Un cavaliere per la giovane ladra

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Melissa Oliver UN CAVALIERE PER LA GIOVANE LADRA

Immagine di copertina: georgeclerk / E+ / Getty Images

Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Stolen Knight's Kiss

Harlequin Historical © 2022 Maryam Oliver

Traduzione di Federica Isola Pellegrini

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises ULC.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

© 2023 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici maggio 2023

Questo volume è stato stampato nell'aprile 2023 da CPI Black Print, Spagna, utilizzando elettricità rinnovabile al 100%

I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410

Periodico settimanale n. 1355 del 26/05/2023

Direttore responsabile: Sabrina Annoni

Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano

HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano

Alle mie tre bellissime ragazze, ciascuna diversa e speciale a modo suo.

Southwark, Londra, 1227

Nicholas D'Amberly era un peccatore nato e senza dubbio lo sarebbe stato fino all'ultimo dei suoi giorni. Che il cielo lo potesse perdonare. Al momento, però, non stava pensando alla propria anima. Si trovava nei sobborghi di Londra e la sua attenzione era catturata da una giovane poco distante, all'estremità opposta dell'affollata taverna di Southwark. In realtà, lei sembrava del tutto fuori posto in quel locale malfamato e pieno di individui poco raccomandabili, ma le timide occhiate che gli lanciava suscitarono la sua sorpresa.

Nicholas concluse il colloquio con l'informatore con cui si era appena incontrato, quel monaco presuntuoso di Fratello Michael di St. Albans. Il religioso afferrò la moneta che Nicholas gli porse mentre lo studiava dall'alto del suo enorme naso, e cominciò a dissertare sui pericoli dei vizi e dei peccati carnali.

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Che avaro, detestabile, che gran zotico!, pensò Nicholas tra sé senza starlo troppo a sentire. Ma del resto quell'uomo gli era utile, dal momento che faceva parte del seguito del Vescovo di Winchester ed era ben contento di fornire delle preziose informazioni in cambio di una moneta. Una vera fortuna, avere un informatore di tal sorta, quando Londra continuava a brulicare di cospirazioni, chiacchiere e bisbigli di probabili tradimenti.

Ed erano quelli che Nicholas doveva scoprire. La missiva che il monaco gli aveva appena consegnato gli sarebbe stata utile. Gli avrebbe consentito di stabilire se il vescovo era sleale o se, invece, non aveva nulla a che fare con i Duo Dracones, un noto quanto misterioso gruppo incline a compiere azioni sovversive ai danni della Corona.

Nicholas, al pari degli altri membri della sua confraternita segreta, gli Intrepidi Cavalieri dell'Ordine della Spada, aveva il dovere di far luce e mettere fine alla minaccia che incombeva sul trono d'Inghilterra. Per Re Enrico, per la Corona inglese. E per il suo signore feudale, Hubert de Burgh, che era stato il Reggente d'Inghilterra fino a poco tempo prima.

Dato che il Vescovo di Winchester era uno degli uomini più potenti del regno, bisognava usare la massima cautela. Ma era un bene che chiunque potesse essere comprato a un certo prezzo, soprattutto gli avidi monaci ingordi, e Nicholas certo non se ne lagnava. Lui e Fratello Michael si

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scambiarono una stretta di mano, e ognuno se ne andò per la propria strada. Fu in quel momento che Nicholas alzò lo sguardo e notò la giovane da lontano. Con i capelli rosso fuoco raccolti sotto un velo sottile e i lineamenti delicati, era una vera bellezza, anche se aveva un'aria di vulnerabilità che lo allarmò all'istante.

Si affrettò a infilare il rotolo di pergamena che il monaco gli aveva consegnato nella borsa di cuoio che gli pendeva dalla cintura. I gesti rapidi, abili e celati dal mantello, senza mai interrompere il contatto visivo con la giovane donna. Mandò giù un sorso di birra, si asciugò la bocca con la manica e la osservò stupito mentre lei cominciava a dirigersi a lenti passi verso di lui. Quella era davvero una sorpresa. Tuttavia, c'era dell'artificiosità nel modo in cui lei si muoveva e nel suo portamento. Tanto per cominciare, il sorriso fisso che le incurvava le labbra era troppo dolce e troppo candido per un posto sudicio e sgradevole come quello.

