BN04 Capitolo 1

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1 Anya, dominatrice dell'Anarchia, figlia di Sregolatezza e portatrice di caos, si trovava ai bordi di una pista da ballo affollata. Le ballerine erano tutte femmine umane, bellissime e seminude, scelte dai Signori degli Inferi per ogni genere di divertimento notturno. Erano circondate da volute di fumo che le rendevano irreali, mentre una pioggia di puntini luminosi proveniente da una luce stroboscopica illuminava l'interno del night-club, con un lento movimento circolare. Con la coda dell'occhio, Anya notò un sedere nudo, sodo e immortale, che si muoveva avanti e indietro sopra una donna in estasi. Il mio genere di festa, pensò con un sorriso malizioso. Anche se non era stata invitata. Come se qualcuno o qualcosa avrebbe potuto impedirmi di venire, pensò. I Signori degli Inferi erano bellissimi guerrieri immortali posseduti dai demoni che un tempo risiedevano nel vaso di Pandora. In quel momento, eccitati da alcol e sesso, davano l'addio a Budapest, la città che per centinaia d'anni era stata la loro dimora. Anya voleva partecipare alla festa. E voleva uno dei guerrieri in particolare. «Fatemi passare» sussurrò, vincendo la tentazione 7


di gridare Al fuoco! e veder fuggire le umane con urla isteriche in preda al panico. Godiamoci la festa. Dagli altoparlanti, il ritmo della musica rock, identico a quello del suo cuore, coprì le sue parole e nessuno la sentì. Obbedirono comunque, spinte da una forza per loro incomprensibile. Si aprì un varco, lentamente... molto lentamente. Finalmente apparve l'oggetto del suo desiderio. Rimase senza fiato e fu colta da un brivido. Lucien. Coperto da meravigliose cicatrici, stoico, posseduto dallo spirito della Morte. Era seduto a un tavolo in fondo: il viso inespressivo guardava Reyes, il suo amico e compagno immortale. Cosa si stavano dicendo? Se Lucien stava chiedendo al custode del Dolore di procurargli una di quelle donne mortali, il fatto che lei gridasse Al fuoco! sarebbe stata l'ultima delle loro preoccupazioni. A denti stretti, Anya piegò la testa di lato, si concentrò su quei due escludendo tutti i rumori esterni e si mise ad ascoltare. «... aveva ragione lei. Ho controllato le foto del satellite sul computer di Torin. I templi si stanno davvero innalzando dal mare.» Reyes bevve un sorso di liquore dalla sua fiaschetta d'argento. «Uno è in Grecia e l'altro è a Roma, e se continuano a risalire a questa velocità, domani, in giornata, saranno pronti per essere esplorati.» «Perché gli umani non ne sanno niente?» Lucien si strofinò con forza la mandibola, com'era sua abitudine. «Paris ha guardato i notiziari, ma non ne hanno fatto parola. Nemmeno un accenno.» Stupido, pensò Anya, sollevata nello scoprire che l'argomento della conversazione non era il sesso. Sei venuto a sapere dei templi solo perché l'ho voluto io. Nessun altro poteva vederli. C'era riuscita grazie a un 8


trucchetto chiamato caos, che era la sua specialità e che nascondeva i templi agli umani usando le tempeste e, nello stesso tempo, rivelava sufficienti informazioni ai Signori per farli scappare da Budapest. Anya voleva che Lucien lasciasse Budapest e il suo gioco. Solo per un po'. Un uomo incerto era più facile da controllare. Reyes sospirò. «Forse i responsabili sono i nuovi dei. Sono quasi convinto che ci odino e vogliano distruggerci, solo perché siamo mezzi demoni.» Il viso di Lucien rimase inespressivo. «Non ha importanza chi sia il responsabile. Partiremo domattina, come da programma. Non vedo l'ora di andare a ispezionare uno di quei templi.» Reyes gettò la fiaschetta ormai vuota sul tavolo e strinse lo schienale della sedia con tale forza che le dita gli divennero bianche. «Se abbiamo fortuna, ci troveremo quel maledetto vaso.» Anya si passò la lingua sui denti. Maledetto vaso, ovvero dimOuniak, ovvero il vaso di Pandora. Costruito con le ossa della dea dell'Oppressione, il vaso era talmente robusto da poter contenere demoni così malvagi che nemmeno l'inferno era riuscito a tenere prigionieri. Aveva anche la capacità di risucchiare via quegli stessi demoni dai Signori degli Inferi che li avevano ospitati loro malgrado. Adesso i guerrieri, meravigliosamente aggressivi, dipendevano da quelle creature per la loro sopravvivenza e, come ovvio, volevano il vaso per sé. Di nuovo, Lucien annuì. «Non ci pensare ora; domani avremo tutto il tempo. Vai e goditi il resto della serata. Non sprecare altro tempo con uno come me. Sono mortalmente noioso.» Noioso? Ah! Anya non aveva mai conosciuto nessuno che la eccitasse più di lui. 9


Reyes ebbe un attimo di esitazione, poi si allontanò lasciando Lucien da solo. Nessuna umana lo avvicinò. Lo guardavano, questo sì, ma subito si ritiravano alla vista delle sue cicatrici. Nessuna di loro voleva avere a che fare con lui – ed era la loro salvezza. È occupato, stronze. «Guardami» ordinò Anya con un filo di voce. Passò un momento. Lui non obbedì. Alcune umane si voltarono a guardarla, rispondendo al suo ordine, ma lo sguardo triste di Lucien era posato sulla fiaschetta vuota abbandonata sul tavolo. Purtroppo per lei, gli immortali erano immuni ai suoi ordini. Un regalino degli dei. «Bastardi» mormorò Anya. Non perdevano occasione di imporle dei limiti. «Qualunque cosa, pur di rovinare Anarchia l'inferiore.» Anya non aveva ricevuto favori quando viveva sul Monte Olimpo. Le dee non la tolleravano perché erano convinte che fosse uguale a quella sgualdrina di sua madre e che mirasse ai loro mariti. Allo stesso modo, gli dei non l'avevano mai rispettata, sempre a causa di sua madre. Gli uomini la desideravano, però. Per lo meno finché Anya non aveva ucciso il gran Capitano delle Guardie ed era stata giudicata troppo feroce. Idioti. Il capitano si era meritato quello che gli aveva fatto. Anzi, si sarebbe meritato cose ben peggiori. Quell'animale aveva cercato di violentarla. Se l'avesse lasciata in pace, anche lei lo avrebbe lasciato in pace. Invece no. Anya non aveva rimpianti per avergli strappato quel cuore nero come il carbone dal petto e nemmeno per averlo posato sulla cima di un monte davanti al 10


