BS111_IL_CORVO

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Heather Graham

IL CORVO


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Death Dealer Mira Books © 2008 Heather Graham Pozzessere Traduzione di Marina Boagno Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Nuovi Bestsellers Special gennaio 2011 Questo volume è stato impresso nel dicembre 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano I NUOVI BESTSELLERS SPECIAL ISSN 1124 - 3538 Periodico mensile n. 111S dell'8/1/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 369 del 25/6/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo Non è facile essere un fantasma. Si potrebbe pensare che sia la cosa più naturale del mondo. Ecco fatto... sei morto. Rassegnati. Ma è molto più difficile di quanto si potrebbe mai immaginare. Inizia con: Perché? Oh, conosciamo tutti le teorie. Una morte violenta. Qualcosa lasciato in sospeso. Qualcuno da proteggere. Qualcuno da mettere in guardia... Qualcuno di cui vendicarsi. Vendetta? Una volta che sei un fantasma? Grandioso. Ma non era quella la mia situazione. Il mio assassino è morto pochi secondi dopo che la vita mi ha abbandonato. Non che non avessi amato la vita... tutt'altro. E c'erano coloro che avevo lasciato indietro, a cui ero profondamente affezionata. Comunque, il grande amore della mia vita, Matt Connolly, se n'era andato prima di me. Ed era là ad accogliermi, quando sono arrivata. Sono passata oltre, come si dice. Tranne che c'è una questione... Non si passa effettivamente oltre. Si esiste in un mondo vago, pieno d'ombra, dove, spesso, 5


si vedono cose davvero orribili in procinto di accadere... e non si ha il potere di fermarle. Avevo un'idea di ciò che sarebbe accaduto. Avevo già vissuto l'esperienza della quasi-morte. Avevo sentito la forza della luce che chiama a sé... Un invito in Paradiso? Ancora non conosco la risposta. Perché quella volta sono sopravvissuta. E questa volta mi sono fermata. Come fantasma. E so che sono rimasta indietro per una ragione, anche se non ho un'idea precisa di quale sia. Ma per lo meno, diversamente da alcuni, sono piuttosto sicura di avere uno scopo. Mi sono imbattuta in molti miei simili che sono assai più smarriti di me, e con loro ho avuto uno strano rapporto, dopo la mia esperienza di quasi-morte e prima della mia dipartita dalla vita materiale. C'è Lawrence Ridgeway, il colonnello Lawrence Ridgeway, una carissima persona, con una barba perfettamente curata, e i favoriti. Purtroppo, non può accettare il fatto che la guerra civile è finita ed è stata vinta. Era un coraggioso soldato che venne a New York durante i terribili disordini per l'arruolamento negli anni Sessanta dell'Ottocento. Per quanto spesso mi sia sforzata di spiegarglielo, continua a montare la guardia ai suoi prigionieri scomparsi da tanto tempo. Anche Matt ha cercato di fargli notare che non ci sono prigionieri presenti, ma il povero colonnello Ridgeway semplicemente non può accettarlo. Temo che sia destinato a infestare per sempre un particolare corridoio qui, nella storica Hastings House, a Manhattan, triste e tragica figura che non troverà mai pace. Marnie Brubaker è morta di parto. È una creatura dolce e accattivante, e ama tutti i bambini che passano 6


per l'edificio. I bambini tendono a essere più aperti degli adulti alle visite dei miei simili. A Marnie piace giocare con i piccoli. Quando si addormentano sulla spalla di uno dei genitori, canta loro delle ninnananne. Di tanto in tanto uno di loro si spaventa per la sua presenza e si mette a strillare, il che la turba profondamente per settimane. Lei vuole solo offrire amore e conforto, ma alcune persone, anche i bambini, semplicemente non vogliono essere confortati da un fantasma. Ci sono quelli, come il colonnello Ridgeway, che continuano a ripetere eternamente la loro ultima azione. Poi ci sono quelli che imparano a muoversi nel mondo fisico. A passare attraverso i muri. Ad apparire e sparire a volontà. A muovere gli oggetti. In effetti, noi fantasmi possiamo imparare a fare ogni genere di cose, purché abbiamo la volontà, la pazienza e la costanza. Io sono stata la vittima di un killer che aveva già tolto la vita ad altre persone, prima di prendere la mia. Ma non c'è sofferenza nel mio mondo, specialmente non per me. Perché Matt è qui con me, e questo è tutto ciò che conta. È morto la notte della mia quasi-morte, ed è rimasto indietro per mettermi in guardia. Per salvarmi. Ma non era destino che ci riuscisse. Alla fine, sono morta per salvare Genevieve O'Brian. E finora, almeno, ci sono riuscita. Ma, essendo un'assistente sociale, è una di quelle persone che non si fermano mai nella loro ricerca di come aiutare gli altri, e questo può metterla in pericolo, a volte. Poi c'è Joe Connolly, il cugino di Matt. È un investigatore privato e un uomo fantastico. Un tipo tosto. Ma nessuno è così tosto da poter sfidare la morte. La vita non somiglia ai film. Per lo più, i cattivi hanno 7


