Deborah Simmons
D'armi e d'amore
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: My Lord de Burgh © 2000 Deborah Siegenthal My Lady de Burgh © 2001 Deborah Siegenthal Reynold de Burgh: the Dark Knight © 2009 Deborah Siegenthal Harlequin Historical Traduzioni di Pier Paolo Rinaldi, Anna Polo e Laura Iervicella Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2001 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici ottobre 2001 dicembre 2002 aprile 2010 Questa edizione Harmony Special Saga ottobre 2013 HARMONY SPECIAL SAGA ISSN 1825 - 5248 Periodico bimestrale n. 79 dello 09/10/2013 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 332 del 02/05/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Sommario
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La strega e il cavaliere
Pagina 243
La novizia e il cavaliere
Pagina 475
Reynold de Burgh: il cavaliere nero
La strega e il cavaliere
Prologo A volte il destino ha bisogno di una piccola spinta. Pochi lo sapevano meglio di Armes l'Estrange, che apparteneva a una lunga serie di persone ben addentro agli scherzi del fato. A ogni modo, doveva ancora convincere sua sorella Cafell che la situazione estrema in cui si trovavano aveva bisogno, appunto, d'estremi rimedi. Armes capiva la riluttanza di Cafell perché anche lei ricorreva di rado ai suoi doni speciali. Ma che altro fare in un caso come quello? «Di certo qualcosa si può fare» disse Cafell scuotendo la testa dai boccoli bianchi. «Dobbiamo agire prima che Brighid faccia alcunché di sconsiderato.» Armes si fermò un momento per guardare storto sua sorella. «Brighid non è mai sconsiderata» ribatté. Anche Cafell si fermò. «Be', forse non è la parola giusta. Di impulsivo, allora.» «Sì.» Armes annuì fissando la sorella. «Ho paura per lei. Non vede il pericolo perché non ascolta il sangue dei l'Estrange che le scorre nelle vene.» «Sì» le fece eco Cafell, sempre più agitata. «Sento un brivido freddo dal giorno in cui ha ricevuto la notizia della morte di suo padre. Non ti avevo forse detto che la scomparsa del nostro caro fratello avrebbe portato grandi cambiamenti?» «Mi sembra di ricordare d'essere stata io a dirtelo» replicò Armes, guardando severa la sorella. «Oh, adesso non litighiamo» tagliò corto Cafell, scacciando quell'idea con un gesto. «So solo che da allora sento freddo nelle ossa, un chiaro segno di...» 9
«Dobbiamo agire» la interruppe Armes, impaziente. Il suo sguardo si posò deliberatamente sulla piccola credenza posta sotto la finestra tonda della stanza in cui si trovavano. Cafell seguì lo sguardo della sorella, poi tornò a fissarla con occhi sgranati. «Oh, no» sussurrò. «Abbiamo promesso a Brighid che non l'avremmo fatto!» «Brighid non lo saprà mai. È per il suo bene!» ribatté Armes, accigliata, vedendo l'espressione colpevole di Cafell. Sua sorella era brava a preoccuparsi e ad agitarsi, ma non combinava mai nulla. Era passata già una settimana da quando Brighid aveva saputo della morte del padre. I due non erano mai stati vicini, ma Brighid era decisa a prendere visione della sua eredità. «Se non facciamo qualcosa, Brighid assumerà degli spiacevoli compagni di viaggio e partirà da sola per il Galles.» «Oh, no!» gemette Cafell. «Oh, sì! È abbastanza testarda da farlo» rispose Armes. Testarda, concreta e decisa, Brighid era tutto ciò che non erano le sue zie. Normalmente questo suo improvviso impulso a tornare al luogo in cui era nata avrebbe fatto piacere ad Armes, ma Brighid non poteva certo intraprendere quel viaggio da sola, considerata anche la difficile situazione politica in cui si trovava il Galles da quando Edoardo I di Inghilterra, che era succeduto a suo padre Enrico III nel 1272, aveva rafforzato il potere della Corona