Eva Shepherd
IL DUCA PROIBITO
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Falling for the Forbidden Duke
Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2023 Eva Shepherd
Traduzione di Elena Vezzalini
Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises ULC.
Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.
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© 2023 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici maggio 2023
Questo volume è stato stampato nell'aprile 2023 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100%
I GRANDI ROMANZI STORICI
ISSN 1122 - 5410
Periodico settimanale n. 1354 del 19/05/2023
Direttore responsabile: Sabrina Annoni
Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992
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Alle mie due più vecchie amiche, che si chiamano entrambe Susan: Sue L e Susie K. E con "più vecchie" alludo al tempo passato assieme, non alla vostra età.
Somerset, Inghilterra, 1892
Luther Rosemont, ottavo Duca di Southbridge, aveva già sopportato dieci frenetiche Stagioni londinesi e non aveva ancora trovato moglie. Qualcuno avrebbe detto che era troppo esigente. Non lui.
Non negava di avere delle pretese elevate, ma chi poteva permettersele, se non un duca?
Discendeva da una lunga, illustre casata, che risaliva all'epoca Tudor. L'onore gli imponeva di sposare una donna con un lignaggio impeccabile come il suo, destinata grazie ai nobili natali a diventare una duchessa. Un concetto che gli era stato inculcato dal padre dal momento in cui era stato in grado di comprenderlo o, più probabilmente, considerando quanto il genitore fosse fissato, fin dalla culla.
Anche se non era indispensabile, Luther avrebbe voluto che la sua duchessa fosse intelligente, colta e di indole allegra. E poiché il primo compito che ci si aspettava da lei era che mettesse al mondo un erede, oltre a un paio di figli di riserva, un po' di attrazione reciproca sarebbe stata utile. In fondo, l'at-
to della procreazione non doveva essere solo un dovere, per entrambi.
Lui non si aspettava l'amore. Quello era un lusso riservato agli uomini comuni, un'altra delle lezioni che il padre era solito impartirgli. I duchi mettevano al primo posto il proprio dovere verso la famiglia ed erano superiori a simili piccinerie.
I suoi fratelli, Ethan e Jake, si erano sposati per amore e Luther ne era lieto. Lui però non era la riserva, come Jake, né la riserva della riserva, come Ethan. Lui era il duca.
Trovare la duchessa perfetta era solo uno dei suoi tanti doveri, tra i quali rientravano la gestione delle proprietà dei Rosemont, la cura della famiglia allargata, compresi i secondi e i terzi cugini, e il benessere dei fittavoli e della servitù.
Eppure era quel dovere che lo opprimeva come un pesante fardello.
Mentre rifletteva su quel compito apparentemente insormontabile, Luther guardò fuori dalla finestra della tenuta di famiglia gli alberi dai rami spogli, il giardino potato, che sarebbe rifiorito in primavera, e il cielo grigio invernale.
Non poteva rimandare ancora. Che gli piacesse o no, nel corso della Stagione che stava per cominciare avrebbe dovuto trovare una duchessa.
Raddrizzò le spalle, sollevò il mento e assunse l'atteggiamento imperioso dei suoi antenati, i cui ritratti erano allineati su tutte le pareti della casa.
Dal Duca di Southbridge ci si aspettava che affrontasse ogni sfida con fermezza, forza e stoicismo. Il padre gli aveva ricordato infinite volte che i suoi predecessori avevano mostrato quella forza d'animo quando avevano condotto gli uomini in bat-
taglia. Ora toccava a Luther seguire il loro esempio e non fare nulla che avrebbe gettato disonore sui suoi illustri antenati.
Emise un sospiro di frustrazione, abbassando le spalle. Nessuno gli stava chiedendo di dirigere delle truppe, quello che ci si aspettava da lui era semplicemente che trovasse una moglie. Per Dio!
Gli sarebbe piaciuto che presenziare alla Stagione londinese, affrontando le debuttanti cinguettanti e le loro ambiziose madri, non fosse un'impresa così terribilmente noiosa. Le prime Stagioni erano state tollerabili. Dopo una veloce valutazione delle fanciulle disponibili, aveva stabilito che nessuna di loro aveva le qualità che cercava in una duchessa ed era riuscito a dedicarsi a passatempi più piacevoli, sapendo che c'era ancora molto tempo e che ci sarebbe stata un'altra Stagione l'anno successivo, con un gruppo nutrito di debuttanti.
Purtroppo a ogni Stagione la prova si faceva sempre più molesta. Anno dopo anno gli veniva presentato uno stuolo di fanciulle, e ormai gli pareva che fossero tutte uguali e pronunciassero le stesse frasi, tanto da confondersi in uno svolazzare di abiti color pastello e sorrisi impostati.