una buona mira, perciò a Joe può servire un po' di protezione, che lo sappia o no. Sono persuasa che Matt e io siamo rimasti a causa di Joe, o di Genevieve. O forse di entrambi. È nostro compito assicurarci che loro – e forse altri – siano al sicuro. Nossignore, essere un fantasma non è facile. Anzi, è maledettamente difficile proteggere delle persone quando per la maggior parte del tempo non possono neppure vederci e, comunque, non pensano di avere bisogno di protezione. Prendete Joe. Lui ha la fissazione di andare a visitare le tombe delle persone che non ha potuto salvare... comprese quella di Matt e la mia. A volte porta dei fiori. A volte rimane semplicemente là, immerso nei suoi pensieri. E a volte parla. Poi si guarda attorno, sperando che nessuno lo abbia sentito. Immagino che gli sarebbe difficile trovare nuovi clienti, se cominciasse a girare la voce che è pazzo. Ma tutti, là fuori, hanno il loro modo di affrontare e superare una perdita. Quello di Joe è parlare con le persone davanti alle loro tombe. È così che siamo stati coinvolti nei Delitti Poe. Ed è così che Joe ha ripreso i rapporti con Genevieve. Lei era nata nel privilegio, ma anche dopo avere quasi perso la vita, non è stata capace di smettere di indagare sui problemi. Compreso l'omicidio.

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1 L'incidente avvenne sulla FDR. Stranamente, Joe stava guidando lungo l'East Side di Manhattan e pensando che era sorprendente che non si verificassero più spesso incidenti su quella strada così trafficata – e antiquata – quando, proprio davanti a lui, una macchina che lo precedeva di poco andò a sbattere contro un'altra. Lo stridio di pneumatici, il rumore di vetri infranti, di metallo contro metallo e diversi fragorosi tonfi furono la prova che era entrato in azione l'effetto domino. Qualcuno riuscì quasi a fermarsi, dopo la prima collisione, ma poi un'auto fu spinta sulla corsia parallela da un nuovo urto, e l'automobilista che sopraggiungeva non ebbe il tempo di frenare. La colpì con violenza, e a sua volta andò a finire sulla corsia vicina. L'urto successivo sbalzò la macchina sulla carreggiata opposta, in mezzo al traffico diretto a sud. In qualche modo, Joe riuscì a fermarsi sul margine della strada e chiamò il 911 con il cellulare. Riferì ciò che stava vedendo e la propria posizione, poi mollò il telefono e schizzò fuori per dare una mano. La macchina che aveva causato il primo urto era parecchio davanti a lui, ma la fila di veicoli danneggiati si estendeva quasi fino al punto in cui si trovava. 9