e nutriva mire espansionistiche su quel paese. Era dal 1277 ormai che Edoardo aveva invaso quella regione e circolavano voci che volesse annetterlo all'Inghilterra. Nonostante negli ultimi tempi non vi fosse accaduto niente di grave, c'erano sempre voci di dissenso fra i principi gallesi, e Armes aveva avuto dei cattivi presagi... «Bene, allora dobbiamo soltanto agire» risolvette Cafell, con non poca riluttanza. «Bene. Dunque siamo d'accordo» aggiunse Armes. I loro sguardi s'incontrarono ed entrambe cominciarono a sorridere. Raggiunto quell'accordo, si mossero in fretta. Cafell uscì, mentre Armes si chinò davanti alla credenza e l'aprì con una piccola chiave che portava al collo. Ne estrasse un antico bacile di metallo e lo posò con riguardo sulla credenza nel momento in cui Cafell tornava con un secchio d'acqua. Armes chiuse la porta a chia10
ve e Cafell riempì il bacile quasi all'orlo. Poi entrambe si sporsero in avanti, boccoli bianchi e ciocche grigie stretti fra loro, a fissare l'acqua. Dapprima la superficie rimase immobile, poi lentamente prese a cambiare. La luce del sole si mischiò con l'ombra, a formare un riflesso che non era il loro. Armes fece un respiro profondo. «Chi è?» «È un uomo!» esclamò Cafell, battendo gioiosa le mani. «Questo riesco a vederlo anche da sola» ribatté Armes socchiudendo gli occhi. La sua vista non era più quella di una volta, ma non lo avrebbe ammesso davanti a sua sorella. «Ma quale?» «Be', è l'uomo che salverà Brighid, ovviamente. Il suo cavaliere, il suo signore, il suo unico e vero amore!» rispose Cafell con un sospiro di felicità. «Sì, sì» fece Armes, impaziente. «Ma chi è?» «Oh. Lasciami vedere.» Cafell si fece più avanti, poi balzò all'indietro con un gridolino di gioia. «Non so chi sia, con esattezza, ma guarda quegli occhi e quei capelli e quel... bel fisico» aggiunse, indicando la tremolante immagine di un giovanotto alto, dalle spalle ampie e dalla scura bellezza. All'improvviso anche Armes sembrò notare qualche dettaglio, qualcosa di familiare nei lineamenti che riempivano il bacile. Restò senza fiato e si voltò di scatto a fissare la sorella. I loro sguardi s'incontrarono ed entrambe parlarono nello stesso momento, le voci cariche di meraviglia e d'eccitazione. «È un de Burgh!»
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1 Stephen de Burgh si stava annoiando. Comodamente seduto su una pesante sedia intagliata nel grande salone di Campion, prese un'altra coppa di vino sperando che attenuasse l'irrequietudine che provava, o che almeno rallegrasse la sua esistenza tediosa. Invece provò soltanto una sorta di confuso calore, una sensazione di cui di solito si accontentava. Negli ultimi tempi, però, non era sufficiente a fargli superare l'insopportabile succedersi dei giorni. Voltando appena la testa, Stephen si mise a osservare la sua proprietà. O, per meglio dire, la proprietà di suo padre, il Conte di Campion. Intorno a lui la servitù si affannava nel lussuoso salone che era il cuore di un moderno castello, conosciuto in ogni dove. Lì non si sapeva cosa fossero la guerra, la fame o la pestilenza, si disse Stephen. Solo la noia. A Campion non era rimasto neppure qualcuno con cui esercitare la sua intelligenza, o almeno la sua lingua affilata. I suoi sei fratelli vivevano altrove, o erano in visita da qualche parte. Tranne Reynold, che non valeva la pena di tormentare. Invece di rintuzzarlo, come Simon aveva sempre fatto, Reynold si limitava a fare una faccia severa e ad allontanarsi zoppicando. Un avversario che non meritava i suoi sforzi. Questo lo lasciava con ben poco da fare, sin dal giorno in cui il resto della famiglia lo aveva raggiunto per festeggiare l'arrivo del nuovo anno. Sin dal giorno del matrimonio di suo padre con Joy. A quel ricordo Stephen aggrottò la fronte. Joy era stata interessante, almeno per un po', dopo il suo improvviso arrivo nella not12