A quel punto avrebbe quasi preferito indossare una pesante armatura e brandire una spada nella battaglia di Bosworth Field o affrontare gli arcieri francesi ad Agincourt, come i duchi che l'avevano preceduto, piuttosto che partecipare a un'altra Stagione.
Forse non sarebbe stato così terribile se, a ogni nuovo anno, le debuttanti non gli fossero sembrate sempre più giovani e sciocche. Sapeva che non era così. Avevano sempre diciotto anni, l'età in cui una
donna faceva il suo debutto in società, ma era lui che invecchiava. Era un uomo di ventinove anni e quelle fanciulle innocenti cominciavano a farlo sentire anziano.
Luther si spostò dalla finestra alla credenza, dove si versò del brandy e fece roteare il liquido ambrato nel bicchiere dal fondo bombato. Era ancora presto, però aveva bisogno di qualcosa di forte per risollevare l'umore cupo, causato dall'annuncio della madre a colazione.
Si era messa in testa che il figlio non avrebbe dovuto aspettare i tre mesi che mancavano all'inizio della nuova Stagione perché gli aveva trovato una moglie e l'aveva invitata per il fine settimana.
Secondo la duchessa, Lady Olivia, figlia unica del Conte di Dallington, era maggiorenne e perfetta sotto ogni aspetto. Questo era da dimostrare. Dopotutto sua madre aveva già detto lo stesso di altre fanciulle in diverse occasioni, più di quante Luther ricordasse. Chissà, magari questa volta non aveva esagerato le virtù della giovane in questione e Lady Olivia avrebbe soddisfatto le sue aspettative.
Luther trangugiò il brandy, guardò la bottiglia con l'intenzione di bere ancora, poi ci ripensò e posò il bicchiere vuoto sul tavolo più vicino.
Mostra fermezza, forza e stoicismo, per l'amor di Dio. Sei un duca, comportati come tale.
A Luther parve di udire la voce aspra del padre. Era morto da dodici anni, eppure la sua voce gli risuonava spesso nella mente, ricordandogli che non aveva ancora assolto il semplice dovere che gli competeva.
Essendo figlia del Conte di Dallington, Lady Olivia aveva un lignaggio lungo quasi quanto quello
dei Rosemont. Se era graziosa, di indole buona e intelligente come sua madre affermava, forse il fine settimana sarebbe stato piacevole e non una perdita di tempo come lui temeva.
Doveva essere ottimista. Se quella era la donna giusta per lui, la sua ricerca si sarebbe conclusa. E non solo avrebbe compiuto il suo dovere, ma non avrebbe nemmeno dovuto affrontare un'altra Stagione.
Luther rabbrividì al pensiero, cedette e si versò un altro goccio di liquore, che poi bevve alla salute di Lady Olivia, sperando con tutto il cuore che fosse davvero la duchessa perfetta per lui.
Georgina Daglish sapeva di dover essere riconoscente e lo era quasi sempre, anche se in certi frangenti mostrarsi eternamente grata richiedeva più sopportazione di quanta ne possedesse. Quel giorno era uno di quei casi.
Lady Dallington era infuriata. E quando era di quell'umore, lei era il suo bersaglio preferito. Per non esplodere e dire alla contessa che era una donna sciocca, irrazionale e fastidiosa, Georgina ricorse alla solita tattica e si impose di avere pietà di lei.
Chiuse gli occhi, inspirò a fondo per calmarsi e ripeté tra sé tutte le ragioni per cui doveva tollerare l'atteggiamento intollerabile di Lady Dallington.
Non doveva essere facile per lei trovarsi tutti i giorni davanti agli occhi la prova dell'infedeltà del marito. Ogni volta che vedeva Georgina, le veniva ricordato che suo marito aveva avuto un'amante. Il Conte di Dallington aveva conosciuto la madre di Georgina prima di sposarsi e aveva continuato a vederla anche dopo il matrimonio, nella sua casa a
Bloomsbury, che aveva comprato per lei. La relazione era finita soltanto con la morte prematura della donna, avvenuta poco più di quattro anni prima.
Ora la figlia, frutto di quell'unione, viveva nella dimora di Lady Dallington in qualità di pupilla del marito. Georgina sapeva che la sua sola presenza era un insulto per lei, perché le ricordava che, anche se era una contessa, era impotente come qualsiasi altra donna e doveva fare ciò che il marito le ordinava.
