BiancoRosso Maggio 209

Page 1


di Duccio Tripoli

2

[si riparte [sempre alta la testa di gloria [la cronostoria della nostra festa] [i nostri sonetti] [una contrada di artisti a tutto tondo]

[collo lungo e sguardo lontano] [dove e quando?]

[ fantini danno il buon esempio]


3

L’ora legale che cambia per un senese ha una valenza particolare e, se vogliamo, inconsueta rispetto al resto della gente che vive extra moenia. È come una sveglia che ci avverte della fine del letargo e ricorda che di lì a poco si tornerà ad indossare la montura per le vie cittadine, a sentire il rullare dei tamburi e a respirare, pollini permettendo, una rinnovata aria di festa.

Anche in Giraffa fervono i preparativi e, come da tradizione, nulla viene lasciato al caso. Nel rione si ricomincia a sentire i ragazzi stamburare mentre accompagnano gli allenamenti degli alfieri in piazzetta, e gli economi sistemano le ultime cose in vista del Giro. La Contrada si riaccende e si prepara alla stagione calda degli eventi. È come se tutti corressero ad abbellirsi, a sistemare trucco e parrucco e a scegliersi il vestito migliore. A proposito di ciò, oggi vorrei mostrarvi una mappa a dir poco curiosa nella quale mi sono imbattuto girellando nel web e che mi ha fatto ripensare ai vari cambiamenti di abito che, tuttavia, non cambiano la sostanza delle cose. Qui di seguito, potete vedere un’immagine che rappresenta le zone del Continente Africano dove è possibile incontrare delle giraffe (o almeno dove sono più numerose), identiche per sostanza, ma appunto diverse per abito. Nell’immagine sono stati individuati 5 gruppi che, a seconda della zona, presentano un manto diverso: gruppo dell’Africa Occidentale, gruppo Rothschild, gruppo Reticolato, gruppo Masai, gruppo Angolano e gruppo Sud Africano. Secondo voi, la Giraffa del nostro stemma a quale gruppo appartiene? Qual è la maculatura che più vi piace? Proseguendo oltre, ci tengo a sottolineare alcuni cambiamenti che hanno interessato la nostra contrada negli ultimi mesi, primo tra tutti l’insediamento del nuovo Capitano Stefano Casini. Alla redazione di BiancoRosso non rimane che fare a Stefano un grande in bocca al lupo e, senza oltre indugiare, “passare la parola” al Capitano per un saluto a tutto il Popolo della Giraffa. Ai nostri lettori auguro buona lettura.


di Stefano Casini

4

È con piacere e orgoglio, ma anche con il dovuto senso di responsabilità ed emozione, che mi appresto a vivere questo mio primo anno paliesco da capitano della Giraffa. Diversi sono i pensieri e i sentimenti che in questo momento mi giungono alla mente: sentimenti contrastanti e pensieri eterogenei con i quali ripercorro oggi ciò che la contrada ha rappresentato per me e ciò che vorrei, con la stessa intensità, forza ed emozione potesse rappresentare per le generazioni di oggi e del domani. Se penso alla mia storia tra le lastre rimbalzano alla mia mente ricordi tanto semplici quanto topici di una vita vissuta tra questi vicoli e mura: dalle corse in piazzetta con gli amici di una vita, al pallone in San Francesco; dal montare e lo smontare tavoli con i grandi poi diventati vecchi che raccontano fatti di vita culturale della città e della contrada; sino alle gioie incontenibili per i palii vinti, dalle emozioni per il primo ingresso in piazza, sino al cenino con un canto ed un bicchiere di vino per poi arrivare, come in un perenne cerchio della vita, alla sua quadratura, o inesorabile eterna risoluzione, quando un amico contradaiolo ci lascia per passare a vita migliore. Sono rimasto contradaiolo semplice per tanti anni, perché credo che questo sia il ruolo più formativo con cui vivere la contrada, se lo si intende nella sua concezione più alta, che al di là di incarichi formali che un giorno possono esserci, un altro no, ci consente di vivere a pieno lo

spirito contradaiolo ed imparare, dal basso, a vivere, amare, rispettare la contrada al di là e molto prima del Palio in Piazza. Quegli anni sono stati per me formativi e da quegli anni intendo trarre l’insegnamento per intraprendere al meglio il compito, l’onore e l’onere che oggi mi portano a ricoprire un ruolo di rilevo e primo piano, sempre con in mente il bene per la contrada e della contrada. Non è questo il momento nel quale delineare modelli e strategie, né questa è l’occasione per fare proclami o promosse che certamente avranno come unico obiettivo quello di tenere alta, altissima, la testa della nostra amata giraffa in tutte le sedi e in tutte le circostanza, davanti a tutti senesi e non, in un momento in cui da più fronti la nostra festa pare costantemente sotto attacco.


Tuttavia credo sia questa l’occasione in cui più che in altre circostanze mi sia consentito delineare la filosofia con la quale intendo portare avanti questo mio mandato e che può raccogliersi attorno a tre parole fondanti, ciascuna segno di un percorso di cui in questa sede si enucleano le premesse e che tuttavia deve essere ancora scritto nelle sue prerogative finali, con il mio impegno, ma con l’aiuto e il contributo di tutti. Tre parole, tre simboli, un trittico, che sono tali perché esprimono quei concetti che voglio fare miei in ogni momento di questi due prossimi anni: tradizione, impegno e unità. Tradizione è il solco imprescindibile entro il quale ciascuno di noi colloca le proprie azioni e i propri comportamenti e il mio agire oggi per il futuro della contrada guarda inevitabilmente a ciò che è stato il passato glorioso di questa contrada, ai valori che in essa sono stati costruiti, alle persone che per questa hanno gioito e sofferto, lavorato ed esultato perché la giraffa sia oggi la contrada che è agli occhi dei suoi contradaioli, ovvero sia sinonimo di bellezza ed educazione per la città che sono le forme culturali con cui affrontare le sfide del futuro. Quello che voglio esprimere non è semplicemente un sentimento del laudator temporis acti, ma è la convinzione per la quale se Siena vuole avere un posto nel panorama culturale italiano e globale, questo non può prescindere dalla specificità che ci caratterizza e che nell’essere un esempio per le generazioni giovani e giovanissime è quell’elemento in grado di dare a tutti noi identità e specificità. La genuinità delle nostre tradizioni e quella stessa genuinità che dava autenticità alle corse in piazzetta sopra ricordate, è il primo elemento del trittico cui si collega con energia l’idea che la tradizione debba sposarsi con il lavoro e l’impegno. L’impegno è il mio impegno, quello dei miei collaboratori, quello di tutte le persone che avranno voglia di confrontarsi attivamente con questa avventura, quello dei giovani che si vorranno formare da contradaioli e cittadini e quello dei più anzianotti che con i loro consigli e con le loro parole sapranno spronarci verso azioni sempre migliori e efficaci. L’impegno di cui oggi mi faccio latore è un impegno come contradaiolo e come uomo nel solco di quello che è il mio carattere e il mio modo di interpretare la vita e la vita di contrada. In questo senso interpreterò la tradizione apportando quello che sono nel mio essere guida paliesca di contrada senza emulare o guardare a modelli, ma solo promettendo a tutti voi il mia massima dedizione