tempio di Afrodite. Non aveva proprio nessun rimpianto. La libertà di scelta era preziosa e chiunque avesse cercato di portargliela via avrebbe avuto modo di assaggiare la lama dei suoi pugnali. La scelta. Quella parola le risuonò nella mente e la riportò al presente. Cosa diavolo doveva fare per convincere Lucien a scegliere lei? «Guardami, Lucien. Ti prego.» Di nuovo, lui la ignorò. Batté il piede per terra. Per settimane, lo aveva seguito, osservato, studiato, rendendosi invisibile. Lo aveva desiderato, sì. Lucien non si era reso conto della sua presenza, benché fosse stata lei a spingerlo a fare certe cose disdicevoli: spogliarsi, toccarsi... sorridere. Okay, non c'era niente di male a sorridere. Ma lei aveva voglia di vedere quel bellissimo viso imperfetto illuminarsi di gioia così come desiderava vedere il suo corpo nudo al colmo dell'eccitazione. Le aveva forse concesso almeno quella piccola e innocua soddisfazione? No! Una parte di lei avrebbe voluto non averlo mai incontrato, non aver mai permesso a Crono, il nuovo re degli dei, di incuriosirla raccontandole le storie dei Signori degli Inferi alcuni mesi prima. Forse l'idiota sono io. Crono era appena scappato dal Tartaro, la prigione degli immortali, un luogo che Anya conosceva bene perché vi erano stati imprigionati Zeus e i suoi adepti e anche i suoi genitori. Quando era tornata a cercarli, Crono la stava aspettando. Le aveva chiesto il suo più grande tesoro. Anya si era rifiutata di concederglielo e lui aveva cercato di spaventarla. Dammi ciò che voglio altrimenti ti farò perseguitare dai Signori degli Inferi. Sono posseduti dai demoni, affamati di sangue come creature feroci, e sbraneran11


no le tue tenere carni. E bla, bla, bla... Tuttavia, invece di spaventarla, le sue parole l'avevano eccitata ancora di più e aveva deciso di andare a cercare i guerrieri da sola. Aveva creduto di poterli sconfiggere per poi farsi beffe di Crono e delle sue minacce. Un'occhiata a Lucien, però, era bastata perché diventasse un'ossessione. Anya aveva dimenticato i motivi che l'avevano condotta lì e, in qualche modo, aveva addirittura aiutato i presunti guerrieri malvagi. Erano le contraddizioni a tentarla, e Lucien ne era ben fornito. Era pieno di cicatrici ma vincente, gentile ma inflessibile. Era calmo, un vero immortale, e non affamato di sangue come sosteneva Crono. Era posseduto da uno spirito maligno e, nonostante questo, non aveva mai tradito il proprio codice d'onore. Affrontava la morte ogni singolo giorno, ogni singola notte, eppure combatteva per vivere. Affascinante. E se questo non fosse bastato a risvegliare l'interesse di Anya, il profumo floreale di Lucien la riempiva di pensieri decadenti e maliziosi, ogni volta che si trovava accanto a lui. Perché? Qualunque altro uomo che profumasse di rose l'avrebbe fatta ridere. Con Lucien, invece, le veniva l'acquolina in bocca al pensiero del suo sapore e la pelle le bruciava di desiderio, incandescente, alla ricerca disperata delle sue mani. Anche adesso, al solo guardarlo e a immaginare quell'aroma che le penetrava nelle narici, dovette sfregarsi le braccia per eliminare la pelle d'oca. Ma poi pensò a lui che gliele sfregava, e quei brividi deliziosi non accennarono a scomparire. Sacri dei, se era sexy. Aveva gli occhi più bizzarri che avesse mai visto. Uno era azzurro e l'altro marro12


ne, come a rappresentare la doppia anima di uomo e demone. E quelle cicatrici... Non faceva che pensare... desiderare... sognare di leccarle. Erano stupende, testimonianza del dolore e della sofferenza che Lucien aveva patito. «Ehi, bella. Balla con me» le disse uno dei guerrieri apparso all'improvviso al suo fianco. Si rese conto che era Paris, riconoscendolo per la promessa sensuale della sua voce. Doveva aver finito di farsi quell'umana contro la parete e cercava un'altra stupida con cui soddisfare i propri istinti. Che continuasse a cercare. «Vai via.» Senza badare al suo rifiuto, la afferrò per i fianchi. «Ti piacerà, te lo prometto.» Anya lo spinse via. Posseduto da Promiscuità, Paris aveva la pelle chiarissima, quasi lucente, gli occhi di un azzurro elettrico, e un viso da far cantare gli angeli, ma non era Lucien e quindi non le interessava. «Tieni le mani a posto» mormorò Anya, «prima che te le tagli.» Paris scoppiò a ridere, come se fosse uno scherzo, perché non sapeva cosa stesse rischiando. Anya amava il caos, ma non formulava mai una minaccia se non era sicura di poterla portare a termine. Fare vane minacce sarebbe stato un segno di debolezza e Anya, molto tempo prima, si era ripromessa di non dare mai più segni di debolezza perché i suoi nemici non aspettavano altro che l'occasione giusta per approfittarne. Per fortuna, Paris non riprovò a toccarla. «Per un bacio» disse con voce roca, «ti lascerò fare ciò che vuoi alle mie mani.» «In quel caso, taglierò via anche qualcos'altro.» Non le piaceva venir interrotta quando ammirava l'oggetto del suo desiderio, soprattutto perché non aveva 13


molto tempo a disposizione. In quel periodo, Anya passava quasi tutta la giornata a schivare Crono. «Che ne dici?» La risata di Paris divenne ancora più forte e riuscì ad attirare l'attenzione di Lucien. Finalmente il suo sguardo si alzò, si posò prima su Paris e poi su Anya, che si sentì cedere le ginocchia. Oh, santo cielo. Paris ormai non era che un ricordo mentre cercava di riprendere fiato. Anya l'aveva immaginato o negli occhi di colore diverso di Lucien si era acceso un fuoco che ardeva di eccitata consapevolezza? Ora o mai più. Leccandosi le labbra e senza distogliere gli occhi da lui, si avviò con passo sensuale ma deciso verso il suo tavolo. A metà strada, Anya si fermò e, con un gesto della mano, lo invitò ad avvicinarsi. In un attimo Lucien fu davanti a lei, come tirato da una catena invisibile, incapace di opporre resistenza. Da vicino, Lucien era una massa di muscoli e pericolo alta quasi due metri. Tentazione allo stato puro. Anya sorrise. «Finalmente ci incontriamo, Fiore.» E senza dargli il tempo di ribattere, gli accostò il fianco al ventre e gli si strusciò addosso, voltandosi maliziosa per mostrargli la schiena. Il corsetto blu ghiaccio era chiuso solo da nastri sottili e desiderio, e sapeva che la gonna era così corta da mostrare il perizoma. Ops. I maschi, mortali o no, di solito si scioglievano quando vedevano qualcosa di proibito. Lucien sibilò. Il suo sorriso si fece ancora più aperto. Ah, un progresso, finalmente. I movimenti lenti di lei non erano sincronizzati con il rock scatenato che riempiva l'aria, ma non smise di ondeggiare quando alzò le braccia e si passò le mani tra i capelli candidi con fare lascivo, per poi farle scivolare lungo le brac14


