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Consigli dOC - Carlo Alfaro
Consigli DoC
Chi è Carlo Alfaro
Il nostro futuro è in gran parte frutto delle decisioni che prendiamo: è dalla coscienza di ciò che dipende il fatto che quando dobbiamo fare una scelta siamo assaliti da molti dubbi e interrogativi. Ancor di più quando l’argomento è la nostra salute. Il consiglio del medico può essere importante per orientare gli stili di vita nel modo corretto attraverso messaggi preventivi che incoraggino e motivino scelte favorevoli per la salute. Tra i tanti drammi della pandemia da Covid-19, un dato incoraggiante è la maggiore attenzione delle persone ai temi della salute e la rinnovata fiducia nei confronti del personale sanitario. Per le persone è importante avere buoni consigli che guidino i propri comportamenti ed accrescano la propria consapevolezza per poter prendere decisioni sagge e ponderate, cosa che è più difficile fare quando si è immersi nello stress, nella solitudine, nel dolore, nella paura, che sottraggono obiettività e serenità. Per questo motivo inauguriamo da questo numero la rubrica “Consigli Doc”, invitando i nostri lettori a scriverci i loro dubbi per essere guidati ad acquisire le informazioni utili a compiere scelte più consapevoli sui loro problemi e ad intraprendere azioni volte a proteggere e promuovere la propria salute e benessere. Nato a Sant’Agnello il 30/11/1963, vive a Sorrento (Napoli). Medico pediatra, attualmente ricopre l’incarico di Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, dove è anche titolare di Incarico professionale di consulenza, studio e ricerca di Adolescentologia. Appassionato di divulgazione scientifica e culturale, dal 2015 è giornalista pubblicista.
I BAMBINI E IL COVID-19
?Sono una mamma di due bambini, una ragazza di 12 e un maschietto di 7 anni. Entrambi frequentano la scuola, ma è un continuo stillicidio: di frequente capita che o un genitore di un loro compagno sia positivo o un bambino stesso della classe o un insegnante, con conseguente passaggio della classe in didattica a distanza per 14 giorni, tamponi a tutti, sorveglianza di eventuali sintomi sospetti e tanto stress. I dirigenti scolastici vorrebbero un certificato medico ad ogni assenza o minimo sintomo, i pediatri dicono che non serve. I miei bambini vanno volentieri a scuola, ma questa precarietà li destabilizza. Davvero i bambini sono così pericolosi per il contagio? Purtroppo da che è iniziato l’incubo della pandemia i Governi si trovano nella non facile situazione di trovare un equilibrio tra due sacrosanti e inalienabili diritti: quello alla salute e quello all’istruzione. La scuola a di! stanza preserva dal Covid-19, ma espone a peggioramento degli apprendimenti e rischi psico-sociali legati alla perdita della socialità reale e all’aumento delle diseguaglianze. Certamente i protocolli di sicurezza nelle scuole, sebbene appaiano a volte rigidi, sono utili al controllo dei potenziali contagi. È noto che bambini e adolescenti presentano una minore suscettibilità a infettarsi rispetto agli adulti e un decorso della malattia molto meno grave e letale, mentre per quanto riguarda la contagiosità c’è una differenza in base all’età: mentre al di sotto dei 10 anni è raro che i bambini portino l’infezione in famiglia, cioè è più probabile che si contagino dagli adulti conviventi infetti, sembra che gli adolescenti, pur avendo di solito, come i bambini più piccoli, pochi o assenti sintomi, possano diffondere il Sars-CoV-2 con pari o addirittura maggiore efficacia rispetto agli adulti.
