D2033 strettamente passionale

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MAUREEN CHILD

Strettamente passionale


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Up Close and Personal Harlequin Desire © 2012 Maureen Child Traduzione di Mariangela Latorre Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Destiny settembre 2013 Questo volume è stato stampato nell'agosto 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano HARMONY DESTINY ISSN 1122 - 5470 Periodico settimanale n. 2033 del 10/09/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 413 del 31/08/1983 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 «So che sei là dentro, Laura!» Ronan Connolly riprese a colpire la porta, poi si fermò e tese l'orecchio. Non un suono proveniva dall'interno della casa, anche se lui sapeva che Laura era lì. Che diavolo, gli sembrava quasi di percepire la sua presenza, come se fosse proprio dall'altra parte di quella maledetta porta. Donna cocciuta! Come aveva potuto scambiare quella caparbietà per una virtù? Trascorsero altri secondi. Il silenzio che proveniva dall'interno non fece che irritarlo ulteriormente. Guardò la Volkswagen gialla parcheggiata accanto alla casa, poi tornò a fissare la porta azzurrina. «So che sei in casa, Laura. C'è la tua macchina, per strada.» «È un vialetto, Ronan, non una strada» gli giunse la risposta di lei, attutita ma distinta. «Non sei più in Irlanda, ricordi?» «Purtroppo.» Si strofinò il viso mentre alzava gli occhi al cielo con un sospiro. Se fossero stati ancora in Irlanda, in quel momento una buona metà del villaggio di Dunley gli sarebbe stata accanto, a fare il tifo per lui e aiutandolo a convincere Laura ad aprire quella maledetta porta. «Ti ho sentito, sai? Quindi ritieniti pure libero di sa5


lire su uno dei tuoi jet privati e di tornartene quanto prima nella terra dei Connolly.» Oh, se solo avesse potuto! Ma era arrivato in California per aprire una filiale americana della sua azienda, e non si sarebbe potuto muovere fino a quando la Cosain non fosse entrata a pieno regime. E in quel momento era stanco, di pessimo umore, e non aveva nessuna voglia di avere a che fare con altre femmine capricciose. Aveva trascorso le ultime sei settimane accompagnando in giro per l'Europa una popstar sedicenne, facendo la guardia del corpo a lei e alla madre, e non vedendo l'ora che quell'impegno finisse. E adesso che era tornato, si aspettava una vita tranquilla, ordinata, pacifica. E invece... Strinse i denti e contò fino a dieci. Poi ripeté l'operazione. «Chiamalo come ti pare, Laura. La tua macchina è qui, e ci sei anche tu.» «E se fossi uscita a piedi? Non ti è venuto in mente che potevo essere fuori?» La proverbiale irascibilità dei Connolly crebbe in maniera esponenziale e Ronan dovette fare uno sforzo per contenerla. «Però non sei fuori, a quanto pare» obiettò con fare ragionevole, complimentandosi con se stesso per la pazienza dimostrata. «Sei qui, mi stai facendo diventare matto e mi costringi a urlare verso una porta chiusa, neanche fossi lo scemo del villaggio.» «Non è necessario che urli, riesco a sentirti benissimo» obiettò lei con voce tersa. Laura Page viveva lungo una graziosa strada di Huntington Beach, in California, in una delle innumerevoli villette cittadine costruite sullo stile dei villaggi di Cape Cod. Quando l'aveva vista la prima volta, Ronan aveva pensato che fosse un posto molto carino. Adesso, invece, lo riteneva un inferno. Una brezza fredda spirava dall'oceano lungo la strada, scuotendo i rami dell'olmo quasi completamente 6


