Css77 di spada e di cuore

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Deborah Simmons

Di spada e di cuore


Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Taming the Wolf The deBurgh Bride Robber Bride Harlequin Historical © 1995 Deborah Siegenthal © 1998 Deborah Siegenthal © 1999 Deborah Siegenthal Traduzioni di Anna Polo ed Elisabetta Frattini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 1998 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici dicembre 1998 marzo 2004 ottobre 2003 Seconda edizione Grandi Saghe Medioevali novembre 2004 febbraio 2005 aprile 2005 Terza edizione Harmony Special Saga giugno 2013 HARMONY SPECIAL SAGA ISSN 1825 - 5248 Periodico bimestrale n. 77 dello 05/06/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 332 del 02/05/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Sommario

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Il Lupo del Wessex

Pagina 223

La gorgone e il cavaliere

Pagina 469

Briganti e cavalieri


Il Lupo del Wessex


Prologo Inghilterra, 1270 Marion si bloccò udendo il frastuono prodotto da un gruppo di cavalieri che si avvicinava e strinse forte le redini con le dita irrigidite, mentre il freddo vento autunnale le scuoteva il lungo mantello. Erano ormai lontani due giorni di viaggio dal castello di Baddersly, ma lei temeva ugualmente che gli uomini dello zio le stessero già dando la caccia. Marion aveva raccontato a tutti che intendeva compiere un pellegrinaggio ed era fuggita approfittando dell'assenza dello zio e del suo odioso capitano delle guardie. Sapeva tuttavia che anche un viaggio del genere, apparentemente innocuo e motivato dalla fede, avrebbe suscitato le ire di Harold Peasely. Per questo aveva cercato di mettere più strada possibile tra sé e il tetro castello dove viveva praticamente prigioniera ormai da anni. Era certa che lo zio avrebbe capito le sue reali intenzioni e l'avrebbe inseguita. E quando l'avesse raggiunta... Marion rabbrividì al solo pensiero. Conosceva ormai bene gli uomini rozzi e violenti che erano al soldo dello zio a Baddersly e non aspirava certo a farsi riacciuffare, proprio adesso che, finalmente, era riuscita a sfuggirgli. Se solo fosse riuscita a raggiungere il convento avrebbe potuto chiedere asilo alle suore, e a quel punto lo zio non avrebbe più potuto farle del male. Marion avrebbe condotto una vita ritirata e virtuosa, al sicuro fra le massicce mura del convento, insieme a quelle pie donne che sarebbero diventate come una grande famiglia per lei, visto che non avrebbe mai potuto crearsene una tutta sua. 9


Marion inghiottì a vuoto, mentre un groppo di tristezza e rimpianto le serrava la gola. Un tempo aveva sognato un marito e dei figli, ma lo zio non aveva alcuna intenzione di rinunciare alle ricche terre da lei ereditate, concedendola in sposa a un uomo. Dopo la morte dei suoi genitori, Harold Peasely si era fatto avanti come unico parente, dichiarandosi pronto a occuparsi di lei. In realtà mirava solo alle sue terre e alle sue grandi ricchezze e non si era certo comportato da zio affettuoso. L'aveva tenuta segregata a Baddersly per anni, lasciandola spesso sola e scaricandole addosso il peso dei suoi violenti scatti d'ira. Marion aguzzò lo sguardo e riuscì a distinguere un po' meglio il gruppo di cavalieri che si avvicinava al galoppo. Sospirò di sollievo notando che non portavano i colori dello zio, ma fu un sollievo di breve durata: avevano tutti un'aria pericolosa, da briganti di strada, e l'angoscia tornò a opprimerla. La Chiesa proclamava che i pellegrini non andavano toccati, ma la sua protezione non serviva a molto davanti ai fuorilegge che infestavano le strade. I numerosi servi e liberti che Marion aveva assoldato perché la accompagnassero non potevano assicurarle una valida difesa: guidati dai fratelli Miller, erano tutti poco più che ragazzi, armati di bastoni che potevano fare ben poco contro le spade e le frecce dei banditi. Come a confermare le sue paure, gli uomini in testa al gruppo di cavalieri si precipitarono sulla sua scorta urlando. Marion si lasciò sfuggire un grido strozzato quando uno di loro uccise John Miller con un unico fendente. Il cavallo di Marion nitrì terrorizzato e indietreggiò, mentre accanto a lei la sua cameriera Enid gridava inorridita. Così facendo attirò l'attenzione di un gigante barbuto e un attimo dopo il bandito strappava dalla sella la ragazza, urlante e atterrita. Marion rimase a guardare con gli occhi sbarrati, mentre il bruto gettava a terra Enid e le strappava di dosso i vestiti. Poi si costrinse a reagire e trasse dalle pieghe del vestito il piccolo pugnale che era solita portare con sé. Spinse avanti il cavallo come in un sogno, mentre intorno a lei risuonavano le urla e i gemiti dei feriti e il frastuono della battaglia. Marion sapeva che non doveva perdere tempo. C'era una sola cosa da fare: colpire il bandito al cuore con il pugnale. Ma anni di paura e sottomissione a uomini più forti di lei la bloccaro10