I passeggeri delle due auto più vicine stavano bene, e probabilmente il guidatore della terza non aveva riportato niente di più che una frattura a un braccio. Però l'odore di benzina attorno alla macchina che aveva saltato lo spartitraffico era forte. Brutto segno. Parecchia gente si era fermata, parlando e gridando, mentre i veicoli sopraggiunti cercavano di aggirare il groviglio e di proseguire. «Ehi, sta per esplodere!» gridò qualcuno a Joe, mentre si avvicinava all'auto. Lui alzò una mano per segnalare che aveva capito, ma proseguì. Non era un supereroe. Aveva solo lavorato in una quantità di scene di incidenti, quando era nella polizia, e una voce interna gli assicurava che – pericolo o no – aveva il tempo per intervenire. La macchina era capovolta. La testa del guidatore sanguinava ed era piegata a un angolo innaturale. L'uomo aveva gli occhi chiusi. «Ehi, deve svegliarsi. Dobbiamo tirarla fuori da lì. Ora l'aiuto» gli disse Joe. «Mia nipote» mormorò l'uomo «Deve aiutare mia nipote.» Afferrò il braccio di Joe con forza sorprendente. «Trish.» Solo allora, Joe vide la bambina. Era stata sul sedile posteriore, ma, essendo troppo piccola, era scivolata fuori dalla cintura di sicurezza e adesso era sul soffitto – diventato pavimento – con il visetto inondato di lacrime silenziose. «Avanti, tesoro, dammi la mano» disse Joe con calma forzata. La bambina aveva due enormi occhi azzurri. Poteva avere sette o otto anni, ma era piccola per la sua età, decise. «Trish» insistette. «Dammi la mano.» Tirò un sospiro di sollievo quando lei obbedì. Riu10


scì a tirarla fuori, anche se non poté evitare di farla strisciare carponi sui vetri infranti. Appena la ebbe fra le braccia, un uomo si precipitò fuori dalla folla circostante. «Allontanati subito da lì, amico!» disse, prendendo la bambina. «La macchina sta per esplodere.» «C'è un uomo dentro» obiettò Joe. «È morto.» «No, è vivo. Mi ha parlato.» Joe si accorgeva a malapena che tutto attorno risuonavano le sirene, che si stava facendo buio. Quello di cui si rendeva pienamente conto era che non gli restava molto tempo. Steso bocconi, gridò all'uomo che aveva preso in braccio la bambina: «Li faccia stare indietro... Faccia stare tutti indietro!». «Trish?» disse l'uomo nell'auto. «È tutto a posto. È fuori. Sta bene. Ora si prepari, perché sgancerò la cintura di sicurezza. Deve cercare di aiutarmi.» Fece del suo meglio per sostenere il peso dell'uomo, dopo avere sganciato la cintura, ma fu un'impresa. Una macchina capovolta non consentiva molta libertà di movimenti, specie quando stava per esplodere. Tuttavia riuscì a tirare fuori l'uomo. Poteva solo pregare di non avere peggiorato le sue condizioni. «Aiutatemi!» ruggì, una volta estratto l'uomo dall'auto. Lo stesso buon samaritano che aveva preso la bambina accorse. Insieme, cercarono di allontanare il ferito dal rottame, per metà trascinandolo, per metà portandolo. Giusto in tempo. La macchina esplose, lanciando altissime fiamme 11


sopra la FDR. Dovevano essere facilmente visibili fino da Brooklyn, e con ogni probabilità anche da mezza Manhattan. L'esplosione fu forte. Fu come se un'enorme mano rovente avesse sollevato Joe, la vittima e l'altro soccorritore, e li avesse scagliati a tre o quattro metri di distanza, facendoli atterrare duramente sull'asfalto. Joe rotolò su se stesso, cercando di fare scudo alla vittima, ben sapendo di essere in condizioni assai migliori per sopportare l'impatto. Per un momento, non poté respirare, poiché nell'aria non c'era nulla da respirare, a parte il fuoco. Poi, sentì il dolore praticamente in ogni giuntura, e la durezza della strada sotto la schiena. Si rese conto delle grida tutto attorno a lui, che prima non aveva sentito. L'esplosione aveva risucchiato via dall'aria ogni suono, assieme all'ossigeno. «Stai bene, amico?» chiese l'uomo che lo aveva aiutato. «Sì, e tu?» «Benissimo.» Un attimo dopo, c'era davanti a lui un giovane paramedico. Joe si sforzò di alzarsi. «Calma. Non si muova fino a quando non saremo sicuri che non ha niente di rotto, signore» disse il paramedico. «Non ho niente di rotto. Sto bene» gli assicurò Joe. «Il tizio che mi ha aiutato...» «C'è qualcuno che se ne occupa.» «L'uomo nella macchina... credo che fosse ferito gravemente» aggiunse Joe. «Sì, lo... lo abbiamo capito» disse il paramedico. «La bambina sta bene» aggiunse in modo gentile. «Tutti parlano di come lei le ha salvato la vita.» 12