5

per portare in contrada quelli che sono i risultati che noi tutti auspichiamo e che guardano in primo luogo al palio, ma più in generale alla armonia e alla unità della contrada. È allora l’unità, nella specificità di azione, non può che rappresentare il terzo segno del trittico: mi riferisco ad una unità che si declina in intenti, generazioni, gruppi e lavori. Una unità tra persone, perché è questo che la contrada deve essere, un luogo in cui non ci si sente soli, anzi in cui si trova quel confronto e quel calore che sono importanti nella nostra vita di persone, prima che di contradaioli. Unità tra i diversi gruppi perché credo che la contrada sia come una catena che funziona e svolge il proprio ruolo se tutti gli anelli dal primo all’ultimo, dal più piccolo a quello con il lucchetto funzionano armoniosamente. Unità di intenti e di squadra: non potrei portare avanti questo compito se non con l’aiuto e il supporto dei miei collaboratori, amici prima che mangini, uomini e ragazzi di contrada, prima che tenenti. Ciascuno con il proprio carattere, ciascuno con la propria peculiarità di intendere la contrada e il palio, ciascuno con le proprie emozioni, ma ciascuno pronto a dare il massimo per far vivere alla contrada nuovi e entusiasmanti momenti di gloria (e gloria paliesca). La potenzialità della giraffa è grande, le sfide alle quali dovremo far fronte sono impegnative ed emozionanti allo stesse tempo, e la nostra contrada ha tutte le carte in regola per arrivare prima al bandierino sia in piazza che, metaforicamente, nella vita di tutti i giorni, e questo, al di là di chi guida o chi in un momento contingente è davanti, lo si può fare solo con la cooperazione e l’interazione, in una sola parola con l’unità. E allora unità per la contrada e unità per noi che viviamo in contrada.

Altius caput, Maior gloria: a testa alta


di Bernardo Lombardini

6

Ci siamo avvicinati alla Festa Titolare con molte aspettative, di eventi, di appuntamenti e con una serie di iniziative la cui preparazione nei mesi appena passati ha impegnato giraffini e giraffine di tutte le età. Se da una parte sono proseguite le azioni volte al miglioramento degli spazi della Contrada ed alla manutenzione dei beni mobili ed immobili, dall’altra sono proseguite le normali attività dei Coordinamenti e della Società con un calendario che ha visto e vede un susseguirsi di appuntamenti fino al mese di giugno. Nel corso della Festa Titolare potremo apprezzare non solo il rinnovarsi di tradizioni importanti per la vita di Contrada come il Battesimo ed il Giro ma condividere i frutti dell’impegno del Gruppo Piccoli, del Gruppo Giovani e delle Donne che insieme alla Società, all’Economato ed

a tanti di giraffini hanno lavorato anche per permetterci di trascorrere insieme giornate in armonia e con la giusta atmosfera. Sono questi infatti elementi fondamentali per migliorare la nostra Contrada e far crescere l’entusiasmo e la voglia di collaborare che insieme alla coesione tra le varie funzioni e soprattutto fra le varie generazioni permettono non solo di confrontarsi ed apportare correttivi ma soprattutto di sviluppare progetti condivisi e di rinforzare le motivazioni. E’ con questo spirito, con questa voglia di fare, che potremo affrontare il Giro convinti che la Giraffa deve sempre ben figurare e trasmettere a Stefano ed ai mangini l’emozione di un popolo unito. W la Giraffa


di Massimiliano Senesi

7

Il Mao è il Mao, è quando ci si mette tira fuori delle perle di indicibile curiosità. Un po’ matto come piace a noi, ma preciso come un orologio svizzero nello snocciolare aneddoti e dettagli storici legati al Palio, ha preparato una sorpresa per tutti i lettori di BiancoRosso. Sono lieto, ed anche un po’ emozionato, di presentare a voi tutti la prima parte di “Le Evoluzioni della Festa” secondo Mao. Una raccolta che l’autore stesso definisce incompleta o comunque “aggiustabile”; indi per cui, Giraffini tutti, siete chiamati a fornire eventuali integrazioni a questo splendido Bignami del Palio di Siena. 1482: giugno 11 la più antica testimonianza storica delle Contrade (Chiocciola e Giraffa). 1500: circa, Aquila, Bruco, Oca e Nicchio diventano Nobili.

1600: apposto al palazzo comunale il balcone regio. 1633: primo corsa alla tonda con cavalli (Tartuca). 1641: nascita rivalità Onda – Torre. 1643: inizio alleanza Oca – Onda. 1644: luglio 14, primo Palio registrato in Comune ufficialmente (Oca). 1656: istituzione dei “Signori del Brio” o “della Festa”. 1656: ebbe inizio il Palio dedicato alla Madonna di Provenzano, 2 luglio.

1581 maggio: primo Palio corso con cavalli con le Contrade di cui sia giunta memoria. (Civetta)

1657 luglio: prima volta che una Contrada si reca in Provenzano per il Te Deum di ringraziamento. 1659: 11 agosto primo Palio straordinario.

1582: prima testimonianza delle 17 contrade con stemmi.

1662: 2 luglio primo drappellone recante l’immagine della madonna di Provenzano.

1597: Ultima caccia ai tori delle Contrade.

1650 novembre 3, ultimo Palio con i bufali (tre giorni dopo fu corso il palio alla tonda).

1600: circa, nel Palio delle bufale la pista era percorsa in senso inverso da come si corre oggi (discendevano il Casato e salivano S. Martino) e venivano fatti tre o quattro giri di piazza, la mossa non ebbe mai un punto fisso, ma abbastanza spesso fu data dalla spianata davanti al Vicolo di S. Paolo.

1665: inizio alleanza Bruco - Istrice 1671: inizio rivalità Oca – Torre.


