalescenza Essendo nutriente ed energizzante, l’avena è suggerita a tutti coloro che si trovano in uno stato di esaurimento psicofisico, magari a seguito di una malattia o semplicemente perché stanno vivendo una situazione di stress particolare e dalla quale fanno fatica a riprendersi. Ma non solo: è un alimento che potrebbe essere consumato in maniera preventiva, quando si sa che si sta per affrontare un periodo molto impegnativo.

L’AZIONE DEL CEREALE SULLA PSICHE E SULLA PELLE La santa aveva ragione: le verifiche effettuate con le moderne tecniche di indagine hanno infatti confermato come questo cereale contenga avenina, una sostanza che ha un potere rasserenante e utile negli stati di esaurimento psicofisico. Quindi possiamo ben dire che Ildegarda avesse ragione nel momento in cui la suggeriva a coloro che soffrivano di nevrastenia e disturbi che oggi definiremmo derivati dall’ansia. Anche le indicazioni della monaca rispetto ai benefici che l’avena può portare alla pelle sono altrettanto ben dimostrate, grazie al fatto che svolge un’attività idratante e riequilibratrice della produzione del sebo. L’avena, in particolare, è molto utile per chi ha pelli secche e predisposte verso eczemi e arrossamenti. 33

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le ricette Del benessere

Ecco come preparare le terapie della monaca I santa ilDegarDa ci Ha lasciato

ldegarda di Bingen ha per molto tempo avuto il modo di perfezionare le sue conoscenze mediche, attingendo tanto alla sapienza più antica (che ella conosceva bene avendo avuto la possibilità di frequentare un ambiente in cui veniva tramandata la cultura classica) che a quella a lei contemporanea, che giungeva attraverso Oriente, nel continuo confronto tra le civiltà. Ma la santa, nei suoi scritti, esprime chiaramente come determinati rimedi siano stati elaborati come frutto di visioni che noi possiamo intendere sia in senso religioso (come la stessa Ildegarda ci invita a fare) o come il frutto di illuminazioni, intuizioni che comunque appartengono alla monaca di Bingen e che rappresentano un sapere totalmente autonomo, rispetto a quello dei coevi. È per questo che si parla apertamente della “medicina di Ildegarda” come corpus di tipo medico che gode di una certa autonomia. Così come di una profonda considerazioni in molti ambienti.

un patrimonio Di conoscenze composto Da elisir, impasti

e bevanDe cHe oggi possiamo riFare con precisione e cHe possiamo testare ogni giorno

LE RICETTE RISPETTANO UN ORDINE SUPERIORE Secondo gli esperti che si sono cimentati nello studio delle ricette medicamentose della santa, ecco che emerge un dato, nel momento in cui si analizzano gli ingredienti e le quantità: esse funzionano quando si rispetta una sorta di ordine geometrico, una progressione ordinata di quantità e qualità, intesi come tempi di infusione e proporzioni tra gli ingredienti. Nulla, nella medicina di Ildegarda, è 84

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Dobbiamo tutto a Gottfried Hertzka È questo il nome del medico di origine austriaca a cui si deve la rinascita degli studi sulla monaca. Hertzka, che si laureò in medicina a Vienna nel 1938, divenne uno dei più autorevoli conoscitori della medicina ildegardiana e provò egli stesso, attraverso un centro studi dedicato, a testare le cure della santa, con risultati importanti per il trattamento dei disturbi cronici. Insieme al farmacista Max Breindl riuscì a tradurre in pratica le indicazioni della monaca, giungendo a formulazioni (in termini di quantità e tempi) che offrono a oggi il miglior risultato terapeutico possibile, seguendo le indicazioni della santa.

lasciato al caso e infatti appare molto evidente (sulla base degli studi che sono stati effettuati proprio per testare l’efficacia delle cure) che le variazioni delle quantità (o comunque il non rispetto delle procedure di preparazione), finiscono con l’alterare anche l’effetto terapeutico del preparato che può risultare poco o per nulla efficace.

