Direttore responsabile: Vittorio Caprioglio Autorizzazione del Tribunale di Milano n°5 del 10/01/2017 ISSN 2499-8133
RIZA
extra Nuovo
Bimestrale Settembre/Ottobre 2020 Numero 26 - € 9,90 Italia P.I. 10/09/2020 Dimagrirextra + Libro € 18,30
I cibi acidi creano ritenzione, ristagni e gonfiori
Fai la prodigiosa dieta alcalina È il metodo più efficace per ridurre subito il girovita COSÌ ELIMINI IL GRASSO ADDOMINALE
Funziona perché demolisce i depositi adiposi, anche quelli più ostinati
È facile da seguire: in 7 giorni vedrai che risultato 001 Cover Dimagrire Extra morelli OK CARTONCINO.indd 1
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SOMMARIO
PAG. 6
PAG. 28
EVITA L’ACIDOSI
I CIBI GIUSTI
Riduci gli eccessi di acidità corporea per stare bene e perdere peso
Correggi così l’alimentazione per eliminare i chili di troppo
P.8
Il giusto pH corporeo
P.30
Le sane abitudini a tavola
P.10
Gli acidi e la digestione
P.32
P.14
Quando il corpo rischia di acidificarsi
Il Pral è l’unità di misura per classificare gli alimenti
P.34
I cibi alcalinizzanti
P.16
Dieta sbagliata, stress e sedentarietà: le cause di tutto
P.35
I cibi acidificanti
L’organismo, carico di tossine, dà sintomi di debolezza
P.36
Le tabelle pratiche che ti aiutano a fare la spesa
Si alterano alcune importanti P.20 funzioni corporee
P.38
Frutti e ortaggi da portare in tavola spesso
Un programma alcalinizzante P.24 serve a salute e linea
P.40
L’importanza dell’acqua, soprattutto se alcalina
P.18
P.26
Strategie per eliminare tossine e sovrappeso
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PAG. 42 LE REGOLE PRATICHE
PAG. 74 GLI AIUTI NATURALI
Come si segue la dieta alcalina P.44
I consigli per i tuoi pasti
P.46
Le sostituzioni furbe
P.50
Il programma quotidiano per l’equilibrio acido-basico
P.52
Tre giorni per alleggerirti dal peso dei cibi acidificanti
P.54
Una settimana tipo di dieta alcalina
P.56
Le combinazioni utili per dimagrire
P.58
I centrifugati veg e le bevande da alternare all’acqua
PAG. 61
COSA MANGIARE AI PASTI
Rimedi verdi e integratori contro l’acidosi
PAG. 83 LE SANE ABITUDINI
Più sani e in forma regolando l’acidità
Le ricette del tuo menu alcalino 5
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RIDUCI GLI ECCESSI DI ACIDITÀ CORPOREA PER STARE BENE E PERDERE PESO 8 10 14 16
Il giusto pH corporeo
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L’organismo, carico di tossine, dà sintomi di debolezza
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Si alterano alcune importanti funzioni corporee
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Un programma alcalinizzante serve a salute e linea
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Strategie per eliminare tossine e sovrappeso
Gli acidi e la digestione Quando il corpo rischia di acidificarsi
Dieta sbagliata, stress e sedentarietà: le cause di tutto
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EVITA L’ACIDOSI
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Evita l’acidosi
IL GIUSTO PH CORPOREO
TI AIUTA A STARE IN FORMA
QUESTO VALORE È MOLTO IMPORTANTE PERCHÉ IL NOSTRO ORGANISMO E IL METABOLISMO FUNZIONANO MEGLIO IN AMBIENTE ALCALINO
N
egli ultimi anni molti studiosi hanno posto l’attenzione sull’importanza del giusto livello del pH corporeo per la nostra salute. Questo valore può essere influenzato da quello che mangiamo e da come viviamo. In particolare è stato rilevato che l’aumento delle scorie acide, capaci di condizionare negativamente il pH nel nostro organismo, sta aprendo la porta a numerosi disturbi, anche gravi. Per comprendere ciò di cui si sta parlando esattamente occorre partire dall’inizio e vedere cosa si intende quando parliamo di acidità e basicità.
L’unità di misura L’acidità e la basicità di tutte le sostanze si misurano attraverso il pH, che sta per “potenziale d’idrogeno” (H è la sigla dell’idrogeno). Il pH valuta la capacità di donare o di ricevere uno ione idrogeno e indica l’acidità di una sostanza su una scala da 0 a 14. Un ambiente si definisce acido quando ha un pH inferiore a 7, mentre si dice basico (o alcalino) quando ha un pH superiore a 7. Il livello del pH 7 indica una condizione di neutralità: una soluzione quindi né acida né basica.
