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SARAH MLYNOWSKI HOT PARTY

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Fishbowl Worldwide Library / Red Dress Ink © 2002 Sarah Mlynowski Traduzione di Amedeo Romeo Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano eBook ISBN 978-88-5892-763-2

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Prologo

Per capirci un po' qualcosa Allison, Jodine ed Emma stanno per dar fuoco al loro appartamento. No, non lo faranno apposta. Che razza di sballate pensate che siano? Ora, non cominciate a preoccuparvi. Non ci saranno feriti. Non ci sarà la sigletta angosciante di ER in sottofondo, nessuno griderà Libera!, George Clooney non farà un massaggio a cuore aperto a una di loro per riportarla in vita, e potete escludere perfino la respirazione artificiale, compresa la versione bocca a bocca. Siamo tutti contenti che non ci saranno feriti, anche se Janet, l'insegnante precaria che vive nell'appartamento al piano di sopra, avrebbe preferito poter raccontare qualcosa di più drammatico. Un esempio: le ragazze sono intrappolate in bagno con le fiamme che lambiscono la porta chiusa, tremano e sudano sotto l'acqua della doccia, guardano il fumo che si insinua nella stanza, e proprio quando stanno per svenire... No, aspettate! Forse soltanto una di loro perderà i sensi quando quel pompiere così carino spa9


lancherà la porta e si butterà tutte e tre le ragazze sulle spalle muscolose. Sembrerà appena uscito dal calendario di una rivista per sole donne, e le porterà in salvo nell'aria fresca della mezzanotte. E allora risveglierà la ragazza svenuta (sì, sì, con la respirazione bocca a bocca). La ragazza ce la farà! Non è meraviglioso essere vive? Ma tutto ciò non accadrà, è solo una fantasia di Janet, e Janet non è una delle protagoniste di questa storia. Scusa, Janet, niente di personale. Le ragazze dovranno andare al pronto soccorso, ma per una semplice visita di controllo. Respireranno troppo monossido di carbonio e gli ci vorrà un po' di ossigeno. E una bella doccia. Al momento sono impresentabili. Meno male che non ci sono fotografi in giro. Ma più ancora dell'ossigeno e della doccia, avrebbero bisogno di un'assicurazione. Lo so che in teoria acqua e ossigeno sono più importanti delle polizze assicurative, ma in caso di incendio, se non avete un'adeguata copertura, le cose si complicano parecchio. Per adesso non dovete preoccuparvi di tutta questa storia dell'incendio, le ragazze non si sono ancora nemmeno conosciute. Rilassatevi... Bevete una tazza di caffè... No, niente caffè, ci mancherebbe che per colpa mia vi venisse un attacco cardiaco e partisse la sigletta di ER. Preparate una tisana alle erbe, invece. E fate attenzione al nome proprio all'inizio di ogni capitolo, o non avrete nessun altro indizio su chi sta parlando. Oh, e dimenticatevi di aver sentito parlare di un incendio, e di un appartamento. 10


Allora, avete sentito di quell'incendio al numero 56 B della Blake? ÂŤIncendio? Quale incendio?Âť Il lettore guarda il libro senza capire. Bravi!

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L'errore di Allie Allie Biiiiiiiiiiiiiiiiiip! Zitto! Biiiiiiiiiiiiiiiiiip! Zitto! Biiiiiiiiiiiiiiiiiip! Zitto! Sto cercando di farmi gli affari miei mentre sorseggio una tazza di caffè solubile (la caffettiera è tornata nella piovosa Vancouver con la sua proprietaria, una delle mie ex coinquiline, insieme a quasi tutti i mobili, le posate e il televisore del salotto). Ma questo terribile biiiiiiiiiiiiip non vuole saperne di smetterla. Biiiiiiiiiiiiiiiiiip! Ti prego, ti prego, basta. Tre minuti e dieci secondi più tardi: Biiiiiiiiiiiiiiiip! È ora di far saltare in aria il rilevatore di fumo. Vivo in questo appartamento da più di due anni, e da allora le batterie non si sono mai scaricate: dovevano proprio aspettare che Rebecca e Melissa se ne andassero per tirare le cuoia? Le mie ex coinquiline sono 12


