Nel libro troverete i consigli per cancellare le abitudini che paralizzano la mente e per cercare le novità e i cambiamenti che potenziano le attività cognitive. In più sono elencati anche i rimedi naturali, gli integratori e gli alimenti più adatti per “nutrire” il cervello e per stimolare la memoria, l’attenzione e la concentrazione.
RIZA Edizioni Riza - Via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano - www.riza.it
RICARICA IL CERVELLO Come potenziare memoria e lucidità Così previeni Parkinson e Alzheimer Ecco i nuovi rimedi naturali che evitano aterosclerosi e ictus. Gli alimenti giusti che rigenerano le cellule nervose.
RIZA
Il cervello è l’organo più complesso e più delicato del nostro corpo. Le più recenti ricerche neurologiche hanno dimostrato che possiede anche incredibili capacità di autorigenerarsi e di continuare a “evolversi” nel tempo. Per mantenerlo sempre giovane e attivo occorre liberarsi dagli schemi fissi e dai pensieri ripetitivi e stressanti che lo logorano e lo rallentano.
RICARICA IL CERVELLO
I LIBRI DEL BENESSERE
Come ripulire il cervello dai brutti pensieri e dalle tossine mentali.
RIZA
CAPITOLO 1
È LA STRUTTURA PIÙ COMPLICATA CHE CI SIA IN NATURA
8 9
L’aspetto fisiologico
Un “meccanismo” straordinario Miliardi di neuroni in una rete complessa
12
I segnali d’allarme del cervello “stanco”
14
Le patologie che attaccano la mente
L’aspetto fisiologico
Un “meccanismo” straordinario
D
a un punto di vista biologico il cervello può essere a buon diritto considerato la struttura più complessa esistente in natura: è composto da miliardi di neuroni, connessi tra loro da migliaia e migliaia di legami elettrochimici, a formare uno stupefacente e vertiginoso sistema di reti cellulari. Grazie a queste reti il cervello può vedere e percepire. Può avvertire il dolore e reagire in modo adeguato, può coordinare i nostri movimenti per compiere azioni complesse. Ma il cervello è anche l’organo capace di produrre concetti astratti partendo da semplici operazioni chimico-fisiche. È proprio questo il grande mistero di fronte a cui si trova la scienza: abbiamo capito come funzionano le cellule cerebrali, ma sappiamo ben poco di come si producono e si modificano i pensieri e le emozioni. Nell’affrontare i problemi che riguardano il cervello, quindi, dobbiamo sempre ricordarci di questo limite che la medicina non ha potuto ancora valicare. Sono ancora da chiarire molti dei segreti di questo organo che pesa poco meno di 1.500 grammi, ed è costituito da circa 100 miliardi di cellule nervose, i neuroni. Ogni neurone è collegato con decine di migliaia di altri, formando un insieme vario e complesso di reti e circuiti, che possono ampliarsi e modificarsi costantemente. 8
Miliardi di neuroni in una rete complessa
I
neuroni comunicano tra loro attraverso un sistema di scariche elettriche e chimiche: quando un neurone si “attiva” emette una scarica elettrica, che si trasforma immediatamente in un segnale chimico. Il segnale chimico, chiamato neurotrasmettitore, viaggia verso il neurone successivo attivandolo elettricamente. In pratica si potrebbe paragonare il cervello a un vero circuito elettrico: i neuroni sono le lampadine, mentre i
I due emisferi: intuizione e razionalità
I
l cervello è diviso in due parti, quella destra (“intuitiva”) e quella sinistra (logico-razionale). L’emisfero sinistro è deputato a “ordinare” gli stimoli in modo sequenziale, semplificando la complessità delle informazioni in modo da prendere una decisione rapida. La parte destra “accende” l’intuito, permettendo di prevedere le situazioni e di “inventare” nuovi modi di affrontarle. Ciascun emisfero è suddiviso in un lobo frontale (che si occupa di programmare il movimento) e in un lobo parietale (che gestisce le percezioni somatiche). 9
fili che li collegano sono i neurotrasmettitori. La differenza è che i “fili” del cervello non trasportano elettricità ma segnali chimici. Ognuno di questi segnali chimici veicola un messaggio e possiede un ruolo specifico nelle funzioni cerebrali e nel comportamento. Attraverso questo apparato, il cervello riceve dagli organi di senso milioni di informazioni, le integra e decide quale risposta sarà data dall’organismo.