cia, accarezzandosi la pelle e immaginando che fossero le sue. Le si indurirono i capezzoli. «Perché mi hai cercato, donna?» La voce era bassa ma autoritaria, da guerriero. Sentirlo parlare era più eccitante del tocco di un altro uomo e Anya sentì una stretta allo stomaco. «Volevo ballare con te» rispose voltando il viso. «È un crimine?» Lucien rispose senza esitazione. «Sì.» «Bene. Infrangere la legge mi è sempre piaciuto.» Un momento di silenzio attonito. Poi: «Quanto ti ha pagata Paris per farlo?». «Pagata? Oh, santo cielo!» Fece un passo indietro, sorridendo, e lo sfiorò con il sedere, inarcandosi e muovendosi con sensualità. Buongiorno, erezione. Il suo calore quasi le sciolse le ossa. «Qual è la valuta? Gli orgasmi?» Anya si concesse di immaginare che in quel momento lui l'afferrasse per invaderla con la sua virilità eccitata. In realtà, Lucien fece un salto indietro come se la donna fosse una bomba sul punto di esplodere, creando tra loro un'odiosa distanza. Fu travolta da un senso di perdita. «Non mi toccare» disse Lucien. Probabilmente faceva del suo meglio per apparire calmo, ma senza riuscirvi. Era teso. Più teso che stuzzicato. Anya strinse gli occhi. Intorno a loro, la gente osservava quelle schermaglie e il rifiuto di Lucien. Fulminò tutti con lo sguardo costringendoli a voltarsi dall'altra parte. Uno alla volta, gli umani ubbidirono. Gli altri Signori, invece, le si avvicinarono senza staccarle gli occhi di dosso, curiosi di scoprire chi fosse e che cosa facesse lì. Dovevano stare attenti e lei lo capiva. Erano inseguiti dai Cacciatori, umani che stupidamente 15


credevano di poter creare un'utopia di pace e armonia eliminando dal mondo i Signori e i demoni che ospitavano. Ignorali. Ti resta poco tempo, ragazza. Anya voltò la testa verso Lucien senza ruotare il corpo. «Dove eravamo rimasti?» gli chiese piano. Si passò un dito sull'elastico del perizoma e non si fermò finché non vide che l'attenzione di Lucien era focalizzata sulle ali brillanti dell'angelo al centro. «Stavo per andarmene» rispose lui senza fiato. A quelle parole, Anya sfoderò le unghie come piccoli artigli. Voleva forse respingerla? Davvero? Si era mostrata a lui pur sapendo che gli dei avrebbero potuto localizzarla, cosa che era meglio evitare dato che volevano farla fuori come un animale rognoso. E non se ne sarebbe andata senza un premio. Sempre più determinata, roteò su se stessa e mosse le anche mentre i capelli chiari sfioravano il petto di Lucien. Mordendosi il labbro, mostrò i seni. «Non voglio che tu te ne vada» gli disse imbronciata. Lucien fece un altro passo indietro. «Cosa c'è, tesoro?» Impietosa, avanzò verso di lui. «Hai paura di una ragazzina?» Lucien strinse le labbra, ma non replicò. E, per fortuna, non si mosse. «Hai paura?» «Non sai a che gioco stai giocando, donna.» «Oh, invece credo di saperlo.» Lo osservò da capo a piedi, ammutolita dal suo fascino. Era un uomo magnifico. Le luci stroboscopiche gli roteavano sul viso e sul corpo, un corpo così scolpito da sembrare cesellato nel marmo. Indossava una maglietta nera e un paio di jeans che lasciavano tra16


sparire i contorni dei muscoli poderosi. Roba mia. «Ho detto di non toccare» sbraitò Lucien. Anya lo guardò negli occhi e alzò le mani in segno di resa. «Non ti tocco, tesoro.» Ma voglio farlo... Ho intenzione di farlo... Lo farò. «Il tuo sguardo dice il contrario» replicò a denti stretti. «È perché...» «Ballerò io con te» disse un altro guerriero interrompendola. Era di nuovo Paris. «No.» Anya non si lasciò distrarre. Desiderava Lucien e nessun altro. «Potrebbe essere un'Esca» disse un altro di loro guardandola sospettoso. Anya riconobbe quel timbro di voce profondo. Sabin, che incarnava il demone del Dubbio. Ma, per favore. Un'Esca? Come se volesse attirare qualcuno per ragioni che non fossero propriamente egoistiche. Le Esche erano stupide ragazzine votate al sacrificio; dovevano sedurre un Signore degli Inferi per distrarlo mentre i Cacciatori si avvicinavano e lo distruggevano. E poi, chi era così stupida da voler uccidere uno di quei magnifici guerrieri quando poteva spassarsela un po' con loro? «Dubito che i Cacciatori si siano potuti ricostituire così in fretta, dopo il contagio» disse Reyes. Ah, sì. L'epidemia. Uno dei Signori era posseduto dal demone della Malattia. Se toccava la pelle di un umano lo infettava con una terribile malattia capace di propagarsi ovunque, uccidendo rapidamente. Consapevole di questo, Torin indossava sempre i guanti e raramente lasciava la fortezza, restando per conto suo così da proteggere gli umani dalla sua maledizione. Non era stata colpa sua se un gruppo di 17


Cacciatori si era intrufolato nella fortezza, alcune settimane prima, tagliandogli la gola. Torin era sopravvissuto; i Cacciatori no. Purtroppo là fuori ce n'erano molti altri. Erano come mosche: se ne uccidevi uno, due prendevano il suo posto. Anche adesso erano da qualche parte, pronti ad attaccare. I guerrieri dovevano stare attenti. «Inoltre, è impossibile che siano riusciti a superare le nostre barriere di sicurezza» aggiunse Reyes con voce autorevole, distogliendo Anya dai suoi pensieri. «Come se non fossero già riusciti a entrare nella fortezza, decapitando quasi Torin» replicò Sabin. «Maledizione! Paris, resta qui e tienila d'occhio mentre io do un'occhiata in giro. Sabin, vieni con me.» Si incamminarono imprecando. Se i guerrieri avessero trovato tracce dei Cacciatori, non avrebbe potuto convincerli della sua innocenza. Per lo meno, riguardo a quel particolare crimine. Lucien non si sarebbe mai fidato di lei e non si sarebbe mai lasciato andare in sua presenza. Ma, soprattutto, non l'avrebbe mai toccata se non per rabbia. Anya cercò di non mostrare la sua inquietudine. «Forse ho notato la festa e mi sono intrufolata» rispose a Paris e a un altro Signore che la stava osservando e aggiunse: «E forse volevo solo passare qualche minuto in privato, senza interruzioni, con il grosso vostro amico». Se capirono l'allusione, non accennarono ad andarsene. Bene. Anya li avrebbe ignorati. Ricominciò a muoversi al ritmo della musica senza staccare gli occhi da quelli di Lucien e accarezzandosi il ventre. Metti le mani al posto delle mie, cercò di ordinare alla mente di lui. Non si mosse. Capì però che era eccitato dall'espressione del viso mentre le fissava le mani. «Balla con me» lo invitò, e questa volta lo fece ad 18


