Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Bride Of Lochbarr Lord Of Dunkeathe The Unwilling Bride HQN Books © 2004 Margaret Wilkins © 2005 Margaret Wilkins © 2005 Margaret Wilkins Traduzione di Maria Grazia Bassissi e Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici luglio 2005 agosto 2005 ottobre 2006 Seconda edizione Harmony Special Saga dicembre 2012 HARMONY SPECIAL SAGA ISSN 1825 - 5248 Periodico bimestrale n. 74 dello 05/12/2012 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 332 del 02/05/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Margaret Moore
Tutti gli uomini del re
Sommario
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La sposa normanna
Pagina 227
La dama in rosso
Pagina 245
Il segreto del cavaliere
La sposa normanna
1 Scozia, 1235 Marianne era in purgatorio. O perlomeno le riusciva facile crederlo guardando dalla finestra ad arco il paesaggio intriso d'acqua che circondava Beauxville, la fortezza di suo fratello. Pioveva di nuovo, del resto c'era da aspettarselo, e gli scrosci nascondevano il profilo aspro delle colline come un velo. Il cortile era una distesa fangosa costellata di pozzanghere e le impalcature erette accanto alle mura in costruzione del castello erano fradice. Da quando era arrivata in quel paese selvaggio ai margini del mondo civile non c'era stato neppure un giorno di bel tempo. Se fosse stata in Normandia, in quel momento, il sole avrebbe accarezzato le foglie degli alberi di un bel verde chiaro. E lei, Marianne, sarebbe stata in paradiso, seduta all'ombra fresca dei rami, occupata a chiacchierare con un gruppo di giovani donne della sua etĂ , cercando di soffocare le risatine mentre i garzoni delle fattorie passavano accanto al convento tornando a casa dopo la giornata trascorsa a lavorare nei campi. I giovani avrebbero cantato canzoni licenziose, ben sapendo che dietro le mura bianche del convento le ragazze li ascoltavano. Le suore avrebbero trotterellato avanti e indietro, ciangottando come uno stormo di uccellini spaventati, rimproverando le ragazze e cercando di convincerle a rientrare. Se fosse stata in Normandia, avrebbe avuto caldo. Qui, nonostante la camicia di lino, l'abito di lana color indaco ornato da un bordo dorato e lo scialle, anch'esso di lana, intorno alle spalle, aveva sempre freddo. Se fosse stata in Normandia, sarebbe stata calda e felice, non sola, intirizzita e assolutamente avvilita. Avrebbe dovuto fare piĂš domande a suo fratello quando era andato da lei e le aveva annunciato che la portava nella sua proprietĂ in Scozia. Invece era stata troppo felice al pensiero di poter uscire dai confi9
ni del convento e troppo orgogliosa del suo aristocratico fratello, oltre che impressionata dal suo portamento e dalle sue armi, per interrogarlo. Perfino la madre superiora era sembrata intimidita da Nicholas, nonostante Marianne fosse convinta che neppure il papa avrebbe avuto quell'effetto su di lei. Eppure, se la madre superiora avesse saputo che Nicholas aveva intenzione di condurre sua sorella in quella gelida costruzione non ancora ultimata, a vivere in mezzo a selvaggi coi capelli lunghi e le gambe nude, senza dubbio avrebbe obiettato che la Scozia era il posto meno adatto a una giovane normanna aristocratica e raffinata. Gli avrebbe suggerito di lasciare Marianne al convento, che era stato la sua casa negli ultimi dodici anni, fino a quando le avesse trovato un marito adeguato. La porta della camera si spalancò. Sorpresa, Marianne si girò e vide che era entrato suo fratello, da poco nominato signore di Beauxville. Come sempre, Nicholas portava una semplice tunica di lana nera senza ricami ai polsi e allo scollo. Il suo unico ornamento era la fibbia di bronzo del cinturone dal quale pendeva la spada. Aveva gli stivali infangati, i capelli bagnati e dalla sua espressione chiusa Marianne non avrebbe mai potuto indovinare il motivo per cui si era recato, cosa del tutto insolita, nella sua stanza. «Ah, eccoti qui!» esclamò lui, neanche si fosse aspettato di non trovarla lì. Esaminò la stanzetta spoglia, con solo il letto e un piccolo baule dipinto. In un angolo c'era un ricamo abbandonato. «Cosa stavi facendo?» «Pensavo al convento.» Suo fratello liquidò la risposta con uno sbuffo sprezzante, la reazione che aveva sempre quando lei menzionava il convento o parlava delle compagne e delle suore. Eppure perché non avrebbe dovuto pensare al passato e alla sua vita in Normandia? Credeva che lei potesse dimenticare? Che volesse dimenticare? Marianne lasciò