MASCHERINA SÌ O NO
?Sono un po’ disperata perché mio figlio, 19 anni, detesta portare la mascherina. È arrivato a preferire di non uscire più anziché indossarla. Dice che gli provoca tosse e affanno. Inoltre sostiene che non vi sono solide evidenze scientifiche sull’utilità delle mascherine e che si tratta di una gigantesca speculazione. Cosa rispondergli? Che si sbaglia. Le mascherine, sia di tipo medico che quelle cosiddette “di comunità” (in tessuto), non soltanto riducono il rischio di trasmettere l’infezione agli altri, ma, in! caso di infezione, sembrerebbero ridurne la gravità, abbassando la carica virale da cui si viene raggiunti e aumentando l’umidità dell’aria inalata, il che protegge le vie respiratorie. Attualmente in Italia è obbligatorio indossare la mascherina nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all’aperto se non può essere garantito il distanziamento fisico. Sono esclusi dall’obbligo i soggetti che fanno sport, i bambini di età inferiore ai sei anni, i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina. Ora, con la diffusione delle nuove varianti, più contagiose, la protezione data dalle mascherine è ancora più importante. Francia, Germania e Austria hanno reso obbligatorie le mascherine Ffp2 nei negozi o a bordo dei mezzi di trasporto pubblico e in altre situazioni al chiuso dove sussista una ridotta distanza di sicurezza. Quello che dice suo figlio, che la mascherina gli provoca difficoltà respiratoria, avviene solo se un soggetto ha già problemi respiratori di fondo, esempio asma.
REINFETTARSI CON LE VARIANTI DEL COVID
Nel mese di gennaio mia madre, che è infermiera ospedaliera, ha contratto il Covid-19, contagiando me, il mio compagno, mio padre e mia nonna; stranamente mio fratello no. Ora sento parlare di varianti, ma noi che siamo guariti, potremmo re-infettarci?
!Le varianti del Sars-CoV-2 nascono dall’accumularsi di mutazioni nell’RNA virale durante la sua replicazione all’interno delle cellule: alcune mutazioni o combinazioni di mutazioni possono fornirgli il vantaggio di una maggiore trasmissibilità o resistenza alle difese dell’ospite, per cui quella variante si afferma nella popolazione. Finora sono state identificate in tutto il mondo centinaia di varianti del Sars-CoV-2. Tre nuove varianti preoccupano di più gli esperti: quella del Regno Unito, quella del Sud Africa e quella del Brasile. La variante “inglese”, causando una maggiore trasmissibilità (del 30-50% in più), si è diffusa in misura notevole in tutta Europa e nel mondo e si ritiene diventerà quella dominante nei prossimi mesi. Non è stato confermato che colpisca di più i bambini o sia più letale. Non si sa se si associ a maggiori rischi di re-infezione. La clinica è indistinguibile da quella del virus originario dalla Cina. La variante sud-africana è caratteriz- zata da maggiore trasmissibilità, tanto che ha creato in Sud-Africa una grave recrudescenza epidemica, ma non è chiaro se provochi maggiore gravità della malattia. La variante brasiliana è caratterizzata anch’essa da una maggiore contagiosità e sembra aumentare la probabilità di re-infezione, mentre non si sa se sia più grave. Quindi, per rispondere alla domanda, c’è il rischio che le varianti possano colpire i soggetti già guariti, ma non si sa in quale proporzione. Anche i vaccini potrebbero essere meno protettivi contro le varianti: i vaccini attualmente approvati, ovvero Pfizer/BioNTech e Moderna e Astrazeneca, sarebbero attivi sulla variante inglese, meno sulle altre. Peraltro, una nuova insidia è data da una variante della variante inglese, caratterizzata da una mutazione nella posizione E484K della Spike (presente anche nelle varianti sudafricana e brasiliana), che le dà maggiore resistenza ai vaccini.