1659: 11 agosto primo Palio straordinario. 1662: 2 luglio primo drappellone recante l’immagine della madonna di Provenzano. 1650 novembre 3, ultimo Palio con i bufali (tre giorni dopo fu corso il palio alla tonda). 1665: inizio alleanza Bruco - Istrice 1671: inizio rivalità Oca – Torre. 1675 luglio: non assegnato perché i giudici non sapevano se assegnarlo a Spadaforte o a Lupa. Più probabilmente non fu disputato onde evitare tumulti per la volontà della Spadaforte di partecipare. Nel settembre di quest’anno le Contrade furono ufficialmente ridotte alle 17 attuali. 1676: da quest’anno, per risolvere i continui litigi, si deliberò che la scelta dei cavalli fosse fatta dalla Biccherna e l’assegnazione dei cavalli avvenisse per sorteggio (valevole anche per l’ordine al canape). Nasce la “Tratta”. 1684: inizio alleanza Nicchio – Onda. 1692 luglio: il primo regolamento del Palio (5 articoli). 1686: inizio rivalità Chiocciola – Tartuca. 1689: inizio alleanza Chiocciola – Torre 1689: inizio alleanza Tartuca - Torre 1699: cavalli sorteggiati a sorte alle contrade prima ogni contrada se lo sceglieva. 1701: alcuni cronisti riportano che da questo Palio fu tolta ai fantini la sferza e adottato il nerbo, altri riportano il 1707 o il 1715. 1702: a seguito della protesta dell’Istrice, che l’anno avanti aveva voluto cambiare il pessimo cavallo che aveva avuto in sorte, fu ribadito il divieto assoluto di operare sostituzioni, pena la squalifica di dieci anni dalle corse. 1700 circa: prima testimonianza di rivalità Chiocciola Tartuca. 1702 luglio: istituiti i giudici d’ arrivo.

8

1707: istituiti orari e criteri per l’effettuazione delle prove (o comprove, come allora si chiamavano). 1707: alcuni cronisti riportano che da questo Palio fu tolta ai fantini la sferza e dato il nerbo di bue, altri riportano il 1701 o il 1715. 1708: viene stabilito che i fantini “abbino nella schiena l’impresa visibile della lor Contrada”. 1714: viene stabilito di escludere dal Palio le Contrade che non “avranno il fantino vestito con la lor propria divisa [...] e con la loro impresa visibile nella schiena” 1715: alcuni cronisti riportano che da questo Palio il “Sovatto” venne sostituito con il nerbo di bue, altri riportano il 1701 o il 1707. 1718: primo Palio in cui partecipa L’Aquila. 1718: Inizio alleanza Aquila – Civetta. 1719: ultimo anno in cui fu consegnato alla comparsa più originale e bella il masgalano. 1721: primo Palio corso con il nuovo Bando che limita a 10 il numero massimo di Contrade partecipanti. 1721: da quest’anno si cominciò l’assegnazione dei cavalli nella mattina del 29 giugno fuori Porta Camollia 1723: ordinanza che se una Contrada non vuole partecipare al Palio non può correrlo per 10 anni. 1729 settembre 13 : bando sui confini (Violante di Baviera). 1730: in quest’anno le Contrade chiedono che venga revocato l’ordine di correre in numero di dieci. Il Granduca respinge la richiesta. 1730: inizio alleanza Aquila- Pantera. 1745: inizia l’usanza di invadere il territorio di altre Contrade.


9

1747: a questo Palio, per quello di agosto, si estraggono a sorte tutte le Contrade (durerà fino al 1805).

1788: inizio alleanza Aquila – Drago.

1761: prima volta che i cavalli vengono assegnati in Piazza del Campo anziché a porta Camollia.

1789: inizio alleanza Drago – Oca.

1763: cessa l’uso, per i Giudici della mossa, di entrare in Piazza a cavallo.

1789: finisce alleanza e inizia rivalità Pantera – Selva.

1767: tratta trasferita in Piazza del Campo.

1798: variazione del bando del 1788 con comunicazione del posto al canape, assegnato per sorteggio, all’ingresso delle Contrade in Piazza.

1749: secondo “regolamento del Palio”. 1770: inizio alleanza Bruco - Lupa 1771 luglio: fu ordinato che i fantini non potessero scendere da cavallo 1771 luglio furono emanate istruzioni riguardanti i colori delle spennacchiere dei cavalli, quelli delle divise dei fantini e della posizione dello stemma sui giubbetti. 1771: inizio alleanza Giraffa – Pantera. 1771: vietato alle carrozze di sostare nella “pianata” . 1772: prima volta che i fantini vanno alla mossa senza essere accompagnati dai barbareschi. 1777: agosto: ordine del Granduca per cui i contadini delle masse non erano più obbligati a portare la terra in Piazza per la festa dell’Assunta. 1777: Inizio alleanza Nicchio – Oca. 1780: inizio alleanza Pantera – Selva. 1781: inizio alleanza Onda – Valdimontone. 1785: inizio alleanza Bruco - Nicchio 1788: Il 6 maggio 1788 viene notificato il “Regolamento per la costruzione dei nuovi palchi”. 1788 agosto: introduzione del sorteggio segreto per il posto alla mossa (8 luglio) a cura del Comune pochi momenti prima che i fantini vadano al canape.

1788: inizio alleanza Selva – Tartuca.

1789: inizio alleanza Drago – Lupa.

1790: inizio alleanza Selva – Torre. 1790: inizio alleanza Selva – Chiocciola. 1792: inizio alleanza Leocorno – Pantera. 1793: inizio alleanza Leocorno – Torre. 1794: inizio alleanza Civetta – Pantera. 1795: Inizio alleanza Giraffa – Istrice. 1795: inizio alleanza Civetta – Leocorno. 1796: primo mossiere della storia. 1800: per le prove si correva con il giubbetto bianco e soltanto il berretto portava i colori della Contrada. 1802: dopo 101 anni dal primo Palio fatto ricorrere ad agosto, il Municipio si accolla le spese del Palio d’agosto e lo rende stabile. 1802: con notificazione del 13 agosto del Magistrato Civico si vieta ai fantini di tenersi o nerbarsi finché non abbiano oltrepassato il palco dei Giudici. 1802: il Comune inizia ad organizzare il Palio. 1804: in quest’anno furono messe in opera le ringhiere delle terrazze come ora si vedono. 1805: agosto da questo Palio, anche in agosto, correranno le 7 Contrade che non hanno corso l’anno precedente e saranno estratte 3 Contrade.


di Franco Semboloni

10

Non proseguiremo a esaminare singolarmente gli altri numerosi sonetti del secolo XIX, quasi tutti editi in occasione della festa titolare e dedicati prevalentemente ai nuovi Protettori, dal maestro dei novizi, dai signori e signore della festa e talvolta anche dal capitano o genericamente dalla contrada, pertanto ci soffermeremo solo su quelli che presentano aspetti significativi. Talvolta il sonetto veniva usato dalle contrade anche in occasione di eventi particolari o in omaggio a personaggi cittadini. A questo proposito merita attenzione il sonetto che “I COMPONENTI LE CONTRADE / NICCHIO GIRAFFA E TARTUCA / ESSENDO ONORATE DELLA PROTEZIONE / DELL’EMINENTISSIMO CARDINALE INCLITO SIGNORE / GIACOMO DE’ CONTI PICCOLOMINI-SALMONESCHI / SENESE / Nella faustissima occasione di visita alla Patria / ALL’IMPAREGGIABILE MERITO DEL MEDESIMO / IN CONTRASSEGNO DI GIOIA E DI SINCERA GRATITUDINE/ QUEST’OMAGGIO TRIBUTAVANO / SIENA 1836 TIP. DELL’ANCORA”. Firmato P.S. [dovrebbe trattarsi di Pietro Setti] Particolare è anche quello offerto dal priore e dai componenti la contrada “NELLA FAUSTISSIMA CIRCOSTANZA CHE IL MOLTO REV.DO SIG. / PIETRO MICHI / CELEBRA IL SECONDO INCRUENTO SACRIFIZIO / NELLA CHIESA DELLA