trasparire la propria irritazione. «Non dovresti essere a controllare come procede la costruzione delle mura? Oppure a intrattenere il vecchio scozzese arrivato stamattina?» «I muratori stanno aspettando che smetta di piovere, e Hamish Mac Glogan se n'è andato.» «Se i muratori hanno bisogno di un tempo più asciutto, può darsi che non saranno mai in grado di finire il lavoro» osservò lei, guardando di nuovo fuori. Stranamente non pioveva più, anche se pesanti nubi grigie persistevano nel cielo come una coltre pesante. «I ritardi devono costarti un bel po'.» «Ah. Tu sai quanto costa costruire un castello?» «A volte venivano dei muratori al convento e ho sentito la madre 10
superiora lamentarsi della spesa dei lavori» rispose Marianne. «Tu non stai soltanto risistemando qualche mattone, per cui immagino...» «Non perdere tempo a immaginare» la interruppe Nicholas. «Posso permettermi di pagare i muratori adesso che non devo più mantenerti al convento.» Aveva parlato in tono sorprendentemente carico di risentimento, come se pagare la retta durante gli anni che lei aveva trascorso al convento fosse stato difficile. Eppure la loro famiglia era ricca, e le suore non avevano mai accennato al fatto che lei fosse tenuta per carità, come altre ragazze meno fortunate. «Era così oneroso mantenermi là?» «Abbastanza» replicò Nicholas. «Ma non sono venuto qui per parlare di denaro.» Immaginando che il suo risentimento avesse una seconda causa, più misteriosa, lei sedette sull'unico sgabello e pensò a qualche altra ragione che l'avesse spinto a raggiungerla nella sua stanza. «Hai avuto notizie di Henry?» Incrociando le braccia sull'ampio petto, Nicholas si accigliò. «Un soldato non ha tempo per mandare dei messaggi alla sua famiglia.» A giudicare dal suo tono, i rapporti tra i due fratelli non erano migliorati. Da bambini litigavano sempre e Marianne ricordava che, a volte, correva a nascondersi quando lottavano e discutevano. «Ebbene, di che cosa volevi parlarmi?» chiese lei. Nicholas sembrava riluttante, come se non volesse giungere al punto. Essendo di solito molto diretto, il suo temporeggiare la innervosì. Poi pensò a uno dei motivi per i quali un uomo poteva voler parlare a sua sorella. «Si tratta forse di una donna?» chiese, speranzosa. «Desideri sposarti e sei venuto a chiedermi consiglio sul corteggiamento?» Nicholas la guardò come se fosse uscita di senno. «Non essere ridicola. Ho cose ben più importanti da fare adesso che corteggiare una donna, e anche in quel caso non chiederei consiglio a te.» Marianne cercò di non sentirsi offesa da quella brusca reazione. «Cercavo solo di rendermi utile» replicò. «Ho trascorso dodici anni in mezzo a donne e ragazze. So tutto del mondo femminile per cui, se mai volessi chiedermi qualcosa...» «È per il tuo matrimonio che sono qui, non per il mio.» Un nodo le si formò nello stomaco. Si era aspettata che accadesse fin dal giorno in cui Nicholas l'aveva tolta dal convento. Dopotutto, era il destino delle donne e lei desiderava ardentemente avere dei figli. Al convento, aveva trascorso i momenti più felici occupandosi delle bambine. Per quale ragione Nicholas aveva esitato tanto a dirle il motivo per 11
cui era andato a cercarla? A meno che non sapesse che stava per darle un dispiacere. Cercando di controllare il timore crescente che provava, Marianne chiese con calma: «Con chi?». Suo fratello si avvicinò al braciere e studiò il riverbero dei tizzoni. «È un ottimo partito» rispose dopo un istante che le parve durare un'eternità. «Tuo marito possiede ricchezze e potere.» Invece di confortarla, quelle parole la innervosirono ancora di più. «Chi è?» «Hamish Mac Glogan.» Marianne fissò il fratello, inorridita. «Il vecchio che è venuto qui stamani?» «Quel vecchio è ricco e influente, oltre che imparentato col re di Scozia.» Cogliendo la nota di impazienza nella sua voce, a Marianne tornarono in mente le famose collere di Nicholas quando erano bambini. Lui era maggiore di dieci anni e, anche se non l'aveva mai picchiata, lei ne era sempre stata terrorizzata. L'ultima cosa che desiderava era scatenare la sua ira. Stringendosi le mani in grembo, abbassò la voce assumendo un tono più dolce. «Nicholas, so che sei il mio fratello maggiore e fai le veci di nostro padre. Capisco che sia tuo dovere trovarmi un marito adatto, ma pensavo che avrei sposato un normanno. E lo pensavano anche le suore che mi hanno educata in tal senso.» «Te l'ho detto. Hamish Mac Glogan è ricco, nobile e imparentato col re. Questo è tutto ciò che