«Bene, magnifico» brontolò Joe. «Ma l'uomo ha bisogno...» «Signore, mi dispiace dirglielo, ma è morto.» «Credevo che avesse una possibilità.» Il paramedico rimase in silenzio per un momento. «Lei ha fatto una buona azione» disse a bassa voce. «Ma quell'uomo... è morto sul colpo. Collo spezzato.» «No... mi ha parlato.» «Forse lei ha battuto la testa, signore. Quell'uomo non avrebbe potuto parlarle. Sono sicuro che la famiglia le sarà grata per avere estratto il corpo, ma è morto al primo impatto. Lo giuro. Aveva il collo spezzato. Non ha sofferto.» Mentre parlava, il paramedico tirò fuori un fonendoscopio. A quanto pareva, non intendeva prendere per buona l'affermazione di Joe che stava bene. Lui aveva ripreso a respirare normalmente. Spinse da parte il fonendoscopio e si alzò a sedere, fissando il paramedico. Che cosa ne sapeva lui? Non era il medico legale. «Era vivo. Mi ha parlato. Non avrei neppure visto la bambina, se lui non mi avesse detto che era nella macchina.» «Sicuro.» Joe era perfettamente in grado di capire quando gli si dava ragione solo per accontentarlo. «Le ho detto che sto bene.» Sapeva che il paramedico era animato dalle migliori intenzioni, ma lui stava benissimo... tranne per il fatto che quel ragazzino stava cercando di dirgli che l'uomo era morto sul colpo. «Signore, lasci che l'aiuti» insistette il paramedico. «Vuole aiutarmi? Mi porti via da qui» scattò Joe. «Alla svelta.» 13


«Lasci solo che prenda una barella.» «Sicuro» disse Joe, pensando che qualunque cosa gli togliesse di torno quel tizio andava benissimo. Non appena il paramedico andò in cerca di una barella, Joe respirò a fondo e si alzò in piedi. Maledizione, era tutto un dolore. Be', praticamente era come se fosse stato ripassato con la carta abrasiva, quando era slittato sull'asfalto, e non aveva più diciotto anni. Si rese conto che non c'era alcun modo di potersi allontanare dalla scena dell'incidente con la sua macchina. Ma nel punto in cui l'aveva lasciata non bloccava nessuno, perciò non doveva fare altro che andarsene a piedi. Fu più facile di quanto avesse immaginato. Ma già, si stava allontanando da una scena di caos, e l'attenzione di tutti era concentrata sul disastro, non su un solitario pedone. Mentre camminava, poté sentire attorno a sé delle voci... per lo più allarmate e preoccupate, alcune solo eccitate. Stavano arrivando altri poliziotti e altre ambulanze. Si diresse verso sud lungo la spalletta, e finalmente seguì una rampa d'ingresso fino alla strada, dove fermò un taxi. Il tassista non batté ciglio di fronte al suo aspetto. Diamine, quella era New York. Joe gli suggerì un percorso per Brooklyn che non comprendesse la FDR. Finalmente arrivò a casa, dove fece la doccia e si cambiò, poi andò in soggiorno e accese il televisore, cercando i notiziari locali. L'incidente occupava il centro della scena. «I feriti sono dodici, e sono stati ricoverati in vari ospedali della zona» stava dicendo una graziosa annunciatrice, con aria grave. «C'è stato un morto. Adam Brookfield è rimasto ucciso quando la sua auto ha 14