CONTRADA DELLA GIRAFFA / Il 7 aprile 1851 / TIP. BINDI E CRESTI”. Firmato Un’ E. Evidenziamo anche il sonetto edito “NELLA FAUSTA CIRCOSTANZA / IN CUI / LE DICIASSETTE CONTRADE DELLA CITTÀ DI SIENA / 0FFRONO / ALL’ILLUSTRISSIMO E REVERENDISSIMO MONSIGNORE / FERDINANDO BALDANZI / NUOVO ARCIVESCOVO DELLA CITTÀ PREDETTA / I TRIBUTI D’ESULTANZA / Nel dì 26 Dicembre 1855 / I COMPONENTI LE CONTRADE MEDESIME / DEDICANO A SI DEGNO PRELATO / LA SEGUENTE / CANZONE / SIENA 1855 TIP.DI ANGELO MUCCI”. Firmato Pietro Setti. Di recente è stato rinvenuto sul mercato antiquario un sonetto originale a stampa che recita così: “SOLENNIZZANDOSI L’ANNUA FESTIVITÀ / DELLA VISITAZIONE / DI MARIA VERGINE / NELLA CHIESA DELLA CONTRADA DELLA GIRAFFA / I SIGNORI DELLA FESTA / OFFRONO E DEDICANO / AGL’ILL.MI SIGNORI PROTETTORI / IL SEGUENTE / INNO” / TIP. BINDI E CRESTI.” Firmato L. Leoncini. Purtroppo non riporta la data, ma crediamo di poterlo collocare nell’arco di tempo che va dal 1837 al 1851 in quanto da questa tipografia furono stampati i sonetti del 1837, 1838, 1850, 1851.


Per la festa del 1879 il sonetto fu dedicato all’arcivescovo: “FESTEGGIANDOSI CON DIVOTA POMPA / NELLA CHIESA DELLA CONTRADA DELLA GIRAFFA / l’AUGUSTO MISTERO / DELLA VISITAZIONE DI MARIA SANTISSIMA / IL PRIORE E COMPONENTI LA CONTRADA MEDESIMA / AL MERITO SINGOLARE E DISTINTO / DI SUA ECCELLENZA REVERENDISSIMA / MONSIGNORE GIOVANNI PIERALLINI / ARCIVESCOVO DELLA CITTÀ E DIOCESI DI SIENA / CON LA PIÙ VIVA ESULTANZA/ OO.DD EE. / LA SEGUENTE /ODE / Siena 1879, Tip. Di O. Lunghetti Piazza S. Giovanni 2”. Di particolare interesse è il sonetto edito per la festa titolare del 1915: a seguito dell’entrata in guerra: oltre alla rima vi è riportata anche la copia della delibera con cui fu deciso di limitare la festa alle sole funzioni religiose e di elargire al Comitato cittadino quella somma che sarebbe stata spesa per le onoranze ai protettori. Il componimento poetico risulta un misto di religiosità e spirito patriottico come si evince dalla conclusione: “e a noi pur sarà data gioia intiera / allorquando su Trento e su Trieste / sventolerà l’ITALICA BANDIERA “. Di particolare pregio sono i “sonetti” su seta stampati nell’Ottocento: ne conosciamo quattro di cui riportiamo i titoli, tre conservati nel nostro museo e uno in una collezione privata. 1) “SolenniZzandosi con devota pompa l’annua festività / di / Maria santissima / sotto il titolo della visitazione / dai signori della festa / della contrada della giraffa / sonetto dedicato /ALLA NOBILDONNA la sig. marchesa / vittoria chimi nata malvezzi campeggi / di Bologna / dama di corte di s.a.i. e r. il granduca di toscana / nuova protettrice di detta contrada … / sIena / dalla stamperia all’insegna della lupa / 1827”. Sonetto firmato “DI M. B.” e conservato nel museo.

11

2) “SOLENNIZZANDOSI CON DEVOTA POMPA / l’annua festività / DELLA VISITAZIONE / DI MARIA SANTISSIMA / NELLA CHIESA DELLA CONTRADA DELLA GIRAFFA / i componenti la medesima / offrono al merito singolare / DEGLI ILLUSTRISSIMI NUOVI PROTETTORI / IL SEGUENTE SONETTO … / SIENA NELL’INDICATORE SENESE 1834 / F.TO UN ABATE”. Vi è riprodotta anche la consueta stampa della giraffa portata dal moro. Esemplare di proprietà di un collezionista privato. 3) “dai componenti la contrada della giraffa / celebrandosi con devota pompa / L’annua festività di maria santissima / sotto il titolo della visitazione / AL MERITO DEL REVERENDISSIMO SIGNORE / DOMENICO DANESI / CANONICO DELL’INSIGNE COLLEGIATA DI PROVENZANO / DOTTORE TEOLOGALE E LETTORE DI DOGMATICA / NEL SEMINARIO ARCIVESCOVILE / DI GRATITUDINE IN SEGNO / DELL’ONORE DI AVERLO ascritto FRA I LORO DEGNISSIMI PROTETTORI / O.D.C. / I SEGUENTI / SONETTI … / SIENA 1835 / presso Marco Ferri”. Anche su questo è riprodotta la solita stampa ed è conservato nel museo. 4) “NEL DÌ 20 LUGLIO 1856 / NELLA CHIESA DELLA CONTRADA DELLA GIRAFFA / CELBRANDOSI CON DEVOTA POMPA / L’ANNUA FESTIVITÀ / DELLA VISITAZIONE / DI / MARIA VERGINE / I SIGNORI E SIGNORE DELLA FESTA / OFFRIVANO, DEDICAVANO / AGL’ILLUSTRISSIMI SIGNORI NUOVI PROTETTORI / IL SEGUENTE / INNo … SIENA, TIP. BINDI E CRESTI 1856 “. Firmato L. Bruttini e conservato nel museo.