Più la fanciulla si avvicinava e più Nicholas si rendeva conto che appariva ingenua e innocente quanto il suo sorriso. Che diavolo stava facendo in quella maleodorante taverna traboccante di furfanti e di debosciati? Gli turbinò nella mente una miriade di possibilità in grado di spiegare la sua presenza lì e nessuna di quelle era piacevole. A meno che non fosse una prostituta. Non che ci fosse alcun problema, a riguardo. Nicholas era in rapporti amichevoli con la maggior parte delle prostitute londinesi, tanto più che le pagava bene per le

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informazioni che riuscivano a estorcere ai loro facoltosi clienti. In ogni caso, quella donna non sembrava una di loro. Non ancora, comunque.

Un'inaspettata tristezza gli strinse il cuore. C'erano molte cose di cui non andava fiero nella sua vita, ma di sicuro non avrebbe osato avvicinarsi a una persona così indifesa. Forse le avrebbe parlato e avrebbe tentato di aiutarla in qualche modo, di solito il denaro sistemava situazioni simili. Con un po' di fortuna, la fanciulla se ne sarebbe andata e si sarebbe lasciata quella disavventura alle spalle. Nicholas si augurò che lo facesse. Lei non poteva diventare un suo problema.

Continuava a osservarla mentre lei si faceva strada tra la folla, quando, a un certo punto, un vecchio dall'aspetto poco raccomandabile l'afferrò per la vita e la fece cadere nel suo grembo. Lei annaspò e cercò di divincolarsi, ma il vecchio la tratteneva, fra le grida entusiaste e le incitazioni degli uomini più vicini.

Nicholas digrignò i denti, sapeva che non sarebbe stato in grado di ignorare la situazione. Non gli conveniva richiamare l'attenzione su di sé e comprendeva la necessità di essere prudente, ma quella fanciulla aveva bisogno di aiuto. Si diresse allora verso il gruppo seduto attorno al tavolo e si sporse in avanti, fulminando il vecchio con un'occhiata.

«Lasciatela andare.» Benché sommessa, la sua voce era abbastanza determinata da indurre l'anziano a deglutire a fatica e ad allentare la stretta.

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«Stavo solo scherzando. Non le ho arrecato alcun danno, signore» rispose quello.

Nicholas ignorò le sue parole. Ogni volta che una donna veniva toccata contro la propria volontà, il responsabile forniva solo patetiche scuse. Portò lo sguardo sulla giovane che gli stava di fronte. Lei si morse il labbro e inclinò la testa in un cenno di ringraziamento con un misto di sollievo, riconoscenza e senso di colpa. Poi si voltò e arretrò di un passo. Lui la seguì con lo sguardo per accertarsi che riuscisse ad attraversare la taverna sana e salva.

E fu allora che accadde. Un repentino spostamento, un guizzo improvviso. Il tempo di un batter d'occhio. A Nicholas sarebbe sfuggito quel leggero strattone, se non fosse stato per il fatto che era abituato a notare ogni cosa, ogni più piccolo dettaglio, ogni sfaccettatura di ogni persona. Tuttavia quella volta si era attardato un istante di troppo.

Mentre frugava sotto il mantello, comprese con suo sommo sgomento che i legacci erano stati tagliati e la borsa rubata. Controllò intorno a sé, ma tutto era come prima. Maledizione! Era stato distratto, la sua attenzione si era concentrata sulla fanciulla...

Certo, la fanciulla!, esclamò tra sé e sé. Ora comprendeva il lampo di vergogna e di senso di colpa che le era saettato negli occhi prima che lei lo mascherasse.

Nicholas alzò di scatto la testa e fece sfrecciare lo sguardo nella taverna. Purtroppo, di lei non c'era più traccia.

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Il cuore gli martellava nel petto mentre ancora una volta frugava sotto il mantello, pur sapendo che era inutile. Come poteva essergli accaduta una cosa del genere? La borsa era stata rubata mentre lui era stato indotto con l'inganno a comportarsi come un cavaliere, per accertarsi che alla giovane non venisse fatto del male. E lei – Nicholas se ne rese conto solo in quel momento – era stata usata allo scopo di distrarlo. Il che significava che doveva aver avuto un complice. Aprendosi un varco tra la folla, si diresse alla porta.

«Avete visto una donna con i capelli rossi, più o meno alta così, che indossava un velo e un mantello grigio?» domandò a un uomo che sembrava meno ubriaco di quello che lo affiancava.