Se fosse dipeso da Lady Dallington, Georgina sarebbe finita a vivere per strada, il luogo che secondo la contessa più le si addiceva. Invece il conte, suo padre, l'aveva accolta in famiglia e le aveva dispensato lo stesso affetto distaccato che accordava alla figlia legittima, Lady Olivia.
«Perché diamine hai portato mia figlia a fare una passeggiata con questo tempaccio?» sbraitò Lady Dallington mentre Georgina e Olivia si toglievano i pesanti mantelli di lana. «E proprio oggi. Santo cielo, Olivia, i tuoi capelli!» strillò. «Dovresti apparire al meglio e invece la pioggia li ha resi crespi.» Si girò verso Georgina. «I capelli di mia figlia sono crespi e la colpa è tua.»
«È stata una mia idea» la interruppe Olivia. «Avevo bisogno di una boccata di aria fresca prima di stare rinchiusa per tutto il fine settimana.»
«Rinchiusa? Come puoi dire una cosa del genere? Trascorrerai il fine settimana in una delle dimore più prestigiose d'Inghilterra e in compagnia di un duca, nientemeno.» La contessa lisciò i capelli biondi della figlia prima di lanciare un'occhiata di disapprovazione a Georgina. «So che l'idea è stata tua e che la mia cara figliola sta cercando di proteg-
gerti ancora una volta. A differenza di certe persone, lei sa come si comporta una vera signora.»
Georgina serrò i denti per non ribattere che l'unica che non si stava comportando da signora era proprio lei, Lady Dallington.
«Oh, ma anche le signore passeggiano, no, mamma?» chiese Olivia, che diede un colpetto di gomito a Georgina ridacchiando.
«Non se devono prepararsi per il viaggio più importante della loro vita. Quando saremo a casa del duca, sei pregata di non farti influenzare da Gina e di non consentirle di rovinare le tue possibilità di contrarre un ottimo matrimonio.»
Lady Dallington non riusciva a chiamare Georgina con il suo vero nome, perché era troppo simile a quello del marito, George. Se non altro questa volta aveva usato un nome. Di solito, quando si rivolgeva a lei, usava espressioni come Ehi, tu o Ragazza, e queste erano tra le più gentili.
Olivia stava per ribattere, ma Georgina le diede un colpetto nel fianco con un gomito. Forse Lady Dallington era più fastidiosa del solito, tuttavia aveva ragione. Olivia doveva apparire al meglio e predisporsi alla visita che poteva cambiarle la vita. Se tutto fosse andato bene, in quel fine settimana il duca l'avrebbe corteggiata o, meglio ancora, avrebbe chiesto la sua mano.
Quello era l'unico punto su cui Georgina e Lady Dallington convenivano. Entrambe volevano il meglio per Olivia, e Georgina sapeva che la sorella desiderava quel matrimonio.
Anche se lei non riusciva a capire perché le donne volessero sposarsi a ogni costo. Lady Dallington non sembrava meno dipendente dalla volontà di un
uomo di quanto lo fosse stata sua madre. La contessa godeva di rispettabilità e posizione sociale, eppure per qualsiasi questione doveva rimettersi al marito come una bambina incapace di ragionare con la propria testa.
Georgina non l'avrebbe mai accettato, invece Olivia voleva maritarsi, perciò, se proprio doveva farlo, sarebbe stato magnifico se fosse riuscita a raggiungere il vertice sociale diventando la moglie di un duca.
La differenza tra Georgina e Lady Dallington era che la prima desiderava quel matrimonio per Olivia a condizione che il duca fosse un uomo gentile, che avrebbe trattato la moglie con il massimo rispetto. Georgina lo augurava a qualsiasi donna, però Olivia lo meritava più di chiunque altra.
Amava la sorella e metteva la sua felicità sopra ogni cosa. Dal momento in cui si era unita alla famiglia Dallington, Olivia era sempre stata gentile con lei. Georgina aveva sedici anni quando la madre era morta, Olivia tredici. Il conte aveva accolto la figlia illegittima sotto il suo tetto facendola passare per la sua pupilla, un gesto che molti uomini nella sua posizione non avrebbero compiuto.
Mentre Lady Dallington aveva subito messo in chiaro che non era la benvenuta, Olivia aveva accolto con entusiasmo l'arrivo di Georgina, confidandole che aveva sempre desiderato una sorella e che quindi sperava diventassero grandi amiche.
E così era stato. Mentre Georgina doveva fingere di essere grata a Lady Dallington, non c'era niente di falso nella riconoscenza per la dolcezza e lo spirito generoso di Olivia. Con la morte della madre si era sentita completamente persa. Olivia le era stata
vicino in quei giorni tristi e continuava a rallegrare la sua vita.
