BiancoRosso Giugno 2020

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di Duccio Tripoli

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Un momento strano, un momento forte. Stiamo vivendo in una situazione surreale, dove l’unica cosa che ci è data fare è navigare a vista, senza potersi preparare più di tanto, ma cercando di ridurre al minimo i tempi decisionali. Non è e non sarà facile. La festa titolare, con il nostro bellissimo rione imbandierato e addobbato a festa (un grazie di cuore al lavoro immenso portato avanti, come ogni anno, dal nostro economato), è passata, lasciandoci ancora un po’ di fame. I Giraffini, che alle emozioni sono bene abituati, si sentiranno la pancia vuota, svuotata da un languorino che non ci ha saziato a sufficienza. Come mangiare in un bel ristorante le cui porzioni non rispecchiano le aspettative e il vino è finito troppo presto. Un soffio effimero, che ci ha fatto sentire nuovamente tutti uniti, partecipi nel non partecipare. E’ stata bellissima la cena organizzata al Cavaliere in Piazza Provenzano dove, sempre rispettando le norme vigenti di distanziamento sociale, a tavoli di due in due, abbiamo cenato, cantato e bevuto tutti insieme. Non era la festa titolare sia chiaro, ma alle volte fa bene anche solo vedersi da lontano e sentirsi, come in un rocchio, incalzati e sostenuti a vicenda. Appoggiamoci l’un l’altro e cerchiamo, dove possibile, di non disabituarci alle emozioni, allo stare insieme e all’abbracciarci; è questione di tempo e la nostra vera natura è quella. Non dimentichiamocelo.


di Bernardo Lombardini

di Duccio Tripoli

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Care Giraffine, Cari Giraffini Il 2020 ci ha riservato una Festa Titolare completamente diversa dalle nostre abitudini e come per altre Consorelle non è stata purtroppo prevista la partecipazione dei contradaioli agli appuntamenti del sabato del mattutino e non è stato effettuato il Giro in città domenica. E’ stato davvero strano vivere una Festa Titolare senza sentire il rullo di un tamburo e vedere sventolare le nostre bandiere che percorrono le vie di una città che interagisce sempre con le sue contrade e che fanno della Festa Titolare l’appuntamento più importante forse anche del Palio stesso. È riconoscendo l’importanza della Festa Titolare che possiamo riscoprire la voglia di ritrovarsi nel nostro territorio, in Provenzano, in Via delle Vergini, in Piazzetta per riscoprire ancora un volta la gioia di stare insieme e sapere che potremo riabbracciarci.

Le Contrade hanno continuato ad essere attive ove possibile fisicamente e sul web hanno continuato a lavorare per portare avanti i propri progetti e poter giungere alla riapertura delle Società, certo con le limitazioni e le attenzioni dovute, ma passo passo e con il rispetto delle mutevoli regole che si susseguono, potremo tornare ad una normalità, forse un po’ diversa da quella a cui eravamo abituati. Qualcosa sarà diverso perché come tutto cambia ma la forza della Contrade, della nostra Giraffa, è sempre stata quella di adattarsi con estrema velocità ai cambiamenti piccoli e grandi che la storia ha imposto. E questo insieme alla voglia di ridere ancora insieme farà si che potremo non solo ritrovarci ma riprendere quelle consuetudini che ci permettono di trasmettere di generazione in generazione i nostri valori e l’amore per i nostri colori. Ancora un ringraziamento a tutti i giraffini che si sono prodigati in questo periodo difficile, e con la certezza di poterci ritrovare presto, un abbraccio e Viva la Giraffa


di Stefano Casini

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Carissime Giraffine, Carissimi Giraffini, stiamo vivendo momenti particolarmente Carissime Giraffine, cari Giraffini, nella vita di ciascuno di noi non è raro imparare a proprie spese che l’immaginazione e la realtà spesso non coincidono, sono in qualche maniera “amici che giocano a nascondino o chiapparello” e questo rappresenta una sorta di verità con cui prima o poi, delicatamente o meno fare i conti. Il momento che stiamo vivendo da cittadini da senesi da Giraffini, è forse l’ultima occasione nella quale lo scarto tra immaginazione e realtà si è fatto più evidente. Siena e le sue contrade vivono di immagini, di proiezioni, identificazioni, segni e attese che si ripropongono a cadenze costanti creando movimenti e riti che danno vita a forme e tradizioni secolari da cui pare difficile separarsi. Nell’immagine della storia che si ripete, interpretata in chiave contemporanea, sta la forza della tradizione senese. Viviamo attualmente un contesto storico nel quale la ripetizione dei momenti, sia quelli più privati e personali, sia quelli più pubblici e istituzionali, è stata sospesa, ed in cui l’immaginazione, anche quella più florida, difficilmente avrebbe potuto descrivere la realtà nella sua reale determinazione. I primi giorni di Giugno sarebbero stati per tradizione i giorni della nostra festa,


i giorni in cui per la prima volta nell’anno, i vicoli del rione si sarebbero riempiti di voci e di suoni, di chiacchiere degli adulti e di corse dei bambini, di aneddoti, di cene e cenini che ci avrebbero portato alla carriera di luglio e poi, repentinamente, a quella di agosto. Non importava sapere se avremmo o non avremmo corso, se avremmo o non avremmo avuto il “bombolone”, con quale fantino avremmo disputato le carriere, perché i ritmi e le cadenze dei nostri giorni ci sarebbero comunque state e avrebbero esse stesse dato senso alla nostra festa. Tutto quello che fino a qualche mese fa sarebbe stato normale oggi si rivela una meta da dover riconquistare e che sono sicuro riconquisteremo con il tempo, la dedizione e l’amore che abbiamo per la città e la nostra contrada. Avrei voluto scrivere di palio, avrei voluto scrivere delle molte iniziative che con i miei collaboratori e lo staff tutto avremmo messo in atto nell’inverno perché la Giraffa potesse ancora un volta essere protagonista indiscussa della Piazza. Lo avrei voluto fortemente, e lo avremmo voluto tutti. Ma oggi il contesto cittadino, e più ampiamente quello nazionale e internazionale, impone

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la necessità di attendere ancora qualche istante, prenderci un ulteriore momento di riflessione perché si possa, con più forza ed entusiasmo, riprendere quelle cadenze costanti e quel ripetersi di eventi che sono la base delle nostre tradizioni e sono la nostra identità. Per Siena e le sue Contrade il 2020 è un anno in cui l’immaginazione non sarebbe arrivata a descrivere la realtà, e se qualcuno anche solo un anno fa avesse prospettato un anno senza palii, senza giro, senza cene e cenini lo avremmo considerato ai limiti della fantasia e dell’irrealtà. La realtà invece è stata diversa dalla immaginazione, ma confido fortemente che per la nostra città e per la Giraffa la realtà del futuro, possa essere migliore, più consapevole e più autentica. Con queste parole che sono un augurio e un auspicio, auguro a voi tutti una serena estate, pronti più che mai a gridare ancora W la giraffa. Un abbraccio Stefano.