«Chi vuole saperlo?»

Lui afferrò l'uomo per la collottola e lo guardò torvo. «Io. Ci sono poche fanciulle in questo maledetto posto, soprattutto graziose. Non deve essere troppo difficile ricordarsi di lei. Ve lo chiedo di nuovo… Avete visto per caso una donna del genere? Riflettete!» Sebbene Nicholas non fosse il tipo da imprimere un tono così minaccioso alla propria voce, in quel caso si costrinse a farlo e ottenne l'effetto sperato. Si trattava di una faccenda della massima urgenza e gli occorrevano delle riposte.

«Sì, sì, l'ho vista, signore. Se ne è andata poco fa, insieme a un ragazzo. Vi prego, non fatemi del male.»

Un ragazzo? Ma certo! Chi, se non un ragazzo, avrebbe avuto l'opportunità di tagliare i lac-

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ci che tenevano la borsa appesa alla sua cintura? Solo una persona in grado di passare inosservata. Magari reggeva in mano un vassoio per dare l'impressione di essere un servo della taverna.

Che emerito imbecille era stato.

Nicholas uscì nella strada nebbiosa e si guardò attorno con disperazione, nella speranza di riuscire a raggiungere i colpevoli.

In preda a un sinistro presagio, ricordò che la borsa non conteneva solo la missiva che avrebbe potuto fornirgli delle informazioni di vitale importanza, ma anche l'anello di sua madre. Era tutto ciò che gli restava dell'unica donna che avesse mai veramente amato, un gioiello in cui era incastonato un granato circondato da piccole perle, lo portava sempre con sé come ricordo del passato. Ironia della sorte, prima di entrare in quella taverna malfamata, Nicholas aveva di proposito riposto l'anello nella borsa per tenerlo al sicuro, nel timore che glielo rubassero.

Che dannato pasticcio!

Un senso di oppressione al petto lo investì quando si rese conto dell'errore madornale che aveva commesso quella sera. Con quanta facilità si era lasciato ingannare, mentre accorreva in aiuto di una fanciulla in difficoltà da perfetto idiota! Anche se avrebbe dovuto fidarsi del suo intuito, non sarebbe mai stato capace di ignorare qualcuno, tanto meno una donna, che si trovava nei guai. Nicholas imprecò a denti stretti, volgendo lo sguardo in entrambe le direzioni. Sapeva che in qualche modo doveva recuperare la

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borsa. E fu allora che li udì in lontananza. Dei passi che echeggiavano sul lastrico deserto. Grazie al cielo non c'era anima viva lungo i malfamati sentieri di quella zona di Londra.

Si fermò, si voltò e tese l'orecchio. C'erano due persone che camminavano in fretta, quasi correvano.

L'unica cosa che gli restava da fare era inseguirle. Sapeva di essere più veloce di quella giovincella e del suo complice che ormai erano entrati nel suo campo visivo. Allora Nicholas si lanciò all'inseguimento, nel medesimo istante in cui i due si tuffarono nelle tenebre di un dedalo di vicoli deserti, svoltando in uno e poi nell'altro. Anche se lui si meravigliò della loro capacità di resistenza, non era certo superiore alla sua, non avrebbe tardato ad acciuffarli, ne era certo.

Girò l'angolo e li scorse davanti a sé. Erano arrivati in fondo a un vicolo cieco e non potevano proseguire oltre.

Bene.

Mentre scattava verso di loro, il giovane intrecciò le dita per aiutare la ragazza ad arrampicarsi sul muro di pietra e a saltare dall'altra parte.

«Piccola criminale! Fermati!» gridò Nicholas.

«No. Lasciatela andare, signore. Sono io quello che volete.» Il ragazzo indossava una maschera sugli occhi e, per una qualche inspiegabile ragione, un cappuccio gli copriva la testa. Dalle dita gli pendeva una borsa, la sua borsa, che faceva dondolare. «Siete migliore della maggior parte degli

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uomini» continuò quello, «e io non me lo aspettavo. Notevole, oltre che veloce.»

«Diamine, piccola canaglia!» proruppe Nicholas, avanzando di un passo. Troppo tardi. Il ragazzo gli rivolse un sorriso sbilenco, un beffardo saluto militare e scavalcò il muro con un salto, senza alcun aiuto.