no di colpo e Marion rimase immobile, incapace di reagire a quell'incubo sanguinario. Quando si riscosse era troppo tardi: il bandito la vide, scoppiò in una risata sprezzante alla vista del piccolo pugnale che brandiva e la fece volare a terra con un unico, possente manrovescio. Marion atterrò sulla schiena, battÊ la testa contro una grossa pietra e fu inghiottita da un vortice oscuro e senza fine.

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1 Campion. Marion fissò impressionata le alte torri e le mura imponenti del castello che si ergevano in lontananza. Era una costruzione così massiccia e maestosa che non poté fare a meno di provare un fremito di apprensione: che cosa l'attendeva laggiù? Si guardò intorno ansiosa e si concentrò sui cavalieri dai capelli scuri che guidavano la carovana; di colpo, la tensione si allentò. Nelle ultime settimane di viaggio aveva imparato a fidarsi degli uomini che l'avevano salvata dai banditi. D'altra parte non aveva molta scelta, giacché il suo mondo si riduceva a loro. Marion non ricordava altro. Tutta colpa della ferita alla testa che si era procurata cadendo, le aveva spiegato Geoffrey, un tipo colto e posato: a volte un colpo forte e improvviso poteva far perdere la memoria. Marion doveva credergli per forza, giacché non ricordava nulla del suo passato. Tutto ciò che era successo prima della comparsa dei fratelli de Burgh nella sua vita era avvolto in una nebbia confusa e spaventosa. Erano stati loro a spiegarle gli ultimi eventi: attirati dalle urla e dal clamore della battaglia, erano giunti sulla scena dell'agguato quando ormai la scorta di Marion era stata sterminata. Lei era a terra priva di sensi, con un bandito che le incombeva addosso minaccioso. I fratelli de Burgh e i loro uomini avevano messo in fuga i malviventi, salvandola dall'orribile sorte toccata ai suoi compagni. Marion camminava, parlava e si muoveva come sempre, ma il peso dell'amnesia gravava su di lei come un macigno. Ascoltando il cinguettio di un uccello poteva dirne il nome e descriverlo, poteva perfino ricordare una ricetta per cucinarlo, ma non a12


vrebbe saputo dire dove l'aveva imparata. Il passato era un vuoto nero e sfuggente. Gli uomini la chiamavano Marion, ma quel nome non significava nulla per lei. L'avevano trovato inciso all'interno del suo salterio e ne avevano dedotto che era una signora. Solo una ricca dama, infatti, poteva viaggiare portandosi dietro un delicato strumento a corde come quello, insieme a bei vestiti, uno specchio, libri, gioielli e una borsa piena di monete. I cavalieri avevano così deciso di portarla con sé, visto che avevano fretta di tornare a casa. «Venite, signora!» la sollecitò Geoffrey. Felice di aver raggiunto la meta, la condusse oltre le imponenti mura esterne e le porte massicce, aperte in segno di benvenuto. Giunti nel grande cortile del castello, Geoffrey l'aiutò a smontare da cavallo. Era un cavaliere, ma anche un giovane colto e gentile, e Marion apprezzava molto la sua compagnia. L'enorme ingresso del castello le fece sgranare gli occhi per la meraviglia: la luce entrava a fiotti dalle alte finestre ad arco, e sedie, panche e tavoli erano sistemati al centro della sala e lungo le pareti. Era tutto così imponente e... decisamente sporco. Marion cercò di non arricciare il naso sentendo l'odore sgradevole di cibo andato a male, paglia marcia e chissà cos'altro. Il castello di Campion aveva urgente bisogno di un tocco femminile, della direzione attenta di una castellana, concluse. L'idea le procurò un'ondata di eccitazione: avrebbe potuto svolgere lei quel ruolo. Non ricordava il suo passato, eppure era certa di saper dirigere una grande casa in modo soddisfacente. «Simon! Geoffrey!» All'improvviso Marion si trovò sopraffatta da un clamore di voci, saluti e richiami, mescolato al festoso abbaiare dei cani. L'ingresso del castello venne invaso da parecchi uomini alti e bruni; Marion si fece indietro intimidita, e i nuovi arrivati accolsero Simon e Geoffrey, grandi quanto loro, con grida gioviali e goffi abbracci. Mentre li osservava tenendosi in disparte, gli uomini presero a parlare tutti insieme, a scambiarsi battute e manate sulle spalle, in un'atmosfera rude e affettuosa allo stesso tempo. Poi, come per un tacito accordo, il clamore cessò di colpo e tutti si vol13