alta voce, nella speranza che rispondesse al suo ordine. Si leccò le labbra per inumidirle. «No» rispose lui con voce roca. «Per favore.» Gli occhi di Lucien brillarono di orgoglio offeso. Anya capì che non era frutto della sua immaginazione. Fu invasa dalla speranza. Ma passarono alcuni secondi e lui non si mosse e quella speranza si tramutò in frustrazione. Il tempo le era nemico. Più tempo rimaneva lì, più probabilità c'erano che venisse catturata. «Non mi trovi attraente, Fiore?» Vide fremere un muscolo sotto l'occhio di Lucien. «Non è quello il mio nome.» «Bene, allora. Non mi trovi attraente, dolcezza?» Indurì la mandibola. «Come ti trovo non ha importanza.» «Non è una risposta» replicò Anya quasi imbronciata. «Infatti non voleva esserlo.» Accidenti, che uomo insopportabile! Devo fare la sfacciata. Come se già non lo avesse fatto. Come vuoi. Anya si voltò e si chinò. Alzando la gonna gli concesse un altro sguardo al suo perizoma azzurro e alle ali che partivano dal centro. Quando si rimise in piedi, imitando le mosse dell'amplesso, si girò lentamente e gli offrì una vista completa del suo corpo. Lucien rimase senza fiato, ogni più piccolo muscolo del suo corpo possente in tensione. «Hai l'odore di crema e fragole.» Pronunciò quelle parole come un predatore pronto ad attaccare. Per favore, per favore, pensò Anya. «Scommetto che ho anche lo stesso sapore» replicò sbattendo le ciglia, sebbene dal suo tono le fosse sembrata più un'offesa che un complimento. 19


Lucien grugnì e fece un passo minaccioso verso di lei. Poi alzò una mano – forse per afferrarla? Per colpirla? Cavolo, cosa voleva farle? Infine si fermò e strinse le dita in un pugno. Prima di notare il suo profumo era distaccato, ma una sorta di lieve interesse lo animava. Ora sembrava interessato solo a strozzarla. «Sei fortunata se non ti uccido qui e subito» le disse, confermando i suoi pensieri. Ma abbassò la mano lungo il fianco. Anya smise di muoversi e lo guardò a bocca aperta per lo stupore. Solo perché profumava di frutta, voleva farle del male? Che enorme delusione. In verità si sentiva ferita, ma non si soffermò su quel concetto. Lo conosceva appena, quindi non poteva ferirla. Non è che si aspettasse che lui cadesse ai suoi piedi, ma almeno che reagisse con gentilezza. Agli uomini piacevano le donne che prendevano l'iniziativa. Giusto? Aveva osservato i mortali per molti anni e ne era convinta. I mortali, appunto, ma Lucien non era e non era mai stato un mortale. Perché non mi vuole? Nei giorni in cui lo aveva osservato, non si era avvicinato a nessuna donna. Trattava Ashlyn, l'amante del suo amico, con cortesia e rispetto. Con Cameo, l'unica donna guerriera che risiedeva lì, aveva un rapporto quasi paterno. Niente a che vedere con il desiderio. Ma gli uomini non gli piacevano. Il suo sguardo non indugiava bramoso o emozionato sui maschi. Era forse innamorato di una certa donna e quindi le altre non lo interessavano? Se era questo il caso, doveva eliminarla! Anya si passò la lingua sui denti e strinse i pugni. Il locale era avvolto dal fumo e sembrava uscito da un sogno. Le umane ritornarono sulla pista da ballo cercando di attirare l'attenzione dei Signori. Ma i guerrie20


ri continuavano a tenere d'occhio Anya, in attesa del verdetto finale sulla sua identità. Lucien non si era mosso di un millimetro; era come se il suo corpo avesse messo le radici. Anya avrebbe dovuto rinunciare, andarsene, prima che Crono la trovasse. Solo i deboli si arrendono. Vero. Determinata, alzò il mento. Con il pensiero, cambiò la musica che usciva dagli altoparlanti. Il ritmo all'improvviso rallentò, si addolcì. Anche la sua espressione si addolcì e gli si avvicinò decisa, riducendo quell'odiosa distanza tra loro. Gli pose le dita sul torace possente e rabbrividì. Non toccare? Ah, gliel'avrebbe fatta vedere lei. Anarchia non era un cagnolino ubbidiente. Per lo meno Lucien non si scostò. «Ballerai con me» gli mormorò all'orecchio. «Sarà l'unico modo per sbarazzarti della mia presenza.» Per provocarlo ancora, si alzò sulle punte dei piedi e gli morse dolcemente il lobo dell'orecchio. Dalla gola dell'uomo uscì un ruggito e finalmente la avvolse tra le braccia. Per un attimo, Anya pensò che volesse allontanarla, invece la strinse a sé e se la mise a cavalcioni della gamba sinistra. Si eccitò all'istante. «Vuoi ballare? Allora balleremo.» Lentamente iniziò a ondeggiare, i corpi sempre stretti l'uno all'altro, il suo punto più sensibile che sfregava contro la coscia di lui. Fu invasa da ondate di piacere che le scorrevano nelle vene fino a raggiungere ogni cellula del suo corpo. Santo cielo, era meglio di quanto avesse immaginato. Tenne gli occhi chiusi, sopraffatta. Era così grande... Ed era ovunque. Le sue spalle erano talmente larghe che la facevano sentire piccola e la avvolgevano completamente. Allo stesso tempo, il suo fiato caldo le accarezzava la guancia come un amante premuroso. Tremante, gli fece scorrere 21


le mani sulla schiena fino a infilargli le dita tra i capelli scuri e serici. Sì. Ancora. Rallenta, ragazza. Anche se lui la desiderava come lo desiderava lei, non avrebbe potuto averlo. Non al cento per cento. Da quel punto di vista, lei era maledetta come lui. Ma poteva godersi quell'istante. Finalmente Lucien reagiva al suo desiderio! Le sfiorò la guancia con il naso. «Ogni uomo in questa sala ti desidera» le disse piano, ma quelle parole erano taglienti come una lama. «Perché io?» «Così» rispose Anya, respirando il suo profumo di rose. «Non è una risposta.» «Infatti non voleva esserlo» ribatté, ripetendo le sue parole di poco prima. Aveva i capezzoli ancora induriti che le sfregavano contro il corsetto aumentando il desiderio. La pelle era molto sensibile e la mente attenta a ogni movimento di Lucien. Aveva mai provato qualcosa di così erotico? Di così... giusto? Lucien le afferrò i capelli con forza. «Ti diverti a prendere in giro l'uomo più brutto tra i presenti?» «Più brutto?» Non aveva capito che lo trovava attraente come non le era mai accaduto prima con nessuno? «Paris non mi piace, tesoro.» Lucien aggrottò la fronte e la lasciò andare. Poi scosse la testa come se dovesse schiarirsi la mente. «Conosco il mio aspetto» mormorò con un cenno di amarezza. «Dire che sono brutto è dire poco.» Anya rimase in silenzio a osservare i suoi seducenti occhi di due colori diversi. Davvero non era consapevole della sua bellezza? Quell'uomo irradiava forza, vitalità e una mascolinità selvaggia. Non c'era una cosa di lui che non la affascinasse. «Se ti conosci, tesoro, allora sai quanto sei sexy e 22