spoglio nel giardino di Laura e spingendo nel cielo scure nuvole minacciose e gonfie di pioggia. Ronan si augurava soltanto che l'acquazzone non scoppiasse mentre lui era ancora fermo sul porticato. «Mi sentiranno anche i vicini» commentò, accennando all'uomo che potava con eccessivo vigore le siepi del giardino accanto. «Perché non apri, così possiamo parlare in privato?» «Non ho niente da dirti.» Una risatina gli distese le labbra. Sarebbe stata la prima volta, si disse. Aveva sempre due parole da aggiungere su qualsiasi cosa, lei. Sulle prime, era stata proprio quella caratteristica, a piacergli. Era sempre stato circondato da donne sorridenti e vanitose, capaci soltanto di ridere di ogni sua stupida battuta soltanto per entrare nelle sue grazie. Ma non Laura. No. Sin dall'inizio, lei era sempre stata ostinata, polemica, non si era mai lasciata impressionare dalla sua ricchezza e dalla sua celebrità. A quell'epoca, discutere con lei gli piaceva, ammirava la sua intelligenza pronta e vivace. E l'aveva ammirata ancora di più dopo essersela portata a letto. Abbassò lo sguardo sul fascio di rose rosse che stringeva tra le mani e si dette dell'imbecille per essersi illuso di convincerla con un mazzo di fiori e con qualche parolina dolce. Sbuffando, abbassò un po' la voce. «Sai benissimo per quale motivo sono qui. Andiamo, facciamola finita.» Un attimo di pausa seguì quelle parole, quasi che lei vi stesse riflettendo. Poi gli rispose. «Non puoi averlo.» «Cosa?» «Mi hai sentito.» «Sì, ti ho sentito, ma non lo accetto. Sono venuto a 7


prendere quello che è mio e non me ne andrò finché non l'avrò avuto.» «Tuo? Sei sparito per due mesi, Ronan. Cosa ti fa pensare che ci sia ancora qualcosa di tuo?» Ronan scagliò le rose per terra e appoggiò le mani ai lati della porta, protendendosi verso il battente. «Laura» esordì. «Ho passato dieci ore in aereo ad ascoltare una adolescente che mi elencava le ragioni per cui bisognerebbe adorarla. La madre non ha fatto altro che lamentarsi di ogni cosa, dalla marca di acqua minerale che le hanno offerto alla scomodità del cuscino. L'unico pensiero che mi ha sostenuto nelle ultime settimane è stato quello di tornare a casa mia, sulla scogliera, e di rivedere il mio adorato cane. Non ho nessuna intenzione di andarmene senza di lui.» All'improvviso la porta si spalancò e lei comparve sulla soglia, un metro e settanta di curve bionde con due occhi azzurri chiari come il cielo d'estate. Perfino con quei jeans scoloriti e una abbottonatissima camicia bianca era in grado di togliergli il fiato. Ronan non lo sopportava. Laura se ne stava con una mano sulla porta e l'altra sullo stipite, per impedirgli di oltrepassare la soglia. Allora abbassò gli occhi e vide il suo cane appoggiarsi a lei con adorazione da schiavo. Aggrottò la fronte in direzione di Beast, ma il cane non lo degnò della minima attenzione. «Appena poche settimane e mi hai già dimenticato?» gli domandò in tono glaciale. «Che razza di lealtà è mai questa, da parte del migliore amico dell'uomo?» Il cane guaì e si appoggiò ancora più pesantemente contro Laura, tanto da farla barcollare sotto il suo peso. «Un migliore amico non lo avrebbe abbandonato» gli disse lei, quasi ringhiando. «Non l'ho abbandonato. Mio cugino Sean...» «Me lo ha mollato quando è ripartito per l'Irlanda. 8


Come puoi constatare, Beast sta bene. È felice, qui. Con me.» «Può darsi, ma non ti appartiene.» «È in casa mia. Questo lo rende mio.» «È in casa tua soltanto perché Sean ti ha chiesto di occuparti di lui fino al mio ritorno.» Non fosse altro che per questo, il cugino si sarebbe meritato un pugno nei denti. Sean aveva chiesto a Laura di prendersi cura di Beast soltanto per risparmiargli un lungo mese di soggiorno in un canile, ma Ronan era venuto a saperlo soltanto quando ormai era troppo tardi per cambiare le cose. Certo, era stata la scelta migliore per il cane. Ma per lui? Non vedeva Laura da quando si erano lasciati, due mesi prima, anche se non poteva affermare di essersela tolta dalla testa. Che diavolo! Aveva addirittura accettato l'incarico di guardia del corpo per la cantante adolescente, invece di destinarlo a uno dei suoi dipendenti, solo per prendere le distanze dalla donna seducente che in quel momento gli stava così pericolosamente vicino. La distanza non gli era stata d'aiuto. Non aveva fatto altro che pensare a lei, sognarla e svegliarsi ogni mattina teso ed eccitato per colpa sua. Perfino adesso quella sua lieve fragranza floreale gli titillava i sensi, riaccendendo i ricordi di ogni bacio, di ogni carezza, di ogni amplesso... «Ronan.» Il tono paziente di lei interruppe quelle fantasticherie. «Sappiamo entrambi che Beast sta meglio con me. Non ti si può certo definire un bravo genitore, per un cane.» «Non sono suo padre, sono il suo padrone.» Laura lo ignorò. «Presto tornerai in Irlanda e...» «E mi porterò dietro Beast» concluse Ronan secco. In verità, non aveva ancora pensato a cosa fare del cane una volta lasciati gli Stati Uniti, ma in quel momento la decisione gli parve esageratamente semplice. 9