tarono verso un'alta figura che si avvicinava. Non era imponente come i figli, ma Marion capì subito che l'uomo era il Conte di Campion. I capelli erano scuri come i loro, tranne che per qualche striatura argentea sulle tempie, il viso era più magro e la bocca meno generosa, ma la somiglianza restava evidente. Nonostante gli anni, il conte era ancora un bell'uomo. Pur essendo nobile e patriarca di una grande famiglia, non sembrava un padrone crudele e spietato né un uomo pieno di sé. Si muoveva con una calma dignità che incuteva un rispetto immediato. Era la sua saggezza, non la forza bruta, a ispirarlo. Marion sentì svanire lo sconcerto di poco prima, sostituito da una nuova serenità. Il Conte di Campion non era uomo da lasciarsi andare al rumoroso benvenuto tipico dei suoi figli, ma appariva comunque contento di riabbracciare Simon e Geoffrey. I suoi sentimenti trasparivano chiaramente dal sorriso caldo e dal tono orgoglioso con cui pronunciò i loro nomi. Poi, con grande stupore di Marion, il conte aprì le braccia e strinse a sé la figura massiccia di Simon, coperta da una maglia di ferro. Marion si sentì travolgere da un'acuta nostalgia e si chiese sgomenta se avesse mai fatto parte di una famiglia così affettuosa. Guardò con occhi sgranati il conte che abbracciava anche Geoffrey, poi fu di nuovo assalita dall'ansia perché si accorse che lui ora la stava osservando e inarcava le sopracciglia in un gesto di gentile curiosità. Marion lo salutò impacciata. «Ci siamo imbattuti in un gruppo di fuorilegge che aveva appena attaccato la scorta di Lady Marion» spiegò Geoffrey al padre. «Li abbiamo messi in fuga, ma lei era a terra priva di sensi per un colpo alla testa. Quando si è ripresa, non ricordava nemmeno il suo nome. I membri della sua scorta erano morti o fuggiti, così le abbiamo offerto la nostra protezione fino a che non riacquisterà la salute.» Il conte si inchinò in un saluto formale. «Signora, saremo tutti onorati di avervi con noi. È passato tanto tempo da quando una presenza femminile ha ingentilito queste sale. Sono il Conte di Campion, e questi sono i miei figli» si presentò, abbracciando il gruppo di giovani turbolenti con un ampio gesto. Si interruppe un attimo, poi riprese a parlare. 14