conta.» Lei si alzò in piedi e gli si avvicinò. «Ma è molto vecchio, ed è scozzese. Non so niente di questa gente, tranne che la loro terra è aspra e piovigginosa e che indossano degli strani vestiti. Ci sarà pure qualcun altro, un nobile normanno, che...» «Non hai capito» replicò Nicholas con una freddezza che la gelò fino al midollo. «L'accordo è già stato fatto, il contratto firmato. Hamish Mac Glogan sarà un alleato potente e io ne ho bisogno qui.» Parlava come se sua sorella fosse per lui un oggetto da utilizzare a proprio piacimento, alla stessa stregua del braciere. Colma di angoscia, in quel momento Marianne non lo vedeva come un fratello affezionato bensì come un uomo che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di raggiungere il suo scopo. «Il matrimonio sarà celebrato tra sette giorni» annunciò Nicholas. Così aspro, così freddo, così crudele. Sette giorni e lei avrebbe sposato un vecchio scozzese, per poi passare il resto della vita in quel paese selvaggio. «Nicholas, sono disposta a sposare qualunque uomo di tua scelta, 12
a condizione che sia normanno. Non credo di chiedere molto.» «Sì, invece. Ti dico che l'accordo è stato fatto e non c'è altro da aggiungere. Essendo io il più vecchio dei tuoi parenti maschi, devi fare quello che ti dico.» Sgomento e delusione l'abbandonarono di colpo, rimpiazzati da una ferma determinazione. Erano in ballo la sua vita, il suo futuro. Se nessuno curava i suoi interessi, avrebbe dovuto farlo lei. «Ho dei diritti, Nicholas. L'ho imparato al convento. Padre Damien ci ha detto che per fidanzarci è necessario il nostro consenso. Una donna non può essere costretta a sposarsi. È contrario alle leggi della chiesa.» Nicholas non parve affatto impressionato. «L'aveva detto la superiora che sei cocciuta ed egoista. Vedo che non esagerava. Non c'è da stupirsi che sia stata contenta di liberarsi di te.» Marianne non permise alle sue parole di ferirla. «Mi rifugerò in una chiesa.» «Quale chiesa? E come ci arriverai?» «Scriverò al papa in persona, a Roma. Ti assicuro che farò tutto il necessario per...» Nicholas l'afferrò per le spalle e in quel momento lei vide l'uomo che gli avversari temevano in battaglia: il guerriero fiero e volitivo che era riuscito a sopravvivere mentre tanti altri erano caduti. «Non dimenticare che sono stato io a mantenerti in quel convento. Credi che fosse a buon mercato? Siamo nobili per nascita, ma la nostra famiglia è povera e lo è da anni, da prima che morissero i nostri genitori.» Rifiutandosi di credergli, lei si divincolò. «Menti. Menti per indurmi a fare quello che vuoi tu. Me ne ricorderei se fossimo stati poveri.» «È la verità. Solo che tu non la conoscevi. I nostri genitori ti mandarono via perché tu non soffrissi e si sacrificarono per mantenerti là. Come mi sono sacrificato io. Prima di morire mi fecero promettere che ti avrei lasciato in convento. Mantenni la promessa e, mentre tu dormivi tra lenzuola pulite e mangiavi come una principessa, io rischiavo la vita e uccidevo altri uomini prima che loro uccidessero me. Portavo armature di seconda mano. Dormivo nelle stalle per non dover pagare una stanza nelle locande. Ho saltato più pasti di quanti riesca a contarne. E adesso ho fatto in modo che non ti debba mancare mai nulla. Ho mantenuto ancora una volta la mia promessa e dovresti essermene grata.» Marianne lo fissò sbalordita. Sembrava sincero. «Perché non me l'hai detto?» «Te lo dico adesso. Scozzese o non scozzese, Hamish Mac Glogan 13
è ricco. Vivrai nel lusso, mentre io cerco di ricavare qualche rendita da questo posto.» Avvicinandosi a lui, Marianne gli posò una mano sull'avambraccio possente per placarlo. «Mi dispiace sul serio che tu abbia sofferto per amor mio e, se l'avessi saputo, avrei cercato di aiutarti ma, ti prego, non farmela pagare con questo matrimonio. Non farmi soffrire per il resto della mia vita a causa delle tue ambizioni. Io non posso vivere in questa terra.» «Tu non puoi?» esplose lui, sottraendosi alla sua mano. Attraversò la stanza, poi si girò a guardarla. «È quello che avrei dovuto dire io al momento di pagare la retta annuale, invece di digiunare, di rinunciare a un'armatura decente e a un letto nel quale dormire. Non posso pagare, reverenda madre, buttatela in mezzo alla strada e lasciate che si arrangi.» Marianne si torceva le mani, disperata. «Oh, Nicholas, ti supplico. Sposerò qualunque nobile normanno di tua scelta. Ce ne sarà pure uno che mi voglia, altrettanto ricco e potente di quel vecchio scozzese.» Lui fece una