Perfino le leggi sulla quarantena gli sarebbero sembrate una passeggiata, al confronto con una discussione con Laura Page. A denti stretti, la fissò in quegli occhioni azzurri e si domandò se era davvero imperturbabile come appariva. Possibile che lo avesse dimenticato tanto in fretta? Che se lo fosse gettato alle spalle con tanta facilità? Non era certo un pensiero lusinghiero, per un uomo come lui. Cercando di non pensare a quello che c'era stato un tempo tra loro, ribadì: «Beast è mio, ho sempre avuto l'intenzione di portarlo in Irlanda con me e non è cambiato niente». «Oh, sì, invece. A casa hai un altro cane, no?» «Sì, Deirdre.» «Ah, una femmina. E da quanto tempo non la vedi?» «Questo non c'entra niente.» «Oh, sì che c'entra» replicò lei incrociando le braccia. «A un cane serve ben più di una visita ogni due o tre mesi. A un cane servono amore, compagnia, qualcuno su cui contare. Qualcuno che ci sia.» Ronan la guardò accigliato. Ecco la ragione per cui l'aveva lasciata. Quella donna aveva praticamente scritto in fronte casa e focolare. Era una donna che meritava di essere amata, ma non era lui l'uomo che avrebbe potuto soddisfare quella necessità. Per questo aveva messo fine alla loro relazione. Prima che le cose si complicassero. «Stai ancora parlando di Beast, Laura? Oppure stai parlando di te?» Lei lo fissò a bocca aperta, poi ribatté, imperturbabile: «Il tuo egocentrismo non ha limiti. Pensi davvero che sia rimasta qui a piangere per te? A sentire la tua mancanza?». Be', per la verità, sì, era proprio quello che pensava. 10


E più lei si alterava, più capiva che in realtà non l'aveva mai dimenticato. «Non stiamo parlando di noi, Ronan, stiamo parlando di Beast. E non puoi averlo. Non te lo meriti.» Detto ciò, e prima che lui avesse modo di obiettare, gli sbatté la porta in faccia e la chiuse a chiave dall'interno. Basito, lui restò a fissare la porta chiusa per un lungo minuto. Non riusciva a crederci. Nessuno osava sbattere la porta in faccia a Ronan Connolly. Sentì che all'interno lei parlava con Beast, rassicurandolo, che finalmente si erano liberati dei bulli. Bastarono quelle parole per fargli venire voglia di ricominciare a bussare, ma si trattenne. Meglio lasciarle credere di avere vinto la battaglia. Si sarebbe calmata, così sarebbe stato più facile riavvicinarla. Ancora furibondo, girò sui tacchi, calpestò le rose e se ne andò. Ma sarebbe tornato. Oh, certo che sarebbe tornato. I Connolly non si davano mai per vinti. «È tutto a posto, tesoro» disse Laura a Beast nel dargli una grattatina tra le orecchie. «L'uomo cattivo se n'è andato.» Un brivido la scosse quando sentì allontanarsi l'auto sportiva di Ronan. E non per via della discussione. Sapeva da settimane che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma rivederlo in carne e ossa era stato più difficile di quanto avesse immaginato. Guardarlo in quegli occhi azzurri, scorgere la rabbia che vi avvampava, l'aveva emozionata così come quando aveva visto quegli stessi occhi oscurarsi per la passione. Alto, spalle larghe, capelli castani che al sole mostravano un lampo di rosso, Ronan indossava jeans e maglietta con lo stesso agio con cui indossava giacca e cravatta, un agio che lo rendeva minaccioso e irresistibile al tempo stesso. E a quanto pare, due mesi non e11