«Avete già conosciuto Simon e Geoffrey. Posso presentarvi Stephen?» Un altro giovane si fece avanti; il solito ciuffo di capelli scuri gli pendeva sulla fronte, ma appariva più disinvolto e spensierato dei fratelli. «Signora» la salutò Stephen. I denti candidi lampeggiarono in un sorriso sfrontato e Marion decise che era troppo bello e sicuro di sé perché lei potesse trovarsi del tutto a suo agio vicino a lui. «Ed ecco Robin» continuò il conte. Un giovane sui vent'anni le sorrise amichevole. Aveva i capelli un po' più chiari di quelli dei fratelli e un atteggiamento più semplice e caldo. Marion accolse con piacere il suo saluto. «Reynold.» Un giovane venne avanti zoppicando. Doveva essere minore di Robin, ma era così triste e pieno d'amarezza da sembrare più vecchio dei suoi anni. Marion gli sorrise, ma lui non la ricambiò. «E infine Nicholas» concluse il conte. Nessuno rispose al suo appello e il conte ripeté il nome con un sorriso divertito ed esasperato al tempo stesso. Marion nascose a fatica un sorriso quando si vide davanti un ragazzo sui quattordici anni, una versione più minuta e delicata degli imponenti fratelli maggiori. «Sì, signore?» chiese questi con aria perplessa. «Saluta la nostra ospite» lo incitò il conte. Nicholas obbedì con prontezza, squadrando Marion con l'aperta curiosità dei giovanissimi. Pareva ansioso di tempestarla di domande, ma il padre intuì le sue intenzioni e lo bloccò con una occhiata severa. Il conte si guardò quindi intorno nella vasta sala. «Wilda» chiamò con voce ferma. Una giovane domestica accorse subito. «Sì, mio signore?» chiese rispettosa. Nella sua voce si sentiva una stima spontanea e sincera che destò l'attenzione di Marion. Si rese conto che a Campion la servitù svolgeva il suo compito con orgoglio; non sapeva perché, ma le parve una condizione insolita e degna di nota. Forse, nel suo passato confuso, aveva incontrato situazioni molto diverse. 15


«Questa damigella si fermerà da noi» spiegò il conte. «Conducila in una camera con un bel caminetto e mandale qualcosa da mangiare dalla cucina. È tardi, e avrà bisogno di riposarsi dopo il lungo viaggio.» «Sì, mio signore.» Marion capì di essere stata congedata, per quanto gentilmente. Ignorò la tentazione di seguire subito la domestica e si rivolse al conte. «Mio signore, vi ringrazio della generosa ospitalità che mi avete offerto. Vi prometto che non ve ne pentirete» disse con semplice dignità. Quindi si affrettò a seguire Wilda, prima che il conte cambiasse idea e ritirasse la sua offerta. Non aveva visto molto del castello e dei suoi abitanti, ma quel poco le piaceva. I fratelli de Burgh erano belli e imponenti, il conte appariva un uomo gentile e sensibile e i domestici parevano felici di servirlo. Per quanto esausta a causa del viaggio, Marion si sentì pervadere da una calda sensazione di benvenuto. Campion le sembrava già casa sua. Il conte si rivolse ai due figli appena ritornati al castello. «Venite. Ho ordinato da bere e da mangiare per voi.» «E per me no?» intervenne Nicholas. Il padre sorrise indulgente all'ultimogenito. «Ce n'è per tutti» lo rassicurò. La cena era ormai stata servita da tempo, ma un servo portò pane, formaggio, mele, vino e birra. Una volta che si furono tutti accomodati intorno al lungo tavolo, il conte fece cenno a Simon di parlare e ascoltò attento il suo racconto. «Ci siamo diretti a sud, come stabilito, per raccogliere i tributi che ancora dovevamo riscuotere» riferì Simon. «Sulla via del ritorno ci siamo imbattuti in una piccola carovana che era appena stata assalita da una banda di briganti. Ne abbiamo uccisi parecchi, ma alcuni dei nostri uomini sono rimasti feriti.» «Ho notato un particolare curioso» intervenne Geoffrey. «Quella gente combatteva bene e montava bei cavalli: sembravano soldati esperti, più che fuorilegge disperati.» «Si sono difesi, come chiunque si trovi con le spalle al muro» minimizzò Simon. 16