saltato lo spartitraffico. Il medico legale ha riferito che il signor Brookfield è morto sul colpo, tuttavia un eroico spettatore, che si è poi allontanato dalla scena, ha estratto il corpo dell'uomo dalla macchina pochi istanti prima che esplodesse. Lo stesso uomo aveva salvato la nipotina di sei anni della vittima, che sta bene ed è stata raggiunta dai genitori al St. Vincent Hospital.» La donna si spostò sulla sedia per guardare una diversa telecamera. L'espressione grave scomparve dal suo viso. Sorrise. «Questo finesettimana diamo il benvenuto al Kennedy Center alla All American Chorale Union. E a quanti hanno acquistato i biglietti, noi rammentiamo che stasera ci sarà una speciale esposizione di antichi manufatti egizi al Metropolitan Museum of Art. Il ricavato servirà a finanziare ulteriori ricerche archeologiche proprio qui a New York. E adesso...» Joe non ascoltava più. Era irritato. Quell'uomo, Adam Brookfield, era stato vivo. Gli aveva parlato. Era una sciocchezza affermare che era morto sul colpo. Se fosse stato morto, non avrebbe potuto parlare. Consultò l'orologio. Sarebbero passate ore prima che potesse ragionevolmente andare a recuperare la sua macchina, il che significava che, con ogni probabilità, sarebbe stata rimorchiata da qualche parte. Oh, al diavolo. Quando era incappato nell'incidente, era diretto al Metropolitan Museum per intervenire all'evento di quella sera, ma ora decise che non gliene importava più. Sarebbe andato a Manhattan, in un bar che era diventato uno dei suoi preferiti. «Congratulazioni, senatore, è bellissimo» disse Ge15


nevieve O'Brian al senatore James McCray e a sua moglie, che le mostravano le foto del loro nipotino nato da poco. Francamente, il piccolo non aveva proprio niente di speciale. Era calvo, grinzoso e... neonato. Ma il senatore era un finanziatore della Historical Society e aveva pagato una bella somma per una cena e una passeggiata attraverso il museo, e ovviamente Genevieve aveva detto tutte le cose giuste riguardo al nipotino. Lo avrebbe fatto anche se lo avesse incontrato per strada, si intende. Maledisse le macchine fotografiche digitali. Il senatore non aveva una foto, ma almeno un centinaio. «Dovrebbe sposarsi e avere dei bambini anche lei, ragazza mia» commentò James McCray. Sua moglie gli allungò una gomitata. Era impallidita, tutto a un tratto. Genevieve sospirò e cercò di non dare a vedere ciò che provava, ma era stufa di quell'andazzo. Qualunque cosa che avesse anche remotamente a che fare con il sesso era considerata tabù, in sua presenza. Era stata vittima di un maniaco che si aggirava per le strade di New York prendendo di mira le prostitute... le stesse prostitute con cui Genevieve lavorava. Tutti sapevano quello che aveva passato, e che era viva per miracolo. Era viva perché si era resa rapidamente conto che il suo aggressore era, in realtà, impotente. Aveva giocato sulla sua psicologia, alimentando il suo ego, e benché fosse stata imprigionata e malmenata, non aveva subito da quell'esperienza le conseguenze devastanti che tutti sembravano immaginare. Quello che la faceva maggiormente soffrire era sapere che una persona incredibile come la sua amica Leslie MacIntyre era morta. 16


«Mi piacerebbe molto avere dei bambini, un giorno, senatore» rispose allegramente. «Quando incontrerò la persona giusta per esserne il papà. Godetevi il vostro bellissimo nipotino. Ma ora, se volete scusarmi, ho bisogno di occuparmi di alcune cose.» Sì, aveva bisogno di trovare un modo per svignarsela. Andò rapidamente in una sala laterale, aperta solo per comodità della Historical Society, che organizzava l'evento. C'era una panca, e vi si sedette. Lui non si era fatto vedere. Gen sospirò, chiedendosi perché mai aveva pensato che Joe sarebbe venuto. Era un tipo affascinante, incuriosito da quasi tutto ciò che esisteva al mondo. Non era nato ricco, ma se c'era qualcuno che sapeva bene che il denaro non era tutto, era lei. Joe era una di quelle persone che vivevano pienamente la loro vita, e se la cavava piuttosto bene. Ed era favoloso in completo scuro. Decisamente, un tipo notevole. E suo amico, pensò Gen. Quando non la evitava. Sorrise fra sé. Se era nei guai, se aveva bisogno di essere soccorsa, lui sarebbe stato lì. Il fatto era che non aveva bisogno di soccorso. E non voleva neppure averne. Il suo sorriso sfumò. In realtà, aveva bisogno d'aiuto. Aveva sperato che Joe si facesse vivo quella sera perché voleva parlargli della preoccupazione che in quel momento l'assillava. Un omicidio. I media lo avevano soprannominato il delitto Poe perché la vittima, Thorne Bigelow, era stato presidente della New York Poe Society, un gruppo di lettori e 17


