Elaine Coffman
Giochi del destino
Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: The Highlander Let Me Be Your Hero By Fire and by Sword Mira Books © 2003 Guardant, Inc. © 2004 Guardant, Inc. © 2006 Guardant, Inc. Traduzioni di Pier Paolo Rinaldi e Laura Iervicella Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici dicembre 2004 giugno 2005 dicembre 2006 Seconda edizione Harmony Special Saga febbraio 2014 HARMONY SPECIAL SAGA ISSN 1825 - 5248 Periodico bimestrale n. 81 dello 05/02/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 332 del 02/05/2005 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Sommario
Pagina 7
La dama del mistero
Pagina 257
Il castello sul lago
Pagina 459
La spada della vendetta
La dama del mistero
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Scozia, Monti Grampiani, autunno 1740 Quella donna non era del tutto nuda, ma ci mancava dannatamente poco. Tavish non sapeva perché quel giorno avesse deciso di cavalcare lungo la stretta striscia di spiaggia, dal momento che di solito prendeva la via tortuosa che saliva verso i vicini picchi di granito. Forse era stata la Divina Provvidenza che lo aveva spedito sulla spiaggia, per poi far imbizzarrire il suo cavallo e fargli cambiare improvvisamente direzione. Altrimenti avrebbe finito per travolgere quella donna distesa sulla sabbia. Si chiese chi fosse. Una figura mitologica sfuggita a un dipinto del Rinascimento, una delle tre Ore? Vestita solo di una sottoveste sottile e bagnata, era stesa in una culla di ciottoli e sabbia, avvolta da una malinconica bellezza. Un corpo provocante ma invisibile, casto. Immobile e pallida, lo faceva pensare a una statua antica, perché la sua bellezza avrebbe potuto spingere un grande scultore a immortalarla nel marmo. Tavish Graham smontò e le si avvicinò, incuriosito da quella donna misteriosa. Come era arrivata sin lì? Non c'era nulla che potesse identificarla né un indizio per scoprirne la provenienza. Nulla, a parte la sottoveste che indossava e la realtà lampante della sua pelle nuda e fredda. Incredibilmente giovane e con un bel volto, era snella come un giunco, con un corpo che avrebbe suscitato invidia nel cuore di qualsiasi donna e desiderio in quello di ogni uomo. 9
Lei non si mosse nemmeno quando lui le si inginocchiò accanto. Le posò il capo sul petto e rimase in ascolto, sperando di sentire quel battito che gli avrebbe fatto capire che era ancora in vita. Non udì nulla. Spazzò via la sabbia e stava per rimettersi in ascolto, quando il suo volto soave lo distrasse. Non aveva mai visto una bellezza tanto pura. Gli faceva tornare alla mente la luce fioca e fumosa delle taverne, con i nudi dipinti nei quadri alle pareti, dove si lasciava briglia sciolta ai pensieri licenziosi. Di guardare, di toccare, di fare proposte, o semplicemente di gettarsi una donna in spalla e di portarla via. Era troppo bella per morire, si disse togliendole un frammento d'alga dalle labbra. E gli si mozzò il fiato quando scoprì che lei lo stava fissando, come se si fosse appena risvegliata da un sonno profondo. La sua pelle era come ghiaccio quando le posò una mano sulla guancia. «Chi siete?» le chiese. Fu come se lei prendesse vita davanti ai suoi occhi e con movimenti eleganti e ciocche di capelli castani cercò di coprire la propria nudità. «Non aver paura, ragazza mia. Sei al sicuro. Sono venuto ad aiutarti.» Vide una lacrima rigarle la guancia. Poi la donna mormorò qualcosa d'incomprensibile e chiuse gli occhi. Non era morta, grazie al cielo, ma presto lo sarebbe stata se non l'avesse asciugata e riscaldata. Si guardò intorno, ma non vide traccia della presenza di qualcuno, né segni del naufragio della nave che si era schiantata sugli scogli la notte precedente. Non sapeva da dove venisse quella bellezza senza nome e avvolta dal mistero. Ma non era rimasta in acqua a lungo, altrimenti sarebbe morta. Sarebbe accaduto presto, in ogni modo, se lui non avesse fatto qualcosa. L'avvolse in una coperta, la portò fino al cavallo e la sistemò sulla sella. Montò dietro di lei e la strinse a sé, così che il calore del suo corpo potesse scacciare il gelo che la permeava. Voltò il cavallo, pronto a ripartire, quando un momento 10