rano bastati ad attenuare l'effetto che le faceva. Dal momento in cui lo aveva visto entrare nella sua agenzia immobiliare, alcuni mesi prima, Laura aveva capito di essere nei guai. Non era la prima volta che a lei e alla sorella capitava di vendere abitazioni a gente ricca, ma mai prima di allora aveva avuto voglia di entrare nel mondo di qualcuno di loro. Con Ronan era stato tutto diverso dal primo momento. Continuava a desiderarlo perfino adesso, nonostante la ragione la mettesse in guardia. Era uscito dalla sua vita da ben due mesi e sarebbe stato saggio lasciare le cose così. Dopo tutto, si era tuffata in quella relazione folle già sapendo che non sarebbe durata. Lui era ricco, lei no. Lui guidava una Ferrari, lei una Volkswagen. Lui viveva in Irlanda. Lei sarebbe rimasta sempre in California. Un lieve sospiro le salì alle labbra, guardò il cane che entrambi si contendevano. Beast era un cane di taglia grande, doveva pesare almeno una sessantina di chili, e il pelo nero e scompigliato gli ricadeva disordinato sugli occhi. Nessuno sapeva di quale mescolanza di razze fosse il prodotto, ma Laura sospettava che da qualche parte, lungo la complicata linea di incroci che avevano condotto a lui, vi fosse celato in qualche modo un pony. In quel momento Beast la guardò con i suoi occhioni languidi e Laura sorrise. «Certo» gli disse continuando ad accarezzarlo. «Sapevo dal primo momento che Ronan puzzava di guai. Però è bello, affascinante, è un uomo di successo con un accento irlandese che ti fa sciogliere. Come potevo resistergli?» Il cane le tributò un lungo bacio bavoso, e lei scoppiò a ridere. A modo suo, Beast era affascinante come il suo padrone. E questo era un motivo in più per non abbandonarlo, si disse mentre si dirigeva in cucina, seguita a ruota dal cane. 12


«Bene» commentò la sorella Georgia, seduta al tavolo della cucina. «Sei stata dignitosa.» Laura si versò del caffè, poi portò la tazza a tavola e andò a sedersi di fronte alla sorella. «Non era quello che avevo in mente.» «Per fortuna.» Ma del resto, lei sapeva già come la pensava la sorella a proposito di Ronan: mai mischiare il piacere con il dovere. E visto che avevano affrontato più di una volta l'argomento, in quel momento cercò di sviare guardandosi intorno. Le pareti gialline della cucina rischiaravano il grigiore della giornata autunnale. Dal tavolo di vetro e acciaio, sistemato nel bovindo che si affacciava sul giardino posteriore, si scorgevano gli alberi ormai quasi del tutto spogli, spazzati da un vento gelido. «Non intendo parlarne, Georgia» sentenziò nell'accorgersi che la sorella la stava fissando. «Come vuoi. Vuol dire che ne parlerò io. E tu starai a sentire. Ti illudevi davvero che non si sarebbe presentato a reclamare il cane?» «Certo che no.» Sotto il tavolo, Beast le si stese sui piedi. «Sapevo che sarebbe venuto.» E una parte di lei lo aveva aspettato, pur sapendo che per loro non c'era futuro. Pur sapendo che era stato lui a troncare quella relazione rovente prima di potersi legare troppo. Non gliene importava. Non aveva fatto altro che pensare a lui sin dall'istante in cui lo aveva conosciuto. «Pensi di risolvere il problema tenendo in ostaggio il suo cane?» «Non è più il suo cane. Sean lo ha dato a me.» «Già. Affinché te ne prendessi cura fino al ritorno di Ronan.» Georgia era bionda come Laura, di una sfumatura solo un tantino più scura. Aveva anche gli occhi di un azzurro più intenso, un corpo più tondetto e il cuore 13


