BSS101 LA FINESTRA SUL MALE

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Brenda Novak

LA FINESTRA SUL MALE


Immagine di copertina: Corbis/Gettyimages Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Perfect Couple Mira Books © 2009 Brenda Novak Traduzione di Alessandra De Angelis Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Nuovi Bestsellers Special marzo 2010 Questo volume è stato impresso nel febbraio 2010 presso la Rotolito Lombarda - Milano I NUOVI BESTSELLERS SPECIAL ISSN 1124 - 3538 Periodico mensile n. 101S del 6/3/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 369 del 25/6/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


CAPITOLO

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Sacramento, California Il rumore sordo che proveniva dal portabagagli della sua auto sorprese cosĂŹ tanto Tiffany che per poco non perse il controllo della vettura uscendo dalla carreggiata. Cosa diavolo stava succedendo? Il quattordicenne che lei e suo marito avevano ribattezzato Rover doveva essere morto. Non poteva sbarazzarsi del corpo, se era ancora vivo! Cosa fare? Strinse spasmodicamente il volante. Doveva fermarsi a controllare. Come poteva tornare in vita un ragazzo che era stato ucciso? Eppure il tonfo che aveva sentito era inequivocabile. Era Rover, in preda al panico perchĂŠ aveva ripreso conoscenza in uno spazio angusto e buio? Le sembrava impossibile che respirasse ancora. Ma, se era vivo, sicuramente si era reso conto di essere alla fine. Non avrebbe mai rivisto i suoi genitori se non avesse fatto qualcosa, qualunque cosa. Eppure la stupiva sempre come gli adolescenti che suo marito portava a casa finissero per diventare timorosi e facilmente manipolabili. Forse era merito di Colin, che ci sapeva fare con loro e sapeva sempre scegliere il tipo giusto. Un altro tonfo. Ora le sudavano le mani. Accidenti! Non doveva succedere. Era la prima volta che qualcosa andava storto. Per fortuna era improbabile che qualcuno potesse sentire il 5


rumore. Tiffany guardò nello specchietto retrovisore. Dietro di lei c'era un SUV, con una donna al volante che aveva abbassato il finestrino per godersi il tepore di quella bella giornata di primavera. Però non sembrava essersi accorta di niente, anche se la vettura le era molto vicina. Sentì altri tonfi sordi. Agitata, si decise ad accostare, sperando che il SUV non si fermasse a sua volta perché la donna aveva sentito qualcosa. Come avrebbe potuto spiegare la presenza di un ragazzo nel bagagliaio, oltretutto in quelle condizioni? No, era meglio proseguire. Avrebbe svoltato al prossimo semaforo, sperando che il SUV andasse dritto. Avrebbe ripreso la direzione per arrivare all'autostrada e poi avrebbe imboccato un sentiero sterrato e si sarebbe inoltrata tra le montagne, in mezzo agli alberi. E poi? Una cosa era sbarazzarsi di un cadavere, ben altra cosa era dover finire il lavoro con le sue mani. Il rumore proveniente dal bagagliaio divenne più forte e insistente. Tiffany stava attraversando il centro abitato. Magari qualche passante lo avrebbe sentito. Fece un respiro profondo. Doveva sistemare le cose a qualsiasi costo, oppure Colin si sarebbe arrabbiato. Se avesse commesso un errore, sarebbero finiti entrambi in prigione. Con il cuore in gola, frugò nella borsa appoggiata sul sedile accanto finché non trovò il cellulare e chiamò suo marito. «Pronto?» «Colin, è vivo!» esclamò, angosciata. Un attimo dopo sentì la voce registrata di Colin alla segreteria telefonica e, frustrata, interruppe la comunicazione. Colin si era divertito un mondo a registrare quel Pronto? all'inizio del messaggio sulla segreteria. Ci cascavano tutti quelli che chiamavano e credevano che fosse lui a rispondere veramente. Ma ora Tiffany non ci trovava niente da ridere. Aveva bisogno di Colin. «Aiuto! Qualcuno mi aiuti!» 6