smorfia sarcastica. «Non hai conosciuto molti nobili normanni, vero? Altrimenti sapresti che cercherebbero di portarti a letto, ma non ti sposerebbero mai. Vedi, mia cara, bella sorella, tu non hai una dote.» Non poteva essere! «Non siamo ricchi, ma deve pur esserci qualcosa. Tu hai delle terre, questo castello...» «Non significa che intenda sborsare dell'altro denaro per te» replicò Nicholas incrociando le braccia sul petto. «Userò quello che ho per sistemare e mantenere questo maniero, la guarnigione e la servitù, come conviene al mio rango. Per mantenerti ho già speso tutto quello che ero disposto a spendere... e anche di più.» «Ma...» «Niente ma!» ruggì lui, lasciandosi trasportare dalla collera. «Ho trovato un uomo ricco, disposto a prenderti anche senza dote. Maledizione, tu lo sposerai e andrà bene così! E se sei intelligente come dicevano le suore, anche se per loro non era un complimento, darai a quel vecchio caprone un paio di figli prima che muoia. Solo così avrai dei diritti sul suo denaro e sulle sue proprietà.» Con lo stomaco stretto dalla nausea, Marianne immaginò la sua vita accanto a Mac Glogan. Condividere il letto con lui in una gelida capanna sperduta. Mangiare pane duro come pietra. Partorire i suoi figli nel fango come un animale. Essere trattata peggio di un cane. Dai cancelli del castello provenne un grido. «Fammi passare» ordinò Nicholas. Guardò fuori della finestra e si lasciò sfuggire un'imprecazione. 14
«Che cosa succede?» chiese lei, temendo altri guai. «Niente che ti interessi» ribatté suo fratello, sprezzante. «Riparleremo più tardi del tuo fidanzamento, appena avrai avuto il tempo di calmarti e di capire quali sono i tuoi doveri.» Quando fu uscito dalla stanza, Marianne si lasciò cadere sul letto. Indipendentemente dal debito che aveva nei confronti di Nicholas, non era disposta a sacrificare il suo futuro per ripagarlo. Tuttavia, avrebbe preferito conoscere prima le sue sofferenze. Avrebbe lasciato il convento e... E cosa? In qualche modo avrebbe potuto trovarsi un marito. Il fratello di qualche sua compagna, per esempio. Sapeva di essere bella, e la bellezza doveva pur valere qualcosa. Le buone suore le avevano insegnato i doveri e i compiti di una castellana e un aristocratico avrebbe apprezzato quelle conoscenze, anche se a Nicholas non importavano. Eppure la possibilità di trovarsi un marito in Normandia era svanita e adesso stava per sposare uno scozzese. Dicendosi che doveva pur esserci qualcosa che poteva fare per evitare quell'unione, si sforzò di non cedere alla disperazione. Si alzò in piedi e andò alla finestra. Un gruppo di uomini scozzesi a cavallo stava entrando nel cortile attraverso le grandi porte di quercia rinforzate con borchie di bronzo. L'uomo alla guida del gruppo aveva i capelli candidi, e i suoi colori erano il ruggine e il verde muschio. Accanto a lui cavalcava un guerriero. Più giovane e più alto del capo, aveva i capelli castano scuro sciolti sulle ampie spalle, a parte due treccine che incorniciavano il viso sbarbato e oltremodo attraente. Bello, per uno scozzese, pensò Marianne. Il giovane aveva il naso dritto, il mento forte e le labbra piene, ma indossava quell'indumento indecente che lasciava scoperte le gambe nude e muscolose. La camicia senza maniche mostrava le braccia altrettanto possenti. Marianne notò con sollievo che non portava né spada né altre armi, anche se sospettava che sarebbe riuscito a sradicare un albero non troppo grosso a mani nude, oppure a uccidere un uomo con un pugno. Ancora più irritante della prestanza fisica dello scozzese era l'espressione con la quale si guardava intorno nel cortile. Era così cupa e malevola tanto da darle la certezza che, potendo, avrebbe dato fuoco a tutto ciò che vedeva, oltre ad attaccare a mani nude ogni soldato. Adesso capiva perché suo fratello aveva imprecato, ma era sorpresa che Nicholas avesse permesso a quella banda di selvaggi di entrare nel cortile di Beauxville. O forse non si era accorto che l'anziano capo aveva condotto con sé il suo guerriero più forte. Marianne si tirò indietro per non farsi vedere quando il guerriero continuò a scrutare il cortile e i vari edifici. Non voleva incontrare di15