Geoffrey non lo contraddisse; non si lasciava mai trascinare in aspre discussioni con i fratelli più impulsivi e bellicosi, ma il conte aveva ormai imparato a fidarsi del suo spirito d'osservazione. Geoffrey non era un soldato audace come Simon, ma notava cose che sfuggivano al fratello ed elaborava piani accurati e astuti. Questa era la sua forza e anche la ragione per cui il padre lo inviava spesso in missione insieme al più irruente fratello. «Alcuni membri della carovana assalita sono scappati nei boschi» riprese Simon con una smorfia sprezzante. «Da quello che ho visto, mi sembravano giovani contadini, non certo uomini adatti a scortare e difendere una signora. È lei l'unica sopravvissuta che abbiamo trovato. Quando ha ripreso i sensi, non ha saputo dirci chi era. Inoltre né lei né i suoi uomini portavano insegne o colori che ci aiutassero a identificarli.» «Comunque è una fanciulla nobile» intervenne Geoffrey di nuovo. «Lo si capisce dai vestiti di ottima qualità, dal linguaggio, dal portamento. Ho parlato con lei durante il viaggio e mi è sembrata piuttosto istruita: sa leggere e scrivere e anche far di conto.» «Eppure non ricorda il suo nome?» chiese il conte perplesso. «No, signore» rispose Geoffrey. Il padre lo guardò negli occhi e capì che era convinto della sincerità della ragazza. Spostò lo sguardo su Simon per avere la sua opinione, ma questi non era più interessato all'argomento. Con gesti impazienti, si stava già sfilando il fodero della spada. «E chi l'ha battezzata? Tu, forse?» sghignazzò Stephen. Il conte gli lanciò uno sguardo severo e notò contrariato la coppa di vino che il figlio stringeva tra le mani. Era almeno la seconda che beveva, da quando si erano rimessi a tavola, e la cosa non gli piaceva affatto. Geoffrey non perse la calma. «L'abbiamo chiamata Marion perché questo nome era scritto in uno dei suoi libri e inciso sul suo salterio» spiegò. «Insomma, ti ha toccato il cuore» lo stuzzicò Stephen. «Geoffrey è innamorato! Geoffrey è innamorato!» strillò Nicholas, suscitando un uragano di risate e commenti tra i fratelli. Il padre li lasciò fare; un'occhiata all'espressione disgustata di Geoffrey gli aveva fatto capire che il giovane provava solo compassione per la fanciulla scampata al massacro della sua scorta. 17


«Ah, no? Allora è Simon il fortunato! Le frecce di Cupido lo hanno colpito» tornò alla carica Stephen. «Al nostro caro fratello piacciono le donne piccole e formose.» Era un ragazzo sveglio e pronto; peccato solo che sprecasse spesso i suoi doni, rifletté il padre. Simon balzò in piedi, carico di rabbia e scuro in volto. Nella sala cadde improvvisamente un silenzio teso. «Vuoi fare a pugni?» gridò rivolto a Stephen. Questi non si fece impressionare e sbadigliò con aria noncurante. «Non ci penso proprio» ribatté tranquillo. «Non mi sembra proprio il caso di accapigliarci come galli per un'unica pollastrella.» «Ora basta» intervenne il conte. «Simon, siediti. E tu, Stephen, vedi di parlare con più rispetto della nostra ospite.» La lingua tagliente del figlio cominciava a dargli sui nervi. La ragazza non era forse una bellezza, ma possedeva comunque una grazia notevole. Certo, non era bionda, alta e snella come voleva la moda del momento, ma il viso a forma di cuore era incorniciato da una massa di riccioli dai magnifici riflessi color mogano, la carnagione era perfetta e gli occhi scuri erano grandi e intensi. Simon sedette dopo un momento d'esitazione, lanciando un'occhiata di fuoco al fratello. Stephen rispose con una risatina maliziosa. Un giorno avrebbe trovato qualcuno in grado di dargli una bella lezione, rifletté il conte, poi tornò a concentrarsi sulla questione del momento. «Dunque la chiameremo Marion» stabilì. «E ora spiegatemi dove l'avete trovata. Forse stava solo recandosi al villaggio più vicino, o andava a trovare qualche conoscente.» «No» replicò Geoffrey. «Un carretto portava provviste per un lungo viaggio. Forse andava in pellegrinaggio. Sarei voluto tornare indietro per cercare di scoprire qualcosa di più su di lei, ma Simon non voleva attardarsi troppo.» Aveva parlato in tono pacato, senza ombra di critica al fratello, ma il padre intuì che i due dovevano aver discusso in modo acceso sul destino della fanciulla. Simon non si preoccupava molto delle donne; certo doveva aver anteposto il rapido ritorno al castello alla ricerca dell'identità della misteriosa fanciulla. In 18