12

Un discorso a parte meritano i “sonetti” che celebrano la vittoria sul campo della Giraffa le cui caratteristiche sono state ampiamente evidenziate in premessa. Nell’archivio sono conservati a partire dal 1887; non sappiamo se furono editi in occasione delle vittorie avvenute prima di questa data. In considerazione del fatto che tale uso era già consolidato dal secolo precedente, come dimostrato da quelli editi da altre consorelle, riteniamo che furono predisposti, ma non ci sono pervenuti. Come già accennato solo per pochi “sonetti” è possibile conoscere l’autore: spesso non sono firmati, talvolta sono indicate solo le iniziali o uno pseudonimo. Di seguito per quanto possibile tenteremo di individuare chi furono quelli che firmarono le loro opere. Di quelli del 1800, 1805, 1809, 1810 e 1814, come già detto, esistono le minute e gli originali manoscritti dall’ abate Luigi De Angelis. Si tratta di un erudito nato nel 1759 a Città della Pieve che fu guardiano del convento di S. Francesco nel 1798, docente nella cattedra di teologia e dogmatica nell’ateneo senese nel 1803, Preposto della collegiata di Provenzano nel 1825, bibliotecario alla pubblica biblioteca. Si deve molto a lui per la conservazione e la tutela del patrimonio librario e artistico. Nel 1826 acquistò la cappella cadente di S. Francesco all’Alberino, la fece restaurare a sue spese e vi fu sepolto alla morte avvenuta nel 1832. Successivamente fra i poetici scritti tra il 1860 e il 1864 di Pietro Setti, che la sorella Caterina donò alla pubblica biblioteca nel 1881, si trova la canzone dedicata al nuovo arcivescovo e da lui firmata. Sono da attribuire al medesimo quelle firmate “Ab. S.”, “Sac. S”, “P.S.” e altre dello stesso periodo e non firmate. Il sonetto del 15 luglio 1860, che i componenti la sedia dedicano ai priori delle contrade alleate è firmato Corrado Dei, quello dello stesso anno dedicato a i protettori dai componenti la contrada

è firmato G. Lenzi, quello del 1862 con la stessa dedica è firmato P. Catani. Resta difficile conoscere chi fossero detti autori: solo per il primo possiamo ipotizzare che fosse un componente della famiglia alla quale appartenevano diversi protettori dell’epoca. Il sonetto del 21 luglio 1861 dedicato ai protettori dai signori e signore della festa è firmato L. Bruttini come quello in seta del 1856. Dovrebbe trattarsi quasi sicuramente di Luigi Bruttini, che ricoprì la carica di cancelliere dal 1855 al 1861 e di capitano nel 1862. Non siamo riusciti a individuare chi si cela dietro a queste sigle: nel 1863 “una donna” e “B:M”; nel 1876 “C.F.R.”; nel 1878 “Ch. C.P.” e “ I”; nel 1881 “G.P”; nel 1883 ”S.B.S.” e “X.C.”; nel 1884 ”C.S.” e “X.“; nel 1896 “un abate”. Nell’archivio mancano i sonetti dal 1945 al 1968 [nel 1958 fu inviata ai protettori una lettera, nel 1965 l’inno della Giraffa e nel 1986il sonetto non fu stampato in quanto la festa non si effettuò in segno di lutto per la morte del Priore. A partire dal 1969 i sonetti furono predisposti da Tambus e a partire dal 1991 portano la firma di anonimo giraffino, ma sappiamo bene chi è. Fino a qui abbiamo parlato dei sonetti della nostra contrada editi in occasione della Festa titolare e della vittoria del palio, ma la tradizione del sonetto era in uso anche prima dell’introduzione del palio alla tonda. Per la Giraffa ne abbiamo una testimonianza nel sonetto inserito nella raccolta di “Tutte le rime cantate, e rappresentate da le contrade sanesi, avanti a li signori giudici de la nobiliss: AQUILA: Ne l’occasione de la loro onoratissima e celebratissima festa, il dì 15 d’Agosto 1581”. Concludiamo perciò con la trascrizione del più antico sonetto finora conosciuto edito dalla nostra contrada.


ALLI GENEROSI ELETTI FIGLI DELL’AQUILA Voi che da terra, col pensier diviso, volate al ciel, col bel vostro intelletto; e felici fermate il guardo fiso de’ vostri soli, dentro al chiaro aspetto, senza temer, che il lume del bel viso v’abbagli gl’occhi, se ben v’arde il petto; figli all’Aquila cari, non v’aggrevi, ch’altri nelle vostre ali al ciel si levi. Del vostro Gentil core atto sia degno, abbracciar quei che son d’aiuto privi; e col dotto supplir, cortese ingegno, dove scarso soggetto non arrivi:

13

sol vi rammenti, che di Persia il regno, (Roma pur taccia, ne l’honor s’asservi) a gl’ antichi roman gran tempo prima hebbe l’Aquila vostra in somma stima. Che questa s’altra in voi cagion non puote, sol dovria ritrovar gentil favore; vorrete favorir genti remote, che mai non hebbe l’Aquila in honore, e a queste dell’Aquila devote pur qualche segno non mostrar d’amore. Or prendete benigni, a questa vostra GIRAFFA amici, la difesa nostra.


di Duccio TRipoli

14

In una fresca ma soleggiata mattina di Febbraio, la redazione di Biancorosso si è presentata in Via Socino, nelle immediate vicinanze di porta Camollia, per incontrare Andrea Nencini, al secolo “il Pesca”. Abbiamo deciso di fare due chiacchiere con questo pittoresco personaggio Giraffino in occasione dei trent’anni di ininterrotta attività artistica, iniziata lontano da Siena, precisamente ad Amsterdam. Appena giunto in Via Socino, scorgo uno strano figuro vivacemente vestito: “Pierfra, o te che ci fai qui?” “Ma che ne so, m’ha detto il Pesca di passare e so venuto. Se sapevo c’eri anche te, rimanevo a casa”, mi saluta affettuosamente Pierfrancesco Tanganelli. Saliamo e il Pesca è impegnato con un cliente, così ci accoglie Francesca Corsi, altra Giraffina dedita alle arti figurative che, da qualche tempo, è stata accolta in Via Socino. Entriamo e decidiamo di iniziare l’intervista mentre un avventore si trova sotto l’ago del maestro che ci tiene a sottolineare, in concerto col Pierfra, che se fossero stati adolescenti oggi né tatuerebbero né tantomeno si farebbero tatuare. “È una moda e la gente ormai lo fa solo per ornare, abbellire il proprio corpo; ha perso ogni tipo di valore profondo e si scosta molto dalla ribellione e controtendenza