Benché quello fosse notevole, Nicholas non era nello stato d'animo più adatto per ammirare una simile capacità. Ribolliva di rabbia per la propria inettitudine e mancanza di previdenza. Quella serata l'aveva condotto da una catastrofe all'altra. Doveva mettere le mani su quel ragazzo impudente, e in fretta. Avrebbe recuperato la borsa, in un modo o nell'altro. Prese la rincorsa e scalò il muro.

Eva Siward gettò un'occhiata da sopra la spalla. Sapeva che l'uomo che era stata costretta a derubare non avrebbe tardato ad arrampicarsi sul muro per continuare a inseguirle. Quella volta, però, non sarebbero più state in una zona desolata e deserta di Southwark. Sarebbero state molto più vicine alla riva del fiume con la sua melma, gli uomini che lavoravano e la nebbia che ammantava il terreno paludoso. Sorrise fra sé, sapendo che non sarebbe stato nemmeno necessario recarsi così lontano.

Ora che aveva terminato il suo compito, si sentì pervadere da un enorme sollievo. Non che fosse già finito. Quasi, ricordò a se stessa. Quasi... E nondimeno c'erano ancora molte cose da sbrigare. Molte negoziazioni. E, forse, tutto sarebbe fi-

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nito solo con la vendetta. Simon la Cornacchia, l'unico uomo a cui avesse mai tenuto, era stato trucidato da un Cavaliere della Corona. Solo facendosi giustizia lei avrebbe provato una parvenza di pace.

La morte di Simon era ancora così dolorosa e così recente che Eva avrebbe voluto urlare e inveire contro il mondo per averglielo portato via, per averla lasciata di nuovo a cavarsela da sola. Era stato l'unico uomo che l'aveva soccorsa e si era preso cura di lei quando Eva non aveva altro posto dove andare, dopo che era stata costretta a fuggire. E per lei era stato un padre più dell'uomo che l'aveva generata.

Ricacciò il fiotto di lacrime che le saliva agli occhi ogni qualvolta pensava a Simon e alla perdita che aveva subito. Lo aveva fatto per lui, ricordò a se stessa. Lo aveva fatto in parte per vendicarsi e per infliggere una punizione. L'altra ragione era il denaro.

E benché avesse saputo che non era stato quell'uomo a uccidere Simon, non aveva importanza. I cavalieri erano tutti uguali, l'uno valeva l'altro. Inoltre, grazie al successo del furto, avrebbe guadagnato una somma di denaro sufficiente per lasciare Londra. Per ricominciare da capo, in un posto nuovo e lontano dai pericoli. Lontano soprattutto dallo strano uomo che l'aveva assunta per derubare quel Cavaliere della Corona e che le aveva dato l'impressione di non avere scelta. In realtà Eva dubitava di averla mai davvero avuta. Rabbrividì e pensò al denaro che

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avrebbe ricevuto per i servizi resi. Sarebbe stato sufficiente. Doveva esserlo.

Voltò un angolo, oltrepassò un'arcata e si sfilò la maschera che aveva confezionato per celare e proteggere la sua identità di donna.

«Marguerite?» bisbigliò nell'aria fredda della notte. «Sei qui, Marguerite?»

«Sì, sono qui e ho fatto tutto ciò che mi avevi chiesto. Mi sono tolta la veste e ho indossato gli indumenti da ragazzo che avevi nascosto qui.»

Eva aveva lasciato la bisaccia di Simon, l'unico oggetto che le era rimasto di lui e che conteneva degli abiti di ricambio, nella profonda apertura fra tre grandi pietre del muro.

«Grazie» le rispose. «Ti sei comportata molto bene e hai recitato la tua parte come d'accordo.»

«Non è stato emozionante? Tutto si è svolto come avevi progettato, fatta eccezione per quel vecchio disgustoso. Per la verità sono grata che il Cavaliere della Corona sia accorso in mio aiuto. Anche se mi ha lasciata un po' stupita.»

Eva si accigliò mentre osservava la sua giovane amica. Sì, anche lei si era meravigliata di quella piega degli avvenimenti. Non si era aspettata che Sir Nicholas D'Amberly intervenisse in quel modo, senza dubbio aveva dato prova di integrità e perfino di onore, anche se lei non intendeva soffermarsi con la mente su quei pregi. No, non lo aveva previsto. Era stato troppo sconcertante e per un istante aveva esitato, prima di accantonare la fitta di rimorso e riprendere a interpretare il suo ruolo. In effetti, tutto si era svolto se -

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condo il piano che aveva ideato, e molto meglio di quanto avesse mai immaginato. Tuttavia, l'apprensione non l'aveva mai abbandonata.