Era Rover che gridava! Tiffany imboccò la prima svolta a destra e accelerò. Per fortuna, il SUV era andato dritto. Compose il numero dello studio legale dove Colin lavorava. Le rispose la segretaria, Misty, a cui chiese di passarle Colin. Ma Misty rispose che era in riunione con il suo superiore. Colin si era laureato in legge solo da un anno ed era praticante nello studio legale Scovil, Potter & Clay. Faceva molta attenzione a comportarsi bene per avere l'approvazione degli avvocati da cui dipendeva, specialmente Walter Scovil, il socio più anziano. Tiffany, però, era convinta che ciò che stava succedendo fosse di una gravità tale da consentirle di disturbarlo. Perciò mentì dicendo che era un'emergenza e doveva parlare subito con Colin, spiegando che la madre era caduta e si era fatta molto male. Colin odiava sua madre e non si sarebbe preso il disturbo di attraversare la strada per andarla a trovare, neanche se fosse stata sul letto di morte, ma gli altri non lo sapevano e Tiffany si guardava bene dal confidarsi con qualcuno. Lei e Colin sapevano che cosa avrebbe pensato la gente se avesse sentito gli epiteti con cui chiamava sua madre. La segretaria capitolò facilmente davanti a quella scusa e andò a chiamarle Colin. Il semaforo era diventato rosso, nel frattempo, e il traffico stava rallentando. Tiffany non poteva rischiare di farsi sentire e non voleva fermarsi, ma le altre auto la bloccavano e le impedivano di mettere la freccia e svoltare. Non aveva altra scelta se non aspettare che scattasse il verde. Per fortuna, dal bagagliaio non proveniva più un solo lamento. Forse era finalmente morto... «Perché mi chiami, Tiffany?» tuonò Colin. Tiffany trasalì sentendo improvvisamente la voce del marito al cellulare. Ormai piangeva senza ritegno, ma si asciugò le lacrime quando si accorse che l'uomo in fila accanto a lei la fissava incuriosito attraverso il finestrino. 7


«Si tratta di Rover.» «Che è successo?» «È vivo.» «Come?» esclamò Colin. «È vivo» ripeté Tiffany. «Non può essere.» «Te lo giuro. L'ho sentito battere e gridare aiuto nel portabagagli.» «Allora accosta e sistema la faccenda.» «Qui? Sono in mezzo al paese.» «No, non puoi» ammise Colin. Dopo qualche secondo di silenzio, aggiunse: «In che strada sei?». «Sono sulla Hazel, a Fair Oaks, voglio arrivare all'autostrada che porta alle montagne.» «Esci dal paese, poi accosta e risolvi la situazione.» «In che senso?» gli chiese Tiffany, anche se aveva già capito cosa voleva che facesse. «Nel senso che devi sistemare la cosa una volta per tutte» sussurrò lui. «Finisci il lavoro.» Avrebbe dovuto uccidere Rover da sola, con le sue mani? Provava una stretta alla bocca dello stomaco al solo pensiero. Il ragazzino era stato il cucciolo di Colin, il suo giocattolo preferito. Stava a lui chiudere la questione. «Ma non ho un'arma!» protestò. «Usa un grosso ramo o una pietra. Vedrai che è facile.» Tiffany era sconvolta. Quello che era cominciato come un passatempo si era trasformato in un incubo. A volte, di notte, restava sveglia per ore a pensare, e le sembrava incredibile che la sua vita avesse imboccato una direzione tale da non aver più il controllo delle sue azioni e delle sue decisioni. Tuttavia non sapeva come uscirne. Colin non avrebbe neanche preso in considerazione l'ipotesi di smettere. Per lui, la scossa di adrenalina, l'eccitazione erotica, l'inebriante senso di potere erano come droghe, e l'aveva irretita ripentendo la solita promessa. Solo un'altra volta, poi smetto. 8


E ora lei non sarebbe stata più solo una complice, ma una partecipante attiva, costretta a rimediare ai suoi errori. «Scherzi? Sai che non ne avrei mai la forza.» «Non hai altra scelta!» Il semaforo diventò verde. Il conducente dell'auto accanto alla sua le fece un sorriso prima di accelerare, ma Tiffany si preoccupò che avesse potuto insospettirsi. «Ma...» «Fallo e basta» la interruppe Colin. «O giuro su Dio che...» Non finì la frase, non ce n'era bisogno. Tiffany sapeva già che cosa le sarebbe successo se non avesse sistemato la questione. Colin l'avrebbe punita severamente, ora che non aveva più un cucciolo su cui sfogarsi. «Ho capito, ho capito. Comunque non lo sento più muoversi.» «Allora mi hai disturbato per niente?» sbuffò Colin. «Sei patetica!» «Non trattarmi così, dopo tutto quello che ho fatto per te!» «Non cominciare. Sai che mi devi tutto. Non saresti nessuno, senza di me. Quando ti ho conosciuto, eri solo una grassa vacca scialba.» Colin abbassò la voce, ma Tiffany immaginò che fosse nel suo ufficio con la porta chiusa, altrimenti non avrebbe potuto parlarle con tale libertà. «Alle superiori non c'era un solo ragazzo che ti guardasse, brutta e malvestita com'eri. Ora, invece, tutti i miei amici sbavano quando passi. Ti ho trasformato in una supermodella, ti ho insegnato io a curarti.» Per Tiffany, curarsi, come lo definiva Colin, era un impegno a tempo pieno. Lui pretendeva che facesse due ore al giorno di palestra, la pesava regolarmente e controllava ogni suo boccone affinché il peso non aumentasse di un grammo. La voleva magra e tonica, ma con una bella quarta di reggiseno. Tiffany aveva il seno piccolo, per cui lui le aveva imposto un intervento di chirurgia plastica per aumentarlo. Avrebbe voluto che portasse addirittura una quinta, ma il chirurgo plastico si era opposto e Colin aveva dovuto rinunciare a realizzare le 9