?Sono una nonna di cinque nipoti tra i 17 e i 2 anni. Tutti si affannano a rassicurarci che il Covid non è aggressivo verso i bambini e i ragazzi, ma poi leggiamo della grave malattia infiammatoria che può colpirli a distanza di tempo. Dobbiamo avere paura? La sindrome infiammatoria multisistemica dei bambini (Multisystem inflammatory syndrome in Children, MisC) correlata a Sars-CoV-2 è un grave stato infiammatorio generale descritto in Europa e Nord-America ! come possibile complicazione del Covid-19 (dopo 16 settimane, tipicamente 21-25 giorni, anche se a Bethesda è stato riportato un caso di una quindicenne dopo 16 settimane) esclusiva dell’età pediatrica e adolescenziale (0-21 anni, picco di incidenza a 10-12 anni), che colpisce due o più sistemi di organi tra cui principalmente apparato gastroenterico (vomito, diarrea, dolori addominali talvolta simil-appendicolari), apparato cardio- circolatorio (miocardite acuta, pericardite, aritmie), apparato respiratorio, cute e mucose, oltre a portare sintomi generali (febbre alta, dolori, astenia, cefalea), con aumento degli indici infiammatori. Sembra prevalere in alcune etnie, come gli afroamericani o i caraibici. Anche se nella seconda ondata epidemica i casi sono aumentati, in rapporto al maggior coinvolgimento dei bambini, nel complesso comunque l’incidenza resta bassa. La forma somiglia alla malattia di Kawasaki, un’infiammazione acuta delle arterie di piccolo e medio calibro di tutti i distretti dell'organismo, con complicanze anche gravi soprattutto a livello cardiaco. La differenza tra le due malattie è che la sindrome infiammatoria multisistemica colpisce bambini più grandi e con sintomi più gravi. Probabilmente la Mis-C non rappresenta una condizione diversa dalla malattia di Kawasaki, ma entrambe fanno parte di un unico spettro di patologia che va da forme meno gravi ad altre più gravi. Comunque entrambe sono curabili e guariscono con la terapia appropriata. LE VIRTÙ DEL CAFFÈ
?Ho 44 anni, e lavoro in una grande officina meccanica da che ne avevo 16. Al lavoro beviamo numerosi caffè, soprattutto da quando disponiamo del distributore automatico. Una pausa di lavoro, un incontro con un cliente, ogni momento conviviale è sancito dalla pausa caffè. Ma è nocivo berne tanto o è vero, come ho letto, che il caffè protegge dall’infarto e dai tumori? !Ha perfettamente ragione: il caffè è un rito sociale, piuttosto che una semplice bevanda. Si stima che ogni giorno in tutto il mondo vengano bevute oltre tre miliardi di tazze di caffè. Sebbene la caffeina in alte dosi sia tossica (ma parliamo minimo di 4 tazzine di espresso consumate tutte assieme), il caffè in studi clinici ha mostrato, a dosi giuste (da 1 a 5 tazzine al giorno) effetti benefici su: sistema nervoso (innalza lo stato di veglia e il tono dell’umore, migliora la memoria, la lucidità, le prestazioni psico-fisiche, combatte l’emicrania, protegge da malattia di Parkinson e malattia di Alzheimer), cuore e i vasi, grazie al contenuto di polifenoli antiossidanti (protegge da infarti, ictus, insufficienza cardiaca), apparato gastro-intestinale (stimola la secrezione gastrica), fegato (contrasta steatosi e malattia epatica cronica), rene (effetto diuretico), metabolismo (protegge dall’obesità perché aumenta la leptina, ormone della sazietà, e dal diabete di tipo 2), apparato genitale maschile (per l’effetto vasodilatatore). Inoltre, grazie alla presenza di sostanze antinfiammatorie, antimutagene e antiossidanti, consu- mare caffè avrebbe un effetto protettivo su alcuni tumori, per esempio del canale digerente (cavo orale, esofago, stomaco e colonretto), del fegato, della prostata, della mammella, oltre che nei confronti della leucemia. Il dato più interessante è che il consumo dalle 3 alle 5 tazzine al giorno ridurrebbe del 14-17% la mortalità per tutte le cause. Cautela però in gravidanza: esaminando le scansioni cerebrali dei bambini, sono emersi evidenti cambiamenti nella sostanza bianca quando le madri hanno riferito di aver consumato caffeina durante la gravidanza. Come spesso avviene quando si parla di alimentazione, la moderazione è la chiave del benessere.
Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica (DiSIT), Università del Piemonte Orientale (sedi di Alessandria e Vercelli) UPO Alumni.
Con un poco di miele, la ferita non c’è più!