più duro, ma era anche leale all'eccesso ed era la migliore amica di Laura, oltre che sua sorella. «Si può sapere cos'hai in mente?» le chiese. «È il tuo modo di riprenderti Ronan? Di dargli una lezione? Di ferirlo come ha fatto lui con te quando ti ha lasciata?» «No, non lo farei mai» protestò lei, colpita dal fatto che Georgia potesse pensare una cosa del genere. «E poi, lui non mi ha ferita. Ho sempre saputo che la nostra relazione sarebbe finita.» «Ciononostante, tutta questa storia su Beast non mi convince, e lo sai bene. Tanto varrebbe ammetterlo.» E perché mai? Laura aggrottò la fronte, aprì il suo portatile e lo accese. Mentre attendeva, ripensò alle parole di Georgia. Forse era vero, forse le bruciava un po' che Ronan fosse stato in grado di lasciarla senza neppure guardarsi indietro. Forse le bruciava capire che non provava gli stessi sentimenti che provava lei. E forse provava ancora un guizzo di dolore al pensiero di tutto quello che aveva perduto negli ultimi due mesi. Però aveva ancora la sua casa. Sua sorella. E adesso aveva anche un cane. Cosa poteva chiedere di più? L'amore? le bisbigliò una vocina maliziosa all'orecchio. La ignorò. Aveva sperimentato l'amore, e non aveva funzionato. Allora aveva sperimentato il sesso sfrenato con Ronan, e non aveva funzionato nemmeno quello. «Forse è arrivato il momento di chiudermi in convento» borbottò. «Già» convenne Georgia ridendo. «Sei un asso, tu, nell'adeguarti alla disciplina.» Laura le scoccò un'occhiata accigliata, ma dovette suo malgrado riconoscere che la sorella aveva ragione. Se fosse stata brava ad accettare ordini, avrebbe ancora avuto un posto nell'agenzia immobiliare di Manny Toledo, e non avrebbe cercato di lanciarne una tutta sua con la sorella. 14


«È tutta colpa sua» borbottò. «È vero, è lui il padrone di Beast, ma non basta. A un cane serve un padrone da amare, qualcuno su cui contare, e Ronan non può aspettarsi che Beast stia qui pronto ad accoglierlo festoso ogniqualvolta lui torna da un viaggio intorno al mondo.» «Sei sicura di stare ancora parlando del cane?» Laura scoccò un'altra occhiataccia alla sorella. Era sicura di quello che faceva. Beast aveva bisogno di lei, le si era affezionato. E anche lei non poteva più farne a meno, e dunque non lo avrebbe abbandonato. Aveva già fatto rinunce a sufficienza, negli ultimi tempi. All'improvviso le si colmarono gli occhi di lacrime e dovette fare uno sforzo per ricacciarle indietro. Non poteva farci niente. Certi sogni non si sarebbero mai realizzati. E poi aveva una casa che amava, la sorella, un lavoro soddisfacente. A proposito del quale... «Non potremmo parlare di lavoro, invece?» «Come preferisci. Continuiamo a evitare l'argomento.» «Te ne sono grata.» «Visto che siamo in tema» Georgia prese fiato. «Il nostro adorato proprietario ci ha appena aumentato l'affitto.» «Cosa?» «Già, ma ha aggiunto che è pronto a ridurre la quota richiesta, se ci dichiariamo ancora disponibili ad acquistare l'immobile.» «Come sarebbe? Aumenta l'affitto ma diminuisce il prezzo di vendita? Che senso ha?» «Nessuno, ma il padrone è lui, può fare quello che gli pare. E il nostro contratto di affitto scade tra sei mesi, quindi...» Era bello smettere di pensare a Ronan, anche se solo per pochi minuti. Lei e Georgia avevano fondato una agenzia immobiliare a Newport Beach, A Brand New 15