entrambe almeno una quindicina di centimetri più alte di me (io sono un metro e cinquanta, e preferisco essere chiamata piccolina, piuttosto che bassetta) e avrebbero potuto cambiare le pile salendo su uno sgabello, senza bisogno di aggiungere la guida del telefono. Biiiiiiiiiiiiiiiiiiip! Non lo sopporto! Mi scruto il pollice destro alla ricerca di un residuo di unghia da mangiucchiare. È maleducazione? Lo so, ma è una cattiva abitudine che ho ereditato da mia madre. Questo fischio probabilmente è un segno del destino. Il rilevatore di fumo vuole che mi vesta e vada al bar a bere un cappuccino prima di andare a lavorare. Il fato mi farà incontrare qualcuno che si offrirà di venire a fermare quel maledetto bip. Forse mi farò dei nuovi amici. Ho bisogno di nuovi amici. Ora che le mie coinquiline hanno lasciato la città, mi resta solo Clint a Toronto, però sono segretamente innamorata di lui, così penso che come amico non valga. Ci ho provato a non essere innamorata di lui, visto che Clint non lo è di me, ma non ci sono riuscita. Ho inquadrato la situazione l'anno scorso (cioè che io sono innamorata di lui e lui non lo è di me). Avevo bevuto un po' troppa birra, e gli ho detto Ti amo, Clint. Lui è sbiancato e mi ha risposto Grazie. Grazie? Cosa vuol dire grazie? Grazie per il panino al prosciutto, Allie. Grazie per aver registrato tutte le puntate di La settimana del baseball per me e i miei amici non innamorati ma ossessionati dal baseball, mentre io me la spassavo e mi portavo a letto le mie compagne di college. Scenario sgradevole, certo, però accettabile. Ma grazie per avermi detto Ti amo? Cosa significa? Ha cominciato a balbettare delle scuse, co13


me sanno fare così bene i ragazzi; ha detto che doveva andare, che aveva una lezione presto la mattina dopo (come se andasse mai a lezione), e io mi sono resa conto di che errore, che enorme errore avevo commesso. Ho cercato di rimediare, gli ho detto: Come amico, intendo, ti amo come amico. Sei il mio migliore amico. Non posso dire con assoluta certezza che Clint non mi ami. È di sicuro possibile che mi abbia creduto e che non pensi che io lo ami in quel modo. E se pensa che io non sia innamorata di lui, probabilmente non osa dirmi che mi ama per non sentirsi in imbarazzo. Forse ha paura di fare la prima mossa perché teme di essere respinto. Non che abbia mai avuto paura di essere respinto da nessuna ragazza. Ma io sono diversa dalle altre. Clint dice che solo io riesco a capirlo veramente. Perciò, lo vedete anche voi, al momento sono un po' a corto di amici che vivono a Toronto. Avrò due amiche belle e pronte quando arriveranno le nuove coinquiline, ma nel frattempo con chi parlo? Vorrei avere un cane. Ho sempre desiderato avere un cane. Un cane da portare a spasso, a cui dare da mangiare, a cui insegnare a rotolarsi sulla schiena, a camminare su due zampe e altre cose divertenti, e magari un giorno potrei presentarlo nel programma sugli animali domestici di David Letterman. Ma per prendere un cane dovrei chiedere il permesso alle nuove coinquiline. E se fossero allergiche? Sarebbe eticamente corretto non chiamarle per avvertirle? Potrei tenere nascosto il cane? Potrebbe dormire nella mia stanza, è la più grande della casa. Ma se posso chiamarle per chiedere del cane, allora ho qualcuno con cui parlare. E se ho qualcuno con cui 14


parlare, cosa me ne faccio di un cane? Biiiiiiiiiiiiiiiip! Forse quando tornerò dal lavoro il fischio sarà cessato. A volte desideri una cosa, e succede davvero. Come quando ero in seconda elementare. Andai a letto piangendo perché la mattina seguente la maestra doveva interrogarmi sulle moltiplicazioni e io mi ero arenata sulla tabellina del nove. Per cinque settimane la signora Tupper (che di certo non aveva mai fatto esercizi per l'interno coscia, visto che la gonna le si incastrava sempre in mezzo alle gambe) mi aveva fatto alzare davanti a tutta la classe e mi aveva chiesto Allison, quanto fa nove per due? Io rispondevo diciotto e lei mi chiedeva subito Nove per cinque? Mi faceva in tutto sei domande e mi assicurava che se avessi risposto correttamente sarei potuta passare alla tabellina del dieci, ma se ne avessi sbagliata anche una sola, mi avrebbe interrogato sulla tabellina del nove anche il lunedì successivo. Per cinque settimane, quindi, andai a letto piangendo, anche perché sapevo che la tabellina del dieci e quella dell'undici erano facilissime (La moltiplicazione non è un uomo nero, moltiplica per dieci, aggiungi uno zero. La tabellina dell'undici è il gioco più bello, il numero va a spasso con il suo gemello: la mamma si era inventata questa filastrocca per aiutarmi), ma non riuscivo a ricordarmi nove per otto e nove per nove, e per una inesplicabile ragione rispondevo sessantacinque in entrambi i casi. Insomma, ero sulla tabellina del nove da cinque settimane, e la mattina seguente sarei stata interrogata. Sapevo che mi sarebbe bastato studiare ancora un giorno (magari due). Miracolo! 15