rettamente il suo sguardo velenoso. Nel corso del viaggio fino in Scozia aveva subito così tante occhiate lascive che le sarebbero bastate per tutta la vita, ed era sicura che anche il barbaro avrebbe reagito alla sua bellezza da quella bestia incivile che era. Eppure, nonostante il timore e il disgusto che lo sconosciuto le ispirava, Marianne sentì il cuore accelerare i battiti e uno strano calore le pervase il corpo mentre lo osservava. Contro la sua volontà, ripensò al giorno in cui si era arrampicata su un albero e aveva guardato oltre le mura del convento. Un giovane aitante, vestito solo delle brache, e una ragazza del villaggio si erano fermati dietro un tronco sul ciglio della strada, in un punto invisibile a chiunque... tranne a chi guardava dall'alto di un albero. Là si erano baciati, in un modo che l'aveva riscaldata come il sole in piena estate. Allora Marianne non avrebbe saputo descrivere cosa provava, ma ora sì. Era passione. Doveva essere fuori di sé se si trovava a desiderare un brutale, barbaro scozzese. O forse quella reazione intensa era soltanto la protesta del suo corpo alla prospettiva di sposare un vecchio. Il giovane scozzese, per quanto rozzo, era senza dubbio possente e virile. Nicholas uscì nel cortile e per un istante rallentò vedendo il guerriero accanto al capo del gruppo. Chiaramente non si aspettava la sua presenza e ne era irritato. Tuttavia quell'esitazione durò appena un attimo, poi lui avanzò per salutare con cortesia il capo dai capelli bianchi che, sorprendentemente, gli rispose in francese. Marianne non avrebbe mai immaginato che uno scozzese potesse conoscere la loro lingua. Si chiese se il guerriero dall'aria accigliata capisse quello che Nicholas e il suo capo si stavano dicendo. Ne dubitava. Era più probabile che sapesse soltanto combattere. Nicholas smise di parlare e indicò con la mano il torrione del castello. Il capo scozzese scese da cavallo, imitato dal resto della banda, e tutti seguirono suo fratello. Quegli uomini non dovevano essere nemici, perlomeno non dichiaratamente, altrimenti Nicholas non li avrebbe mai accolti con tanta cortesia. Se non erano nemici, ma eventuali alleati, Nicholas li avrebbe anche invitati a trascorrere là la notte. Ecco che le si presentava la possibilità di dimostrare a suo fratello che lei meritava di diventare la moglie di un nobile normanno, non la schiava di un barbaro primitivo che viveva ai confini del mondo. Per farlo, però, doveva andare nel salone dove si trovava lo scozzese dall'aria malevola. Non che la prospettiva la entusiasmasse, ma se avesse portato 16
all'annullamento del fidanzamento con Hamish Mac Glogan, lei avrebbe messo da parte i suoi timori e fatto quello che doveva. Adair MacTaran moriva dalla voglia di incendiare le impalcature e distruggere le mura che stavano violando il sacro suolo di Alba. Non gli interessava il motivo per cui il re di Scozia aveva concesso delle terre ai normanni: erano stranieri che non appartenevano a quella terra, e lui li odiava. «Guardalo» sussurrò al fratello minore Lachlann, mentre seguivano il padre e Sir Nicholas all'interno del castello, l'edificio più imponente che Adair avesse mai visto a parte quelli di York. «Quel maledetto bastardo cammina come se fosse il padrone della Scozia.» L'amico e compagno di clan di Adair, Roban, annuì. «O come se avesse una spada infilata nel...» «O come se avesse combattuto più battaglie di tutti noi messi insieme» lo interruppe Lachlann, scoccando a entrambi un'occhiata di rimprovero. Adair e Roban si scambiarono un sorriso. «Figuriamoci» sbottò il primo, senza curarsi di parlare sottovoce. «Qualunque scozzese che abbia compiuto almeno dodici anni riuscirebbe a batterlo.» «Per l'amor del cielo, tieni a freno la lingua» lo ammonì Lachlann. «Ti sei dimenticato quello che ha detto nostro padre?» «Non creerò problemi, ma lascia che quel bastardo sappia cosa penso di lui» rispose Adair. «E comunque quello non capisce neppure una parola di ciò che dico.» «Lo sanno tutti cosa pensa Adair dei normanni» ripeté Roban. «A meno che non sia sordo o folle, Sir Nicholas ne sarà già al corrente.» «A sentir te sembra una buona cosa» sbottò Lachlann. «Ma non è mai opportuno rivelare al nemico i tuoi pensieri. Devi imparare a tenere a freno la lingua, Adair. E, qualsiasi cosa succeda, non devi perdere la calma.» Adair guardò il fratello minore, snello e scuro di capelli, fingendosi indignato, come se in passato non fosse mai successo niente del genere. «Io dovrei perdere le staffe con un cavaliere normanno ladro e bugiardo, venuto in Scozia per derubarci con l'astuzia?» «Questa terra gli è stata data da Alessandro e dovresti ricordartene prima di accusarlo di furto.» Dal gruppo degli scozzesi, un altro uomo intervenne: «Il normanno non è l'unico a credere di meritarsi di governare il mondo». Da sopra la spalla, senza neppure girarsi, Adair rispose: «Non il mondo, Cormag. Solo il nostro clan, come erede prescelto da mio padre e dai nostri uomini». Cormag non replicò. Del resto cosa avrebbe potuto dire?, pensò Adair. Era la verità e tutto il clan lo sapeva. Nessuno avrebbe mai 17