Quale deve essere il pH corporeo? L’organismo lavora in piena efficienza quando il pH dei tessuti e della matrice extracellulare è leggermente alcalino. La matrice extracellulare è il luogo in cui avvengono gli scambi, un tessuto chiave che consente di far arrivare nutrimento alle cellule e di portar via
ACIDO
NEUTRO
ALCALINO
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Come misurare l’acidità Per valutare l’acidità del proprio corpo il sistema più semplice, anche col “fai da te”, è misurare il valore del pH delle urine, dal momento che una parte delle scorie acide viene eliminata attraverso di esse. Il pH delle urine varia molto nel corso della stessa giornata, oscillando fra i valori che vanno da 4,6 a 8,5, all’interno di una fascia di normalità piuttosto ampia. In questo si differenzia nettamente dal pH del sangue, che non può discostarsi da una fascia ben delimitata, pena gravi rischi alla salute. Il metodo più tradizionale e facile per misurare il pH delle urine consiste nell’immergere una cartina al tornasole in un campione di urine fresche. In pratica si utilizza una striscetta di carta “sensibile” contenente un colorante di origine naturale, che le fornisce la capacità di segnalare, attraverso il colore, il livello di acidità del liquido esaminato. Il colore va dal verdino (attorno al valore di 7, che corrisponde al pH neutro) alle varie tonalità del rosso (in ambiente acido, con pH inferiore a 4,4) e del blu (in ambiente basico, con pH superiore a 8). Si confronta la colorazione con la scala cromatica di riferimento che stabilisce a quale livello di acidità o basicità corrisponde: in questo modo la cartina risulta un indicatore attendibile e abbastanza preciso del pH.
le sostanze di scarto. È evidente quale sia il suo ruolo nel garantirci un metabolismo efficiente e anche l’importanza del mantenimento del suo giusto livello di alcalinità, quale condizione fondamentale per restare in forma, perché consente il corretto funzionamento biochimico e metabolico delle cellule. Un pH corporeo alterato non solo causa disturbi, ma anche un metabolismo nel complesso rallentato, con una maggior tendenza ad accumulare peso e una maggior difficoltà a dimagrire. Anche il sangue è caratterizzato da un suo pH stabile attorno al valore di 7,4 (da 7,35 a 7,45). Un pH del sangue inferiore a 6,8 o superiore a 7,8 non è compatibile con la vita, perché non permette lo svolgimento di funzioni fisiologiche fondamentali. Il corpo dispone di diversi sistemi “tampone” che intervengono per riequilibrare eventuali eccessi di acidità o basicità del sangue. Ma ogni apparato dell’organismo ha un proprio diverso valore di pH. All’interno dello stesso sistema digerente, ad esempio, vi sono “ambienti” con vari livelli di acidità, per provvedere alle diverse funzioni.
Varia durante la giornata Il pH delle urine varia durante la giornata. È più basso (e quindi più acido) al mattino rispetto al centro della giornata, dal momento che durante il sonno la riduzione dell’attività respiratoria provoca un accumulo di acidità che non viene smaltita dai polmoni. Inoltre in generale il pH urinario è più basso (più acido) nel periodo immediatamente prima dei pasti piuttosto che dopo aver mangiato. Per questo sarebbe opportuno, per avere un quadro preciso, misurare l’acidità delle urine in vari momenti della giornata; il calcolo della media di tutte le rilevazioni fatte nelle 24 ore, per un organismo in buona salute, dovrebbe essere compresa tra 7 e 7,5. 9
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Evita l’acidosi
LA FUNZIONE DEGLI ACIDI NELLA
DIGESTIONE
IN BOCCA E NELLO STOMACO SONO UTILI DAL MOMENTO CHE CI PERMETTONO DI SCOMPORRE I CIBI E ASSIMILARLI. MA VANNO EVITATE LE SOSTANZE ACIDE CHE VENGONO PRODOTTE COME SCARTO DEGLI ALIMENTI, DAL MOMENTO CHE POSSONO ALTERARE IL PH DEI VARI AMBIENTI DEL CORPO
ELABORA IL CIBO
IL PH AGISCE SULLA NOSTRA DIGESTIONE E LA INFLUENZA IN OGNI SUO PASSAGGIO, DALLA BOCCA FINO ALL’INTESTINO.