che, un tempo il tatuaggio rappresentava”, inizia il Pesca. Il Pierfra aggiunge che “noi s’era gente strana; la generazione tambus che oggi sarebbe nient’altro che artisti di strada. Anche in una città come Siena, c’era comunque chi guardava oltre e cercava una via al di fuori degli stereotipi. Eravamo punk, mod, metallari; seguivamo le devianze giovanili ma a Siena era difficile e c’erano tanti pregiudizi.” “Forse troppi”, conclude il Pesca. “Senti Andrea (il Pesca n.d.r.), raccontaci come hai deciso di intraprendere questa professione.” “Tutto nacque per caso, come i neri per caso; io invece ero un imbecille per caso. Da ragazzini, dopo l’istituto d’arte, la nostra Mecca era Amsterdam, proprio come tutti i capelloni dell’epoca. Andai ad Amsterdam e lì conobbi il grande Henk Shiffmaker detto Hunky Punky (che è anche il padrone del tattoo museum di Amsterdam, il più grande d’Europa dove c’è anche un quadro del nostro Nencini esposto), noto precursore del tatuaggio moderno, che mi prese sotto la sua ala protettrice. Ad Amsterdam rimasi due anni a fare il garzone di bottega, dopodiché ho iniziato la mia avventura del tatuaggio vera e propria. Fu una botta di fortuna perché mi trovai nel posto giusto al momento giusto ed incontrai la persona giusta. Diciamo che l’ambiente circostante ha molto favorito e stuzzicato la mia vena artistica che, pian piano, andava formandosi e si strutturava.”


“Quindi è da dopo Amsterdam che nacque la tegamata”, lo incalzo io. “Casualmente durante un concerto punk nell’area fiorentina (fine anni 80) incontrai un vecchio amico che aveva fatto un percorso molto simile al mio, con la differenza che la sua Mecca era stata Londra, da un certo Danis Cockell. Onestamente non sapevamo se iniziare o meno, perché il tatuaggio era ancora mal visto e forse troppo underground per l’epoca. Questo mio amico aveva un fondo in Via San Gallo a Firenze e noi ci aprimmo il primo studio ufficiale. Mi ricordo che fu un grande rischio, visto che al tempo c’era solo gentaccia che girava intorno a quelle zone e, all’inizio, fu davvero difficile. Era decisamente un esperimento, ma la cosa gradualmente funzionò e si iniziarono a vedere i primi risultati già dopo qualche anno. Con noi collaborava anche il grande Maurizio Fiorini, detto il fornaio di Santa Croce; probabilmente il primo vero tatuatore italiano e noto personaggio dell’area fiorentina. Era il numero uno e lo ricordo sempre con grande simpatia, visto che purtroppo ci ha lascati qualche anno fa.” “Va bene Firenze, ma a Siena come ci sei ritornato?”, chiedo incuriosito. “Dopo 4-5 anni a Firenze, un giorno tornando a casa mi feci convincere da un mio amico a portare dietro una valigetta tipo convention e iniziai a tatuare, quasi per gioco, nella mia cameretta. Questo perchè il mi babbo viveva al piano di sopra e mia mamma era deceduta.” “E come andavano le cose?” “Tra Siena e Firenze c’era una grande richiesta e si iniziava piano piano a lavorare molto. Io però avevo bisogno di evadere un po’ e, dal 1994 a inizio 1999 sono stato di base a Milano, mentre giravo il mondo tra convention e studi, sempre alla ricerca di qualcosa di più anziché fare le “figurine” come le chiamavo io all’epoca. Alla fine fu proprio la Giraffa a riportarmi a Siena. Nel ‘97 stetti sempre a Siena e, grazie al Cappotto, venni via da Milano definitivamente. Dopo diversi

15

viaggi e avventure, gli anni che passano e le persone che cambiano, io ho sempre Firenze e Siena come punti fissi della mia professione.” “Quali erano, all’epoca, i luoghi del tatuaggio e come secondo te sono cambiate le cose negli ultimi anni?” “In Europa c’erano Londra, Amburgo e Amsterdam; ma la vera capitale era Amburgo dove il primo tatuatore della storia ed ex marinaio delle Indie orientali aprì il suo studio: Herbert Hoffman. Nel porto di Amburgo c’è ancora il primo studio d’Europa, aperto proprio da Mr. Hoffman. Come spesso succede in Italia siamo sempre 20 anni indietro per queste cose, ci affanniamo per stare al passo, ma siamo sempre indietro. Da noi non c’è mai stata la vera cultura del tatuaggio e solo oggi sta perdendo la sua valenza negativa.”


“Quali sono stati i momenti più belli e più difficili dei tuoi inizi?” “Beh chiaramente il tatuaggio era una cosa molto strana, riservata ad una cerchia di persone molto alternativa. All’inizio non c’era la fila alla porta, il tatuaggio non era così diffuso e ci siamo dovuti arrabattare alla meno peggio prima di ingranare per bene. Ma con la passione, la costanza e credendo davvero in una cosa, i risultati alla fine arrivano. Ad Amsterdam mi pareva una cosa talmente strana che non avrei mai pensato di fare davvero questo; ma alla fine le soddisfazioni sono arrivate. Pensate che quando abbiamo aperto il primo studio in Italia, eravamo solamente 50 tatuatori in tutto il paese; ora siamo oltre 50mila.” “Cosa secondo te ha cambiato il modo di vedere al tatuaggio?” “Nel mondo il tatuaggio ha avuto una graduale un’evoluzione, mentre in Italia ha semplicemente avuto un exploit, dettato prettamente dalla moda e dai tempi. Purtroppo è un exploit pessimo e l’Italia, come sempre, mostra le sue debolezze nel mantenersi al passo coi tempi. Certo la cosa si è evoluta e non ti guardano più come il diavolo in terra, ma gran parte di quello che si fa sono troiaini e moda. la vera arte del tatuaggio è un’altra cosa. Manca un’identità vera e propria perché la massa è solo mossa dalla moda, oggigiorno è più un giochino.” “Quanti tatuaggi hai realizzato più o meno durante la tua carriera?” “Ma so una…. Ehm. Come numeri considera che potrei aver tatuato tutta la popolazione della Sardegna. Avrò consumato una betoniera di inchiostro come minimo. Sai, la Giraffa non è una contrada di grandi tatuati, alcuni seguono e i numeri aumentano, ma si rimane sempre a fare cose piccole.”