pensato a Cormag MacTaran come successore di Seamus, capo del clan e signore di Lochbarr... se non lo stesso Cormag. «Cercherò di non insultare direttamente quell'uomo» concesse Adair salendo gli scalini che conducevano all'imponente salone di pietra. «Sei soddisfatto?» «Immagino di dovermi accontentare» replicò Lachlann, riluttante, mentre seguivano il normanno verso la piattaforma che sorgeva in fondo al salone, oltre il camino centrale. La sala era piena di gente, compresi parecchi soldati, armati. C'erano anche dei tavoli di legno grezzo disposti contro le pareti insieme alle panche, e il pavimento di pietra era ricoperto di erbe e di rami di rosmarino, che attutivano il rumore dei passi e profumavano delicatamente l'aria. I cani studiavano con diffidenza i nuovi arrivati, così come avevano fatto le sentinelle di guardia ai cancelli. Re Alessandro doveva avere ricompensato il normanno con del denaro oltre che con la terra, oppure quel mercenario proveniva da una famiglia ricca. «A noi tocca stare in piedi come servi» commentò sottovoce Adair quando giunsero alla pedana sulla quale erano disposte soltanto due sedie di legno scolpito. «E come un servo mi sento senza la mia claimh mor» replicò Roban, facendo roteare le spalle massicce come per cercare il peso confortante della grossa spada che portava di solito sulla schiena. «Se arriveremo a combattere, non ne avrai bisogno. Riusciresti a liberarti di metà di questi individui con le sole mani» replicò Adair osservando di sottecchi l'amico che superava il metro e novanta di statura e pesava circa un quintale. «Con un pugnale, tu potresti facilmente sconfiggerli tutti quanti senza neppure sudare» ridacchiò Roban. «È stato giusto lasciare le nostre claimh mor ai cancelli, visto che veniamo in pace» intervenne sottovoce Lachlann. «E adesso state zitti, voi due. Voglio sentire cosa si dicono nostro padre e il normanno senza che voi continuate a borbottarmi all'orecchio.» «Benvenuto in casa mia, Seamus MacTaran» disse in francese Sir Nicholas mentre il capo degli scozzesi prendeva posto a sedere. Dopodiché il normanno abbaiò un ordine. Una domestica giovane e abbastanza graziosa, coi capelli castano chiaro, gli occhi verdi e un grosso neo sul seno destro, annuì e corse via come un topolino spaventato per andare a prendere il vino, chiaramente terrorizzata dal padrone. Senza dubbio Sir Nicholas doveva essere facile ai pugni e ai calci quando la servitù non obbediva abbastanza in fretta, pensò con disgusto crescente Adair. E forse le domestiche erano obbligate a soddi18
sfare anche altre sue esigenze. Che essere spregevole. Un uomo che prendeva con la forza le donne non era affatto un uomo bensì una bestia odiosa, e meritava di essere trattato come tale. «Cosa vi porta oggi a Beauxville?» Le labbra di Adair si incurvarono. Suo padre era un guerriero e capo del clan da trent'anni, ma il normanno gli si rivolgeva come se fosse stato un bambino. E quel posto si chiamava Dunkeathe, non Beauxville. «Dodici capi di bestiame sono scomparsi dai nostri pascoli meridionali» spiegò Seamus. Vuol dire che tu e i tuoi compari li avete rubati, precisò tra sé e sé Adair. «Che disgrazia» replicò il normanno con calma. «In questi giorni i briganti sono ovunque.» Ce n'è uno proprio di fronte a me. «Proprio così» convenne Seamus con pari calma. «Ma nessuno scozzese deruberebbe i MacTaran. Tutti sanno che chi ha fame non deve fare altro che venire al mio castello e riceverà del cibo. Noi scozzesi attribuiamo molta importanza all'ospitalità.» Quella risposta schietta e il lieve rimprovero sottinteso portò un sorriso sulle labbra di Adair. Ma il normanno, ottuso com'era, non capì. Oppure, se aveva capito, non si vergognava come avrebbe dovuto. «Cos'ha detto tuo padre?» sussurrò Roban. Adair e Lachlann parlavano francese perché Seamus aveva insistito che lo studiassero, ma gli altri uomini del clan non lo capivano. «Ha parlato a quel bastardo dell'ospitalità scozzese» spiegò Adair. «Dunque non sospettate che siano stati degli scozzesi ad avere commesso questo crimine?» indagò Sir Nicholas. La collera di Adair raddoppiò udendo quelle parole, come se gli scozzesi fossero i primi a dover essere sospettati, mentre erano i normanni che arraffavano tutto quello su cui riuscivano a mettere le mani. «Immagino che sia possibile» replicò Seamus stringendosi nelle spalle. Poi rivolse a Sir Nicholas il sorriso che in altri tempi aveva raggelato molti suoi avversari. «Ma gli scozzesi sanno che i MacTaran puniscono chi va a rubare in casa loro.» «Ho sentito che qui siete soliti farvi giustizia da soli» osservò il normanno. Finalmente Adair vide una scintilla di collera negli occhi del padre. «Come capo del clan e signore di Lochbarr nominato con decreto reale, ho questo diritto.» «Decreto reale?» Il normanno sembrava sorpreso. «Pensavo che in 19