di Duccio Bravi

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Quando, dopo la vittoria del 2 luglio 2017, fI giorni passano, le distanze lentamente si accorciano, anche se ancora non è come avremmo sperato. Il 6 giugno alle 17 saremmo stati tutti in piazzetta ad accogliere i nuovi battezzati per poi alle 18 riunirsi nella sala delle vittorie per dare il benvenuto ai tredicenni nel gruppo giovani e per “salutare” i neo diciottenni con un grande in bocca al lupo per la “nuova” vita all’interno della contrada. Tutto questo ci mancherà, ci mancherà il rullo dei tamburi, la cena tutti insieme, il nostro amato palio dei barberi e i canti fino a notte fonda. Sarà sicuramente un anno particolare che di certo nessuno di noi dimenticherà facilmente. Adesso però basta malinconie, torniamo a noi. I nostri ragazzi nonostante tutto sono riusciti a stare insieme, i social e la tecnologia fortunatamente ci sono stati di grande aiuto, il super Quiz si è concluso con una grande affluenza e costanza dei ragazzi che però come in tutte le “gare” ha visto un solo vincitore, anzi, vincitrice, che è Amalia Cambi, con una grandissima rimonta nell’ultima giornata. Il gruppo giovani ha creato un account Instagram nel quale pubblicherà tutti i futuri appuntamenti e attività per i ragazzi, ora per il giro ad esempio verrà pubblicato un video dei ragazzi per far sì che per qualche minuto la distanza si accorci ancora un po’, riportando alla mente tutti i

momenti vissuti insieme nell’ultimo anno. Crediamo che questo periodo di isolamento, forzato ma necessario, abbia avuto anche i suoi lati positivi: abbiamo imparato a capire il valore delle cose che, se prima ritenevamo marginali nella nostra vita, in questa situazione ci sono apparse con la loro reale importanza e basilarità. I nostri ragazzi hanno dovuto interfacciarsi con situazioni completamente nuove per loro, come ad esempio le lezioni online, il non poter uscire di casa, stare lontani dai propri amici e dalla propria contrada. Sono stati mesi difficili, lunghi e con i giorni uno uguale all’altro ma, adesso che si vede uno spiraglio di luce, tutto ci appare più facile e stiamo ricominciando a respirare. Ed è proprio nei momenti più difficili che si vede la grande forza di una contrada: la determinazione nello stare accanto e uniti, nel sentirci vicini e nel rimanere in contatto, nonostante la distanza. Certo, i social aiutano e sono stati fondamentali per continuare a sentirsi uniti,


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e su questo ai nostri ragazzi non dobbiamo assolutamente insegnare nulla. Ma senza la forza di volontà e la capacità di adattarsi che li contraddistingue, tutto ciò sarebbe stato molto più difficile da sopportare ed attraversare. Sarà strano e surreale non ritrovarsi il sabato del mattutino tutti insieme a festeggiare, in attesa del giorno dopo per il giro (curiosamente quest’anno previsto leggermente più tardi del solito: forse un segno premonitore che sarebbe stato un anno “particolare”, per usare un eufemismo?), sarà triste non poter festeggiare durante tutta la settimana della festa titolare, e ci dispiace non poter accogliere propriamente i nuovi ragazzi che entrano nel gruppo giovani e salutare le “vecchie glorie” che entrano a tutti gli effetti in contrada, ma confidiamo che potremo farlo nei prossimi mesi. Nel frattempo chiediamo ai nostri ragazzi, vecchi e nuovi, solamente di continuare ad essere come sono stati sempre: vivi, disponibili e appassionati alla propria contrada. E, dato che sono loro che rappresentano il futuro della Giraffa, non potremmo essere più felici. Viva la Giraffa e viva il Gruppo Giovani Giraffini!


di Massimiliano Senesi

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Anni “70” iniziano ad essere eletti capitani venuti dal popolo e non mecenati. Anni “70” inizia a prendere corpo nelle Contrade la figura del guardiafantino. Anni “70” iniziano a finire i cosiddetti “cavallai” e iniziano i “proprietari di cavalli” più persone (scuderie), fantini, dirigenti, appassionati ecc. Anni “70” fine rivalità Drago – Lupa. 1970 agosto: per prima volta l’incarico di dipingere il Palio viene affidato ad un artista di chiara fama nazionale e internazionale. 1970 agosto: inizio ufficiale delle proteste animaliste contro il Palio. 1970: fondazione Società del Leocorno (Il Cavallino). 1971 agosto: primo drappellone dipinto da un “non senese”. 1972 marzo: viene aggiunta “contradaioli” nell’articolo 101.

la

parola

1972 luglio: viene imposto d’obbligo il soprannome per i fantini da non modificare nel tempo.

1972: viene abrogato il divieto per gli appartenenti alla stessa famiglia di correre contemporaneamente il Palio. Norma in vigore dall’agosto 1907. 1972 luglio: primo Palio non dipinto, ma scolpito. 1972: finisce alleanza Chiocciola – Torre. 1972 settembre: finisce alleanza Lupa – Oca. 1973 luglio: viene meno la regola che proibisce a più fantini parenti tra di loro di partecipare al Palio. 1973 luglio: prima edizione del “Bao bello chef” (Bruco) 1973 ottobre: prima manifestazione giovani alfieri e tamburini, poi interrotta. (org. Torre). 1974 luglio: prima volta del tufo impastato (prof. Pellizzier). 1974 maggio: creato il primo gruppo donatori di sangue. (Valdimontone). 1974 luglio: primo caso di un fantino che può correre sia alle corse regolari che al Palio senza incorrere nella squalifica dell’ UNIRE. (Adolfo Manzi detto Ercolino) 1974 settembre: prime bandiere stampate esposte nel rione (Valdimontone).


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1975: luglio primo pittore straniero a dipingere il Palio.

Contrade che non corrono di diritto vengono salutate dagli squilli delle chiarine.

1975 luglio: prima edizione del “mangia & bevi” (Torre)

1980: primo ricorso al T.A.R. (Oca).

1975 agosto: finisce alleanza Oca – Tartuca. 1975 settembre: per la prima volta il fantino vittorioso non è presente, di proposito, alla cena della vittoria. (Aceto/Chiocciola). Metà anni “70” inizia la consuetudine che alle Contrada vincitrice durante la cena della vittoria le alleate portino un dono. 1976 luglio: prima e unica ricognizione della pista di dirigenti e fantini prima del Palio. 1976 agosto: divisori per i dieci cavalli prescelti per l’assegnazione. 1976 agosto: prima volta che una donna prende parte al Corteo Storico da monturato. 1977 luglio: alla marcia del Palio viene cambiata la tonalità. 1977 ottobre: seconda manifestazione giovani alfieri e tamburini, mai interrotta. (org. Torre). 1978 luglio: inizio ufficiale dell’emittente Canale 3 Toscana “96 ore di Palio.” 1978 agosto: prima volta del tondino tipo ippodromo, prima di entrare alle canape, suggerito dal fantino Michele Bucci detto “Randa”. 1979 agosto: finisce alleanza Drago - Selva Anni 80’: si passa dai tamburi cosiddetti “balilla” (in ottone e acciaio) a quelli con casse e cerchi in legno, i cosiddetti “imperiali”. Anni 80: primi maniscalchi ufficiali di Contrada, fino ad allora uno faceva per tutti. 1980 maggio: viene modificato il regolamento per l’estrazione delle Contrade. Le Contrade squalificate, che non corrono di diritto, ora vengono comunque imbussolate e anche le