L'indomani ci fu un'inondazione. In tutta la sua storia, la mia zona della città non era mai stata vittima di un'inondazione. Cosa stava accadendo? Le scuole furono chiuse, visto che nessuno poteva raggiungerle, a meno che non avesse avuto una barca o un idrovolante. Incredibile. E quando fui interrogata, il martedì, superai la prova. Vedete? Succede. Basta volere e diventano vere. Biiiiiiiiiiiiip! Mi lavo i denti, mi infilo i calzoncini di jeans, un top e dei sandali. Acchiappo la borsa e mi dirigo verso la porta. Lavoro... bene. Be', non bene come quando ci si sente realizzati dopo una giornata faticosa ma fruttuosa. Del resto, come si fa a sentirsi realizzati dal telemarketing? Comunque, io raccolgo soldi per il Fondo pro alunni dell'Università dell'Ontario, per cui non faccio telemarketing, faccio teleraccoglifondi, che non è immorale come il telemarketing. E oggi ho raccolto più di cinquecento dollari. Niente male, eh? Torno a casa, speranzosa. Allora? Silenzio? Guardo l'aggeggio malefico appeso alla parete del salotto, di fianco all'ingresso della cucina. Che sia finito per sempre quel fischio insopportabile? Non sento altro che il rumore del traffico. Ho lasciato la finestra aperta perché oggi ci sono trentacinque gradi e un'afa che toglie il respiro. E io non posso permettermi l'aria condizionata. Una volta avevo un ventilatore. Ma come tutto ciò che un tempo rallegrava la mia esistenza, ora è a Vancouver. Silenzio. Vedete? Ve lo avevo detto che poteva succedere. A volte, quando desideri veramente... 16


Biiiiiiiiiiiiiiiiiip! Cavolo! Vado in camera, al tavolo del computer, e prendo la sedia con le ruote. La spingo sotto il rilevatore di fumo. Non è una buona idea. Anzi, è una pessima idea. La mia sedia da computer è una di quelle da quindici dollari, che compri inscatolate e ti devi assemblare da sola. Le ruote di queste sedie sono stabili come i piedi di una ragazza coi tacchi alti dopo tre cocktail alla vodka. Sfortunatamente le altre sedie di casa, che erano di metallo, solide e più adatte a salirci sopra, sono andate. Partite per Vancouver insieme al tavolo di cristallo. Alzo al massimo la sedia del computer. E ora il momento della verità: ci siamo solo io, un'instabile sedia da computer e un maledetto rilevatore di fumo, in un appartamento senza poltrone né caffettiere. Regge. La sedia regge. Alzo la mano destra verso il rilevatore, mi porto la sinistra alla bocca, mordicchio le unghie smaltate di rosa e finalmente piazzo entrambe le mani sulla scatoletta del dispositivo antincendio. E ora? Devo schiacciare qualche bottone? BIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIP! Ops, ho sbagliato. Devo togliere le batterie? Perché non posso togliere le batterie? La sedia! Traballa! Mi romperò la testa! Ho bisogno di entrambe le mani per mantenere l'equilibrio. L'equilibrio... l'equi... librio... Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip! Basta! Devo smontare il rilevatore di fumo? Crunch! L'ho smontato. Aspetto tre minuti. Nessun suono. Mi sa che l'ho rotto. Penso che dovrei riattaccarlo 17


al muro. Non posso lasciarlo così sul tavolo. Che tavolo? (Si può definire tavolo una composizione di cassette del latte coperta da una tovaglia?) Va bene, rimetto il rilevatore al suo posto. Mi accuccio con un altro dito in bocca e aspetto tre minuti. Niente biiiiiiiiiiiiiiip. E nemmeno un timido bi. Meglio così, no?

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