deliziosamente minaccioso.» Voleva di più da lui. Fu percorsa da altri brividi che la fecero fremere. Toccami di nuovo. Lucien la guardò. «Minaccioso? Intendi dire che vorresti che ti facessi del male?» Anya sorrise lentamente. «Solo se sei disposto a sculacciarmi.» Di nuovo quell'espressione infiammata. «Immagino che le mie cicatrici non ti diano fastidio» replicò senza emotività. «Darmi fastidio?» Quelle cicatrici non lo rovinavano. Lo rendevano irresistibile. Più vicino... Più vicino. Sì, toccami. Oh, santi numi! Gli fece scivolare la mano sul petto, gustandosi la sensazione dei suoi capezzoli che reagivano per lei sul torace muscoloso. «Mi eccitano.» «Bugiarda» replicò. «A volte» ammise, «ma non adesso.» Anya studiò il suo viso. Procurarsi quelle cicatrici non doveva essere stato piacevole. Aveva sofferto. Molto. Quella scoperta la irritava e allo stesso tempo la affascinava. Chi gli aveva fatto del male e perché? Un'amante gelosa? Sembrava che qualcuno, con una lama, avesse inciso Lucien come un melone per poi rimettere insieme i pezzi. Eppure la maggior parte degli immortali guariva in fretta e non conservava i segni delle ferite. Anche se fosse stato tagliuzzato, Lucien sarebbe dovuto guarire. C'erano altre cicatrici simili sul resto del corpo? Fu investita da un'altra ondata di desiderio e si sentì cedere le gambe. Lo aveva osservato per settimane, ma non era riuscita a scoprire molto. Era sempre riuscito a lavarsi e a rivestirsi quando lei non c'era. Aveva forse intuito la sua presenza e si era nascosto? «Se non lo sapessi, penserei che sei un'Esca, come credono i miei amici» disse in tono secco. 23


«Come fai a sapere che non lo sono?» Aggrottò un sopracciglio. «Lo sei?» Dovevi per forza avventurarti su questa strada, vero? Se gli avesse assicurato di non essere un'Esca, avrebbe dovuto ammettere di sapere cosa indicasse quel termine. Era sicura di conoscerlo abbastanza per sapere che, ai suoi occhi, quella rivelazione lo avrebbe convinto del contrario. Si sarebbe sentito in dovere di ucciderla. Tuttavia, se avesse ammesso di essere un'Esca, si sarebbe sentito in dovere di ucciderla comunque. Avrebbe perso su tutti i fronti. «Vuoi che lo sia?» gli chiese in tono seducente. «Sarò quello che vuoi, amore.» «Basta» ordinò e, per un attimo, la sua espressione fredda lasciò trapelare una forte emozione. «Non mi piace il tuo gioco.» «Nessun gioco, Fiore. Prometto.» «Cosa vuoi da me? E non osare mentirmi.» Quella era una bella domanda. Voleva che tutta la sua mascolinità fosse focalizzata su di lei. Voleva passare ore a spogliarlo e a esplorarlo. E voleva che lui facesse altrettanto con lei. Voleva che le sorridesse. Voleva sentire la lingua di lui intrecciata alla sua. Al momento, quella era l'unica cosa possibile. E solo giocando sporco. «Mi accontenterò di un bacio» gli disse guardando la sua morbida bocca rosa. «Anzi, insisto per avere un bacio.» «Non ci sono Cacciatori nelle vicinanze» disse Reyes, comparso all'improvviso vicino a Lucien. «Non significa niente» replicò Sabin. «Lei non è un Cacciatore e non collabora con loro.» Lucien non la perse d'occhio nemmeno per un secondo e spinse via i suoi amici. «Ho bisogno di un minuto da solo con lei.» 24


La sua sicurezza la lasciò di stucco. Voleva rimanere da solo con lei? Sì! Peccato che i suoi amici non se ne andassero. Idioti. «Non ci conosciamo» le disse Lucien, riprendendo la loro conversazione da dove era stata interrotta. «E allora? Se ci baciamo non saremo più sconosciuti.» Si inarcò all'indietro, spingendo il corpo contro la sua erezione. Non l'aveva persa, era ancora eccitato. «Non c'è niente di male in un bacino, no?» Le affondò le dita nei fianchi e la tenne ferma. «Dopo te ne andrai?» Quelle parole avrebbero dovuto offenderla, ma era troppo occupata a godersi l'emozione che la invadeva grazie a quel semplice abbraccio. Il suo corpo danzava di piacere e un calore sensuale le riempì il ventre. «Sì.» Era tutto quello che Lucien le avrebbe concesso, anche se lei voleva molto di più. E se lo sarebbe preso con qualsiasi mezzo: coercizione, forza, inganno. Era stufa di sognare un suo bacio e non vedeva l'ora di viverlo. Finalmente. Di certo non avrebbe avuto il sapore meraviglioso che aveva sognato. «Non capisco» mormorò Lucien con gli occhi semichiusi. Le ciglia scure gettavano ombra sulle guance ferite, dandogli un'aria più pericolosa che mai. «Va tutto bene. Neanch'io.» Si strinse a lei per respirare la fragranza della sua pelle. «Che significato può avere un singolo bacio?» Immenso. In preda all'irrequietezza, si passò la lingua sulle labbra. «Parli sempre così tanto?» «No.» «Baciala, Lucien, prima che lo faccia io. Esca o non Esca» disse Paris ridendo. Una risata allegra, anche se con una nota stridula. Lucien continuava a resistere. Anya sentiva il cuore che le batteva forte contro il torace. Era forse imba25