te di Natale. Ma poi, nonostante fosse poco più grande di lui, aveva sposato suo padre. I due erano così innamorati da dare la nausea. Uno sguardo verso il capo della tavola confermò la sua opinione e Stephen si disse che si sentiva annoiato e nauseato. In realtà era preda di una strana e inquietante sensazione, nata il giorno del matrimonio di suo padre. Non che desiderasse Joy per sé, perché non lo attraeva più delle altre donne. Va bene, forse si era sentito un po' oltraggiato dal de Burgh che Joy aveva finito per scegliere, ammise stringendosi nelle spalle, ma se n'era fatto una ragione. Sfortunatamente, il ricordo del modo spiacevole in cui si era comportato in quei giorni gli restava in bocca come un gusto amaro che nessun vino avrebbe potuto cancellare. Lo aveva allontanato ancora di più da suo padre e reso più consapevole del proprio inappagamento. Sì. Nonostante la diffusa euforia che regnava a Campion, lui era insoddisfatto. In effetti aveva cercato di sfuggire alla sua infelicità per anni, ma ormai questa lo stava raggiungendo, e così beveva per tenerla a bada. Lo stesso motivo per cui andava a letto con le donne e prendeva in giro i suoi fratelli che avevano fatto qualcosa delle loro vite. Negli ultimi tempi, però, aveva la netta sensazione che non gli fosse rimasto altro da fare. Quel pensiero s'impossessò di lui e lo spinse a bere di colpo il resto del vino, un gesto brusco e repentino che non possedeva nulla della sua solita grazia. Le cose stavano peggiorando, da Natale, ma non aveva idea di come salvarsi dall'affondare sempre di più in quella melmosa palude che stava diventando la sua esistenza. I suoi pensieri erano così cupi che non si accorse dell'arrivo di suo fratello finché Reynold non ebbe parlato. «Ci sono visitatori, padre. Sono vassalli di Campion, venuti a chiedervi udienza.» Visitatori. Proprio quello che serviva per rallegrare un piatto pomeriggio invernale, si disse Stephen versandosi dell'altro vino. Si mise comodo e osservò l'ingresso del gruppo. Gente dall'aria strana, guidata da due donne anziane di nessun interesse per lui. Represse uno sbadiglio, poi scorse un'altra figura apparire alle spalle 13
delle due vecchie. Di colpo desti, i suoi sensi misero a fuoco la giovane donna, nonostante potesse vedere ben poco di lei, dato che indossava un pesante mantello e un cappuccio. «Benvenute» fece il Conte di Campion, e le due donne avanzarono. La ragazza invece rimase indietro come se fosse riluttante. Mmh... interessante, si disse Stephen. Di solito i sudditi del conte si precipitavano a raggiungerlo, ferventi come discepoli. Quella ragazza aveva così timore del grande Campion da rimanere lì inchiodata? La più alta delle due donne avanzò in silenzio. «Oh, milord, milady...» fece l'altra, euforica. «Abbiamo saputo che vi siete sposati e volevamo venire a porgervi le nostre congratulazioni.» «Il vostro sarà un matrimonio lungo e ricco di frutti» disse la più alta come se vedesse il futuro, e Stephen sentì la servitù mormorare. Udì qualcuno bisbigliare di poteri arcani, ma scacciò quell'idea con un sorriso. La gente del popolo era superstiziosa, però lui non credeva a nulla di meno tangibile di un buon vino e di un letto soffice. A quel pensiero riempì la coppa e la sollevò in un silenzioso saluto alle nuove arrivate. «Vi ringrazio, Madama l'Estrange» stava dicendo suo padre. «Chiamatemi Armes, milord.» «Accomodatevi e riposatevi» le invitò Joy, e il suono della sua voce risultò stridulo alle orecchie di Stephen. Si sarebbe mai abituato alla nuova signora del castello? La