L’
apparato digerente è la grande fucina del nostro organismo: durante la digestione infatti gli alimenti si trasformano in energia utilizzabile e indispensabile per lo svolgimento di qualsiasi funzione fisiologica dell’organismo. Il ciclo è apparentemente lineare: ingeriamo cibo in forma solida o liquida, il nostro corpo scompone le molecole di ciò che abbiamo introdotto fino a una dimensione che ne permetta l’assorbimento, mentre quello che non serve viene scartato. Questo ciclo dura complessiva-
mente circa 24 ore. Ma è davvero così semplice? La digestione è in realtà una combinazione complessa di scambi biologici e reazioni chimiche che si verificano a ogni passaggio lungo il tratto digestivo. Il nostro apparato digerente viene convenzionalmente suddiviso in due parti: il tratto gastrointestinale superiore (composto da bocca, esofago, stomaco e duodeno) e il tratto gastrointestinale inferiore (di cui fanno parte intestino tenue e crasso, che formano un tubo lungo circa otto metri). Gli alimenti che introdu-
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ciamo vengono analizzati e scomposti dall’apparato digerente in modo che nulla si disperda e che ciascuna sostanza trovi la sua giusta destinazione. Ogni sostanza alimentare ha un suo ciclo metabolico che produce residui acidi; questi acidi sono necessari e in un organismo sano non superano il livello di guardia. Ma se il pH dell’apparato digerente è “squilibrato” allora come per un effetto domino anche tutte le cellule dell’organismo cominciano ad acidificarsi progressivamente, con conseguenze che vanno dall’invecchiamento precoce allo sviluppo di patologie anche gravi.
Acidità solo dove serve Nella bocca, la prima stazione del processo digestivo, il pH è di circa 6,8, in seguito all’immissione nel cavo orale della saliva secreta dalla parotide e dalle ghiandole salivari. Queste secrezioni provocano una prima variazione del pH verso l’acidità, che in questo caso serve a cominciare a “digerire” il cibo mentre si muove dalla bocca alla faringe e attraversa l’esofago. Questi tre organi mantengono un livello costante di pH pari a 6,8.
Quando il cibo fa il suo ingresso nello stomaco si ritrova in un ambiente molto più acido, con un pH da 1,2 a 3. L’acido cloridrico, una delle sostanze più acide in natura, è presente nello stomaco e permette la demolizione degli alimenti nelle loro componenti più semplici per consentire la loro assimilazione. Lo stomaco “frulla” il cibo trasformandolo in chimo e uccide i germi indesiderati per prepararlo all’intestino tenue. Nel primo tratto di intestino il chimo penetra nel duodeno, che ha un pH molto più alcalino, di 6,5: l’immissione nel duodeno del secreto pancreatico e della bile, entrambi alcalini, neutralizza l’acidità prodotta a livello gastrico. Il chimo si fa strada nell’intestino tenue che diventa pian piano più alcalino fino a un pH di 7. L’intestino non ha bisogno di un terreno molto acido come lo stomaco, perché svolge un’attività diversa: assorbire sostanze nutrienti, vitamine e minerali. Una volta che l’intestino ha assorbito le sostanze fondamentali, il chimo viene spinto dalla peristalsi, ovvero dai movimenti intestinali, fino all’intestino crasso, dove il pH cresce fino a 7,5. Questa è la parte dell’intestino dove termina la digestione, con l’espulsione delle sostanze di scarto.
L’importanza della saliva e della masticazione Sebbene buona parte del processo digestivo sia al di fuori del nostro controllo, c’è un momento sul quale possiamo intervenire: la masticazione. Infatti, come dicevano gli antichi, “Prima digestio fit in ore”, ovvero “La prima digestione avviene in bocca”. Mentre si mastica, le ghiandole nella bocca secernono la saliva (un buon pH della saliva è tra 6,5 e 7,5) che ammorbidisce gli alimenti grazie all’azione dell’enzima amilasi, che procede alla demolizione dei carboidrati e dell’enzima lipasi, che demolisce i grassi. Il cibo si trasforma così in bolo. Con l’età diminuisce la produzione di saliva e pertanto è fondamentale abituarsi a masticare a lungo e bene.