Scozia non esistesse niente di ufficiale e che la terra fosse un bene comune del clan.» «Io sono il rappresentante del clan, è vero, ma senza un documento legale niente impedirebbe a uno straniero di prendersi le nostre terre. Come a me ha dato il decreto riguardo alle terre di Lochbarr, a voi ha dato la vostra ricompensa. Grazie a questo decreto, io ho il diritto di punire chi fa un torto a me e al mio clan. Ed è quello che farò quando prenderemo i ladri.» La cameriera col neo sul seno ricomparve, portando un vassoio con due coppe. Offrì la prima a Sir Nicholas che subito si accigliò indicandole Seamus. Le mani della ragazza, che già tremavano, riuscivano a stento a reggere il vassoio mentre si girava verso lo scozzese. Probabilmente temeva di essere frustata per quell'errore. Adair si precipitò a togliere il vassoio dalle mani della giovane che rimase sbalordita. «È tradizione scozzese che sia un ospite a servire il primo bicchiere al castellano» mentì, porgendo una coppa a Sir Nicholas. In fondo, cosa ne sapevano i normanni dei costumi scozzesi? Dopo la sorpresa iniziale, il loro ospite si accigliò. Forse non era poi così ignorante delle usanze locali come aveva pensato Adair. Tuttavia Sir Nicholas accettò la coppa senza fare commenti. E così fece Seamus, che però lanciò al figlio un'occhiata ammonitrice. Dare retta ai timori da donnetta di Lachlann era un conto, i freddi occhi grigi del loro padre erano un'altra cosa. Ma Adair non si pentì del suo gesto impulsivo notando lo sguardo riconoscente della servetta... e ricordando la sorpresa in quelli del normanno. Adair rese il vassoio alla domestica e riprese posto insieme al resto degli uomini. «Puoi andare» ordinò Nicholas alla ragazza. «Questo giovane impulsivo è il mio primogenito, Adair Mac Seamus MacTaran» spiegò Seamus al normanno, mentre la ragazza correva via. «È stato prescelto dal clan per essere il prossimo signore e capo alla mia morte.» Allorché Sir Nicholas lo scrutò da capo a piedi con aria inquisitrice, Adair si chiese se il normanno avesse sentito dire che lui non era mai stato sconfitto, sia che combattesse armato sia a mani nude, da quando aveva dieci anni... dopo avere visto di cos'erano capaci i soldati normanni. Sir Nicholas riportò lo sguardo su Seamus e inarcò un sopracciglio. «Prescelto?» «Sì, anche se è mio figlio, noi ci atteniamo alle vecchie tradizioni. Sono io che indico il mio successore, ma gli uomini del clan devono essere d'accordo. E lo sono.» 20
«Sono tutti soddisfatti della vostra scelta?» «L'hanno accettata, e così sarà» rispose Seamus con un sorriso. «La lealtà nei confronti del clan viene prima di ogni altra cosa.» «Prima di quella nei confronti del re?» «Il capo del clan giura fedeltà al re, e di conseguenza l'intero clan, senza eccezioni. Dacché ho prestato giuramento ad Alessandro, che mi ha consegnato il decreto, ogni uomo del mio clan sarebbe disposto a morire per lui.» «Indipendentemente dal fatto che il re abbia promesso o meno una ricompensa per questo servizio» aggiunse Adair, attirandosi un'altra occhiataccia da parte del padre e una diffidente da parte del normanno. «Mio figlio è un po' irruente» spiegò Seamus. «Caratteristica utile in battaglia, ma che in altri momenti può portare a dei malintesi.» «Capisco. E sono d'accordo. Mio fratello è come lui.» Ce n'erano addirittura due? Seamus sorrise come se lui e il normanno fossero ottimi amici. «A volte sono difficili da sopportare, ma quando si tratta di combattere ne vale la pena, eh?» Il normanno scoppiò a ridere, un suono aspro come il verso di un corvo, ma pur sempre una risata. «Se foste andato da Henry e aveste accusato lui o i suoi uomini di furto, vi sareste trovato un coltello puntato alla gola prima ancora di finire di parlare.» E subito dopo sarebbe morto, concluse tra sé Adair. «Non sono venuto qui per accusarvi del furto» replicò Seamus in tono leggero. «Volevo avvisarvi che potrebbero