La storia del rapporto tra uomo ed api è molto lunga e interessante. Fin dall’antichità, il miele è stato usato non solo come alimento e dolcificante naturale, ma anche e soprattutto come rimedio per la protezione della salute. Il miele era infatti noto per la cura di diverse lesioni, come ferite, ulcere ed ustioni. L’uso del miele come medicamento si interrompe però in un momento preciso, ovvero con l’avvento degli antibiotici all’inizio del secolo scorso. L’utilizzo degli antibiotici originò infatti la presunzione di aver piegato le malattie infettive. Diversi sono i meccanismi che contribuiscono a far sì che il miele abbia un’azione di controllo della crescita microbica, che si esercita, in particolare, come segue:
• L’elevato contenuto di zuccheri combinato con una minoritaria presenza di acqua provoca uno stress osmotico che impedisce la crescita di microrganismi; • Il pH acido non favorisce la crescita microbica; • La presenza di molecole ad azione anti-batterica (ad esempio un peptide come la defensina) • La produzione di acqua ossigenata (H2O2).
Oggi, la crescente attenzione verso i prodotti naturali per la cura delle ferite ed in special modo per i prodotti dell’alveare, scaturisce da un’emergenza pratica. Il rapido aumento della resistenza agli antibiotici pone gravi problemi ed importanti riflessioni.
Inoltre, nonostante numerose osservazioni aneddotiche relative all’efficacia del miele nella riparazione delle ferite, non ci sono molti studi, sperimentali o clinici, che abbiano valutato la reale portata dell’azione del miele e degli altri prodotti dell’alveare (come propoli, pappa reale, ecc).
Il nostro gruppo di ricerca da diversi anni si interessa ai meccanismi cellulari e molecolari che vengono attivati nelle cellule in seguito ai fenomeni di riparazione delle ferite. Nel 2010, grazie ad un finanziamento giapponese, abbiamo iniziato ad interessarci ai possibili effetti benefici del miele, non solo in termini di azione antibatterica. Volevamo infatti capire se il miele, o meglio tipi diversi di miele, fossero in grado di modulare l’azione di cheratinociti e fibroblasti, i principali tipi cellulari della pelle. Per raggiungere questo scopo, abbiamo fatto ricorso ad un modello in vitro di riparazione delle ferite, ovvero lo scratch wound assay, mimando una ferita su una coltura cellulare e studiando se il miele fosse in grado di aumentarne la velocità di chiusura. I passaggi fondamentali di tale sistema implicano la creazione di un taglio, di una discontinuità, in un monostrato di cellule, catturando le immagini all’inizio ed a intervalli regolari durante la migrazione delle cellule per “chiudere la ferita”, confrontando così le immagini per quantificare la velocità di migrazione, in presenza o meno di miele.
In questo modo abbiamo verificato che non solo il miele è sicuro sulle cellule della pelle, ma soprattutto è in grado di indurre un notevole vantaggio nella riparazione del tessuto lesionato.
Ovviamente la domanda più importante era capire quale componente o quali componenti del miele fossero in grado di produrre questa azione. Esistono almeno 200 composti descritti nel miele e consistono principalmente in acqua, zuccheri e altre sostanze come acidi organici, proteine (enzimi), vitamine e minerali.