1980: L’Istrice diventa Sovrana. 1981 luglio: il Comune attribuisce alla contrada vittoriosa 70 monete d’argento, riproduzioni di antiche monete senesi, equivalenti nel peso a 60 talleri. Analoga restituzione viene fatta in occasione del Palio di agosto. In cambio del piatto il comune da 50 riproduzioni di monete in argento corrispondenti al valore di 40 talleri. 1981: nascita del consorzio tutela del Palio. 1981 luglio: 7° rinnovo dei costumi. 1981: primo Drappellone presentato al pubblico, all’interno della Sala delle Lupe. 1981: vengono istituiti formalmente gli ispettori di pista, venivano nominati già dal 1969. 1981: Introduzione della visita dei cavalli per la tratta e una nuova visita dei cavalli dopo le batterie. 1981: anche per le batterie della tratta si inizia a segnalare l’uscita dei cavalli dall’Entrone e il termine della prova con il mortaretto. 1981 agosto: Ordinanza del Sindaco per escludere dall’accompagnamento del Carroccio i sette soprallassi delle Contrade non partecipanti. 1981: agosto; casse acustiche per l’assegnazione. 1983: luglio: prima volta di un prete Capitano (Selva). 1984 luglio: finisce rivalità Nicchio – Oca 1985 luglio: prima volta che il Drappellone viene presentato nel Cortile del Podestà (doveva avvenire per il Palio di agosto 1984 ma la pioggia lo impedì). 1985: gli ispettori di pista passano da 2 a 3 nomine. 1985 agosto. Interrotti i rapporti tra Giraffa e Tartuca. 1987 febbraio. Normalizzati i rapporti tra Giraffa e Tartuca. 1987: nasce il pensionario per i cavalli del Palio a Radicondoli.


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1987: luglio, furono tolti i palchi di ferro a S. Martino. 1987 agosto: viene informalmente introdotta la previsita. Diverrà obbligatoria nel 1991. 1988: giugno: viene formalizzata la previsita facoltativa con delibera del Consiglio Comunale n. 355 del 29 marzo 1988. 1988 luglio: per la prima volta una donna, (Aurora Cialfi, Pantera-), ricopre il ruolo di Deputato della Festa. 1988 novembre: prima conferenza stampa per annunciare il legame di un fantino con una Contrada (Aceto, Tartuca). 1989 agosto: Primo e unico fantino che viene battezzato in una Contrada (Aceto, Selva). Anni “90”: obbligo del vigile urbano che prende la busta della mossa di tenerla bene in vista. 1991: convenzione tra il Comune e il Ministro dell’Agricoltura che consente il ricovero dei cavalli recuperati in ambiente idoneo in località Palazzo, nei pressi di Radicondoli. 1991 giugno: la previsita, istituita informalmente nel 1987, diviene obbligatoria. 1991 luglio: unico caso di asta del Palio dipinta con il colore del drappellone e non con i tradizionali colori della balzana. 1991 luglio: viene proibito lo svolgimento delle prove di notte che saranno regolamentate l’anno successivo. 1992 agosto: vengono regolamentate le “prove notturne” che precedono la tratta e vengono rinominate “prove di addestramento”. 1993 agosto: per iscrivere i cavalli alla tratta viene richiesto il certificato di origine. 1993: alla commissione veterinaria viene data la possibilità di bocciare i cavalli ritenuti non idonei in occasione delle prove di addestramento. 1994 ottobre: prima rassegna musicale dei cori delle 17 contrade (org. Giraffa). 1995 luglio: finisce alleanza Bruco – Leocorno. 1996 settembre: finisce rivalità Bruco- Giraffa.

1999: “quinto” Regolamento del Palio”. 1999 luglio: materassi protettivi, stile “formula uno” a S. Martino. 1999 luglio: al via il “Protocollo equino”. 2000 settembre: 8° rinnovo dei costumi. 2001 luglio: “mezzosangue”. 2002 agosto: Chiocciola.

ammessi finisce

solo

alleanza

cavalli Bruco

2002 agosto: prima carriera in cui nessun fantino è cascato. 2005 luglio: palco rialzato al casato e camice ai cancellati dal casato alla mossa. 2005 luglio: installato (in modo sperimentale) il monitor di supporto ai giudici della vincita. 2005 luglio: innalzato il parapetto al Casato e create due nuove aree all’interno della conchiglia per il soccorso. 2006 marzo: prima previsita invernale dei cavalli. 2006 luglio: prima donna vice barbaresco (Giraffa). 2006 luglio: primo Sito Internet ufficiale del Comune. 2009 ottobre: per la prima volta la contrada vincitrice effettua la cena della vittoria in Piazza del Campo (Civetta). 2010 agosto: ultima rilevazione ufficiale con il cronometro. 2010 luglio: tolto il monitor di supporto ai giudici della vincita. 2011 agosto: cap obbligatorio per i fantini per le prove di notte, batterie e prove. 2011 agosto: installato il doppio steccato prima e dopo la mossa per motivi di sicurezza. 2011 novembre: creato Comune di Siena.

l’ufficio

Palio

del


11 2013 marzo: ripristinato il capodanno senese con una solenne cerimonia

erano di Contrade non partecipanti alla Carriera.

2014 luglio: installato, in via sperimentale, la foto finish a supporto dei Giudici della Vincita.

2018 agosto: nominati per la prima volta dopo circa 30 anni n. 2 dei 3 Deputati della Festa che non sono stati né Priori né Capitani.

2015 agosto 16: prima manifestazione contro il Palio nel territorio senese, nel quartiere Acquacalda.

2018 agosto: Drappellone non benedetto dall’Arcivescovo perché “non rappresenta la figura mariana tradizionale”.

2016 luglio: prima volta in cui i barbareschi sono presenti alla riunione veterinari e capitani sui risultati delle previsite.

2018 ottobre per la prima volta dal 1849 effettuato Palio straordinario in questo mese (giorno 20).

2016: primo processo ad un fantino (Veleno II) per violenza privata, per la carriera del 02/07/2015.

2018 ottobre: prima volta in cui il corteo storico viene preceduto dalla fanfara dei bersaglieri per ricordare la fine della I Guerra Mondiale.

2016 luglio. Da quest’anno il proprietario del cavallo vincitore riceve un premio di 1.000 euro. 2017: primo correttore straniero (Nicchio). 2017 luglio: prima volta in cui viene limitato il numero degli spettatori che possono assistere al Palio, massimo15.000 presenze. Presenti anche cartelli dentro la conchiglia per favorire il deflusso. 2018 luglio: per motivi di sicurezza le uscite dagli steccati di Piazza vengono portate da 9 a 18. 2017 luglio: Ordinanza che proibisce i cambi di monta per le prove di notte, pena una multa da 500 euro. (Ord. num. 40 del 23 maggio 2017). 2018 luglio: tolti dai vicoli circa 10 posti a sedere per consentire un deflusso migliore dal Campo. 2018 luglio: per motivi di sicurezza presenti dentro la conchiglia della Piazza molti addetti alla sicurezza, riconoscibili dalla pettorina gialla. 2018 luglio: chiuso con largo anticipo rispetto al passato l’ingresso dell’Onda il giorno del Palio. 2018 agosto: nominati Deputati della Festa e Ispettori di Pista di Contrade che corrono, diversamente dagli anni precedenti in cui