effetti, come dargli torto? Forse, indagando nei dintorni, avrebbero potuto scoprire da dove veniva e riportarla a casa, o forse no. Con il tempo imprevedibile e lo stato disastroso delle strade per colpa delle piogge recenti, il conte non se la sentiva di criticare troppo il comportamento di Simon. Si sfregò il mento pensieroso. «Non sarebbe male fare qualche indagine in quella zona, ma con l'inverno imminente non so se otterremo qualche risultato. Chiediamo alla ragazza di darci qualcosa che la identifichi - un gioiello, magari - e inviamolo in giro tramite un messaggero.» Una volta presa quella decisione, il conte posò le mani sul tavolo e passò con lo sguardo da un figlio all'altro. «Fino a che non avremo scoperto la sua identità, comunque, la ragazza resterà con noi e verrà trattata come una vera dama» stabilì con fermezza. Notò contrariato che i membri di quella famiglia priva di donne non parevano molto felici del suo verdetto. Solo Nicholas sembrava eccitato all'idea, con una curiosità che poteva anche portare guai e complicazioni. Simon e Reynold avevano un'aria tetra, Robin e Stephen parevano divertiti e Geoffrey addolorato. Sensibile com'era, doveva provare una profonda compassione per quella fanciulla forse sola al mondo. Il conte, invece, non provava timori per lei: per quanto minuta, la misteriosa Marion appariva in grado di tener testa agli impetuosi fratelli de Burgh. E quei teneri occhi di cerbiatta potevano nascondere una forza sorprendente. Il gentiluomo si abbandonò contro l'alto schienale della sedia e si carezzò il mento con un sorriso; forse quella fanciulla mandata dal destino avrebbe domato il turbolento branco di lupi costituito dai suoi figli. Marion osservò soddisfatta la sua opera: aveva impiegato tutto l'inverno per realizzarla, ma ora il magnifico arazzo ornava la parete della grande sala del castello con i suoi colori vivaci. Era stata lei a idearne il complesso disegno: otto lupi - il lupo era l'emblema dei de Burgh - su fondo verde, con il castello di Campion che si stagliava alle loro spalle. L'opera era stata accolta da commenti scherzosi e beffardi, in particolare rivolti a Nicholas, raffigurato come il più piccolo del branco. Gli unici de 19


Burgh a non esprimere pareri erano stati il conte, gentile e riservato come sempre, e il figlio maggiore Dunstan, che non viveva a Campion. Nell'ultima settimana la grande sala del castello era stata teatro di urla e risate che avrebbero assordato una donna più fragile di Marion. Lei, invece, accoglieva tranquilla i brontolii di Simon, le punzecchiature di Stephen, gli scherzi di Robin, le parole aspre di Reynold e la curiosità di Nicholas. Ormai erano diventati come fratelli. Seduta vicino al camino acceso con un ricamo in mano, Marion rifletté sulla propria fortuna: pur essendo una sconosciuta priva di nome, famiglia e fortuna, era stata accolta dai de Burgh, tanto che ormai svolgeva il ruolo di castellana di Campion. Ma il conte e i suoi bei figli dai capelli scuri non le avevano dato solo una casa e una posizione. Per quanto riluttanti, avevano finito per concederle il loro affetto, trattandola come una figlia e una sorella. Era questo a illuminarle il volto di un sorriso caldo, che resisteva a scherzi e battute di ogni tipo. Il fragore delle pesanti porte di quercia che si aprivano riscosse Marion dalle sue piacevoli riflessioni. Stupita, rialzò lo sguardo tenendo ancora l'ago tra le dita, e scorse un uomo imponente che si faceva avanti nell'ingresso del castello. Era vestito come un cavaliere e circondato da altri uomini come lui, ma nessuno eguagliava la sua figura gigantesca. Marion lo osservò turbata: pareva ancora più alto dei fratelli de Burgh, che pure superavano in statura qualsiasi altro abitante di Campion. Chi poteva essere? L'uomo percorse l'ingresso con aria da padrone, spirando arroganza da tutti i pori. All'improvviso Marion provò una strana sensazione: la sua andatura sicura e allo stesso tempo piena di grazia aveva qualcosa di familiare. Mentre lo guardava perplessa, il nuovo arrivato si tolse l'elmo e scosse i lunghi capelli scuri, rivelando in un attimo la sua identità. Dunstan. Marion rimase seduta a guardarlo: in famiglia si parlava spesso del primogenito che viveva lontano, nelle sue terre, ma fino a quel momento lei non l'aveva mai visto. Ben presto la curiosità cedette il posto all'ammirazione. Per quanto fosse ancora lontano da lei, il maggiore dei de Burgh 20