d'indecisione lo spinse a corrugare la fronte. Dove avrebbe dovuto portarla? Temeva che la sua dimora, Monleigh Castle, fosse troppo lontana. Così fredda e zuppa, quella giovane donna non avrebbe resistito fin laggiù. La sua unica speranza era quella di raggiungere Danegæld Lodge. Suo fratello Jamie vi si era recato due giorni prima in cerca di pace e tranquillità. Tavish non si fermò a pensare a come Jamie avrebbe reagito all'arrivo di una ragazza mezzo annegata che avrebbe interrotto la sua pace, o a quando l'avrebbe lasciata alle sue cure. Ma Tavish raramente pensava a quel genere di cose: era il fratello minore, quello che usava il proprio fascino per manipolare gli altri, quello che pensava fosse giusto farlo. Voltò il cavallo verso Danegæld e partì al galoppo, perché sapeva che presto la fredda nebbia del Mare del Nord avrebbe cominciato a montare verso l'interno, portando con sé il freddo e l'umido provenienti da quelle acque gelide e profonde che dividevano la Scozia dalla Norvegia. Durante la cavalcata ripensò alla donna che teneva fra le braccia e all'inspiegabile aura che l'ammantava. Gli era ignota e questo lo affascinava. Era stato lontano, all'università di Edimburgo, per gran parte degli ultimi tre anni, così era possibile che una ragazza o due fosse sfuggita alla sua attenzione. Anche una incantevole come quella. La notte scese su di loro e l'aria si fece più fredda. Tavish l'avvolse più strettamente nella coperta, finché rimasero visibili soltanto il suo volto e qualche ciocca bagnata. Spronò il cavallo e tenne un'andatura costante, cavalcando verso la lontana sagoma scura della foresta, dove una falce di luna si stava nascondendo dietro le nubi gettando i dintorni nell'oscurità. Presto cominciarono a salire i fianchi della montagna che si ergeva come un bastione contro il possente Mare del Nord, come a impedire a quelle acque vorticose di procedere oltre. La donna si mosse e mormorò qualcosa d'indecifrabile. La sua non era una posizione comoda, Tavish lo sapeva, ma lui non permise che la compassione lo rallentasse. 11
La donna aveva bisogno di scaldarsi più che di comodità. Questo non gli impedì di offrirle qualche parola di conforto, nel modo un po' ruvido e impacciato che a volte usano gli uomini. Parole gentili, pronunciate in modo brusco. «Ora sei al sicuro.» Sentì la mano fredda della ragazza ricadere mollemente contro la sua e rallentò quanto bastava per tornare ad avvolgerla completamente nella coperta. Sopra di loro, la luna sbucò dalle nubi per illuminarle le labbra bluastre e il volto color della cenere. Attraverso la coperta poteva sentire la fredda rigidità del suo corpo e poteva solo sperare di riscaldarla un poco prima che congelassero entrambi. Spronò il cavallo perché andasse più veloce. La pista era irregolare e accidentata, piena di grosse rocce, alcune tanto vicine da lasciare appena lo spazio per il passaggio del cavallo e questo rallentava la loro avanzata. L'animale rizzò le orecchie e avanzò cauto sopra i sassi, resi scivolosi dalla nebbia che era calata su di loro. Tavish vide, più avanti, la pista svoltare bruscamente e scendere ripida verso il fiume. Una volta superato quel punto, dopo un'altra svolta avrebbe ripreso a salire. «Tieni duro, bella mia. Ormai non siamo lontani.» Cominciò a piovigginare e Tavish imprecò contro la sfortuna. La ragazza era già abbastanza