La struttura e il funzionamento I collegamenti fra i neuroni non sono fissi. Al contrario, le sinapsi (è questo il nome scientifico delle connessioni che permettono ai neuroni di comunicare tra loro) possono rafforzarsi o indebolirsi in base a numerosi fattori. Questo fenomeno è conosciuto col nome di “plasticità sinaptica”. Il principale criterio in base al quale le sinapsi si modificano è quello della frequenza con cui esse vengono usate: le sinapsi che utilizziamo spesso vengono rafforzate, mentre quelle utilizzate di rado si indeboliscono fino a sparire. Per questo di fronte a nuovi stimoli o a nuovi contesti si può verificare la formazione di nuovi collegamenti sinaptici. Le sinapsi più attive, inoltre, crescono di dimensioni e in alcuni casi si sdoppiano, in modo che il lavoro svolto da una singola sinapsi possa essere svolto da due di esse. In parole povere il cervello potrebbe essere paragonato a un muscolo, che più è tenuto in attività e più si sviluppa. La plasticità sinaptica ha anche il compito di aiutare il cervello a riprendersi da un trauma. In caso di malattie come gli ictus o i traumi cranici, i neuroni “superstiti” possono adattarsi e cominciare a svolgere il ruolo prece10
dentemente ricoperto dai neuroni danneggiati, mantenendo il cervello completamente funzionante. Alla base delle funzioni cognitive
Le funzioni mentali sono rese possibili da due processibase del nostro cervello: apprendimento e memoria. Nel linguaggio scientifico l’apprendimento è definito come “il processo attraverso il quale si acquisiscono nuove conoscenze”. La memoria, invece, è “il persistere dell’apprendimento”. In pratica le nostre abilità cognitive derivano dall’apprendimento di nuove informazioni e dal loro successivo immagazzinamento. Questo passaggio si articola in tre fasi: la codifica, l’immagazzinamento e il recupero. La fase di codifica è quella che permette di selezionare gli stimoli dall’esterno, scegliendo quelli utili. L’immagazzinamento consente di fissare in maniera permanente le informazioni apprese. Il recupero infine permette al nostro cervello di scegliere dal proprio “archivio” le nozioni che servono. Due memorie, come nel computer
Il modo in cui organizziamo e ricordiamo le informazioni è simile a quello di un computer. Il cervello umano, infatti, proprio come i computer, dispone di due tipi di memoria, quella a breve termine e quella a lungo termine. La memoria a breve termine è quella più “veloce”, in cui immagazziniamo le informazioni che ci servono al momento e le cancelliamo poco dopo. La memoria a lungo termine, invece, è quella in cui conserviamo le informazioni che ci serviranno anche in futuro. I ricordi custoditi nella memoria a lungo termine sono più duraturi, ma occorre più tempo per “estrarli”. 11
I segnali d‘allarme del cervello “stanco”
I
n medicina la stanchezza mentale è considerata una vera e propria patologia, che riflette uno stato di malessere e di sofferenza del cervello e del sistema nervoso. Anche se il funzionamento di questo organo è per molti aspetti ancora sconosciuto, tutti sono in grado di riconoscere i sintomi della stanchezza mentale: vuoti di memoria, difficoltà a concentrarsi, cali dell’attenzione, sonnolenza, “rallentamento” delle funzioni cognitive… Sono tutti segni che indicano un sovraffaticamento del cervello. Il sovraffaticamento mentale però è molto diverso da quello fisico. L’attività del cervello, infatti, è di natura elettrochimica, e non di tipo muscolare. La spossatezza che si avverte dopo alcune ore di lavoro intellettuale è dovuta soprattutto all’affaticamento di altri organi, come gli occhi, i muscoli del collo o quelli della schiena, e non tanto all’attività mentale in se stessa. La stanchezza mentale vera e propria riguarda più che altro i neuroni e la loro capacità di stabilire connessioni tra loro. In alcune situazioni questa capacità è rallentata e come conseguenza si registra un calo delle prestazioni cognitive. Se non ci sono cause organiche e patologie che interessano il sistema nervoso, la causa della stanchezza mentale va fatta risalire a un eccessivo lavoro della mente o a uno stile di vita poco equilibrato. Più nel dettaglio, le cause possono essere un lavoro impegnativo o un periodo particolarmente stressante. Ma ci sono anche cause fisiche che influiscono sulle capacità mentali: la mancan12