2019 luglio: nuovo protocollo equino e ufficializzazione del veterinario di Contrada. 2019 luglio: istallate 5 aperture meccanizzate tra gli steccati 2019 lug. Da questo Palio i capitani possono esprimere parere non vincolante per le iscrizioni dei cavalli alle previsite. 2019 luglio: prima volta che una donna ricopre incarico di Ispettore di Pista. 2020 marzo: causa pandemia covid 19, chiuse tutte le attività delle Contrade, e delle Società. 2020 aprile: causa pandemia covid 19, per la prima volta sospesi i giri annuali, annullate le carriere del 2 luglio e 16 agosto, posticipate al 25 agosto (quello di luglio) e il 24 settembre (per quello di agosto). 2020 maggio: causa pandemia covid 19, annullate anche le carriere posticipate del 25 agosto (quello di luglio) e del 24 settembre (per quello di agosto).


di Alfredo Franchi

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In una lettera scritta alla moglie Emma nel 1918, così Tozzi parlava di sé: “io mi sento un orgoglio ingenuo d’essere un creatore e penso che tra quarant’anni sarò morto. Ma molte delle mie pagine si leggeranno e saranno sempre belle” 1. La sua previsione si è avverata anche se ristretta ad una cerchia selezionata di amatori. In realtà Tozzi non è un autore di facile lettura anche se è riconosciuto dalla critica come scrittore di assoluta grandezza nel panorama culturale del Novecento. Nelle sue opere, a più riprese, si descrivono le vie e le piazze che fanno parte del territorio della nostra contrada. Sarebbe comunque fuorviante leggerle in chiave di affabile resoconto bozzettistico. Tutto quello che egli vede è filtrato da una sensibilità visionaria ed espressionistica in cui si documenta, nel sottofondo, la sua concezione tragica della vita 2. Nella biografia, scritta da Paolo Cesarini, si trovano informazioni importanti che rendono perspicua la personalità dello scrittore nel farsi della sua opera letteraria. Cesarini, per non lasciare niente di inesplorato, introduce anche il tema della passione contradaiola : “Non fosse stato altro che per il giocare bambino nel prato di San Francesco, luogo aperto di convegno a tutti i ragazzi delle contrade vicine, Federigo non poté star fuori dalle contese, vanterie, ripicche, sfide e satire

che lì si sfogavano, né aveva motivo di divertimento più intenso e singolare… entrando in via dei Rossi dall’arco omonimo le case sul lato sinistro sono nel territorio della contrada del Bruco, mentre quelle a destra sono della Civetta; perciò Federigo nato in un appartamento che aveva l’ingresso a sinistra era brucaiolo… l’unica notizia in proposito lo mostra sui diciotto anni…mischiato a parecchie zuffe a carattere contradaiolo e dunque fino ad allora interessato attivamente alle cose del palio…da scrittore mai gli sfuggì una riga sulle contrade, forse temendone la stravaganza che avrebbe potuto trascinarlo nel pittoresco, pericolo da cui si difese con puntiglio e successo totale” 3. In una lettera indirizzata alla futura moglie lo scrittore riporta il giudizio della locandiera che lo ospitava nel periodo in cui lavorava a Pontedera: “scommetto che il signor Tozzi, quantunque a vederlo pare che non debba capir niente, è il più osservatore di tutti” 4. In effetti lo scrittore alternava momenti in cui era trasognato, quasi fuori della realtà, ad altri di intensa presenza emotiva che colpivano i presenti; in ogni caso il suo interesse e la sua attenzione per la vita non si risolvevano mai in una asettica trascrizione come appare da queste parole rivolte alla moglie Emma : “e anche ora che scrivo ho presente quella sensazione


di avidità con che scoprivo le cose. E come esse si manifestassero come cose del mio animo” 5. Tutto quello che vede, sente, ascolta, si trasfigura nella sua scrittura e diviene documento non solo della realtà descritta ma anche della sua condizione interiore 6. Quest’ultima peraltro non facilmente identificabile dal momento che : “quando si crede di descrivere uno stato d’animo, noi siamo piuttosto in sua balìa. Se una sola delle nostre parole riuscisse ad entrare dentro uno dei nostri stati d’animo, la parola vi si annegherebbe per non tornare mai più fuori. Si ha sempre la sensazione di rasentare una specie di caverna immesurabile, dentro la quale è vietato entrare” 7. Tozzi era ben consapevole della natura misteriosa della personalità umana propria ed altrui come appare dalla seguente dichiarazione : “Io son venuto molto da lontano, avvicinandomi a me stesso; ma non toccandomi mai” 8. Del resto le stesse dinamiche del ricordo sfuggono al nostro pieno controllo poiché “anche la nostra memoria è involontaria”

13 9.Alla luce di tali indicazioni si possono meglio comprendere i brani delle sue opere che si riferiscono a strade e piazze della nostra contrada a partire da quello in cui informa della sua presenza in via del Refe Nero in cui stava a retta “in fondo alla scesa” 10. Dalla finestra gli capitava di “ vedere e di osservare le stesse cose e le stesse persone. Il calzolaio, di faccia, che faceva in vano la corte alla padrona: era un ometto piuttosto basso, magro, con i baffetti sottili e gli occhi glauchi: ad ogni momento lavorando, seduto sul suo panchetto, si passava il dorso della mano, quella libera, sopra i baffetti. Un altro vinaio che stava su la porta della sua fiaschetteria a guardare sempre quella della padrona: qualche volta faceva anche pochi passi, nella strada, con le mani incrociate: portava un grembiule con una gran tasca dove teneva i soldi e le chiavi, un berrettino scuro; e aveva i baffi neri, alto e sempre serio, a capo basso. Quando entrava un cliente nella sua bottega, lo lasciava passare innanzi e dava un’occhiata a quella della mia padrona. Sopra la sua insegna c’era una Madonna, ad affresco, scalcinata e stinta: tutti i


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sabati le accendevo il lumino, tirando giù la fune a cui era attaccato: riconoscevo perfino il lieve cigolìo della carrucolina. E poi restavo , dietro i vetri, a guardare quel lumicino che faceva scorgere soltanto le mani e le ginocchia della Madonna. Nella casa di faccia alla mia, un poco di sghembo, perché la via non è dritta, c’era un laboratorio di sarta. Una delle ragazze, saranno state quasi una dozzina, non andava, nell’ore di riposo, a mangiare come facevano le altre, ma socchiudeva la finestra dietro la quale prima aveva mangiato, in piedi, il suo spicchio di pane con il companatico, per fare all’amore con uno studente che aveva la finestra di fianco alla mia. Il sole batteva, tra l’una e le due, proprio su la faccia, ma stava per tutto il tempo quasi immobile: era biondissima, con una carnagione più rossa che rosea. Non sorrideva mai, forse per nascondere di più agli altri il suo motivo di star lì. Sopra a me, abitava la moglie di un pizzicagnolo, e tutti i pomeriggi il vicecurato della nostra parrocchia saliva da lei: ne sparlavano, ma non ci credo. Era pallida e con un collo così gonfio che mi faceva pensare a quello di un’anatra quando ha il gozzo pieno. Qualche sera, io escivo e andavo in piazza di Provenzano: c’era più fresco e vedevo la campagna doventar madreperlacea, dietro le mura della città, tutte rosse e più alte o più basse secondo la forma dei poggi che, di seguito, salgono e poi scendono. In fondo, il monte Amiata che brillava come una seta azzurrognola; mentre gli avvallamenti del terreno, quasi tutto creta, si empivano di un’ombra violacea, e i rialzi s’illuminavano di giallo o di bianco. Poi l’ombra velava ogni cosa, i colori si confondevano e sparivano: e tutta la campagna mi dava un senso di solitudine che mi scoraggiava. Quando m’allontanavo dal murello, su cui m’ero appoggiato con il petto e con i gomiti, i tre lampioni della piazza erano già stati accesi, la facciata della Chiesa era più grigia, la cupola pareva per sparire nel cielo con la sua palla dorata che non luccicava più. Via Lucherini, in salita, era oscurissima: io tornavo a casa toccando