casa dei Campion era sempre stata un dominio maschile, e lui era troppo vecchio per i cambiamenti. «Vi ringrazio, milady» sorrise Armes. «Ma mia sorella Cafell e io vorremmo parlarvi, se possiamo, di una cosa molto importante.» «Oh, santo cielo, sì! Proprio non possiamo riposare finché loro... voglio dire, finché la cosa non sarà risolta» aggiunse Cafell. Mentre parlava il suo sguardo aveva percorso il salone, come in cerca di qualcosa, finché non era finito dritto su di lui. L'espressione preoccupata della donna era stata sostituita da un sorriso estatico che lo aveva sorpreso. Nonostante fosse ormai abituato agli sguardi d'ammirazione delle donne, non s'era aspettato di riceverne uno da una simile vegliarda. Certo, se fosse stata la ragazza a fissarlo in quel modo... 14
«Parlate, signore» le invitò suo padre. «E io farò tutto ciò che mi è possibile per aiutarvi.» «Vi ringrazio, milord» rispose Armes. «Come sapete, ormai da qualche tempo viviamo in una piccola tenuta ai margini delle vostre terre.» «Oh, sì, da anni» aggiunse Cafell, allegra. «Abitiamo laggiù dalla morte di nostro zio. Forse lo ricordate...» «Non importa» la interruppe Armes prima che potesse proseguire. «Vi siamo grate della vostra protezione. La pace ha sempre benedetto la nostra casa.» «Ora qualcuno vi minaccia?» chiese Campion, sorpreso. «Certamente no» rispose Armes. «Oh, no, santo cielo, no. È... ehm... un problema personale, quello che ci turba» spiegò Cafell. Di nuovo lanciò uno sguardo verso di lui, e Stephen sentì la noia svanire. Aggrottò la fronte e cercò nella sua memoria i volti delle donne che negli ultimi tempi avevano goduto i suoi favori. Senza farsi notare cominciò a studiare la ragazza, ma quel poco che poteva vedere di lei non diceva nulla alla sua memoria. Quel fatto non lo sorprese, perché delle sue belle compagne ben poche gli lasciavano un ricordo preciso. Per la maggior parte gli erano così grate per le sue attenzioni, che non chiedevano altro che il piacere che potevano trovare nel suo letto. A ogni modo, quella non sarebbe stata la prima volta che una ragazza intraprendente cercava di accalappiarlo con il laccio del matrimonio. Ovviamente quelle vecchie sciocche non potevano sapere che Stephen lasciava che fossero i suoi fratelli, a sposarsi. Certo, suo padre non approvava, ma dato che le sue avventure non terminavano con la prova tangibile della figliolanza, Stephen non vedeva la ragione di cambiare atteggiamento. Né lo avrebbe fatto neppure quel giorno, si disse, guardando la ragazza con il capo nascosto dal cappuccio. Molti anni prima aveva scoperto che, nonostante potesse vantarsi delle sue abilità amatorie, i suoi sforzi non avrebbero dato altri eredi alla famiglia. La cosa aveva smesso di infastidirlo da tempo e ormai gli permetteva di divertirsi con più spensieratezza. Che i suoi fratelli si riproducessero a loro piacimento con le lo15
ro nuove mogli e le loro case e le loro famiglie... Stephen sollevò la coppa, bevve una sorsata di vino e allontanò quei pensieri. Aveva bisogno d'essere in sé, altrimenti quelle sciocche avrebbero potuto rappresentare una minaccia per la sua vita di scapolo. Dimore e famiglie a parte, la sola idea del matrimonio gli dava i brividi. «Nonostante la cosa non vi veda coinvolto direttamente...» cominciò a dire Cafell con un timido sorriso, ma uno sguardo tagliente della sorella l'interruppe. «A ogni modo saremmo onorate di ogni consiglio che voi, nella vostra grande saggezza, potrete darci. Siamo venute proprio per questo.» «Proseguite» le invitò il conte, e Stephen si mise ad ascoltare con maggior attenzione. Se avevano in mente di fargli sposare la nipote, quelle due avevano fatto bene a rivolgersi a suo padre anziché a