razzato per via del suo pubblico? Peggio per lui. Anya aveva rischiato molto per questo e non gli avrebbe permesso di tirarsi indietro. «È una stupidaggine» disse Lucien. «E allora? Le stupidaggini possono essere divertenti. Ora, bando agli indugi, diamoci da fare.» Anya gli prese la testa tra le mani e l'avvicinò a sé. Poi pose le labbra sulle sue. La sua bocca si aprì di colpo e le loro lingue si incontrarono in quell'oscurità buia e umida. Fu sopraffatta da un'ondata di calore mentre assaporava quel sapore di rosa e menta. Si strinse a lui con forza, desiderandolo con tutta se stessa. Aveva il corpo in fiamme. Si fregò contro il suo membro eccitato, incapace di fermarsi. Lucien le afferrò i capelli e prese il controllo della sua bocca. In un baleno, Anya cadde in un vortice di passione e bramosia che solo lui poteva saziare. Aveva oltrepassato le porte del Paradiso senza muovere nemmeno un passo. Qualcuno batté le mani. Altri fischiarono. Per un momento, ad Anya sembrò di fluttuare nell'aria. Un momento dopo, la sua schiena si ritrovò contro la parete gelata. Le grida esultanti si erano spente di colpo. La brezza fredda le mordeva la pelle. Era fuori?, si chiese. Poi gemette, cingendo i fianchi di Lucien con le gambe mentre con la lingua conquistava quella di lui. Con una mano lui le stringeva con forza un fianco, e con l'altra le teneva i capelli, piegandole la testa di lato per serrarla ancora di più. «Sei... sei...» le sussurrò selvaggio. «Disperata. Basta parlare. Baciami ancora.» Lucien perse il controllo. Le infilò di nuovo la lingua in bocca, invadendola. La passione e il desiderio si erano sprigionati tra i loro corpi, un vero inferno ardente. Anya era letteralmente in fiamme. Agitata, in26


quieta. Lui le premeva addosso e Anya voleva che non smettesse mai. «Ancora» le disse con voce roca, afferrandole il seno. «Sì.» I capezzoli divennero turgidi, desiderosi del tocco di quelle mani. «Ancora, ancora...» «È stupendo.» «Fantastico.» «Toccami» mormorò Lucien. «Lo sto facendo.» «No. Toccami.» Capì la sua richiesta e il desiderio aumentò di intensità. Forse davvero lui la desiderava. Forse anche lui voleva toccarla e non si accontentava di un semplice bacio. «Con piacere.» Anya prese l'orlo della maglietta e la sollevò. Con l'altra mano gli accarezzò i muscoli del petto. Cicatrici. Sentì i segni nella pelle e rabbrividì. A ogni carezza, i suoi muscoli si tendevano e le morse il labbro inferiore. «Sì, così...» Anya cedette quasi all'orgasmo, come se avessero gettato benzina sul fuoco. Gemette di piacere. Gli sfiorò i capezzoli e si mise a succhiarli. Ogni volta che li assaporava, la clitoride pulsava, come se si stesse toccando. «Adoro la sensazione che mi dai.» Lucien le leccò il collo risvegliando altri fremiti. Anya spalancò gli occhi e rimase senza fiato quando si accorse che erano fuori, in un angolo buio del perimetro esterno del locale. Lucien doveva essersi spostato lì insieme con lei. Era l'unico tra i Signori degli Inferi in grado di teletrasportarsi da un luogo all'altro con la forza del pensiero. Un talento che anche lei possedeva. Avrebbe 27


preferito, però, che si fossero teletrasportati in camera da letto. No, si costrinse a dire, lottando contro la disperazione. La camera da letto non va bene. Hai fatto male a pensarci, anche solo per un momento. Altre donne amavano il brivido della pelle contro la pelle, dei corpi nudi che si contorcevano per raggiungere l'acme, ma non Anya. Anya mai. «Ti voglio» disse roco. «Era ora» gli sussurrò. Sollevò la testa bruna, le iridi azzurro e marrone la scrutarono con intensità prima di tuffarsi in un altro bacio ardente. Andò avanti ancora, senza pause, finché Anya si sentì affogare felicemente in lui. Bruciata fino nel profondo dell'anima, non era più Anya, ma la donna di Lucien. La schiava di Lucien. Non ne avrebbe mai avuto abbastanza, gli avrebbe permesso di penetrarla ovunque, se avesse potuto. La realtà era molto meglio della fantasia. «Ho bisogno di sentirti dappertutto. Voglio le tue mani sul mio corpo.» Anya abbassò le gambe che lo cingevano e rimase in piedi. Stava per aprirgli i pantaloni e liberare la sua erezione, quando sentì un rumore di passi. Anche Lucien doveva averli sentiti. Si irrigidì e si allontanò da lei. Aveva il respiro affannoso, come il suo. Quando si guardarono, Anya si sentì svenire: il tempo sembrava sospeso. Tra loro crepitavano scintille di passione. Non pensava che un bacio potesse essere un combustile di tale potenza. «Aggiustati i vestiti» le ordinò. «Ma...» Non voleva fermarsi, con o senza pubblico. Se le avesse dato ancora un momento, avrebbero potuto teletrasportarsi in un altro posto. «Subito.» 28


No, non c'era più tempo, si rese conto delusa. L'espressione seria di Lucien significava che aveva chiuso. Con il bacio, con lei. Anya abbassò gli occhi e si guardò. Il top era sceso sotto il petto; non indossava reggiseno e i capezzoli turgidi sembravano due piccoli fari nella notte. La gonna era risalita intorno ai fianchi e mostrava lo striminzito perizoma. Si lisciò i vestiti e arrossì per la prima volta in centinaia di anni. Perché ora? Che importanza aveva? Le tremavano le mani e si sentiva debole. Cercò di fermarle, ma l'unico comando che il suo corpo voleva sentire era quello di tornare tra le braccia di Lucien. Alcuni guerrieri sbucarono da dietro l'angolo, tutti imbronciati e minacciosi. «Mi piace quando sparisci così» disse Gideon in tono irritato, dato che la cosa non gli piaceva affatto. Anya sapeva che era posseduto dal demone della Menzogna e quindi incapace di esprimere anche la più piccola verità. «Taci» lo rimbrottò Reyes. Povero, torturato Reyes, posseduto dal Dolore. Amava farsi del male. Una volta Anya lo aveva visto saltare dal tetto della fortezza dei guerrieri e godersi il dolore delle sue fratture. «Sembrerà anche innocente, ma non l'hai perquisita per vedere se era armata prima di ingoiare la sua lingua.» «Sono praticamente nuda» rimarcò Anya, esasperata. Tuttavia, nessuno le prestò attenzione. «Quale arma potrei nascondere?» Be', qualcosa ce l'aveva. Niente di che. Una ragazza doveva pur proteggersi. «Avevo tutto sotto controllo» rispose Lucien in tono neutro. «Credo di essere in grado di gestire una donna sola, armata o no.» Anya era sempre stata affascinata dalla sua calma. Fino a quel momento. Dov'era finita la sua passione? 29