scrittori i cui membri studiavano la vita e le opere di Edgar Allan Poe, avevano scelto di chiamarsi i Corvi e l'assassino aveva lasciato un biglietto che faceva riferimento al famoso scrittore. Si guardò intorno nella sala. Erano presenti numerosi Corvi, quella sera, tra cui la madre della stessa Genevieve. Per la maggior parte, i membri svolgevano attività che avevano a che fare con la letteratura o con l'istruzione nella città di New York. Come la madre di Gen, quasi tutti finanziavano anche vari gruppi interessati alla storia e all'archeologia. Fra i presenti, Gen notò un cronista della carta stampata, Larry Levine, che era lì per scrivere un pezzo sull'evento. Poi c'era Lila Hawkins... una dama dell'alta società, dalla lingua tagliente e molto, molto ricca. In tutta franchezza, era odiosa, ma faceva una quantità di ottime cose per le arti, in città. Pochi minuti prima, Gen aveva visto Lila con Barbara Hirshorn, un'altra dei Corvi e l'esatto contrario di Lila. Barbara era così timida che aveva difficoltà a parlare con più di una persona alla volta. Aveva notato che perfino Jared Bigelow aveva fatto una breve apparizione con Mary Vincenzo, sua zia, al braccio. Ora se n'era andato, e lei non aveva avuto l'occasione di parlargli. Si era fatto vedere solo per sostenere la causa, quella sera. Era ancora in lutto per suo padre. Dal suo posto sulla panca, Gen poteva sentire la voce tonante di Don Tracy, il solo, fra i Corvi, che aveva portato Poe alle masse. Era un attore, e bravo, anche se non era mai diventato noto al grande pubblico. Amava il palcoscenico e aveva recitato le opere di Poe in numerose occasioni. Nessuno di loro sembrava spaventato dal biglietto che era stato trovato assieme al corpo di Thorne. 18


Thorne Bigelow era stato un uomo molto ricco. Un uomo molto conosciuto. E benché avvenissero anche troppo spesso degli omicidi, la triste verità era che un delitto che potesse offrire qualche appiglio interessante – come quando la vittima compariva regolarmente nelle cronache e un misterioso biglietto faceva riferimento a un narratore e poeta morto da secoli – incuriosiva i media più della maggior parte degli altri. Era solo un caso che Thorne Bigelow fosse stato un Corvo molto ricco. I Corvi non richiedevano che un membro fosse ricco, famoso, o che avesse pubblicato scritti sulla vita e le opera di Poe. Thorne Bigelow, però, aveva al suo attivo un libro che era considerato l'ultima e definitiva parola sullo scrittore. La sua competenza era riconosciuta e onorata ovunque. Ed era stato avvelenato. Avvelenato con una bottiglia di vino da mille dollari. Amava il vino, forse anche troppo. E ne era morto. Nello stile di Poe. Il gatto nero. O forse Il barile di amontillado. L'assassino non sembrava essere stato troppo preciso sul racconto a cui aveva inteso alludere per fare un parallelo con la morte di Bigelow. Ma aveva reso chiare le sue intenzioni nel biglietto che aveva lasciato sulla scena. Un verso più volte ripetuto nella famosa poesia di Poe. Disse il corvo: muori. La polizia era, in pratica, a un punto morto, anche se Genevieve non sapeva bene perché i media le facessero pressioni così forti riguardo al caso. Thorne Bigelow era morto solo da una settimana, e lei sapeva per esperienza personale che poteva volerci molto tempo, prima che una brutta situazione fosse risolta. 19