za di sonno, la scarsa attività fisica che riduce l’apporto di ossigeno, un’alimentazione povera delle sostanze che “nutrono” il cervello e che consentono i meccanismi biochimici necessari ai neuroni. Anche un’idratazione insufficiente rallenta il regolare funzionamento neuronale. Anche cause psicologiche ed emotive “intasano” il cervello e ne ostacolano la regolare attività. In questi casi la causa della stanchezza mentale è da ricercare nelle tensioni eccessive, che costituiscono un sovraccarico di stimoli negativi per il nostro cervello. I sintomi di “rallentamento” mentale
I principali segnali che manifestano un calo delle capacità mentali sono la mancanza di concentrazione, la difficoltà nel ricordare e nel memorizzare e i problemi di apprendimento. Un altro dei sintomi è anche una certa difficoltà nell’articolare il linguaggio. In alcune situazioni in cui è particolarmente evidente la stanchezza mentale, l’elaborazione del discorso può essere alterata (si invertono le parole all’interno delle frasi o le sillabe all’interno delle parole), mentre a volte diventa difficoltoso richiamare alla mente un determinato vocabolo. Ciò vale sia per il linguaggio parlato che per quello scritto. La stanchezza mentale può provocare problemi anche nell’ascolto dei discorsi altrui. Si tratta di una sorta di “black-out uditivo” per cui si sentono i suoni o i discorsi intorno a noi ma non li si ascolta veramente. In pratica in queste occasioni il cervello è pervaso da una sorta di “rumore di fondo” costituito da un sovraffollamento di pensieri, preoccupazioni e informazioni. Questo rumore di fondo ci distrae e ci impedisce di recepire gli stimoli provenienti dall’esterno. 13
Le patologie che attaccano la mente
Q
uando siamo stanchi, stressati o sottoposti a eccessivi stimoli i neuroni non sono in grado di gestire il sovraccarico di lavoro, e quindi possiamo accusare sintomi come perdita di memoria, difficoltà di concentrazione e malessere diffuso. Di solito però questi segnali sono transitori e spariscono quando i neuroni ricevono nuovo ossigeno e nutrimento e quindi possono riacquistare tono e vitalità. Le patologie più gravi, invece, portano a una perdita irreversibile dei neuroni, e per questo provocano sintomi più seri. I disturbi del cervello possono essere suddivisi in due grandi classi: quelli che comportano un semplice rallentamento dell’attività neuronale e quelli che invece provocano una perdita irreversibile e innaturale dei neuroni. Fra queste ultime sono comprese le malattie neurodegenerative, che provocano un vero e proprio “blocco” di alcune attività cerebrali. I primi sintomi: problemi di memoria
Le prime manifestazioni di una patologa degenerativa riguardano soprattutto la memoria a breve termine, e cioè la “memoria di lavoro” necessaria per le attività quotidiane; per esempio non si riescono a memorizzare nomi, strade, numeri di telefono. A volte non ci si ricorda come si scrive una parola. Spesso i problemi di memoria sono confusi con una generica “sbadataggine”, soprattutto quando si tende a dimenti14
care gli oggetti (la borsa, il portafoglio) o quando ci si dimentica di svolgere un’incombenza. Oggi sappiamo che la perdita di memoria, nel caso delle malattie neurodegenerative, è la conseguenza di danni subiti dai neuroni, in particolari aree cerebrali importanti per i nostri ricordi, come l’ippocampo. Questi disturbi della memoria sono tipici della malattia di Alzheimer, ed è importante rilevarli al più presto,