esserci dei fuorilegge a piedi che si aggirano qui intorno, e informarvi che abbiamo intenzione di aumentare il numero delle pattuglie.» Di colpo lo scopo di suo padre divenne più chiaro, e accettabile. Adair avrebbe preferito dire in faccia al normanno che sapevano che erano stati i suoi uomini a rubare gli animali, visto che le impronte degli zoccoli conducevano verso Dunkeathe, ma Seamus era un uomo saggio per cui aveva forse scelto la strada più opportuna, anche se frustrante. L'espressione del normanno si fece dura. «Mi state mettendo in guardia contro i fuorilegge, o intendete dire che attaccherete qualsiasi normanno oltrepassi il confine con le vostre terre?» «Avete delle prove che gli animali siano stati davvero rubati?» chiese in francese una dolce voce femminile, alle spalle degli scozzesi. «Forse si sono solo allontanati.» Adair, e tutti gli altri, si girarono per vedere chi avesse parlato. E rimasero a bocca aperta davanti alla splendida visione che avanzava con aria regale verso di loro. 21
Era la donna più bella che Adair avesse mai visto. Sembrava un angelo, con un accenno di sorriso sul viso delizioso, occhi del colore del cielo d'estate, guance morbide e labbra piene e rosee. I soffici capelli biondi raccolti in due trecce incorniciavano il viso perfetto. Aveva un corpo snello e armonioso, e indossava la collezione più variopinta di indumenti che lui avesse visto su una persona che non fosse un mendicante. Non poteva essere una creatura soprannaturale. Era una donna in carne e ossa. Una donna che un mortale poteva corteggiare e sperare di conquistare. Sir Nicholas non aveva moglie. Se quella era la sua amante, era un uomo molto fortunato e Adair avrebbe finalmente trovato qualcosa da invidiargli. «Sono stati di certo rubati» disse, avvicinandosi a lei. «Il pastore ne era più che sicuro e io scommetterei la vita sulla sua sincerità.» La donna inarcò un sopracciglio con aria interrogativa. «Scommettereste la vita sulla parola di un pastore?» «Su quello in particolare, sì.» La creatura angelica si incupì. Poi si rivolse al signore del castello. «Mi chiedo se qualcuno della guarnigione abbia preso il bestiame per errore, Nicholas.» Vedendo l'espressione sbalordita del normanno, Adair fu sul punto di ridergli in faccia. Sir Nicholas si riprese in fretta e arrossì per l'insinuazione della dama. «Marianne, torna in camera tua.» Dunque si chiamava Marianne. E disgraziatamente era anche normanna. «Ci private della compagnia di questa affascinante dama?» chiese il padre di Adair, alzandosi in piedi. «Qui, mia cara, venite a sedervi.» Era possibile che suo padre stesse invitando la dama a restare per indispettire il normanno, ma era più probabile che volesse solo essere gentile con una donna, come era sua abitudine. Nonostante l'invito di Seamus, Sir Nicholas scese a precipizio dalla piattaforma e si mise tra Adair e la donna. «Mia sorella ha altri compiti dei quali occuparsi.» Sorella, non amante. Un fremito di eccitazione pervase Adair, ma visto che si trattava di una normanna, svanì rapidamente. Arrossendo, Lady Marianne si rivolse al loro ospite. «Vi ringrazio per la vostra cortesia, signore, ma mio fratello ha ragione. Non posso trattenermi.» Non c'era bisogno che Sir Nicholas la umiliasse in quel modo, pensò Adair con un nuovo impeto d'odio. «Se volete scusarmi, devo dare ordini in cucina per la cena e infor22
mare le cameriere che i nostri ospiti si tratterranno per la notte.» L'irritazione che per un istante contrasse il viso spigoloso di Sir Nicholas colmò Adair di cupa soddisfazione. Lady Marianne si era vendicata dell'umiliazione di prima, perché adesso il normanno non poteva negare cibo e alloggio a degli ospiti senza insultarli. Ciononostante, Adair si aspettava un gesto scortese da parte di Sir Nicholas e rimase sorpreso quando il castellano disse invece: «Naturalmente. Affrettati, Marianne. Riparleremo più tardi dei preparativi». Con un vago sorriso, la splendida creatura fece una riverenza e si allontanò con le gonne che le danzavano con grazia intorno ai piedi, mentre il normanno si rimetteva a sedere. La collera dell'uomo non poteva essere stata causata solo dall'essere costretto a offrire cibo e alloggio ai suoi vicini scozzesi. Sir Nicholas sapeva bene che un potenziale nemico poteva scoprire parecchie cose utili sulla sua fortezza guardandosi intorno con calma. Forse più tardi, pensò Adair soddisfatto, avrebbe potuto ringraziare Marianne per quella opportunità.
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