lui. Il Conte di Campion soffriva di un eccesso d'onore, si disse. «È nostro fratello Drywsone» disse Armes. «È mancato, lasciando le sue proprietà in Galles a sua figlia, nostra nipote. Vieni avanti, Brighid» aggiunse. L'attenzione di Stephen tornò alla ragazza. Era avanzata, ma di poco. Era lenta, oppure pensava che fingendo tutto quel timore si sarebbe guadagnata la simpatia di Campion? Certo non avrebbe finto di essere in attesa di un bambino, o di dare a lui la colpa di un figlio di un altro! La sua presa sulla coppa si fece più stretta. «Naturalmente, a Brighid farebbe piacere vedere ciò che ha ereditato» proseguì Armes, facendo segno alla ragazza di raggiungerla. «È stata affidata a noi molto tempo fa, e non vede il luogo in cui è nata da tanti anni» confidò Cafell. «Noi comprendiamo il suo desiderio, però la nostra età è avanzata ed esitiamo a intraprendere un viaggio del genere» spiegò Armes. «Ma non vogliamo neppure che Brighid vada da sola, visto che il re esercita la sua autorità in quei luoghi da soli cinque anni» aggiunse, usando un eufemismo per alludere alla guerra che aveva schiacciato le speranze d'indipendenza dei gallesi. Ma chi era lui per discutere le parole scelte da quella strana 16
donna? A quella storia, Stephen si trovò a sorridere per il sollievo. Certo, sarebbe stata più interessante una bella lite su un'avventura dimenticata, ma era più che felice di scoprire che la faccenda personale in questione non aveva nulla a che fare con lui. Si versò dell'altro vino, bevve e lasciò vagare l'attenzione. Ascoltò la risposta del padre, mentre il calore gli percorreva il corpo facendogli dimenticare le nuove venute. «Capisco le vostre preoccupazioni» disse Campion. «Nonostante il controllo di Edoardo, i distretti possono essere pericolosi. Forse vi sentireste più a vostro agio se vostra nipote avesse una scorta.» «Oh, sarebbe meraviglioso!» esclamò la donna più piccola battendo le mani. Stephen alzò gli occhi al cielo. Quelle due donne dovevano essere le più sciocche del creato, e prima fossero ripartite per il Galles, o per qualsiasi altro posto dimenticato da Dio dov'erano dirette, meglio sarebbe stato per tutti. Si mise più comodo, in cerca di un modo elegante per congedarsi. «Ve ne saremo molto grate, milord» disse Armes. «Sono certa che la protezione del nome dei de Burgh assicurerebbe a nostra nipote un viaggio senza pericoli. Ma non possiamo certo aspettarci che voi ci diate un servizio così grande!» «Oh, no!» esclamò Cafell. «Non con il vostro recente matrimonio e tutto il resto!» Stephen si trattenne dallo sbuffare. In fede sua, quelle due erano davvero tonte se pensavano che il conte in persona le avrebbe accompagnate. Sarebbero state fortunate se avessero ottenuto qualche soldato, e avrebbero dovuto ringraziare il loro signore per la sua generosità. «No» rispose suo padre. «Ma posso mandare qualcuno al mio posto, qualcuno che farà al vostro caso. Un uomo più giovane affronterà meglio un viaggio del genere, e vi offrirà più protezione.» Stephen ascoltò appena le proteste delle due donne, ansiose di solleticare la vanità del loro signore. Aveva già sentito cose del genere, in passato, e nulla lo annoiava di più di un elenco delle nobili qualità di suo padre. Represse uno sbadiglio e si accasciò sulla sedia. «Vi ringrazio, signore» disse Campion. «Ma sono sicuro che sa17