16


17

Il tatuaggio che ti è rimasto più nel cuore?” “I miei tatuaggi sono tutti collegati a qualcosa e non l’ho mai fatto per estetica. Anzi, alle volte sono anche brutti da vedersi, ma il significato profondo è quello che più importa. Per i tatuaggi fatti non ho niente da sottolineare, tutti sono importanti e hanno tutti lo stesso valore. Non ho mai fatto distinzioni e anche gli attori e cantanti famosi, qui diventavano persone normalissime e venivano trattate come tutte le altre. Questo alla fine ha davvero fatto la differenza. Un tatuaggio che però ricordo con piacere è quello che feci al grande Pandoro (uno stemma della Giraffa - n.d.r.); mi manca molto.” “Senti ma come si sta comportando questa nuova collaboratrice Giraffina che, da qualche tempo, hai accolto nel tuo studio?” “Premetto anzitutto una cosa; Francesca non è qui a fare apprendistato o la segretaria. La seguo e la conosco ormai da molto tempo, ed ho notato già qualche anno fa un buon potenziale (tranquillo Gianfra, garantisco io per il Pesca - n.d.r.). È brava, seria ed è molto precisa e questo per me merita la mia attenzione totale; sono stato io a chiedere a Francesca di affiancarmi, perché è una persona molto affidabile ed adatta a questo lavoro. Lei fa il suo, gli ho solo prestato la situazione, ma senza alcun tipo di interesse economico o percentuale. Lei e libera ed io uguale; è come se la sua stanza fosse sua. Si vede che oltre al bell’aspetto ho intravisto qualcosa di buono. Poi, prima che cadesse tra le grinfie di qualche bandito che c’è in giro, ho preferito che affiancasse un bandito Giraffino! Sono trent’anni che lo faccio, qualcosa sono convinto di poterle passare. È la mia figlia d’arte e spero che continuerà con la passione e la voglia che contraddistingue questo studio. Ai posteri l’ardua sentenza.” “Francesca, visto che ci siamo, fo due domande anche a te: come hai iniziato questo percorso?” “All’inizio sono andata 6 mesi a Milano

e ho fatto una scuola professionale per imparare a tatuare. Purtroppo, non appena sono tornata in Toscana, ho dovuto rifare una scuola e riprendere tutti i vari diplomi, perché quelli di Milano apparentemente non valevano. Poi, mentre facevo studiavo ad Arezzo ho iniziato a fare un tirocinio presso uno studio di Siena, dove poi sono rimasta due anni una volta terminata la scuola. Dopo aver concluso i rapporti con questo studio, ho deciso di affiancare il Pesca in questa splendida professione e devo dire che, giorno dopo giorno, mi diverto sempre di più oltre ad imparare molto.” “Da quanto tempo sei stabilmente in studio col Pesca?” “Saranno un paio di mesi, ma ho iniziato a tatuare 4 anni fa.” “Dove vorresti arrivare con questa professione?” “A voler essere proprio onesti, non saprei proprio. Voglio vivere dignitosamente e trovare la mia tranquillità facendo tatuaggi. Non ambisco a fare i miliardi, non ci penso proprio; ci terrei solo a rimanere umile e fare la cosa che più amo: tatuare.” “Cosa direste a chi non vuole assolutamente saperne di tatuarsi e che vede al tatuaggio come il male assoluto?” “Che ha ragione! Ognuno deve essere libero di scegliere per sé. Uno che non ha tatuaggi non lo giudicherei mai, ma allo stesso modo non dovrebbe esserci giudizio in senso contrario; mai!


18

Ognuno fa con il proprio corpo e deve essere libero di fare ciò che vuole. Oramai ci sono molte cose peggiori rispetto al tatuaggio ed io, per forza di cose, lo vedo e vedrò sempre come un’arte.” “Perché tatuarsi?” “Dipende dai unti di vista: se lo fai come dovrebbe essere, da che mondo è mondo, il tatuaggio è una forma di espressione, un linguaggio, un’identificazione e un segno che ti lega ad un ricordo, a un’emozione. Sono segnali che si danno alla società. Ognuno ha i suoi perché e i suoi taboo, per me chi si rivolge a quest’arte deve però essere consapevole che non è uno scherzo; rimane per sempre. Io sono un semplice esecutore, non uno psicoanalista, ma una volta questi marchi avevano più valore. Ora è come andare a farsi i capelli, e purtroppo a volte perde di valore. Il cambiamento, specialmente nei giovani, c’è stato ed è evidente e molta gente si pentirà di qualche disegnino fattosi quasi per scherzo. Io sono OLD SCHOOL non solo per i disegni e lo stile ma anche per l’approccio e la mentalità. Oh Francesca, vorrà dire da domani ci si vestirà da dottori anche noi con bisturi, mascherine e strullate varie. Sono tutti troppo fighetti secondo me. Guarda lei, è umile e questo è un aspetto di lei che a me piace molto; purtroppo i giovani tatuatori sono tutti presuntuosi; se la tirano molto ma alle spalle hanno zero valori e poca voglia di crescere davvero” “Un tuo sogno nel cassetto?” Io vorrei lasciare tutto in mano a Francesca e andare a godermi la pensione in Tailandia. Passerei le giornate a pescare, senza fare nient’altro. Pierfra, vieni anche te?” “Gnamo! Anche domani”, interviene Bull che si stava per addormentare. “Raccontaci un aneddoto gnamo” “Fo meglio, te ne racconto due: il primo è quando dissi al mi babbo che avrei fatto il tatuatore e che non me ne fregava niente di entrare nelle ferrovie, come invece avrebbe preferito lui essendo un direttore.

Sarei potuto entrare dalla porta principale, ma niente, ero duro come le pine verdi. C’ho messo solo 20 anni per far capire ai miei che non facevo niente di male, anzi, che era un’arte… Il secondo invece riguarda il Cappotto del ’97. Venne Poldino a tatuarsi un cappottino sul petto e io glielo feci senza esitazione. La sera mi chiamò Aldo Mantovani (suo padre – n.d.r.) arrabbiatissimo e mi disse che l’aveva buttato fuori di casa e che, se volevo, potevo prenderlo in casa io perché lui non ce lo avrebbe fatto rientrare. Lo buttò letteralmente fuori di casa per un tatuaggio. Io in casa non ce lo presi, non c’avevo nemmeno posto per tutto quell’omone, ma questo può farci capire quanto effettivamente sia cambiata la mentalità in alcune situazioni.” “Insomma molte cose sono cambiate e molte altre cambieranno nel tempo.” “Devo ammettere che in 30 anni ne ho viste succedere di cose. Ultimamente mi ero un po’ demoralizzato, ma grazie a Francesca ho ripreso entusiasmo e sono tornato a divertirmi moltissimo. Mi sento molto più carico di energia e ho davvero voglia di fare. Il tatuaggio è purtroppo andato in malora, non è più un’arte come era prima, ma ormai è così e dobbiamo anche accettarlo. Sono vecchio e faccio discorsi da vecchio, ma continuo a divertirmi e continuo a portare avanti questo progetto solo come arte. Come quando iniziai, lo faccio quando e se ho voglia. Sono Giraffino e ho sempre portato il Bianco e il Rosso dentro al cuore; è come se in un certo senso la Giraffa avesse fatto questo percorso evolutivo con me. Non mi è mai importato troppo delle grandi pubblicità, ho tatuato chiunque, ma rimango umile e grazie a Francesca e alla famiglia giraffina, questa arte per quanto mi riguarda non morirà mai.”