L'anno prima, se non fosse stato per il suo rapimento e per la ricchezza della sua famiglia, la morte di molte fra le persone meno fortunate della città sarebbe rimasta impunita forse per sempre. Ma un Bigelow faceva notizia. «Mia cara, eccoti qui!» Genevieve alzò gli occhi. Sua madre – era ancora strano chiamare Eileen mamma, quando era cresciuta credendo che fosse una zia – era in piedi di fronte a lei. Eileen, ora poco più che quarantenne, era bellissima. Il suo amore per la figlia era così grande – per non parlare del fatto che, senza la sua perseveranza, Genevieve sarebbe morta – che era facile perdonarle le bugie del passato. Soprattutto perché Genevieve conosceva quale poteva essere il peso delle pressioni della famiglia, e sapeva che sua madre era stata di gran lunga troppo giovane per difendersi, quando lei era nata. Ma, alla fine, Eileen Brideswell aveva deciso che una New York che impazziva per le repliche di Sex and the City le avrebbe senza dubbio perdonato il fatto di avere avuto una figlia quando era giovanissima, e senza essere sposata. Quella che un tempo sarebbe stata considerata una grave colpa, adesso passava per lo più inosservata, specie in quella città. E, dopotutto, Genevieve aveva amato Eileen per tutta la vita. «Eccomi qui» disse allegramente. «Lui non si è fatto vivo» osservò Eileen. «No.» Eileen esitò. Era molto snella e aveva lineamenti classici, che l'avrebbero resa bella come lo era ora anche a ottant'anni. Ma in quel momento la sua espressione era tesa. 20


«Che cosa c'è?» chiese Genevieve, subito ansiosa. «C'è stato un terribile incidente sulla FDR.» Genevieve balzò in piedi. «Quando? Di solito Joe...» «Circa un'ora fa. Le notizie sono state appena diffuse. Un uomo è rimasto ucciso – non spaventarti, non era Joe – e ci sono numerosi feriti.» Genevieve si rimise a sedere e frugò nella tasca della gonna nera di seta in cerca del cellulare. «Quel bastardo farà meglio a rispondermi» borbottò. «Joe Connolly» disse la sua voce, dopo tre squilli. Genevieve sentì della musica in sottofondo. Una melodia irlandese. Era da O'Malley, pensò. «Joe, sono Genevieve.» «Ciao. Sei ancora alla tua soirée?» chiese lui. «Sì. Credevo che venissi anche tu.» «Non ce l'ho fatta per via del traffico.» Lei sospirò. Okay, poteva essere una scusa legittima. «Ah.» «Sono da O'Malley.» «Sì, si capisce dalla musica.» Lui rimase in silenzio. Sembrava un silenzio imbarazzato. Era troppo appiccicosa? Buon Dio, gli aveva parlato in tono di disapprovazione, come se fosse stata sua moglie o qualcosa del genere? Smettila, si ammonì. Doveva stare attenta a non aspettarsi troppo da Joe. Era sembrato, dopo che l'aveva salvata, dopo che Leslie era morta, che fossero destinati ad avvicinarsi. Due amici che avevano bisogno l'uno dell'altro. Ma poi era stato come se lui avesse elevato un muro fra loro. 21


Gen strinse i denti. Aveva bisogno di Joe. Punto e basta. Aveva bisogno del suo aiuto professionale. Era un investigatore privato. Trovava le persone, indagava sui fatti, scopriva la verità. Era il suo lavoro. E lei intendeva assumerlo. Non chiedeva alcun favore. «Be', divertiti» disse. Chiuse la comunicazione prima che Joe potesse rispondere. Eileen la guardò. «Non preoccuparti, cara.» Si sedette accanto a lei e le batté un colpetto sul ginocchio. «Finirà tutto bene.» «Mamma...» La parola sembrava un po' strana, ma Gen amava usarla. «Mamma, ora sono preoccupata per te. Sei un Corvo, e...» Eileen sospirò. «Oh, cara, non preoccuparti. Sono un membro secondario, nel migliore dei casi. Mi piace fare parte dell'associazione, amo le nostre letture e le nostre discussioni, ma... onestamente, non mi preoccupo affatto.» «Mamma... Thorne è stato assassinato.» «Sì.» «Da qualcuno che, all'apparenza, non era favorevolmente colpito dal suo lavoro su Poe.» «Ma io non ho mai scritto un libro» la rassicurò Eileen. Genevieve sospirò, alzandosi. «Ma sei un Corvo.» «Assieme a molte altre cose.» «Non posso farci niente. Sono preoccupata per te. Henry ti riporterà a casa, vero?» Eileen corrugò le sopracciglia. «Sì, naturalmente. E tu? Hai intenzione di andare via?» 22