Anche lo stress danneggia le cellule cerebrali
A
volte si pensa che lo stress sia semplicemente una condizione mentale. Al contrario lo stress è uno stato fisiologico che agisce sull’intero organismo, alterandone la funzionalità e modificando le prestazioni di tutti gli organi, compreso il cervello. Lo stress, infatti, rappresenta per il nostro fisico un continuo stato di allerta. Il cervello, quindi, è impegnato a produrre una serie di ormoni che servono a mantenere costante questo stato di “pericolo”. In questo modo però si sottraggono risorse preziose alle restanti facoltà mentali, che restano rallentate. Inoltre le condizioni di stress stimolano la produzione del cortisolo, un ormone che tra l’altro può anche danneggiare le cellule nervose presenti nell’ippocampo, l’area del cervello deputata all’apprendimento e alla memoria. 15
in modo che si possa dare il via tempestivamente a una terapia. Invece di solito tali disturbi della memoria non vengono ritenuti significativi e sono segnalati al medico solo dopo 1 o 2 anni dall’inizio della malattia. Ai primi disturbi della memoria poi si associano anche altri disturbi, come la difficoltà nello svolgere anche semplici attività quotidiane, disturbi del linguaggio, disorientamento spaziale o temporale (non ci si sa orientare nei luoghi e si confondono i tempi), difficoltà a pianificare le giornate e nel risolvere i piccoli problemi. Un altro dei possibili sintomi dei danni cerebrali prodotti dall’Alzheimer è costituito dai cambiamenti dell’umore e della personalità, in particolare quando la persona diventa molto sospettosa nei confronti degli altri, pur non avendone motivo. Disturbi del movimento
I disturbi del movimento sono quelli che si manifestano con un’alterazione della velocità o della forza dei movimenti degli arti; i soggetti si muovono troppo lentamente, con poca forza, oppure non riescono più a compiere determinati movimenti. Le malattie neurodegenerative che colpiscono il movimento possono far compiere movimenti indipendenti dalla volontà del soggetto (come nel caso dei tremori alle mani), oppure anche arrivare al blocco totale delle facoltà motorie. Questi disturbi possono essere causati da molte patologie diverse. In particolare il morbo di Parkinson aggredisce i neuroni legati al movimento, e per questo provoca tremori, rigidità degli arti e la perdita del controllo motorio. Quando però si manifestano questi sintomi evidenti significa che la malattia è in uno stadio avanzato. Sarebbe 16
quindi opportuno riconoscerla da altri sintomi più precoci e meno noti: la perdita dell’olfatto, disturbi del sonno, mancanza di espressione facciale, ridotto movimento delle braccia… Nel caso che si presentino questi sintomi, è opportuno fare controlli più approfonditi. Infine la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una grave patologia neurodegenerativa che aggredisce progressivamente le funzioni motorie e respiratorie, lasciando però intatte le facoltà mentali.
Le novità e i cambiamenti “salvano” i neuroni
P
er preservare e potenziare le nostre facoltà mentali dobbiamo abituarci a stimolare continuamente il nostro cervello, “sorprendendolo” con nuovi interessi e sollecitazioni. Le ricerche su questo organo, infatti, hanno evidenziato che quando ci confrontiamo con qualcosa di nuovo (nuove conoscenze, nuovi interessi, nuove situazioni) il nostro organismo reagisce attivando e potenziando determinate aree cerebrali che in precedenza erano semi-inutilizzate. Anche per prevenire le malattie neurodegenerative è importante tenere “attivo” il cervello, e per far questo è utile soprattutto introdurre dei cambiamenti nella propria vita, praticare attività creative e anche manuali. 17