bagnata. L'ultima cosa di cui aveva bisogno, per tutti i santi del cielo, era altra acqua. La pista scese in un dirupo profondo, e cavalcarono lungo il fiume finché non raggiunsero un guado. Tavish fece rallentare il cavallo sperando che la ragazza non si bagnasse, per non peggiorare le sue condizioni. Si fermò un momento sull'altra riva. Il cavallo ansimava e dal suo mantello si sollevava vapore. A Tavish dispiacque dover tornare a spronare l'animale al galoppo lungo lo stretto sentiero. Grazie al cielo la ragazza dormiva, altrimenti avrebbe protestato. Lentamente, Tavish sentì il calore tornare tra loro, e si accorse che, almeno nei punti in cui erano a contatto, il gelo stava svanendo. 12
Cercò di cambiare posizione, ma la giovane era completamente inerte. «Ah, ragazza mia, come sei pesante!» disse. Si rese conto d'aver parlato ad alta voce solo quando lei rispose con voce fioca: «Dove mi state portando?». Una voce dolce, il cui accento gli andò dritto al basso ventre. Dannatamente eccitante. La guardò, troppo sbalordito per parlare. «Che differenza fa? Dovresti essere felice di andare dovunque, purché si tratti di un posto asciutto.» «Voglio sapere dove mi portate.» Poteva essere mezzo morta, ma certo era insistente. «Ti sto portando a casa di mio nonno, al castello di Danegæld Lodge.» «Perché?» «Perché mio fratello è lì, e non saprei che altro fare di te.» «Potreste rimettermi giù.» «No, ragazza mia, non posso. Congeleresti, stanotte. Per non parlare del fatto che indosso hai ben poco, oltre la pelle, che è ben poca protezione contro i dragoni o la Black Watch che potrebbero trovarsi da queste parti. Chi sei? Parli la mia lingua, ma con uno strano accento.» «Strano? Immagino che sia così.» Dopo questo non disse altro e Tavish pensò che si fosse addormentata, finché non la sentì parlare di nuovo. «Siete scozzese?» «Aye» le rispose, sentendo orgoglioso quella parola sgorgare da lui. «Lo sono, e se non ti dispiace che te lo ripeta, hai un accento davvero strano.» «Dove siamo?» si limitò a ribattergli lei. «Sulla strada per Danegæld Lodge.» «Voglio dire... in quale paese?» «Vuoi dire che non sai dov'eri prima che ti trovassi?» «No.» «Ma com'è possibile? Come puoi non ricordare dov'eri diretta?» Pensava che non gli avrebbe risposto. «Ho la sensazione di non ricordare molto di qualunque cosa» la sentì dire dopo un po'. «Be', ragazza mia, non è il momento di preoccuparsene. Sei 13
in Scozia e questo dovrebbe rassicurarti parecchio» le rispose, confuso da quella conversazione che sollevava molte domande e forniva poche risposte. Per la barba dell'Onnipotente, era una conversazione che non portava da nessuna parte. Era come parlare da solo. «Hai perso la memoria, ragazza mia? Non ricordi come sei finita in acqua, con indosso poco più della tua pelle?» «Non, monsieur.» Quello sembrava proprio francese, si disse. «Sei francese, non è così?» «Forse... Non ricordo molto.» «Oh, è come parlare al vento. Le domande spariscono senza una risposta.» Decisamente la preferiva quando era priva di conoscenza. «Ma non preoccuparti. Probabilmente la tua memoria è solo congelata, come tutto il resto. Perché non cerchi di dormire un po'? Il viaggio ti sembrerà più corto.» «Perché mi state portando da vostro fratello?» «Perché è il capo...» «Di cosa?» l'interruppe lei. «... il capo del clan Graham, lo conosci?» «Perché non potete aiutarmi voi?» «Perché sono diretto all'università di Edimburgo. E poi, io le ragazze mi limito a salvarle. Non risolvo i loro problemi.» «Io non ho un problema.» «Non sai chi sei, non sai da dove vieni e non sai dove stai andando, quindi hai un problema. E poi, anche se al momento tu non ne avessi, una ragazza bella come te non manca mai di provocarne qualcuno.» «Vostro fratello... che cosa ne farà di me?» «T'incatenerà nelle prigioni e abuserà di te finché ne avrà voglia» le rispose, sentendola trattenere il fiato. «Ora taci, tutte queste chiacchiere mi distraggono.» Non poté fare a meno di sorridere e sperò d'averla spaventata abbastanza da farla tacere. E fu così, almeno per un po'. «Non possiamo fermarci a riposare?» la sentì dire dopo qualche minuto. «Sono tutta indolenzita. Fa così freddo!» Poteva sentirla battere i denti. «Sì, so che hai freddo, proprio 14