rete soddisfatte della mia scelta, perché certo converrete con me che nella mia dimora non ci sono cavalieri migliori dei miei stessi figli.» Stephen impiegò un intero minuto per capire le implicazioni delle parole di suo padre, e quando ci riuscì quasi si soffocò con il vino. Si mise a sedere eretto. Campion non poteva dire sul serio! Perché mai avrebbe dovuto mandare un de Burgh a compiere un'impresa così poco importante? Per fare impressione su due sciocche vecchie e sulla loro altrettanto insignificante nipote? Che quella ragazza e le sue zie idiote si accontentassero di un soldato e di un po' di provviste! Lo sguardo inorridito di Stephen si appuntò su suo padre, ma Campion era impegnato a fare l'ospite onnipotente, sorridendo e annuendo alle due donne, e ignorando del tutto la sua stessa progenie. Quella piccola mancanza di riguardo gli diede i brividi perché sapeva che, dei sette figli del conte, solo lui e Reynold erano disponibili per quel compito così spiacevole. E Campion non avrebbe spedito Reynold fuori a cavallo d'inverno, per via della sua gamba. Anche se Stephen, in cuor suo, era convinto che suo fratello fosse in grado di farlo proprio come chiunque altro. Il suo sconforto crebbe quando, alla fine, suo padre si voltò a guardarlo. I suoi occhi non rivelavano ciò che aveva in mente, la sua bocca aveva un'espressione ferma. Il conte aveva sempre una ragione per ciò che faceva, anche se la logica di quel compito, pensò Stephen, gli sfuggiva. Era una punizione per il modo imperdonabile in cui s'era comportato negli ultimi tempi? O suo padre voleva soltanto liberare il castello della sua inopportuna presenza, per meglio godersi la sua nuova moglie? Si sforzò di sorridere, accomodante, mentre cercava freneticamente un modo di sfuggire a quel compito ingrato. «Stephen?» «Sì?» «Tu andrai al mio posto.» Era un ordine. La voce di suo padre era stata gentile, ma si trattava in ogni caso di un ordine, e Stephen fece appello a tutto il proprio acume per trovare una via di scampo. «Sì, padre» rispose in tono cordiale. «Ma forse sarebbe meglio 18
attendere la primavera; madamigella Brighid troverebbe un tempo migliore con cui viaggiare» provò a suggerire. Regalò il suo miglior sorriso alle due zie, che sembrarono confuse da quelle parole. Che cosa era accaduto ai loro sorrisi e ai loro sguardi d'ammirazione? «Io partirò prima possibile.» L'inattesa dichiarazione risuonò forte in quel silenzio e Stephen, sorpreso, si voltò verso la persona che aveva parlato. Brighid era finalmente sbucata dalle ombre, a schiena dritta. Proprio ora decide di rivelarsi, pensò, non poco irritato. S'era gettata il cappuccio sulle spalle a rivelare un volto comune, dalle labbra strette, i lineamenti induriti dalla risolutezza. Stephen rabbrividì. Lui amava le donne docili, quelle che facevano di tutto per lui. Gli altri tipi di donne... Be', ne aveva avuto abbastanza con le mogli dei suoi fratelli. Geoffrey era sposato con un'arpia che avrebbe preferito tagliargli la gola, piuttosto che rivolgergli la parola, mentre la moglie di Simon, abbastanza piacente, era una sorta di amazzone che amava brandire la spada. Persino Marion, che una volta era stata una ragazza dolce, quasi una sorella, dopo il matrimonio con Dunstan era diventata ostinata e prepotente. Il peggio del loro sesso, si disse Stephen, e dallo sguardo di quella ragazza poteva capire che era intrattabile proprio come le cognate. «Apprezzo la vostra gentile offerta» proseguì la giovane, «ma preferirei partire adesso, e non attendere ancora, visto che è già stato speso del tempo prezioso per venire qui.» Stephen inarcò le sopracciglia. Si era davvero riferita al suo viaggio a Campion come a una perdita di tempo? Sperò che continuasse a parlare, in modo da irritare il suo orgoglioso benefattore, sollevandolo così dall'ingrato compito che lo attendeva. Sfortunatamente le zie s'intromisero per rimediare, attribuendo quelle brusche parole al dispiacere che la nipote provava per la morte del padre. Mentre le due donne proseguivano nelle loro chiacchiere, Stephen studiò la ragazza con crescente avversione. I suoi capelli erano nascosti sotto una cuffietta e l'insieme dava al suo volto un'aria tesa. Anche il suo corpo era ben celato; da quel che appariva, però, c'era ben poco che potesse attirare un uomo. Stephen amava le donne molto femminili, morbide e ben tornite, ma a giudicare dalla forma del mantello di madamigella 19