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Evita l’acidosi
AUMENTA IL RISCHIO
di varie patologie D
obbiamo ripensare alla nostra alimentazione quotidiana se vogliamo difenderci da alcune patologie sempre più diffuse. Lo suggerisce una grande ricerca pubblicata nel 2017 sulla rivista “Nutrients” con una revisione degli studi sui possibili effetti di una dieta acidificante. In particolare la revisione Impoverimento ha esaminato le conseguenze di quella che delle ossa è stata definita “acidosi metabolica di basso grado”, ovvero una condizione caratterizzata da una leggera diminuzione del pH del sangue, pur entro l’intervallo ritenuto normale. L’alimentazione è uno dei principali fattori che possono provocare tale condizione, a causa del consumo eccessivo di alimenti precursori di sostanze acidificanti, a discapito di quelli che producono sostanze basiche. Il maggior numero di conferme scientifiche sugli effetti di una dieta acidogena si riferisce alla formazione di calcoli renali. I reni, nel tentativo di ripristinare l’equilibrio acido-base, emettono una maggiore quantità di sali di calcio e ossalato, che possono depositarsi e formare i calcoli renali. Si riduce invece l’escrezione di citrato, che al contrario ostacola la formazione di calcoli. Seguire una dieta acidificante comporta poi una riduzione della mineralizzazione e della massa ossea e un rischio maggiore di fratture. Le prove scientifiche inoltre suggeriscono che l’acidosi metabolica indotta dalla dieta sia un fattore di rischio per il diabete mellito di tipo 2. Calcoli renali Alcuni studi hanno dimostrato che una leggera riduzione (ovvero acidificazione) del pH extracellulare favorisce l’insulino-resistenza, il principale fattore di rischio per lo sviluppo del diabete mellito di tipo 2. È stata evidenziata un’associazione tra la dieta acidogena e il rischio di steatosi epatica non alcolica (ovvero il deposito di trigliceridi nel fegato non dovuto al consumo di alcol). Infine è risultato anche che un elevato carico di cibi acidificanti nella dieta provoca una riduzione della massa magra muscolare. È stato dimostrato poi che una dieta alcalinizzante era collegata a un migliore indice di massa magra in 2.689 donne di età compresa tra 18 e 79 anni, indipendentemente dall’età e dallo sport.
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Gli effetti su organi e apparati L’eccesso di acidità innesca una spirale negativa di fenomeni nel corpo. Ecco nel dettaglio i distretti che vengono colpiti e i danni che possono subire. SI ALZA LA PRESSIONE - A causa dell’iperacidificazione vengono sottratti minerali che concorrono a regolare la pressione, come appunto il calcio, ma anche il magnesio. La ridotta disponibilità di questi sali favorisce l’ipertensione. Inoltre, se il sovraccarico di acidi dura a lungo, l’infiammazione di basso grado irrita le arterie e favorisce il deposito di colesterolo che si deposita all’interno dei condotti sanguigni, rallentando il passaggio del sangue e quindi delle sostanze necessarie a nutrire e rinnovare i tessuti. A causa del crescente deposito di colesterolo, il diametro delle arterie si restringe e la pressione arteriosa si alza, con il conseguente pericolo di ipertensione.
MAGGIORI PROBABILITÀ DI INFARTO - L’acidità fa sì che i capillari diventino sempre meno elastici e che i globuli rossi non riescano a immagazzinare l’ossigeno necessario. Il sangue non scorre fluidamente nei capillari e, quando l’apporto di ossigeno si riduce troppo, si corre il pericolo di una parziale morte delle cellule e anche di un infarto cardiocircolatorio. I rischi di un’acidificazione che possa provocare problemi circolatori sono dovuti soprattutto a un’alimentazione sbagliata, alla scarsità di movimento e al fumo, che aumentano i depositi di scorie nelle arterie. Intervenendo tempestivamente si riesce a ridurre notevolmente il rischio di infarto.
OSTEOPOROSI - L’osteoporosi viene provocata o accelerata dalla perdita di calcio delle ossa, che è una conseguenza della iperacidificazione. È un disturbo che si manifesta attraverso una evidente diminuzione del minerale, che rende più robusta e resistente la struttura ossea. Occorre rimediare attraverso una maggiore assunzione di calcio, soprattutto mangiando più alimenti che contengono questo minerale.
PROBLEMI OSSEI E ARTICOLARI - La perdita di minerali nelle ossa conduce dunque all’indebolimento osseo, con un maggiore rischio di fratture. Provoca anche dolori articolari ricorrenti e frequenti infiammazioni dei legamenti. Con l’aumento dell’acidità del corpo si arriva anche all’irrigidimento, alla limitazione dei movimenti articolari e a dolori che impediscono una normale mobilità. Ne risente insomma tutto l’apparato osseo e articolare.
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Evita l’acidosi
UN PROGRAM M
SERVE A SA L È IMPORTANTE RIDURRE L’ECCESSO DI TOS PERCHÉ NON SOLO CI PROTEGGE DALLE
L’
acidificazione della matrice extracellulare e quindi in generale dei tessuti corporei comporta uno stato di malessere diffuso, perché l’alterazione del pH in alcuni ambienti corporei ostacola le regolari funzioni fisiologiche. Inoltre apre la strada al rischio di incorrere in alcune patologie. Un programma di “deacidificazione” quindi si rivela opportuno in molti casi. La strada più semplice per attuarlo è adottare un’alimentazione che viene definita “alcalina”, ovvero ricca di alimenti dalla cui digestione si ricavano sostanze alcalinizzanti, che abbassano il livello di acidità tissutale. Molti sono i fautori di questo tipo di alimentazione, con lo scopo di ridurre l’accumulo di tossine acide, di combattere le disfunzioni e di eliminare i chili superflui.