Sua sorella meritava di diventare una duchessa, di sposare un uomo che l'amasse e si prendesse cura di lei. Se il duca era così, allora Georgina avrebbe fatto il possibile per incoraggiare quell'unione.
«Credo che tua madre abbia ragione, Olivia. Dobbiamo prepararci per il viaggio.»
«Adesso è ora di vestirsi per il viaggio» ribadì Lady Dallington, ignorandola. «Entrambe» aggiunse, «anche se non capisco perché Gina debba venire con noi.»
Perché l'ha detto vostro marito, avrebbe voluto rispondere Georgina, e voi, che siete sua moglie, dovete obbedire.
Olivia sollevò il mento con aria di sfida. «Perché se lei non verrà, non partirò neanch'io.»
Lady Dallington lanciò un'occhiata furiosa a Georgina, come se fosse stata lei a parlare. «Be', verrà, così non c'è bisogno che tu prenda le sue difese. È stata accontentata, anche se credo che sia un grosso errore. Che cosa penserà il duca quando ci presenteremo con...» Il cipiglio di Lady Dallington si fece più marcato, le narici si dilatarono come se avesse avvertito un cattivo odore. «... con la pupilla di mio marito?»
«Credo che penserà quanto sono fortunata ad avere una sorella così graziosa» rispose Olivia sorridendo a Georgina.
«È la pupilla di tuo padre» gridò la madre.
Tutti conoscevano il legame tra il conte e Georgina, eppure nessuno ne parlava apertamente. Fingevano che lei fosse spuntata dal nulla, senza genitori né un passato, e che per qualche ragione sconosciu-
ta il conte avesse deciso di fare di lei la sua pupilla. Tutti sapevano che era una bugia, ma nessuno osava smentirla.
«Forse dovremmo ascoltare tua madre e andare a prepararci per il viaggio» suggerì Georgina.
Con il mento sollevato, Olivia si girò e si avviò verso la scala. Georgina si accingeva a seguirla, ma la contessa la afferrò per un braccio.
«Non voglio vedere nessuno dei tuoi trucchetti questo fine settimana» le sibilò in un orecchio. «Resterai sempre sullo sfondo, non farai nulla per attirare l'attenzione del duca. Hai capito, ragazza?»
Georgina si morse la lingua per non dire quello che pensava. Non aveva mai dato motivo a Lady
Dallington di ritenere che lei fosse come sua madre. Non usava dei trucchetti e non avrebbe fatto niente per ostacolare la possibilità di Olivia di diventare duchessa. Sua madre l'aveva cresciuta sperando che un giorno trovasse un uomo ricco che l'avrebbe mantenuta, come era accaduto a lei. Georgina però non era affatto come sua madre.
Aveva visto la vita che aveva condotto e non la voleva per sé. Lei si sarebbe fatta strada nella vita senza l'aiuto di un uomo. Non avrebbe inseguito il matrimonio. Grazie alle nozze, Lady Dallington era diventata la moglie di un conte, eppure sotto ogni altro aspetto non era molto diversa da sua madre. Il marito veniva prima di ogni altra cosa. Era lui a comandare in famiglia, a prendere le decisioni, la sua felicità veniva prima di quella della moglie.
Era ciò che Georgina avrebbe voluto dire alla contessa. Invece sollevò il mento per farle sapere che non si sarebbe lasciata intimidire e dichiarò: «Naturalmente, milady».
Lady Dallington la fissò con gli occhi ridotti a due fessure, come se non le credesse. «Fa' in modo che sia così.» Dopo averle mollato il braccio, aggiunse: «Adesso renditi utile per una volta, aiuta Olivia a vestirsi e cerca di sistemare quei capelli crespi».
Georgina indietreggiò con aria stupita. «Quelli di Olivia, stupida. A nessuno importa dei tuoi capelli.»
Con compostezza, senza lasciar trapelare la collera, Georgina salì la scala. Non sarà così per molto, ripeteva tra sé. Presto sarebbe stata libera. Ancora pochi mesi e sarebbe entrata in possesso del suo fondo fiduciario, avrebbe iniziato la sua attività, sarebbe fuggita da Lady Dallington e avrebbe vissuto la sua vita senza dipendere da nessuno. Prima però le sarebbe piaciuto vedere Olivia realizzare il sogno di sposare un uomo rispettabile. Se tutto fosse andato bene, dopo quel fine settimana sua sorella avrebbe avuto la felicità che si meritava.