non passava certo inosservato. Marion non aveva mai visto un uomo così bello: era più alto e imponente perfino di Simon e portava la cotta di maglia con disinvoltura, come se non pesasse nulla. Sembrava un temibile predatore, eppure scrutandolo Marion non provò timore, ma una strana eccitazione: per la prima volta da quanto poteva ricordare, il cuore le batteva forte alla vista di larghe spalle e muscolose gambe maschili. E non era solo questo a colpirla: i capelli lunghi e folti erano neri come ali di corvo, il viso abbronzato aveva tratti forti e regolari e le labbra erano più sensuali che mai. Marion sapeva che i fratelli de Burgh erano tipi notevoli, ma nessuno di loro l'aveva mai colpita a quel modo. Le erano cari come fratelli, ma il turbamento provocato in lei da Dunstan era un sentimento ben diverso. Appariva un soldato anche più forte e audace di Simon, eppure non aveva nulla della rigidità del fratello minore. Anzi, la sua bocca pareva pronta al sorriso e anche... Marion si riscosse sgomenta: che pensieri sconvenienti suscitava in lei quell'imponente guerriero? Come rispondendo al suo muto richiamo, lui la squadrò all'improvviso e Marion si rese conto di quanto avesse trascurato i suoi doveri. Balzò in piedi, dimentica del ricamo e questo scivolò a terra. «Arthur! Porta del vino e del cibo per Lord Dunstan» ordinò con voce malferma a un servo che passava. Poi si chinò a raccogliere il ricamo, consapevole della propria goffaggine e colta da un inspiegabile impaccio che aumentò ancora quando vide davanti a sé un ginocchio rivestito di maglia di ferro. Marion sollevò la testa e si trovò davanti l'oggetto della sua ammirazione, che teneva in mano il ricamo caduto. Il cavaliere si era tolto il guanto e lei batté le palpebre davanti alla bellezza delle sue dita lunghe e forti. Erano dure e callose come si conviene a un guerriero, eppure reggevano il tessuto delicato e leggero senza danneggiarlo. Marion spostò lo sguardo sulla peluria scura che ricopriva il dorso della mano e arrossì fino alla radice dei capelli sentendosi osservata. Il cuore prese a batterle all'impazzata e, quasi senza accorgersene, sollevò lo sguardo sul viso di lui. Dunstan non sorrideva, ma non la guardava nemmeno con 21


torvo cipiglio. Sembrava piuttosto prenderla in giro con malizia e la vista di quelle labbra vicinissime alle proprie le suscitò un fremito in tutto il corpo. Marion sollevò ancora lo sguardo. «Ma sono verdi!» esclamò gradevolmente sorpresa. «Che cosa?» La sua voce profonda, in armonia con la mole imponente, le provocò un fremito ancora più intenso. «I vostri occhi» spiegò Marion. «Sono diversi da quelli dei vostri fratelli. Ho sempre desiderato averli di quel colore, e non castani.» Gli occhi di Dunstan erano davvero straordinari: ricordavano il verde delle foreste più profonde ed erano pieni di mistero e di promesse. Lui la guardò confuso, poi le rese il ricamo e si rialzò. «E voi chi siete?» chiese senza giri di parole. «Marion» rispose lei con semplicità. Ora che erano l'uno di fronte all'altro, doveva buttare indietro la testa per guardarlo negli occhi. «Marion e poi?» insistette Dunstan sospettoso. «Non ho un altro nome» rispose con un sorriso spontaneo. «Siete in visita a Campion?» «No, sono un'ospite» lo corresse lei. Una visita implicava una partenza, mentre lei non aveva alcuna intenzione di andarsene. Dunstan lanciò una rapida occhiata al servo che stava portando da bere e da mangiare ai suoi uomini, poi tornò a fissarla incuriosito. «Quando siete arrivata a Campion?» chiese. Marion sorrise divertita. Pensava forse che avesse usurpato la posizione di qualcuno o magari tolto di mezzo il padre e i fratelli? «Circa sei mesi fa» rispose. «Non riesco a credere di non avervi mai visto; siete rimasto lontano dal signore vostro padre per tutto questo tempo?» aggiunse maliziosa. Marion notò un lampo di irritazione negli occhi verdi e capì che Dunstan non era tipo da gradire battute e punzecchiature. «Le mie terre mi tengono occupato» tagliò corto. «E ora, se volete scusarmi...» Si congedò con un brusco cenno del capo e andò a raggiun22