Gli effetti benefici della dieta alcalina
Sebbene non tutti gli studiosi siano concordi sugli effetti benefici dell’alimentazione alcalinizzante, alcuni risultati sono stati dimostrati scientificamente. Diversi studi hanno provato che il consumo di alimenti con residui alcalini può portare a un miglioramento della densità minerale ossea e della massa muscolare, può proteggere dalle malattie croniche e alleggerirci dal carico di tossine. Ad esempio, uno studio pubblicato nel 1996 su The American Journal of Physiology ha dimostrato che un programma per alcalinizzare il corpo migliora la mineralizzazione delle ossa. L’effetto è stato confermato da una ricerca del 2009, secondo la quale l’aumento del contenuto alcalino nella dieta riduce i problemi alle ossa in soggetti dai 50 anni in su. Inoltre, varie ricerche dicono che le persone che consumano acqua alcalina presentano una minore incidenza di malattie cardiovascolari. Il consumo di alimenti alcalini serve anche a prevenire l’osteoporosi e a proteggere le cellule beta del pancreas che producono insulina. È stato dimostrato infine che produce un miglioramento sintomatico del dolore cronico, muscolare e articolare, una riduzione dei livelli di stress interno e tensione generale, una regolarizzazione della frequenza cardiaca e della risposta immunitaria. 24
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SI M
M MA ALCALINIZZANTE
A LUTE E LINEA
OS E
SINE ACIDE NEL CORPO, PRIMA DI TUTTO ATTRAVERSO L’ALIMENTAZIONE, MALATTIE, MA È ESSENZIALE ANCHE PER ELIMINARE I CHILI DI TROPPO
Aiuta a perdere peso I sostenitori della dieta alcalina ribadiscono come questo tipo di alimentazione sia utile anche per il dimagrimento. Le ragioni per sostenerlo sono diverse. Il fatto di aver mangiato per anni dolci, zuccheri raffinati, carni rosse e grassi saturi (che sono fra i cibi più acidificanti) lascia tracce chiare in tutto l’organismo, con un’inevitabile tendenza ad accumulare scorie acide che non riusciamo a neutralizzare completamente. Così si accumulano chili di troppo, specialmente sulla fascia addominale. Introducendo nell’organismo una maggiore quantità di alimenti che abbassano l’acidosi venutasi a creare, riduciamo l’effetto delle tossine acide che alterano il metabolismo e fanno ingrassare. Così riusciamo a combattere il sovrappeso, il gonfiore addominale, la stitichezza persistente e la fame dovuta a una digestione incompleta. Un altro motivo per cui la dieta alcalina è efficace per eliminare i chili di troppo è molto semplice: è un tipo di alimentazione che si basa soprattutto sul consumo di vegetali e sulla riduzione di zuccheri, carboidrati raffinati e carni rosse, quindi è in linea con i programmi alimentari più salutari che si sono dimostrati efficaci anche per dimagrire in modo sano e duraturo.
STOP ALLA CELLULITE UNA DELLE CAUSE DELLA CELLULITE È L’ECCESSO DI ACIDITÀ DEI TESSUTI. QUESTA CONDIZIONE INFATTI FACILITA IL DEPOSITO DI SCORIE NEL TESSUTO CONNETTIVO E CREA LE CONDIZIONI PERCHÉ SI FORMINO ACCUMULI DI GRASSO E CUSCINETTI. UN’ALIMENTAZIONE ALCALINIZZANTE SERVE DUNQUE ANCHE A CONTRASTARE LA “PELLE A BUCCIA D’ARANCIA”.
L’alimentazione acida aumenta la massa grassa In Giappone nel 2012 è stato condotto uno studio per esaminare la relazione tra una dieta ricca di acidi e il sovrappeso. È risultato che un’alimentazione con un forte carico di acidità era collegata in maniera significativa (anche se non elevatissima) con il BMI (indice di massa corporea) e la circonferenza della vita. È emerso che la dieta acidificante era correlata con la pressione elevata ma anche con le concentrazioni di colesterolo totale e di LDL (colesterolo “cattivo”). Questo dato conferma l’utilità di un’alimentazione alcalizzante per puntare al dimagrimento e alla salute circolatoria.
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