di Nicoletta Senesi

19

Durante il nostro incarico in Economato è stato necessario operare diversi trasferimenti e traslochi che, sebbene la fatica, hanno permesso di esplorare da vicino la memoria storica della nostra contrada. Come vi potrete immaginare lo spazio non basta mai e, alle volte, esporre tutto ciò che ci sarebbe da mostrare non è possibile; di conseguenza, molta oggettistica, vecchie monture, fino ai finimenti, rimane rinchiusa dentro polverosi scatoloni in attesa di essere collocata nel ben più accogliente museo. Tra gli ultimi ritrovamenti, tre cose ci avevano particolarmente incuriosito: una briglia con un sinistro paraocchi, una spennacchiera in stoffa e due zucchini in ferro. Per una giornata intera, armati di lenti d’ingrandimento e con l’indispensabile aiuto di Lena e Mao (e del suo preziosissimo archivio), abbiamo spulciato i minimi dettagli di foto, libri e filmati, in cerca di un qualche dettaglio che potesse aiutarci a catalogare con esattezza i reperti in questione. Non nego che, una volta giunti alle conclusioni, la scoperta ci ha molto emozionato. Il primo zucchino è indubbiamente il più antico che abbiamo conservato. Fu, infatti, usato nel Palio del Straordinario del 13 Settembre 1910 dal fantino G. di F. Bernini, che montava il cavallo fulmine. Nella foto uno zompo del cavallo all’ottavo posto.

Il secondo zucchino è stato, invece, ricavato da un elmetto tipo Adrian 16, utilizzato dal Regio Esercito nella Grande Guerra. Si nota ancora, sulla superficie esterna, l’intaccatura della cresta che avevano quel preciso tipo di elmetti. La spennacchiera di stoffa è invece quella vittoriosa indossata da Gaudenzia nel 1954. La briglia è quella di Ruello del Palio del 2 Luglio 1936. Tutti e quattro i reperti fanno ora una bella mostra di sé nel nostro Museo e verranno conservati con la cura che gli spetta, nel rispetto del nostro glorioso passato e ad imperitura memoria per le generazioni future.


di Paola Dorsi

20

Una cara amica mi ha detto: voi donne della Giraffa avete il collo lungo, perché avete lo sguardo lontano. E’ vero, e con quello stesso spirito indomito, quel senso di servizio fiero e libero, quella voglia di divertirsi, di condividere, di stare insieme. E’ stato un anno pieno di occasioni in questo senso, con tanti viaggi e spettacoli: Roma, il Casentino, Lubiana, Trieste, fra poco Parigi, la visita alla mostra di Laura Brocchi e a “Durer, Altdorfer e i maestri nordici” presso il Santa Maria della Scala. Con un’importante celebrazione, i 50 anni dalla nascita del Gruppo Donne, che abbiamo ripercorso con il racconto di Annalisa, le foto e i video recuperati da Annina, e la compagnia di Francesco Burroni in una bella cena; e poi la festa della donna, che ha messo insieme grandi e piccine a cantare in una serata meravgliosa. Il valore più grande sono i talenti di tutte giraffine, perché ognuna di noi ha una capacità appassionante da portare in dote alla contrada. Viva la Giraffa, viva le donne!


di Massimiliano Senesi

21

Ancora una volta un po’ di aneddotica per gli appassionati del genere. Questa volta riguarda più da vicino i cavallai tout court, ma un po’ di cultura paliesca non guasta mai a nessuno, come direbbe il Mao. Ed è ancora una volta il Mao che ci delizia con questa perla che riguarda, da molto vicino, il nostro amato territorio. 1945 – VIA DEL GIGLIO ( PALAZZO RICCI CAMPANA,ACCANTO ALLA CHIESA DI SAN PIETRO OVILE, ORA N. CIVICO 18). 1946 – VIA DEI BARONCELLI (ANGOLO VIA DEL GIGLIO,LATO DESTRO SCENDENDO,ORA N. CIVICO 8). 1948 – VIA DEL GIGLIO (DI FACCIA A VIA DELLE VERGINI,ORA N. CIVICO 75).

1950 – VIA BARONCELLI (LO STESSO LOCALE UTILIZZATO NEL 1946). 1956 – VIA DELLE VERGINI ( LOCALE DOVE ATTUALMENTE CI SONO LE CUCINE DELLA SOCIETA’ DELLA GIRAFFA, CON ACCESSO DA VIA DELLE VERGINI N. 18). 1963 – VIA DELLE VERGINI (LATO SINISTRO SCENDENDO, DOPO IL VICOLO DELLA VIOLA,ORA N. CIVICO 17). 1964 – VIA DEL FOSSO (ANGOLO VIA DELLE VERGINI,ORA N. CIVICO 1). 1965 – PIAZZETTA DELLA GIRAFFA (SOTTO LA SCALINATA CHE SALE A PIAZZA PROVENZANO, ORA N. CIVICO 1).


di Fabio Reale

22

Da un’idea di due contradaiole della Civetta, con l’aiuto del Gruppo Donatori di sangue delle Contrade (ed in particolare di Simona Bisogni – Istrice – e Simone Santi -Valdimontone -) il giorno 18 Aprile è stato organizzato al Centro Emotrasfusionale dell’Ospedale un evento per certi versi “storico”.Numerosi fantini del Palio (Giovanni Atzeni, Enrico e Luigi Bruschelli, Giosuè Carboni, Mattia Chiavassa, Andrea Coghe, Alessandro Congiu, Massimo Donatini, Federico Guglielmi, Sebastiano Murtas, Jacopo Pacini, Dino Pes e Giuseppe Zedde) hanno donato il sangue insieme ai contradaioli delle 17 Contrade. Ciò ha dimostrato lo stretto legame tra le varie componenti del Palio. Le Contrade, con Priori, Capitani, Mangini e Barbareschi, ed i fantini, tutti insieme impegnati a promuovere la donazione del sangue: atto di solidarietà tanto semplice quanto indispensabile per molte situazioni mediche. Come è stato detto, una volta tanto sono stati i fantini a dare il sangue invece di togliercelo!! Altro aspetto simpatico è stato che i fantini per donare, come da regola, hanno dovuto fare una previsita: invece che ai cavalli, questa volta è toccata ai fantini!La Giraffa è stata presente ai massimi livelli: hanno donato Il Capitano, il Mangino Guido ed il Vicario Generale.

Le donazioni si sono svolte in un clima di allegria ed amicizia, come si confà ad una situazione del genere, e la mattinata è finita in un pranzo tutti insieme. L’evento, cooordinato dall’ufficio stampa dell’Ospedale, è stato seguito dalle televisioni e dai giornali cittadini che hanno dato risalto a questa bella iniziativa, che pone l’attenzione della città sulla donazione del sangue e sulle necessità di sempre nuovi donatori, soprattutto giovani. E’ da sperare quindi che l’esempio dei fantini, ma soprattutto dei nostri dirigenti, convinca numerosi giovani giraffini a far parte del gruppo donatori di sangue.


23



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.