«Farò un salto da O'Malley.» «Oh.» Eileen sembrava preoccupata. «Non mi succederà niente» le assicurò Genevieve. «Sono in macchina, ma so dove posteggiare. Mi farò accompagnare fuori da qui dalla sicurezza e non lascerò O'Malley senza qualcuno che possa venire con me fino alla macchina. Okay? Andrà tutto bene, te lo assicuro. Diavolo, credo che domandino la tua approvazione prima di assumere qualcuno, da O'Malley.» Eileen rise, ma era tesa. «Non gli dico chi possono o non possono assumere. Semplicemente, il locale mi è sempre piaciuto, e sono amica dei proprietari.» «E io sono al sicuro là» disse Genevieve a bassa voce. Eileen sembrava ancora preoccupata, pensò. Ma in quel periodo era preoccupata ogni volta che la perdeva di vista. Genevieve, però, era tornata a vivere nel suo appartamento. Non che non adorasse Eileen o non amasse la sua lussuosa casa. Solo, preferiva la semplicità... e l'indipendenza. Era una triste ironia che, in quei giorni, sembrassero temere l'una per l'incolumità l'altra, proprio quando il loro rapporto era diventato ancora più stretto. Tuttavia, Genevieve non poteva fare a meno di preoccuparsi per Eileen, in conseguenza dell'assassinio di Thorne. Eileen faceva parte dei Corvi, e benché la polizia scartasse l'idea, a Gen sembrava che Thorne fosse stato ucciso specificamente perché era un Corvo, non solo perché era uno studioso che aveva pubblicato un saggio su Poe. Certo, era probabile che fosse stato il libro ad attira23


re su di lui l'attenzione dell'assassino, ed era vero che Eileen non aveva mai scritto un libro. Aveva troppe associazioni di beneficenza e circoli femminili di cui occuparsi per dedicare molto tempo agli studi su Poe. Tuttavia, il legame era inquietante, e Genevieve voleva coinvolgere Joe. Tutto qui, puro e semplice O forse, non era proprio così semplice? Forse stava mentendo a se stessa, forse voleva vedere Joe anche per motivi personali. Dio sapeva che c'era parecchio da vedere. Era intelligente, spiritoso, generoso e appena un po' brusco. Sexy e comprensivo. Una combinazione a cui era difficile resistere. Ed era innamorato di una donna morta. Gen cercò di scacciare quel pensiero. Lei e Joe erano solo amici proprio a causa di quello che era accaduto. Si erano aiutati a vicenda a superare dei momenti difficili, ed erano diventati buoni amici. Sì, lei aveva una moltitudine di sentimenti che le turbinavano dentro, riguardo a Joe. Ma ora la forza che la spingeva a desiderare di vederlo era quello che stava diventando un timore crescente per la sicurezza di sua madre. Si alzò, baciando Eileen sulla guancia. «Sarò da O'Malley. Ti chiamerò quando andrò via, e poi anche quando arriverò a casa. Okay?» Eileen annuì. «Ti è piaciuta la mostra?» «Credo che abbiamo raccolto una bella somma. Leslie ne sarebbe stata felice.» Leslie, che aveva avuto il dono – o la maledizione – di poteri straordinari, era stata un'archeologa. Aveva amato la storia. Ne aveva avuto un vero culto. L'evento di quella sera era stato studiato in suo onore, e una 24


parte del denaro raccolto sarebbe stato utilizzato per restaurare alcuni dei reperti che aveva trovato nel suo ultimo scavo, quello che aveva finito per costarle la vita. Genevieve diede un ultimo, rapido bacio a sua madre, poi si affrettò a uscire. La serata era un po' fresca, e fu contenta di avere scelto di indossare una giacca, anziché una stola da sera. Non tanto perché era più calda, ma perché sarebbe stata molto più adatta per presentarsi da O'Malley. Il valletto le portò la macchina, e pochi minuti dopo era diretta verso il centro. Mentre guidava, accese la radio. Fece in tempo a sentire il notiziario, e l'argomento principale era l'incidente di quella sera sulla FDR, che non era stata ancora del tutto sgomberata. C'erano brevi interviste con parecchi sopravvissuti, e Gen sussultò, allarmata, sentendo un nome. Sam Latham.

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