uno per volta i colonnini dalla parte del mio marciapiede. Qualche volta, da un uscetto, che è più alto della strada due scalini, esciva una meretrice che ci stava di casa. Ed io per guardarla, una volta, buttai giù, urtandoci, una gabbia con un merlo; che un ciabattino teneva attaccata ad uno stipite fuor della sua bottega” 11. Nella elaborazione visionaria e fantastica della realtà e del paesaggio Tozzi descrive anche il monte Amiata che, di fatto, non è visibile da piazza Provenzano. Si tratta di una conferma del modo originalissimo di rivisitare nella fantasia quanto era apparso al suo sguardo. Le persone descritte hanno qualcosa di inquietante nella loro fisicità, nell’abbigliamento, nelle movenze che si succedono in maniera imprevedibile sino a farne delle individualità irripetibili in cui s’avverte, per meccanismo proiettivo, i riverberi della personalità angosciata dello scrittore che, da parte sua , riconosce come la sua anima “per aver dovuto vivere a Siena, sarà triste per sempre: piange, pure che abbia dimenticato le piazze dove il sole è peggio dell’acqua dentro un pozzo, e dove ci si tormenta fino alla disperazione” 12. Di grande suggestione è il frammento lirico in cui parla della visita alla Basilica di San Francesco: “Qualche mattina, anzi giorno, sono entrato nella Basilica di san Francesco…I colori delle, vetrate erano lividi, come pezzi di ghiaccio, con i santi e le sante intirizziti, dentro e attraverso. Cercavo di camminare in punta dei piedi per non udire il mio passo, e m’avanzavo fin sotto l’altar maggiore; poi , tanto a destra che a sinistra, andavo da una cappella all’altra, cercando, con superstizione, di fermarmi, dentro ciascuna, più nel mezzo che mi fosse possibile ma senza troppo tempo a mesurare lo spazio con gli occhi, e restandoci finché non avessi contato fino a cinquanta. Dopo ogni cappella la mia esaltazione mistica si faceva sempre più completa, e mi veniva in mente di non escire più dalla Basilica. Tutto il mondo, attorno alle sue alte mura, diveniva sempre più dolce e più religioso. Qualcuno faceva segni di croce che rimandavano indietro

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le folgori e arrestavano il vento. Gli organi cantavano insieme con la mia anima, che fruttificava come un miracolo fatto sopra una vigna…Le campane suonavano, le ore battevano; e tutto era musica. L’azzurro del soffitto di una cappella si moveva e si apriva; gli angioli venivano fuori come se fossero stati sospinti dall’infinito. Gli affreschi del Lorenzetti si animavano: tutto il medio evo era dinanzi a me: io mi sentivo una spada in mano, e dovevo per primo cominciare battaglie che duravano secoli. Io sorridevo guardando il sacrestano che zoppicando portava la scala da un punto all’altro delle antiche pareti” 13. Ancora oggi, al visitatore attento, la basilica di San Francesco comunica nella sua vastità arcana, nel suo immoto silenzio, il senso del mistero e del numinoso. Tozzi vi sperimenta una sorta di iniziazione religiosa nella quale si coglie qualcosa di magico ed inquietante quando, nella esaltazione mistica, la realtà circostante si anima in un ritmo frenetico e convulso al quale si sottrae il sacrestano zoppicante che, in qualche modo, lo richiama alla realtà ponendo fine alla sua esperienza visionaria . Della piazza San Francesco parla in maniera poetica in un successivo frammento di coinvolgente liricità : “La mattinata è fresca come le rose umide; ma tuttavia non riesce a convincermi che io posso odorarla, Tutti quei tetti attraventati addosso alla collina di Ovile si abituano a farsi guardare di quassù, di sbieco, da questo muricciolo così scalcinato che tra mattone e mattone c’entra un dito. Se la primavera ci fosse già, potrei divertirmi a guardare gli alberi fioriti; ma sono venuto troppo presto… Scommetto che quando la primavera ci sarà da vero, io non ci verrò né meno. Ma finalmente capisco perché mi ci prenda questa dolcezza con la quale voglio prepararmi a scrivere alla mia fidanzata. Là, da una parte della piazza, dove la ghiaia è più consumata, c’è la porta del Seminario, verde e sbiadita, con l’architrave di marmo doventato quasi giallo, contenta di essere accanto a San Francesco, quasi sotto il


campanile: Mi pare ancora di entrarci per andare a scuola. Ma c’entra il sole con una lunga striscia che va a ritrovarsi con quella di dentro il chiostro. Ed io resto nella piazza. Giù la Porta Ovile, poi campi di olivi e viti; e, su in alto, la piccola stazione con i vagoni carichi di sacchi e di legname; con una strada per salirci, che gira più di un esse fatto per ridere sopra un muro da un ragazzo. E’ una dolcezza che, se qualche volta appare stanca, tuttavia si sente anche lontano, tra le pieghe verdi dei colli dove non sono stato mai. Il campanile con i grappoli delle campane, che fanno escire per la piazza i rondoni! Ed i tetti hanno la pazienza di stare lì e l’abilità di non lasciarsi andare per riposarsi un poco! Qui, pensando alla fidanzata, ritrovo molta della mia vita: anche quando andavo, d’estate, all’ombra, sotto il muraglione delle Figlie di Maria ad imparare la chitarra; e dove m’ebbi un pugno e riescii a non piangere; e ricordo il cavallo che scappò dalla caserma dei carabinieri” 14. Secondo l’andamento ricorrente nella scrittura di Tozzi le impressioni ed i ricordi si susseguono senza un filo logico e al di fuori di ogni nesso causale. In tale modo di procedere la vita rimane nella sua inesplicabile, misteriosa fascinazione anche nelle ricorrenze quotidiane come il suono delle campane al quale molti, condizionati dall’abitudine, non prestano attenzione al contrario di quanto faceva lo scrittore che, al riguardo, dichiarava : “senza conoscere il suono di tutte le campane una città non si può conoscere bene: non basta avere in mente le sue strade e le sue piazze” 15. Anche ascoltare il silenzio è importante come scaturigine di emozioni che fanno capire l’anima della città e insieme l’amore indelebile per essa : “Qualche volta, in mezzo ad una piazza o ad una via, Siena ha certi lunghi silenzi che fanno mancare il respiro e scoppiare il cuore. Ma …l’amava come un innamorato; per lui non c’erano altre città e altri uomini” 16. NOTE