È NECESSARIA LA FEDE RELIGIOSA, PER CURARSI CON I RIMEDI MESSI A PUNTO DALLA SANTA? Si tratta di una questione ampiamente dibattuta e sicuramente ancora aperta. Se si ha fede religiosa si parte avvantaggiati poiché è più facile entrare nella condizione spirituale che Ildegarda stessa considerava importante per raggiungere gli obiettivi di buona salute. Secondo le verifiche effettuate da Hertzka (vedi box sopra), però, sembra che la fiducia nella cura sia il vero discrimine. La componente emozionale, insomma, non può venire meno quando si affrontano le malattie con questo criterio terapeutico. Le emozioni infatti possono essere uno strumento potente e possono indirizzare le energie, attivando a loro volta processi di autoguarigione. In sintesi possiamo dire che la fede in una divinità è un fattore facilitante, ma non si tratta di una condizione assolutamente necessaria.

Quanta fiducia bisogna avere nella medicina? Gottfried Hertzka, quando veniva interpellato sulla questione relativa al rapporto tra fede religiosa e medicina di Ildegarda, rispondeva che anche la medicina allopatica, senza avere fiducia nel medico e nell’efficacia dei preparati, si riduce a ben poca cosa. Di conseguenza non si può pensare che i malati possano guarire (qualsiasi sia la scelta terapeutica che fanno) senza avere fiducia almeno nella propria guarigione.

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la farmacia naturale

Lilium candidum Il giglio è un simbolo di purezza. Il suo potere rinfrescante può essere sfruttato per la bellezza del corpo e la serenità della mente

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venisse utilizzato soprattutto come rimedio antinfiammatorio. All’interno della teoria degli elementi, il giglio veniva considerato un rimedio "freddo", da utilizzare quindi a scopo calmante e lenitivo.

anta Ildegarda vedeva in questo fiore il simbolo della purezza che doveva contraddistinguere l’animo umano. Ancora oggi il giglio viene associato a questa virtù del cuore e non deve quindi stupire che

Il consiglio della santa

Il profumo del giglio era considerato un rimedio molto efficace per vincere gli stati di malinconia e tristezza. Tale potere rasserenante si poteva quindi esprimere grazie all’essenza del fiore stesso. Come farmaco, la radice del giglio veniva ridotta in polvere e (mescolata a una sostanza grassa) serviva per farne unguenti dal potere lenitivo.

Per coltivarlo bene Ama i terreni sassosi e teme i ristagni di acqua perché potrebbero far marcire il bulbo. Non ha bisogno di molte cure, anzi: lo si trova facilmente allo stato selvatico sul ciglio delle strade, che si staglia alto e aggraziato, fiorendo tra i detriti. Dato che il giglio bianco può superare il metro e mezzo di altezza bisogna preparare dei tutori per sostenerne il fusto che potrebbe rompersi con un colpo di vento.

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Iris germanica può essere un ingrediente chiaVe per realizzare unguenti molto efficaci per i fastidi di gola, collo e cerVicale

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Iris germanica si contraddistingue per la bellezza e la vivacità del suo colore. La santa riteneva che questa pianta (di cui apprezzava soprattutto le foglie) avesse delle caratteristiche calde e secche, utili per eliminare l’eccessiva produzione di umori. A maggior ragione se questi erano dovuti all’esposizione al freddo, e avevano causato dolore alla gola, alle ossa ma anche tosse e raffreddore.

Il consiglio della santa

Per coltivarlo bene

Ildegarda suggeriva di cogliere le foglioline dell’iris in maggio, quando erano nel pieno della loro forza germinativa e quindi sature della “viriditas” che abbiamo spesso incontrato nel corso di queste pagine. Ella diceva anche che le foglioline potevano essere utilizzate insieme al grasso di maiale per farne unguenti utili a curare dermatiti, comprese quelle da psoriasi. La tisana serve per favorire l’espulsione dei calcoli renali.

È necessario predisporre un fondo con ciottoli o materiale drenante. Trattandosi di rizomi che germinano bene anche se seminati poco in profondità, temono l’acqua in eccesso. È una pianta che, tenuta libera da erbe infestanti, sopravvive anche molti anni e comincia a fiorire dal secondo anno dopo la messa a dimora.

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