sue fantasie. Però le aveva fatto rifare anche il naso, le labbra e gli zigomi. Erano sotto di novemila dollari in banca, ma Colin non si preoccupava per quelle spese eccessive. Gli importava solo di essere la coppia più ammirata e invidiata del quartiere e del suo ufficio. «Non mi interessa quello che pensano di me gli altri uomini» disse Tiffany. Era vero. Colin era l'unico di cui le importasse qualcosa, l'unico che l'avesse mai amata. Colin era tutto il suo mondo, e lei non voleva perderlo. «Allora, se ti preoccupi tanto di quello che penso io di te, fai quello che ti dico!» tuonò Colin. Tiffany si sentiva leggermente rincuorata perché dal bagagliaio non provenivano più rumori. «Va bene» acconsentì quindi, docile. «Brava.» Tiffany vide lo svincolo autostradale a destra e lo imboccò. Lì sarebbe stato difficile che qualcuno potesse sentire Rover. «Ero solo impaurita» si giustificò. «Lo so, piccola. Ma sei più forte di quanto tu creda. Sei mia, tutta mia, e io ti ho addestrato bene. So quello che sei in grado di fare. Fidati di me.» Colin era troppo possessivo, ma Tiffany si riteneva fortunata a essere sua moglie, perché lui la faceva sentire bella e desiderata. Ogni tanto la portava a farsi fare un nuovo tatuaggio. Aveva il nome di suo marito tatuato in varie parti del corpo, sul seno, su una natica e all'interno di una coscia, perché lui voleva vedere il proprio marchio impresso sulla pelle della moglie da qualunque angolazione la prendesse. Tiffany lo accontentava volentieri, perché Colin non avrebbe investito tante energie, soldi e tempo su di lei se non l'avesse considerata importante. Però, chi cercava di opporsi a lui, finiva male. Con un brivido, ricordò l'episodio che aveva portato alla fine del loro rapporto con Rover. Era stata tutta colpa del ragazzo, che sapeva perfettamente cosa volesse Colin. Se gli avesse ubbidito, lui gli avrebbe fatto male solo un po', ma poi sarebbe 10


guarito. Non ci sarebbe stato motivo di ucciderlo. E invece ora lei stava andando a sbarazzarsi del suo cadavere. «Che cosa vuoi per cena?» chiese a Colin per cambiare discorso. «E che ne so? Fai tu» sbuffò lui. «Ora devo tornare alla riunione. Mi hai fatto perdere già troppo tempo.» «Sì, scusa.» «Grazie per l'aiuto, Tiffany. Stasera ti dimostrerò tutto il mio amore» le disse Colin prima di chiudere. Sorridendo, Tiffany mise il cellulare in borsa. Senza Rover, sarebbero stati di nuovo soli, come piaceva a lei. Sapeva che non avrebbe dovuto essere gelosa dei giocattoli di suo marito, o cuccioli, come li chiamava lui, ma non le piaceva quello che lui li costringeva a fare. Inoltre, si era resa conto che Colin li trovava più appaganti e interessanti di lei, specialmente i maschi. Anche ora che aveva il seno al silicone e i tatuaggi, e si piegava a tutti i suoi giochetti sadomaso, Tiffany temeva di essere per lui solo un trofeo, una bella moglie da esibire ad amici e colleghi per farsi invidiare. Fattasi forza, si disse che sarebbe riuscita a portare a termine il suo compito. Si sarebbe diretta verso i boschi, avrebbe oltrepassato la baita che un anno avevano affittato per passarci le vacanze di Natale prima che il padre di Colin acquistasse un piccolo chalet in montagna. Poi si sarebbe addentrata tra gli alberi e avrebbe lasciato il corpo. Tornando a casa, avrebbe fatto la spesa per preparare una bella cenetta per Colin, e quella sera si sarebbe fatta legare e frustare per compiacerlo. Con un po' di fortuna, lui l'avrebbe perdonata per averlo chiamato in ufficio e avrebbe dimenticato Rover. Rassicurata, proseguì e trovò un posto perfetto. A quel punto aprì il bagagliaio, convinta di trovare Rover morto. Invece era vivo. Appena lei alzò il cofano, lui le saltò addosso. Con un occhio gonfio e chiuso, le labbra spaccate e lividi dappertutto, sembrava un mostro. La fece cadere a terra, ma, invece di aggredirla, scappò gridando. 11


Tiffany non osò seguirlo. RisalÏ in macchina e partÏ a razzo, mettendo a dura prova le sospensioni sul terreno accidentato, per togliersi di mezzo prima che Rover attirasse l'attenzione di qualcuno. Ora avrebbe dovuto trovare il modo di dare la brutta notizia a Colin.

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