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1 P.CESARINI, Tutti gli anni di Tozzi, Editori del Grifo Montepulciano 1982, p.218. 2 F.TOZZI, Tre croci, Vallecchi 1961, p.243 : “Siena è come tante strisce dritte di tetti e di facciate, della stessa altezza; che si alzano invece all’improvviso dove le case vengono più fuori, pigliando un poco di poggetto. Ma San Francesco e Provenzano, con spicchi di case in mezzo, da un’altra parte della città, taglierebbero quelle strisce quasi ad angolo retto se in quel punto la pendenza non fosse più ripida. E le mura della città, trattenute dalle loro torrette smozzicate e vuote, lasciano un gran spazio libero; venendo fin giù alla strada; come una corda allentata. Poi, la strada gira troppo sotto la cinta; e Siena non si vede più. Ma dopo un poco ritorna; con le case ammucchiate alla ridossa. E la Torre del Mangia pare che si spenzoli, su alta nel cielo, dalle mura”, ed anche in Cose e persone, Vallecchi 1981, p.394-395 : “Siena una linea retta che si alza dove le case sono di più; mentre Provenzano e San Francesco tagliano quella retta, e le mura scendono giù come una corda che s’allenta”, “San Francesco ha dirimpetto una collina; e nel mezzo s’apre una vallata fino alle colline lontane. Ombre azzurrognole nei campi. Un cipresso da sopra una collina domina tutta quella pianura fatta d’ombre e di grigi bianchi. Sotto San Francesco, e quasi alla sua ombra, le case del Bruco, che si vedono dietro i roghi”. 3 P.CESARINI, op.cit., p.29-30. 4 F.TOZZI, Novale, Vallecchi 1984, p.234. 5 Op.cit., p.200. Ed in Cose e persone, Vallecchi 1981 alla p.167 : “vi sono stati d’animo, che non sono costituiti né da pensieri e né da sogni, ma da cose misteriose, di cui ci giunge soltanto la sensazione indefinibile. Abbiamo in noi un’esistenza fatta di musiche silenziose, che danno alle nostre parole il suono della nostra umanità individuale”. 6 F.TOZZI, Con gli occhi chiusi, Vallecchi 1961, p.30-31 : “Vorrei parlare di questi indefinibili turbamenti del marzo, a cui è unita quasi sempre una sottile voluttà, un desiderio di qualche bellezza. Questi soli ambigui, questi cinguettii ancora nascosti mi e i loro tralci,


sparsi a terra, che saranno portati via per sempre! E questi rami secchi tagliati dai frutti, che esitano ancora a fiorire su le rame nuove!”. 7 F.TOZZI, Cose e persone, op.cit., p.292. 8 Op.cit., p.102. 9 Op.cit., p.261. 10 F.TOZZI, Bestie, Se SRL Milano 1994, p,13. Ed in Novale op.cit., alla p.102 : “ Ho vedute le solite facce di vagabondi e di persone non molto per bene. Credo che per la salute mia (e tua) dovremmo tentare di uscirne per sempre. Che silenzio e che antipatia! Sono in una camera in via del Refe Nero e vi sto bene”. 11 Op.cit., p.14-16. 12 Op.cit., p.46-47. Ed in Novale op.cit., p.108 : “Per le strade che ho fatte non c’è stata quasi una persona che non siasi voltata o che non m’abbia guardato. Con l’ignorante insistenza dei visi senesi”. 13 Op.cit., p.34-35. 14 Op.cit., p.59-60. 15 F. TOZZI, Cose e persone, op.cit., p.202 16 Op.cit., p.207 . Ed alla p.292 : “Quando si crede di descrivere uno stato d’animo, noi siamo piuttosto in sua balia. Se una sola delle nostre parole riuscisse ad entrare dentro uno dei nostri stati d’animo, la parola vi annegherebbe per non tornare mai più fuori. Si ha sempre la sensazione di rasentare una specie di caverna immesurabile, dentro la quale è vietato l’entrare”. Questo il giudizio di M.LUZI sullo scrittore senese : “C’è, su Tozzi, una specie di silenzio programmatico. Per me è un grande scrittore. Non ce ne sono come lui, neanche Svevo, che è molto intellettuale, anche perché proviene da quel crocevia di culture, Tozzi, invece, viene dal fondo della senesità: viene dall’ambiente, dalla realtà, dalla <zolla> senese. Ed è questa, forse, la ragione del limite che la sua risonanza ha avuto. Ma quando uno legge e c’entra dentro se ne innamora. Io l’ho sempre sostenuto anche all’estero…Magari in alcuni scritti può apparire oggettivamente angusto, però dentro i suoi libri c’è tutto. E quando entri dentro viene fuori tutto il senso e, direi, il non senso delle nostre vicende umane, delle nostre passioni. Se si pensa che ha scritto tutto in pochi

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anni, lasciandoci tre o quattro capolavori, c’è da chiedersi chi abbia fatto altrettanto. Nessun altro”., p.79 delle Stagioni di Tozzi, Le Lettere Firenze 2010. F.TOZZI scrisse per “La Vedetta senese”, XVIII, 27-28 aprile 1914, 99, I, un articolo intitolato Per la piazza di S.Francesco di notevole interesse : ecco alcuni dei passi più significativi: “Per salvare la piazza di San Francesco non c’è bisogno d’essere, come si suol dire, antidemocratici: un problema artistico che riguarda Siena deve stare a cuore di tutti; e le case popolari non c’entrano per niente. Noi combattendo contro questa stupefacente camorra antisenese, facciamo due cose: assicuriamo alla piazza di San Francesco la sua quieta bellezza, e costringiamo i costruttori delle case popolari a scegliersi un luogo più comodo, più largo, più igienico e più adatto… San Francesco, per una testardaggine bestiale, dovrebbe divenire un quartiere troppo angusto a somiglianza degli altri quartieri popolari, detti rioni, che appunto avrebbero bisogno d’essere allargati e modificati. Questo si capisce non importa! Purché, per far piacere ai dieci o dodici grugni d’indefinibili persone, una popolazione, certo numerosa, fosse costretta a vivere in casupole mal comode o attaccate l’una contro l’altra, ma sufficienti a guastare una delle piazze fra le più belle di Siena e quindi fra le più belle d’Italia Non lo sapete che San Francesco è una delle più belle piazze d’Italia? Ve lo insegniamo noi , allora… Io vedo Siena così lontana dal tempo attuale e dagli uomini che la vorrebbero imbastardire, che ben m’è lecito sentirmi tra i suoi figli più affettuosi specialmente quando mi presto a mettermi a tu per tu con certa gente”.


di Alessandro Ierardi

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Finalmente! Siamo riusciti a passare questo periodo di restrizioni alla nostra libertà personale che ci hanno imposto “dall’alto” e che hanno limitato molto se non azzerato del tutto – le relazioni e dinamiche sociali tra noi e i nostri cari, anche in Contrada. Per noi del gruppo piccoli giraffini - lo abbiamo sempre detto - la distanza “fisica” non potrà mai essere una distanza sociale, come viene chiamata, e quindi mai un ostacolo alle relazioni che rappresentano la linfa vitale del nostro essere contradaioli, soprattutto in questa fascia d’età dove la spensieratezza è alla base di tutti i momenti delle nostre giornate e che quindi deve esser tutelata da tutti. In questi ultimi tre mesi di vero e proprio pandemonio siamo stati sempre rimasti attaccati ai nostri amici giraffini anche grazie agli strumenti virtuali che i nostri

genitori ci hanno lasciato utilizzare. Ogni settimana ci siamo dedicati infatti un’ora o più di svago con delle storie che ci hanno accompagnato fino alla nostra Festa Titolare, a cui purtroppo non abbiamo potuto partecipare nei consueti modi a cui siamo sempre stati abituati e che ci rendono felici. Basti pensare che noi siamo entrati ufficialmente a far parte della nostra Contrada e a far parte del suo popolo, proprio durante i giorni della Festa Titolare. Prima del Mattutino, il battesimo contradaiolo è infatti per noi un evento che riviviamo sempre con grande partecipazione ancora oggi. Ed è per questo motivo che il primo appuntamento che abbiamo avuto durante le nostre dirette è stato interamente dedicato alla storia della nostra Contrada. Ci siamo soffermati sul significato della nostra Festa Titolare. E per comprendere