Era ingiusto che si fosse ripreso così in fretta mentre lei riusciva a malapena a respirare. Le gambe le tremavano ancora e, peggio ancora, il cuore le batteva forte. «Allora chi è?» chiese Reyes. «Forse non è un'Esca, ma qualcosa è» replicò Paris. «L'hai teletrasportata, e lei non ha battuto ciglio.» Solo in quel momento gli sguardi malevoli dei guerrieri si spostarono su Anya. Non si era mai sentita così esposta, così vulnerabile, in tutti i secoli della sua vita. Baciare Lucien meritava il rischio di essere catturata, ma non significava dover subire un interrogatorio. «State tutti zitti. Non vi dirò un bel niente.» «Io non ti ho invitato e Reyes mi ha detto che nessuno qui sostiene di essere tuo amico» disse Paris. «Perché hai tentato di sedurre Lucien?» Dal suo tono si capiva quanto fosse improbabile che qualcuno volesse accoppiarsi con il guerriero pieno di cicatrici. Cosa che irritò Anya, anche se sapeva che non lo aveva detto per offenderlo e che per loro era solo un dato di fatto. «Perché mi fate il terzo grado?» Li guardò con odio uno per uno. Tutti tranne Lucien. Evitò il suo sguardo. Vedere quegli occhi freddi e privi di emozione l'avrebbe fatta crollare. «L'ho notato, mi è piaciuto e così mi sono data da fare. Tutto qui. Fine della storia.» Ciascun guerriero incrociò le braccia in gesto di sfida. Si erano messi a semicerchio intorno a lei – se n'era accorta solo in quell'istante – e nessuno aveva intenzione di muoversi. Si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo. «Non è vero che lo desideri» disse Reyes. «Lo sappiamo tutti. Quindi è meglio che dici la verità se non vuoi che te la facciamo sputare con la forza.» 30


Con la forza? Oh, per favore. Anche lei incrociò le braccia. Pochi attimi prima i guerrieri avevano esultato perché Lucien la stava baciando. Non era stato così? Forse era stata solo lei a esultare. Adesso invece volevano sezionare i suoi processi mentali e si comportavano come se Lucien non potesse affascinare una donna. «Lo volevo dentro di me. Ora avete capito, idioti?» Ci fu un attimo di shock. Lucien fece un passo avanti e si frappose tra lei e gli uomini. Voleva forse... proteggerla? Che dolce. Inutile, ma dolce. La sua rabbia si attenuò. Avrebbe voluto abbracciarlo. «Lasciatela in pace» disse Lucien. «Non è importante. Lei non è importante.» La felicità di Anya evaporò in un istante. Non era importante? Le aveva appena stretto il seno nella mano e sfregato la sua erezione tra le cosce. Come osava dire una cosa del genere? Non ci vedeva più dalla rabbia. Capì come doveva essersi sentita sua madre. Quasi tutti coloro che Dysnomia si era portata a letto, dopo aver soddisfatto il loro piacere, l'avevano insultata. È una facile, dicevano. Non serve ad altro. Anya sapeva bene che sua madre, Dysnomia, era stata schiava della propria natura sregolata, sempre alla ricerca dell'amore. Che fossero degli accoppiati o liberi, non aveva importanza. Se la desideravano, lei si concedeva. Forse perché in quelle poche ore tra le braccia di un amante si era sentita accettata, benvoluta e soddisfatta nei suoi bisogni più oscuri. Cosa che rendeva il tradimento ancora più doloroso, pensò Anya guardando Lucien. Di tutte le cose che si aspettava di sentire dalla sua bocca, che non fosse importante era l'ultima della lista. 31


È mia, forse. O forse, ho bisogno di lei. Non toccate ciò che mi appartiene, probabilmente. Anya non voleva la stessa vita di sua madre, anche se l'amava, e molto tempo prima aveva giurato che non si sarebbe lasciata usare da nessuno. Eppure bastava guardarla adesso. Aveva implorato per avere un bacio di Lucien e lui era convinto che non fosse importante. Con un ruggito, lo spinse via con tutta la sua considerevole forza, rabbia e dolore. Lucien volò in avanti come una pallottola e finì addosso a Paris. I due uomini grugnirono e si rimisero in piedi. Quando Lucien si ricompose, si voltò verso Anya. «Questo non accadrà più.» «Veramente, accadrà ancora.» Gli si avvicinò sollevando i pugni. Nel giro di poco, Lucien avrebbe sputato i suoi perfetti denti bianchi. «Anya» disse quasi in tono implorante. «Basta.» Lei rimase paralizzata dallo shock. «Sai chi sono.» Una constatazione, non una domanda. «Come fai a saperlo?» Si erano parlati una volta, alcune settimane prima, ma lui non l'aveva mai vista prima di quel giorno. Era stata ben attenta a non farsi scorgere. «Mi hai seguito. Riconosco il tuo profumo.» Fragole e crema, le aveva detto pochi minuti prima, in tono di accusa. Anya spalancò gli occhi. Piacere e mortificazione si mescolarono, colpendola fin nel profondo. Aveva sempre saputo che lo stava seguendo. «Perché mi hai fatto il terzo grado se sapevi chi ero? E perché, sapendo che ti seguivo, non mi hai chiesto di farmi avanti?» Gli rivolse quelle domande con aggressività dolorosa. «Primo» rispose Lucien, «non avevo capito chi fossi fino alla discussione sui Cacciatori. Secondo, non volevo spaventarti e farti fuggire prima di comprendere quale fosse il tuo scopo.» Si fermò, in attesa che 32


Anya reagisse. Quando vide che non si muoveva, aggiunse: «Qual è il tuo scopo?». «Io... Tu...» Dannazione! Cosa doveva dirgli? «Mi devi un favore. Ho salvato il tuo amico, ti ho liberato dalla sua maledizione.» Ecco. Risposta razionale e sincera. Con quella sperava di aver dirottato la conversazione lontano dalle sue vere motivazioni. «Ah.» Lucien annuì, irrigidito. «Ora tutto ha un senso. Sei venuta a battere cassa.» «No.» Anche se questo le avrebbe salvato l'orgoglio, Anya si rese conto che non voleva dargli l'impressione di essere il tipo da baciare il primo venuto. «Non ancora.» Lucien aggrottò le sopracciglia. «Ma hai appena detto...» «So cosa ho detto.» «Allora perché sei venuta? Perché hai continuato a pedinarmi?» Anya premette la lingua contro il palato in preda alla frustrazione. In ogni caso, non ebbe il tempo di rispondere perché Reyes, Paris e Gideon si avvicinarono con aria minacciosa. Avevano intenzione di immobilizzarla per farla tacere? Invece di rispondere a Lucien, Anya si rivolse a loro con fare aggressivo: «Cosa volete? Non mi pare di avervi invitato a partecipare a questa conversazione». «Tu sei Anya?» Reyes la guardò da capo a piedi disgustato. Perché quell'aria nauseata? Avrebbe dovuto esserle grato! Non lo aveva forse liberato dalla maledizione che lo costringeva a trafiggere con una spada il suo migliore amico tutte le sere? Sì, era stata lei. Ma aveva colto l'espressione di quell'uomo ed era spaventata. A causa del passato amoroso della madre e dell'aspet33