SIMONA MARTINOTTI ed ELIA RANZATO
GLOSSARIO
Cheratinociti – Cellule della pelle che producono la cheratina. Fibroblasti – Cellule del tessuto connettivo e del derma, responsabili della riparazione delle ferite, attraverso la produzione di specifiche sostanze e di fibre. Il derma, insieme all’epidermide (la struttura più superficiale dell’organismo), forma la pelle. In vitro – Indica un evento biologico riprodotto in modo sperimentale in laboratorio. Scratch wound assay – Si tratta di un esperimento che provoca una ferita da graffio, per osservarne i meccanismi di riparazione. Acido organico – Gli acidi organici sono composti chimici che si producono dai processi metabolici dell’organismo e che vengono eliminati con le urine. In queste sostanze sono sempre presenti carbonio e idrogeno, ma anche ossigeno, azoto, zolfo e fosforo. Gli acidi organici, prodotti anche da batteri, lieviti e muffe, sono presenti diffusamente in natura. Glucosio ossidasi - È un enzima che le api aggiungono al nettare per proteggerlo dai batteri che proliferano durante la sua trasformazione in miele. Quando il tasso zuccherino è minore, la glucosio ossidasi forma acido gluconico e piccole quantità di acqua ossigenata (perossido di idrogeno), un “disinfettante” che alla concentrazione in cui viene prodotto ha benefìci terapeutici, senza effetti collaterali negativi. Oltre al perossido di idrogeno (acqua ossigenata), altri fattori contribuiscono all’effetto antimicrobico del miele. Ione calcio - Gli ioni di calcio sono di importanza vitale per i meccanismi fisiologici e biochimici dell'organismo, a livello, in particolare, di ogni singola cellula di molti organi e tessuti. Sono importanti nelle vie di trasduzione dei segnali, come secondo messaggero, nel rilascio di neurotrasmettitori dalle cellule nervose, nella contrazione di tutti i tipi di cellule muscolari, nella fecondazione, nell’attività di molti enzimi, come cofattori, nell’adeguata formazione delle ossa ed in molte altre funzioni vitali.
http://www.mieliditalia.it/mieli-e-prodottidelle-api/miele/81218-il-miele-nella-guarigione-delle-ferite L’acqua ossigenata (H2O2) generata all’interno del miele, ad opera dell’azione dell’enzima glucosio ossidasi prodotto dall’ape, può svolgere un ruolo importante non solo come composto anti-batterico, ma anche e soprattutto nel modulare la riparazione delle ferite, inducendo l’azione positiva che abbiamo osservato.
I nostri esperimenti hanno verificato che l’acqua ossigenata, liberata nello spazio esterno alle cellule, riesce ad attraversare la membrana plasmatica dei cheratinociti, grazie alla presenza di una proteina che funge da trasportatore, ovvero l’acquaporina-3 (AQP-3). Le acquaporine sono una famiglia di proteine scoperte dal biologo statunitense Peter Agre, premiato con il Nobel per la Medicina, che facilitano il flusso molto veloce delle molecole d'acqua all'interno o all'esterno delle cellule. Ma alcune acquaporine possono facilitare anche la diffusione passiva di H2O2 attraverso le membrane biologiche. Una volta nel citoplasma, cioè all’interno delle cellule, l'H2O2 induce l'ingresso di ioni calcio (Ca2+) dallo spazio extracellulare attraverso dei canali specifici, ovvero dei pori che permettono al Ca2+ di passare. Lo ione calcio poi, aumentando la sua presenza nel citoplasma, innesca una serie di risposte cellulari, che portano alle variazioni del comportamento della cellula della pelle e, in ultimo, a facilitare la chiusura delle ferite.
I nostri studi dimostrano così come l'esposizione al miele influisca sulla regolazione dello ione calcio, mediata dalla produzione di H2O2 e dalla regolazione dei canali per il calcio.
Le nostre osservazioni pongono altresì le basi per l'uso scientifico e razionale del miele come agente di riparazione delle ferite, con la comprensione dei meccanismi cellulari e molecolari alla base degli effetti sulle cellule della pelle. Inoltre, le nostre ricerche permettono di aprire un nuovo orizzonte per l'uso del miele come strumento utile nella gestione dei disturbi della pelle attraverso anche la modulazione dell'espressione delle acquaporine.
Letture consigliate
• Martinotti S, Bucekova M, Majtan J, Ranzato E. Honey: an effective regenerative medicine product in wound management. Current Medicinal Chemistry. 2019; 26(27):5230-5240. • Martinotti S, Laforenza U, Patrone M, Moccia F, Ranzato E. Honey-Mediated Wound Healing:
H2O2 Entry through AQP3 Determines Extracellular Ca2+ Influx. Int. J. Mol. Sci. 2019; 20(3),764. • Martinotti S, Ranzato E. Honey, wound repair and regenerative medicine. Journal of Functional Biomaterials. 2018; 9(2),34.