come me. Mi fermerei, se non corressimo pericoli. Ma tu avresti ancora più freddo e da queste parti non ci sono ripari. Dobbiamo andare avanti.» Ah! Avrebbe preferito se fosse rimasta dov'era, perché con il bacino premeva in un punto che lo costringeva a ricordare che aveva una donna seminuda fra le braccia. «Se continui così» le mormorò all'orecchio, «mi approfitterò di te ancora prima di mio fratello.» «Andate avanti» gli rispose brontolando e lui ridacchiò. «Ho così freddo che non sentirei nulla.» «Oh, va bene lo stesso. Non abbiamo tempo per divertirci, ma se hai tempo d'aspettare il mio ritorno, sarò felice di poterti servire.» «Quando sarà?» «Non prima di questa estate, hai da aspettare un po'.» La pista prese decisamente a salire. «Danegæld Lodge non è lontana, è là, in cima alla montagna.» «Io c... credevo che stessimo andando da vostro n... nonno» riuscì a dire lei, coi denti che le battevano. «Sì, è stata la dimora di mio nonno fino alla sua morte, ed è un posto magnifico. Mia madre era la figlia del Duca di Lochaber, uno degli uomini più ricchi delle Highlands. Quando l'ha ereditata, Jamie ha fatto qualche cambiamento perché potessimo usarla come padiglione di caccia, ma la sua passata bellezza è ancora ben visibile.» Notò l'aria desolata con cui la ragazza fissava la coperta ormai bagnata in cui l'aveva avvolta, e la sorprese mentre cercava di coprirsi meglio le gambe nude, il cui biancore era sottolineato dalla luce della luna. Avrebbe voluto dirle che se avesse smesso di agitarsi la coperta non si sarebbe scostata, ma non voleva che suonasse come un rimprovero. «Non preoccuparti del tuo aspetto, ragazza mia. Lassù non ci sono altri che Jamie e la servitù.» Continuavano a salire e gli alberi si facevano sempre più radi. Seguirono la pista lungo una solida parete di roccia, cosparsa di grossi massi probabilmente caduti dall'alto. Lei desiderò che la luna tornasse a nascondersi dietro le nu15
bi, così da nasconderle anche il territorio che le si stendeva di fronte, cupo e desolato come il suo futuro. Immaginò di viaggiare indietro nel tempo, nel passato di quel paese barbarico, dove vivevano solo genti ignote, dagli strani modi e dallo strano linguaggio. Era tutta dolorante, almeno dove non era così paralizzata dal freddo da non provare alcuna sensazione. Le dita avevano perso il senso del tatto, notò, cominciando a tremare senza controllo. Si disse che non sarebbero riusciti a raggiungere la loro destinazione. Si sentì come se una maledizione l'avesse trasformata in un freddo blocco di pietra, la punizione per essersi ribellata. Sentiva le estremità come se fossero di piombo e la mente farsi sempre più confusa, finché si chiese se non stesse perdendo conoscenza. Non sentiva più tanto freddo, ma aveva così sonno... Chinò il capo una volta o due, finché questo non le ricadde contro il petto. Tavish doveva essersene accorto, perché le diede un brusco scrollone. «Ehi, fa' attenzione, bellezza. Non puoi ancora metterti a dormire.» «Non posso farci niente. Ho così son...» La voce le si spense. «Sì, è colpa del freddo, ma non devi cedere. Addormentati ora, ragazza mia, e non ti sveglierai più.» Lei borbottò qualcosa d'incomprensibile. «Ah, è così, eh? Be', lascia che ti dica che è proprio quello che preferisco. Una ragazza tutta calda e ben disposta. È un buon modo per scacciare il freddo, sai?» Lei sentì una mano sul seno. «Perché non mi hai detto prima che sei così disponibile?» le sussurrò all'orecchio. «Conosco un sistema per riscaldarci entrambi.» Scostando quella mano, lei sollevò la testa di scatto. «Non avete il diritto di prendervi queste libertà.» «Così mi piaci» le rispose Tavish, poi rise e spronò il cavallo. Per non perdere l'equilibrio lei fu costretta ad afferrare il pomo della sella. Sospettava che lui l'avesse mandata su tutte le furie con uno 16