Brighid, sotto la sua tunica non sembrava esserci nulla di suo gradimento. Tornò a guardare suo padre che ascoltava paziente il borbottio delle due donne, e decise che era arrivato il momento di farsi sentire. «Padre, questo è stato il peggior inverno che si ricordi, e le strade...» esordì, poi si strinse nelle spalle, come a dire che la natura era fuori del suo controllo. «Non sarebbe meglio aspettare un po'?» chiese, nel modo più convincente che gli riuscì di trovare. Almeno finché non tornino Robin o Nicholas. O Brighid la rigida non se ne parta per conto suo. O io non riesca a trovare qualche altra cosa che mi allontani da Campion, così che l'intera carovana sia costretta a partire da sola. Fissò suo padre con un'espressione d'innocente attesa, ma Campion non era un uomo che si lasciava ingannare. Ovviamente aveva già deciso e Stephen non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea. Era tipico del conte allontanarlo per il suo bene, ma lui non riusciva a vedere nessuno scopo in quel compito. Che fosse una prova o una punizione, era comunque un dovere spiacevole che non meritava. «Ho fiducia nelle tue capacità, e poi le strade saranno ancora indurite dal freddo» si limitò a rispondergli suo padre. O bloccate dalla neve o spazzate via dalle prime piogge, pensò Stephen. Ma si tenne quelle osservazioni per sé, mentre cercava un'altra scusa. «Forse dovremmo mandare a chiamare Dunstan» provò a dire. «Ha combattuto con Edoardo nel Galles. Conosce bene quelle zone, mentre io no» spiegò, solo per battere le ciglia, sbalordito, quando uno strillo soffocato gli arrivò dalla più piccola delle due donne, quella chiamata Cafell. «Oh, no! Dev'essere lui» disse, puntando un dito ossuto nella sua direzione, e Stephen sentì corrergli un brivido lungo la schiena. All'improvviso i bisbigli che aveva udito prima non gli sembrarono più così divertenti, anche se non credeva in quelle sciocchezze magiche. «E Stephen sia» acconsentì Campion con un sorriso benevolo. S'alzò e ordinò che fossero portati dei rinfreschi per le ospiti, ignorando le proteste del figlio, quasi non avesse parlato. 20
Come il suo solito, pensò Stephen. Distogliendo i pensieri da quell'argomento doloroso, si voltò a fissare la fonte dei suoi problemi solo per scoprire, sorpreso, che la ragazza lo stava fissando a sua volta. Considerato da tutti come il più avvenente dei fratelli de Burgh, Stephen sapeva che c'erano poche donne di ogni età che non apprezzavano il suo fascino. E allora, che cosa le prendeva, a questa Brighid? Si rilassò rendendosi conto di non essersi mai davvero impegnato con lei. Con abilità consumata finse un'espressione calda e le indirizzò il più devastante dei suoi sorrisi. Inarcò un sopracciglio e sollevò appena la coppa, come a riconoscerle quella vittoria. Poi attese l'inevitabile reazione, il rossore della timidezza o la risposta più eloquente di una donna più ardita. Ma non vide nulla del genere. A dire il vero, non ci fu nessuna reazione. Madamigella Brighid si limitò a irrigidirsi ancora di più, come per disprezzo, prima di distogliere lo sguardo. Sbalordito, Stephen si accasciò sulla sedia. Certo quella non era la reazione di una viaggiatrice grata all'uomo che le avrebbe fatto da scorta. Era forse sposata? No, perché in quel caso suo marito l'avrebbe salvato da quel pesante viaggio. E poi, non aveva forse incontrato più di una donna