tativa generale che lei avrebbe seguito le stesse orme per via dei suoi modi liberi, ogni dio dell'Olimpo, prima o dopo, le aveva rivolto lo stesso sguardo disgustato. All'inizio, Anya aveva sofferto per quel tronfio disprezzo. E per molte centinaia d'anni aveva cercato di comportarsi da brava ragazza: si vestiva in modo castigato, apriva bocca solo per rispondere, teneva gli occhi bassi. In qualche modo, Anya era riuscita a contenere il suo bisogno disperato di combinare disastri. Tutto questo per avere un po' di rispetto da coloro che l'avrebbero sempre considerata soltanto una puttana. Un fatidico giorno, mentre tornava a casa in lacrime perché aveva sorriso ad Ares e Artemide l'aveva chiamata ta ma de, Dysnomia l'aveva presa da parte spiegandole che qualunque cosa avesse fatto, gli altri l'avrebbero giudicata con durezza. «Ma tutti noi dobbiamo seguire i nostri istinti. Comportarsi in modo innaturale porta dolore e convince gli altri che ti vergogni di te stessa. Giudizio, questo, che ti rimarrebbe incollato addosso per sempre. Sei una creatura meravigliosa, Anya» le aveva detto. «Sii orgogliosa di come sei. Io lo sono.» Da quel momento, Anya si era vestita come le pareva, sexy e sfacciata, aveva parlato con chiunque le garbasse e si era rifiutata di abbassare lo sguardo se non per ammirare i suoi bellissimi stivaletti a punta. Aveva smesso di negare il suo bisogno di caos. Un modo insolito per mandare a quel paese coloro che la rifiutavano, ma soprattutto per dimostrare che era orgogliosa di sé. Non si sarebbe mai più vergognata. «È interessante vederti in carne e ossa dopo tutte le ricerche che ho fatto su di te negli ultimi tempi. Sei la figlia di Dysnomia» continuò Reyes. «Sei la dea minore dell'Anarchia.» 34


«Non ho nulla di minore.» Minore significava non importante, mentre lei era importante come gli altri esseri superiori. Tuttavia, nessuno sapeva chi fosse suo padre – lei stessa lo aveva scoperto tardi – e questo l'aveva messa in una posizione vulnerabile. «Ebbene sì. Sono una dea.» Lo guardò spavalda, senza lasciar trapelare alcuna emozione. «La sera in cui ti abbiamo conosciuta, quando hai salvato la vita di Ashlyn, ci hai detto che non lo eri» ricordò Lucien. «Che eri solo figlia di un dio.» Anya fece spallucce. Odiava gli dei e non usava quasi mai quel titolo. «Ho mentito. Lo faccio spesso. Fa parte del mio fascino, non credete?» Nessuno reagì. «Un tempo eravamo guerrieri degli dei e vivevamo in cielo, come tu ben saprai» disse Reyes come se Anya non avesse aperto bocca. «Non mi ricordo di te.» «Forse non ero ancora nata, genio.» Gli occhi dell'uomo brillarono d'irritazione, ma continuò in tono calmo. «Come ti ho già detto, dalla tua apparizione di alcune settimane fa, ho svolto delle ricerche cercando di scoprire il più possibile. Tempo fa fosti imprigionata per aver ucciso un uomo innocente. Poi, più o meno cento anni dopo, gli dei si decisero finalmente a punirti come si deve, ma prima che potessero eseguire la condanna, facesti una cosa che nessuna creatura immortale aveva mai fatto: scappasti.» Anya non tentò nemmeno di negare. «Le tue ricerche sono corrette.» In parte. «Dicono che infettasti il guardiano del Tartaro con una specie di malattia e che, poco dopo la tua fuga, lui cominciò a indebolirsi e a perdere la memoria. Avevano messo delle guardie in ogni angolo perché gli dei temevano che la sicurezza di una prigione dipendesse 35


dalla forza del suo guardiano. Nel giro di poco tempo, le mura della prigione iniziarono a crollare provocando la fuga dei Titani.» Dava la colpa a lei, giusto? Anya strinse gli occhi, stizzita. «Per quanto riguarda le leggende» replicò in tono neutro, «la verità è spesso distorta per spiegare cose che i mortali non possono capire. È buffo che proprio tu, oggetto di numerose leggende, non lo sappia.» «Sei fuggita tra gli umani» continuò Reyes, ignorandola di nuovo. «Ma non ti sei accontentata di vivere in pace tra loro. Hai scatenato guerre, hai rubato armi e addirittura navi. Hai provocato grossi incendi e altri disastri che hanno portato al panico di massa e a risse tra gli umani che, a centinaia, sono finiti in prigione.» Anya arrossì. Sì, aveva fatto quelle cose. Quando era arrivata sulla terra, non era ancora capace di controllare la sua natura ribelle. Gli dei avevano imparato a proteggersi da lei, ma gli umani no. Inoltre, dopo gli anni passati in prigione, Anya era diventata crudele. Un suo piccolo commento bastava per scatenare faide tra clan. Un'apparizione in tribunale, magari ridendo dei giudici e delle loro regole, bastava perché i cavalieri cercassero di assassinare il loro re. Lo stesso valeva per gli incendi. Dentro di lei, c'era qualcosa che la spingeva a lasciar cadere accidentalmente le torce per osservare le fiamme che danzavano. E i furti... Non aveva ancora imparato a soffocare la vocina che dentro di lei le diceva: Prendilo. Nessuno se ne accorgerà. Alla fine aveva capito che se nutriva il suo bisogno di caos con piccole cose – furti sporadici, innocenti bugie e qualche rissa occasionale – poteva evitare i grandi disastri. «Anch'io ho fatto i compiti» gli rispose gentile. 36


«Un tempo anche voi distruggevate le città uccidendo degli innocenti, no?» Questa volta fu Reyes ad arrossire. «Non sei più lo stesso di un tempo, come non lo sono io...» Prima che potesse finire la frase, si alzò un vento improvviso, gelido e sibilante. Anya sbatté le palpebre, confusa per un momento. «Maledizione!» imprecò, sapendo cosa stava per succedere. I guerrieri rimasero congelati e il tempo intorno a loro cessò di esistere: un potere più grande di loro aveva preso il comando sul mondo che li circondava. Anche Lucien, che aveva seguito con attenzione lo scambio tra lei e Reyes, divenne di pietra. Lo stesso accadde a lei. Oh, no, no, pensò e, alla sua invocazione, le sbarre di quella prigione invisibile si staccarono da lei come foglie da un albero in autunno. Niente e nessuno l'avrebbe fatta prigioniera. Non più. Suo padre l'aveva giurato. Anya si avvicinò a Lucien per liberarlo – perché volesse farlo non lo sapeva, dopo le cose che aveva detto di lei – ma il vento cessò di colpo, così come era arrivato. Anya aveva la bocca secca e il cuore iniziò a batterle come impazzito. Crono, che aveva usurpato il trono degli antichi dei greci solo pochi mesi prima, stabilendo nuove regole e nuove punizioni, stava per arrivare. L'aveva trovata. Apparve una forte luce azzurra che scacciò l'oscurità. Anya fuggì teletrasportandosi. Con un senso di assurdo rimorso, abbandonò Lucien, portandosi con sé il ricordo e il sapore del loro bacio.

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