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il motivo originario che ci muove a partecipare sempre con tanto entusiasmo siamo partiti proprio dalla Visitazione della Beata Vergine Maria festa liturgica della Chiesa cattolica che si celebra appunto il 31 maggio e che ricorda la visita che Maria Vergine fece alla sua parente Elisabetta dopo avere ricevuto l’annuncio che sarebbe diventata madre di Gesù per opera dello Spirito Santo. Lo scopo della visita di Maria alla sua cugina sarebbe stato quello di aiutare Elisabetta negli ultimi mesi della sua gravidanza in tarda età, e, allo stesso tempo, di ricevere consigli. Durante il racconto di questa storia ci siamo immaginati quanto importante sia per noi di ricevere aiuto o consigli da persone a noi vicine, sia nei momenti brutti sia in quelli belli della nostra vita. Molti sono stati gli esempi su cui ci siamo confrontati e che ci siamo scambiati e a cui non vogliamo mai rinunciare. Ci siamo anche soffermati sulle prime notizie e citazioni che si sono avute nella storia della Giraffa: si parte da una lettera che il cancelliere di Francesco Sforza, duca di Milano, scrisse ai Governatori di Siena il 20 agosto 1458 per rammentare la presenza della Giraffa, fino a notizie successive1482 quando la Giraffa - si ricorda nel 1482- uscì per le vie della città in segno di gioia per il ritorno dei Riformatori al Governo e come segno di riconoscenza la Balia inviò agli abitanti di San Pietro a Ovile di Sopra una vitella delle ceste di pane e una botte di vino. Siamo passati poi alle storie che vedono le partecipazioni della Giraffa alle bufalate (quelle del 1599, del 1612 e del 1629 in cui risultò addirittura vincitrice!). Poi, per non annoiarci con date e momenti storici complicati – tanto a noi non interessa essere troppo precisi e rigoroso - siamo passati a ripercorrere la nostra araldica, sia per quanto riguarda il nome, con mille ipotesi più o meno attendibili…, con riferimento al territorio e ai nobili che vi risiedevano, per arrivare alla conoscenza diffusa già nel 1400 degli animali esotici, tra cui era sempre presente anche la Giraffa Questo fatto ci ha accompagnato anche nelle letture del libro che avevamo iniziato a leggere nelle puntate precedenti della


nostra rubrica. L’idea era infatti quella di fare un giro virtuale tra le contrade della nostra città, identico a quello che finora avevamo vissuto in diretta, a piedi dietro la nostra comparsa, che facciamo durante il Giro della nostra Festa Titolare. Ogni serata è stata infatti dedicata ad una contrada diversa, sia con il racconto di una storia fantastica sia con la scoperta di qualche pezzo di storia o aneddoto particolare. Abbiamo inoltre deciso di tuffarci dentro a qualche passaggio relativo ai colori della nostra insegna (“bigia e bianca” era la casacca che la Giraffa indossava durante la caccia ai tori del 1506, “rossa e azzurra” invece quella della caccia del 1546, fino ad arrivare alla festa dell’Assunta del 1581 quando la Giraffa sfilò con figuranti vestiti da turchi “ d’ermisin bianco e rosso”) e agli altri elementi delle sue componenti presenti nel tempo: il rosso e bianco in croce fiammeggiante, il moro, la corona a cinque punte, il cartiglio azzurro con la dicitura “ UMBERTUS I DEDIT“). Insomma tutti aspetti molto interessanti da conoscere sulla nostra Contrada, non tanto per essere precisi come uno studioso, ma per stuzzicare la nostra fantasia e farci comprendere che le contrade, compresa la nostra, non sono nate con il caso e arrivate al tempo nostro con una magia, ma sono il risultato concreto di un’evoluzione che ha richiesto l’impegno e la volontà continua di uomini e donne di buona volontà e perseveranza Negli incontri successivi, abbiamo voluto aprire una finestra anche sulla Santa di Siena, patrona d’Italia e d’Europa, Santa Caterina. Del resto, a fine maggio, questa era la prima ricorrenza importante per noi senesi a cui non potevamo però quest’anno partecipare direttamente. Oltre a una bella carrellata sulla vita di Caterina, dedicata ai “piccoli” e agli “ultimi”, ci siamo dedicati a comprendere come Lei, pur partendo da una condizione di analfabeta, era riuscita a “fare da faro ai sovrani europei” ma soprattutto al Papa e ai cristiani del tempo, a cui, con schiettezza tutta senese, rimproverava le incoerenze e le mancanze, ricordandoci come Dio si rivela ai semplici e agli umili, e non ai superbi o ai ricchi.

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Ci siamo anche soffermati su una delle sue frasi celebri dedicata a una riflessione sul tempo: “non aspettate ‘l tempo, perocché ‘l tempo non aspetta voi”. Proprio perché a noi, in questo periodo di chiusura forzata, il tempo sembra non mancare affatto e nonostante questo ci sentiamo spesso come bloccati, sospesi nel tempo stesso, senza capire come procedere oltre. Cose da far girare proprio la testa! Per fortuna ci siamo poi ricordati del suo invito a non disperare e a non lasciarci far cadere le braccia proprio nei momenti e tempi più bui (“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”) quando lo Spirito Santo da Lei invocato non abbandonava nessuno. L’invito era anzi quello di rimboccarci le maniche mirando a un obiettivo da perseguire con tenacia tutti i giorni!! Quanta attualità in questo suo messaggio. Proprio una boccata d’ossigeno…in queste giornate lunghe e spesso anche pensierose se non addirittura tristi! Dopo questa interessante carrellata “mistica”, ci siamo nuovamente abbandonati ai racconti sulla storia del Palio di Siena e sulle sue origini (il Gioco dell’Elmora a cui partecipavano le compagnie militari e non le contrade - fino alla fine del 1200; il Gioco delle pugna intorno al 1400 come una competizione ludico-militare meno violenta del precedente gioco e che come battaglia prevedeva comunque uno scontro fisico dei giovani appartenenti ai tre Terzi di Siena; “le cacce di tori” che terminarono

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alla fine del 1500, poi le “bufalate” a cui le contrade partecipavano con i propri carri simbolici e con proprie comparse che si disputavano addirittura in senso opposto a quello del Palio come lo conosciamo noi oggi). In questa occasione abbiamo compreso in cosa consisteva il gioco della pugna, tema presente con grande impeto nel nostro inno, a cui partecipava il popolo senese in origine escluso da corse e tornei. A queste battaglie o giochi erano infatti le persone del popolo che, riuniti sotto un’insegna o contrada, vi partecipavano (Ovile di Sopra, Ovile di Sotto, Spadaforte, Monistero, Porta Salaia, San Cristoforo) oltre ad essere identificati principalmente con nomi di animali, a parte la Selva (anche “Selv’alta”), la Querce (Contrada di Monistero), la Spadaforte, l’Onda (anche “Delfino”) e la Torre (“Lionfante”). Inoltre, abbiamo saputo dell’origine spagnola della parola “masgalano” (il “mas” - più - “galante”), premio assegnato appunto alla “comparsa” più bella. Abbiamo poi scoperto come siamo passati dal Palio alla lunga (che si correva il 15 agosto) al Palio alla tonda corso dal Convento del Santuccio, poco dentro Porta Romana, al Duomo e come il Palio nel tempo sia stato corso anche fuori dalle mura (all’interno della Fortezza di Santa Barbara) e addirittura fuori dalla città di Siena (nel parco della Villa di Cetinale a Sovicille, a Lucca, nonché a Firenze in Piazza di Indipendenza, detta allora