scopo. La sonnolenza era passata, e con essa la sensazione di calore. Stava di nuovo tremando da capo a piedi. Era ben sveglia e dolorante, pronta a scoppiare in lacrime alla prima provocazione. E i denti non avevano smesso di battere. «È stata una cavalcata lunga e faticosa e mi dispiace che tu abbia dovuto sopportarla. Ma te la sei cavata bene come un uomo e, cosa più importante, sei ancora viva. Fatti coraggio, finalmente siamo arrivati a destinazione.» Quell'uomo aveva visto di lei più di quanto un qualsiasi altro uomo avesse visto in passato, ma non bastava. L'idea di dover sopportare di nuovo una cosa del genere la metteva a disagio. «Mi vergogno del mio aspetto. Che cosa penserà di me vostro fratello quando mi vedrà?» «Penserà che al ritorno di una scorribanda mi sono portato a casa una ragazza nuda e congelata.» «Mmh, una scorribanda... Si fa ancora questo genere di cose?» «Sì, anche se io non me ne occupo.» Lei si voltò, cercando il calore di quel corpo, perché aveva l'impressione che il suo volto si stesse spaccando. «Questa è la prima buona notizia dal momento in cui vi ho conosciuto» gli rispose. «Ah, ragazza mia, io non ricordo affatto di averti conosciuto. Non so neppure come ti chiami.» Un momento più tardi smontò, l'afferrò e la fece scendere. Ma quando toccò terra, lei scoprì di non riuscire a rimanere in piedi. Le ginocchia cedettero e lei crollò, come se il mondo fosse scomparso. Tavish l'afferrò prima che finisse a terra. «Sapevo che avresti creato dei problemi» disse, «così non sono sorpreso di doverti trasportare.» Ridacchiò. «Non che mi dispiaccia.» La prese fra le braccia e la portò su per una scalinata. «Sei proprio leggera come una piuma, eh? Jamie!» chiamò, una volta in cima. «Apri la porta, ho qui con me una ragazza morta di freddo!» Poi, in attesa che la porta si aprisse, proseguì: «Per17
dona le mie pessime maniere. Sono Tavish Graham. Dimmi il tuo nome, ragazza». Lei gli aveva nascosto il viso nell'incavo del collo, in cerca di calore. «Devo avere un nome, ma non riesco a ricordarlo.» «Ora non preoccuparti. So che ben presto mio fratello riuscirà a cavartelo.»
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Trame d'amore di Stephanie Laurens Inghilterra, inizio XIX secolo. Le difficoltà economiche che hanno dovuto affrontare hanno permesso ai membri del casato dei Lester di capire quali sono i valori che contano nella vita, e benché di recente siano tornati in possesso delle loro ricchezze nessuno di loro ha intenzione di dimenticare... A differenza dei fratelli, Pandora ha scelto di vivere in campagna, lontano dai pettegolezzi mondani e al riparo da complicazioni sentimentali. Finché la sua tranquilla esistenza non viene sconvolta da Jason Montgomery, Duca di Eversleigh. Anche per Jack, il fratello maggiore di Pandora, sembra giunto il momento di prendere moglie. Ma a quanto pare la donna che gli ha rubato il cuore non è disposta a unire il proprio destino a quello di un incallito libertino come lui! Harry invece, il secondogenito della famiglia, non ha intenzione di mettere la testa a partito. Solo quando incontra Lucinda, un'incantevole vedova dallo spirito indipendente, l'idea di rinunciare alla propria libertà inizia a sembrargli meno terrificante...
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