sposata disposta ad avere un'avventura? Forse era infatuata di qualcun altro. I suoi istinti predatori scattarono all'erta e lo spinsero a chiedersi quanto sarebbe stato difficile cancellarle un precedente amante dalla memoria. Seduto con aria indolente sulla sua sedia, la fissò in un modo studiato e di sicuro successo. Nonostante Reynold una volta lo avesse paragonato a un lupo a caccia della preda, quel confronto non lo aveva spinto a smettere. Si concentrò solo su Brighid, esaminandone i dettagli a uno a uno. L'oggetto del suo interesse appariva rigida come sempre, e si sedette a tavola con la schiena eretta. La vide concentrata sulle sue zie, come se si aspettasse di vederle trasformarsi in bestie fantastiche da un momento all'altro. Un timore non poi così infondato, si disse, allegro. La studiò con occhio critico, aggrottando la fronte al momento delle conclusioni. Non era più bella di quanto avesse pensato il 21
primo momento in cui l'aveva vista né più affascinante, certo, ma parte della sua mancanza di attrattive stava nel suo modo di vestire. In contrasto con gli abiti vivaci delle zie, Brighid vestiva di grigio scuro, e quel colore sembrava toglierle tutta la vita dal volto. Di conseguenza sembrava pallida, con un volto come di cera, anche se, da quel poco che poteva vedere, la sua pelle non era segnata. Si chiese se lo facesse per qualche motivo particolare, magari per colpa di qualche cicatrice, o se fosse invece per via di quel suo carattere così serio. Stranamente, Stephen si scoprì curioso di sapere cosa nascondesse quella tunica e cominciò a pensare quale sarebbe stato il modo migliore di togliergliela. Lentamente, contro ogni aspettativa, sentì il suo sangue intorpidito cominciare a scorrere più veloce all'idea della sfida rappresentata da quella ragazza così severa. Stava sulle sue, faceva gesti misurati, i suoi modi erano scostanti come se non volesse che qualcuno le si avvicinasse, e questo lo incuriosiva. Stephen ricordava poche donne, a parte la sua matrigna, che lo avessero rifiutato, e anche in quel caso... be', erano state circostanze eccezionali. Quell'apparente rifiuto di Brighid l'Estrange, che sembrava volersi distaccare da chiunque, era qualcosa di completamente diverso. Le era davvero indifferente? Stephen non vedeva l'ora di metterla alla prova. Non solo quel cimento lo avrebbe divertito, ma se ci fosse riuscito, il risultato sarebbe stato un balsamo per il suo orgoglio. Sì, davvero, perché sarebbe stato facile convincerla a ritardare la sua partenza, o a cancellare del tutto quel viaggio. Sospirò di sollievo all'idea di quella vittoria certa, poi sorrise e decise di impiegare in quell'impresa tutto il suo fascino. La povera madamigella Brighid non sapeva cosa la stesse aspettando.
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Scandali segreti di Louise Allen Francia, Inghilterra, Giamaica, 1816-1817. Per i Ravenhurst gli scandali sono all'ordine del giorno e non risparmiano nessun membro della famiglia. Né chi è timido e riservato come Elinor, che sbalordisce rischiando la vita e il cuore per un attraente sconosciuto, né chi è pronto a tutto pur di sfuggire alle rigide norme dell'etichetta come Clemence, che si imbarca su una nave come mozzo, travestita da uomo, e si ritrova a condividere l'alloggio con un intrigante giovanotto. E l'insofferenza per le regole sembra influenzare perfino chi è legato all'eccentrica famiglia non da vincoli di sangue bensì da semplice amicizia: l'uomo di cui si è innamorata Lady Maude, infatti, non appartiene all'aristocrazia, e un'unione tra loro appare impossibile. Ma forse infrangere le regole sarà il loro lasciapassare per la felicità.
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