gere i suoi uomini. Marion represse a fatica la tentazione di trattenerlo tirandolo per la manica. Poi si rese conto che con ogni probabilità il turbamento suscitato da quell'incontro riguardava solo lei. Dunstan non sembrava affatto interessato ad approfondire la loro conoscenza e le sue domande erano state dettate solo da una semplice curiosità per una presenza inaspettata in casa del padre. Del resto, perché avrebbe dovuto reagire in modo diverso? Lei non era certo una dama di corte bella e sfrontata, e neppure una fanciulla in fiore. Era piccola e formosa e aveva ormai superato da tempo l'età da marito. Per la prima volta da quando era arrivata a Campion, Marion non si sentì a proprio agio. Riprese il ricamo e cercò di concentrarsi su di esso, invece che sull'esatta sfumatura di verde degli occhi di Dunstan de Burgh, ma non poté fare a meno di lanciargli di tanto in tanto un'occhiata furtiva. Era seduto nel punto più lontano della lunga tavolata, circondato dai suoi uomini, così che riusciva a distinguere solo le sue larghe spalle e i folti capelli neri, ma quella semplice vista era già abbastanza. Marion aveva desiderato spesso incontrare il primogenito del Conte di Campion, ma ora che le era davanti sperava solo che ripartisse presto. Era troppo vecchia per abbandonarsi alle fantasticherie romantiche che la sua imponente presenza ispirava. A volte si chiedeva se ci fosse mai stato un uomo nella sua vita, ma, timorosa di rompere il velo che celava il passato, poteva solo basarsi sui suoi sensi. E questi le dicevano che non aveva mai incontrato un uomo come Dunstan de Burgh. Un fragore improvviso annunciò l'arrivo dei fratelli minori di Dunstan e Marion tornò a sorridere. Si slanciarono a salutare il primogenito ognuno a suo modo: Simon lo accolse con borbottii, Stephen con una raffica di insulti, Geoffrey con cauti complimenti e Robin con scherzi e battute. Il castellano arrivò a un passo più tranquillo, ma la sua abituale riservatezza non gli impedì di stringere il figlio in un abbraccio affettuoso. «Sono contento di vederti» dichiarò. Poi cominciarono a parlare tutti insieme. Marion li ascoltò distratta, in attesa di una presentazione che non arrivò. Gli uomini si immersero in una discussione a voce bassa, poi salirono su per le scale, probabilmente diretti alla sa23


letta riservata alle riunioni private. Che cosa stava succedendo? Non le piaceva l'aria di urgenza di quell'incontro e nemmeno i visi lunghi e gravi che aveva notato mentre i fratelli lasciavano la sala. Una minaccia gravava forse su Campion? Il castello sembrava imprendibile, ma la guerra era una possibilitĂ sempre presente e Marion non voleva nemmeno immaginare i fratelli de Burgh che la lasciavano per andare in battaglia. Colta da un brivido improvviso, Marion si fece piĂš vicina al fuoco; per la prima volta da quando era arrivata al castello si sentĂŹ preda di un'ansia sottile, come se un'oscura minaccia incombesse su di lei. Non sapeva se il pericolo riguardasse lei o quella che ormai considerava la sua nuova famiglia, ma dovette respingere l'impulso di correre di sopra e gettarsi tra le braccia di qualcuno... preferibilmente Dunstan.

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Le spie del re di Joanna Maitland Londra, Vienna, Marsiglia, 1814-1815. Nell'Europa sconvolta dalle guerre napoleoniche, gli uomini della famiglia Aikenhead si ritrovano a dover gestire la loro attività di agenti segreti al servizio della corona inglese e inaspettate sorprese di cuore. A Londra, durante una festa in maschera in occasione della visita dello zar di Russia, Dominic prova un'immediata attrazione per una misteriosa fanciulla. E quando lei sparisce, non gli resta che seguire le sue tracce attraverso tutto il continente. Contemporaneamente, a Vienna, Leo si invaghisce di Sofia, una cantante la cui bellezza è pari alla dolcezza della voce. C'è un solo problema: lei è una pedina fondamentale nel suo piano. Ma come può sfruttarla quando desidera soltanto farla sua? A Marsiglia, il più giovane dei tre fratelli, Jack, soccorre una fanciulla in pericolo pur sapendo che quel gesto potrebbe compromettere la sua missione. E a quel punto deve decidere: cosa scegliere tra le esigenze della ragione e quelle del cuore?

Dal 7 agosto


La Saga dei nobili fratelli de Burgh torna il 9 ottobre con le appassionanti vicende di Stephen, Robin e Reynold, in attesa di concludersi con l'attesissima storia di Nicholas... a novembre nei Grandi Romanzi Storici!


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