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di Barbano). Per noi notizie incredibili e inimmaginabili. Quante cose da sapere… per comprendere le nostre preziose origini. Per non farci mancare niente, potevamo di volta in volta addirittura scegliere il tema da affrontare insieme durante la rubrica successiva. Quindi, come vi potete immaginare, la curiosità aumentava tutte le volte e la scelta di noi “piccoli” non è ricaduta mai su cose semplici e banali. E siccome a noi cittini le storie fanno impazzire, soprattutto quelle fantastiche, ci siamo offerti una serata intera dedicata ai misteri del Duomo di Siena offerto all’Assunta, Signora omaggiata dalla nostra città che si è sempre data totalmente come voto alla Vergine. Durante questo giro nel Duomo ci siamo immersi nel famoso enigma del ‘Sator’, noto anche come ‘quadrato magico’, una iscrizione in lingua latina, composta dalle parole di cinque lettere (SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS) che riconducono a una frase identica sia leggendola da sinistra verso destra che da destra verso sinistra. A dirla tutta, abbiamo provato anche ad addentrarci nel mistero per comprenderlo, ma la faccenda si andava complicando sempre più tanto che ci siamo poi abbandonati e ci siamo fidati di quello che gli storici raccontano pensando, anche loro, di aver compreso la verità vera. A quel punto, per distrarci, ci siamo presi un po’ di tempo per visionare le ricchezze immense contenute nel Duomo (da quelle realizzate e create dai più grandi scultori di ogni epoca: Nicola Pisano, Donatello Michelangelo, Gian Lorenzo Bernini solo per ricordarne alcuni, alla famosa vetrata di Duccio di Boninsegna). Ci siamo poi

ricordati di quanta magnificenza avrebbe avuto il Duomo se avesse visto il compimento del suo disegno originario e che come la peste nera del 1348 avesse interrotto il raggiungimento dell’obiettivo finale. È vero che l’opera sarebbe stata davvero imponente se terminata come doveva. Ma a noi cittini la nostra Cattedrale garba proprio così, soprattutto perché quando vinciamo d’Agosto si riempie tutta di bianco e rosso e ci fa gioire come matti!! E poi non potevano mancare le bellezze del pavimento del Duomo realizzato da importanti pittori e scultori, tutti senesi, tranne uno, il Pinturicchio. In questo giro “a piedi” sopra al pavimento…, ci siamo soffermati sulla tarsia di Ermete Trismegisto padre di tutta la Conoscenza umana (personaggio grandioso, appunto “tre volte grande”; pensate, era contemporaneo di Mosè), autore della Tavola Smeraldina che racchiude i ‘segreti’ della Natura. Abbiamo scoperto che nel pavimento è presente anche la Ruota della Fortuna, dove è rappresentato un re in trono, con una sfera nella mano sinistra a simboleggiare il potere sul mondo e lo scettro nella destra come segno di regalità e che presiede allo scorrere del tempo in eterno, oltre a quattro filosofi antichi che tengono in mano dei cartigli che alludono appunto alla fortuna. Queste parti del pavimento ci hanno fatto comprendere come in questo luogo sacro sono presenti simboli e personaggi differenti tra di loro e che ci ricordano l’importanza di mantenere sempre in equilibrio aspetti che solo apparentemente possono sembrare lontani tra di loro, un po’ come nella nostra vita sociale e in quella contradaiola, un mix appunto tra


“sacro” e “profano”. Infine, ci siamo soffermati sulla Lupa senese che allatta i gemelli Seno e Aschio come simbolo dell’eredità di Roma raccolta da Siena che ne acquisisce anche lo stemma. Su questo punto le domande non si fermavano più, tanta era la voglia di conoscere le nostre origini! Abbiamo visto che la Lupa era circondata dai simboli delle città alleate di Siena ciascuna rappresentata da un animale, tutti elementi che ritroviamo anche in altri monumenti della città: Arezzo (con il cavallo); Firenze (con il leone); Lucca (la pantera); Orvieto (l’oca); Perugia (la cicogna); Pisa (la lepre); Roma (l’elefante); Viterbo(l’unicorno), Grosseto (il grifone); Volterra (l’aquila); Pistoia (il drago); Massa Marittima (il leone con i gigli). Per i più piccini, per fortuna, la seconda parte della serata prevedeva sempre anche la lettura dei singoli capitoli del libro che avevamo scelto (“17 storie per 17 Contrade” realizzato dai detenuti del carcere di Santo Spirito che ci era stato donato a inizio 2020 dal Magistrato delle Contrade), con ogni sera la storia di una contrada diversa. Ovviamente, la storia della nostra Giraffa veniva sempre richiesta più e più volte come si faceva un tempo nei juke box per le canzoni dei cantanti famosi che facevano innamorare… Purtroppo, queste serate speciali e tutte per solo noi sono adesso terminate. Abbiamo infatti deciso che era arrivata l’ora di non accontentarci più delle nostre mura di casa (che sicuramente ci proteggono ma che ci rimbambiscono anche un po’ se non dosiamo bene gli ingredienti a disposizione) e degli strumenti virtuali ma

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che dovevamo riprenderci la nostra libertà all’esterno e a contatto con i nostri cari amici giraffini. Insomma, tra una lettura fantastica e un’altra, ci siamo voluti immergere anche nella storia di Siena, la nostra città che vogliamo adesso però ripartire a riscoprire fisicamente e all’aria aperta per ossigenare i nostri polmoni e la nostra mente, ancora più curiosi di prima e soprattutto consapevoli che non ci dobbiamo fermare alle apparenze ma che dobbiamo cogliere sempre meglio gli aspetti più nascosti delle cose, che sono poi quelli più succulenti, che ci lasciano a bocca aperta e che ci stimolano continuamente. Oltre a darci appuntamento in piazzetta e poi in vigna, ci siamo comunque promessi che passata l’estate avremmo ripreso gli incontri di questa particolare rubrica, per mantenere vivo questo momento tutto nostro a cui hanno potuto partecipare anche i piccoli giraffini extra moenia non residenti a Siena (oltre ai collegamenti dall’Italia avevamo addirittura anche un collegamento internazionale dal Canada con la piccola Sveva!!). Grazie a tutti per questa bellissima e particolare esperienza vissuta insieme.* *(solamente per ricordare alcuni tra gli spettatori più assidui: la piccola Eleonora, Giuliana, Benedetta, Michele, Ettore, Sveva, Jacopo, Elena, Pietro, Andrea, Giovanni, Luigi, Elisa, Tessa, Sara, Giorgio, Michele, il piccolo Filippo, Stella, Elisa, Verdiana, Tea, Flavio e il piccolo Giulio, Matteo, Carlo e Giuseppe, Francesco, Giulia e Sofia).



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