Page. L'affitto era astronomico, ma per vendere le case in cui lei e la sorella erano specializzate, bisognava avere una sede nel pieno centro della Orange County. «Come mai è disposto ad abbassare il prezzo di vendita?» Georgia si strinse nelle spalle. «Forse perché la moglie vuole trasferirsi nel Montana, vicino ai figli e ai nipoti.» Anche i loro genitori si erano trasferiti nell'Oregon cinque anni prima, e per quanto Laura invidiasse il loro coraggio, che li aveva spinti a fare una scelta del genere, sapeva che non sarebbe mai riuscita a vivere altrove. «Dunque ci serve un anticipo colossale.» «Già.» «Non sarà facile, ma con qualche sacrificio, potremmo riuscirci.» La sorella incatenò il suo sguardo. «Come fai a essere tanto ottimista a proposito dell'agenzia, ma non altrettanto a proposito di Ronan?» Laura distolse lo sguardo. «Guarda che sono io, quella che dovrebbe fare la cinica» insistette Georgia. «Sono io quella che ha appena divorziato, quella che si è dovuta trasferire da te perché il marito le ha svuotato il conto in banca prima di fuggire con la cheerleader pettoruta.» Quelle parole le strapparono una risata. Erano passati due anni, da quando il cognato se n'era andato, e Georgia aveva dovuto fare uno sforzo erculeo per superare il tradimento e l'umiliazione, ma alla fine ce l'aveva fatta. «So bene per quale motivo non ti fidi degli uomini» insistette la sorella. «Quello che voglio sapere è se te la prendi con Ronan per via di quello che ti ha fatto Thomas.» Thomas Banks. Il suo ex. Erano passati cinque anni 16


da quando aveva infranto tutti i suoi sogni, ma adesso Laura riusciva a stento a ricordare per quale motivo avesse sofferto tanto per lui. «No, sono due cose diverse. Thomas rappresentava il futuro, e invece mi mollò per Dana. E comunque, perderlo non fu la tragedia che immaginavo. Forse non lo amavo davvero, forse lui meritava di meglio.» «Meritavi di meglio anche tu» obiettò Georgia. «Motivo di più per non lasciarmi ferire da Ronan» la rassicurò lei. «Sapevo sin dal principio che non sarebbe durata. Quell'uomo è pericoloso. Io sono un tipo tranquillo, casalingo. Lui è un avventuriero.» «Eppure ti sei tenuta il suo cane.» I sensi di colpa tornarono a farsi sentire. «Non era certo colpa di Beast, se il suo padrone era Ronan.» «Era?» «Già. Beast è mio, adesso, e resterà sempre con me.» «In questo caso, buona fortuna.» Ne avrebbe avuto bisogno. Certo, Ronan se n'era andato, ma sarebbe tornato. Non era tipo da accettare la sconfitta, lui. Lui era quello che governava gli eventi, quello che aveva costruito una società di sicurezza privata dal nulla, quello che conosceva le star e i vip di tutto il mondo e che viaggiava su un jet privato, affrontando la vita e il mondo con la sfrontatezza di un gladiatore. «Perché tu e io sappiamo bene che non si tratta davvero del cane» ribadì Georgia in tono più dolce. Laura tentò di fulminarla con lo sguardo, ma si rese conto che non sarebbe stata impresa facile. «Non puoi prendertela con lui per qualcosa di cui non è nemmeno al corrente.» «Non me la sto prendendo con lui. Ronan ormai fa parte del passato. Quando mi sono messa con lui, sapevo che non sarebbe durata.» 17


«Non è detto che debba finire» obiettò la sorella. «Però non sono io, quella che l'ha lasciato.» Laura trasse un lungo respiro. «Prima o poi tornerà in Irlanda, Georgia, mentre io vivo qui. Qui! Noi due ci muoviamo in mondi diversi, vogliamo cose diverse. La nostra storia è nata già morta.» «E non pensi che abbia il diritto di sapere cosa c'è dietro la tua decisione?» «Forse.» Laura guardò le ultime foglie ingiallite che si staccavano dai rami degli alberi in giardino. La pioggia batteva incessante sui vetri delle finestre. Che strano, la madre odiava l'autunno e l'inverno, li definiva la morte della speranza. «Che senso avrebbe dirgli che ho perso il bambino che avevo in grembo? Il suo bambino?» Georgia la guardò con dolcezza. «L'hai detto tu stessa. Era il suo bambino. Forse è proprio questo, il senso.» Ma dirglielo non avrebbe cambiato le cose. Forse a Ronan non importava. E lei di certo non voleva scoprire quale sarebbe stata la sua reazione se avesse scoperto di essere stato a un passo dal diventare padre.

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