«Hai ragione, ma non è ancora finita. Neppure lontanamente, Marguerite.» Eva cominciò a rovistare nella bisaccia, nella quale aveva riposto gli indumenti femminili che avrebbe indossato. «Dobbiamo ancora allontanarci da qui, dal momento che l'uomo che abbiamo derubato, Sir Nicholas D'Amberly, continua a darci la caccia. Abbiamo ancora molti pericoli da evitare. Credi di farcela?»

«Sì. Sai bene che ti aiuterò in qualsiasi modo.»

«E io ti ringrazio. Sei davvero una cara amica.»

«È lo stesso per me, Eva. Dubito che sarei riuscita a sopravvivere tra le strade di Londra senza di te.»

Eva annuì ed estrasse la borsa che aveva rubato, tenendola sospesa nell'aria. «E tutto per questa » mormorò, rigirandosela fra le dita.

«Vogliamo vedere che cosa contiene?»

«No. Preferisco non farlo» rispose Eva. Meno la sua amica avesse appreso e meglio sarebbe stato.

«Che cosa ne farai, Eva?»

«La lascerò qui al sicuro... per il momento. Finché non sarò costretta a consegnarla.» E quel momento non sarebbe giunto abbastanza presto.

Solo allora si sarebbe conclusa quella faccenda.

Solo quando l'uomo che l'aveva assunta avesse provveduto a prelevare la borsa e a dare a lei il denaro che le doveva. Non che lei dovesse spie -

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gare a Marguerite il motivo della sua ansia e per quale ragione doveva nascondere la borsa, Eva intuiva che avrebbe dovuto in qualche modo tenerla al sicuro. Ma da che cosa, di preciso? Era troppo presto per dirlo. In ogni caso, l'uomo che l'aveva assunta avrebbe potuto servirsi di metodi subdoli per entrarne in possesso, specialmente se si fosse rifiutato di pagarle l'esorbitante quantità di monete d'argento che le aveva offerto. No, doveva usare la massima cautela.

Avvolse la borsa negli indumenti che aveva indossato per travestirsi da monello di strada e li ripose nella bisaccia. Poi la spinse in fondo all'apertura del muro e la coprì con tre grandi pietre, celandola alla vista. Si voltò e sorrise, infilandosi la veste sulla tunica e annodando i lacci anteriori. Si era di nuovo trasformata in una fanciulla.

«Stai molto bene vestita da ragazzo, Marguerite» dichiarò mentre l'amica nascondeva la maggior parte dei suoi capelli rossi sotto una cuffia prima di coprirsi la testa con il cappuccio del mantello. Il voluminoso tessuto parve inghiottire la sua figura minuta, ma non c'era alternativa, doveva andare bene in quel modo.

«Lo pensi davvero?» le chiese Marguerite.

«Sì. Ecco, magari sembri più un ragazzino... Sei pronta a lasciare questo posto?»

«Certo, suppongo che lo siamo entrambe. Vogliamo andare?»

Emersero dalle tenebre che le avevano nascoste, ripassarono sotto l'arcata e si ritrovarono in

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strada. Eva tese la mano all'amica, ora i loro ruoli erano del tutto invertiti. Sebbene, a onor del vero, lei si sentisse sempre più a suo agio con indosso indumenti maschili, che con gli ingombranti strati di tessuto usati dalle donne. Se doveva essere onesta con se stessa, era dovuto al fatto che gli abiti femminili la rendevano impacciata e sgraziata. Sin da quando era in grado di ricordare, Eva si era travestita da ragazzo per proteggersi, dato che le strade di Londra erano pericolose per una giovane sola come lei.

Quel travestimento era stato un'idea di Simon che lei era stata felice di assecondare. Non solo per proteggersi, ma perché le consentiva una libertà di movimenti che poche fanciulle potevano sperare di sperimentare. In realtà lui l'aveva incoraggiata a comportarsi come un ragazzo, e in cambio le aveva insegnato tutte le abilità e i trucchetti che conosceva, dal far vibrare un pugnale agli astuti stratagemmi che venivano usati per rubare. Dal medesimo istante in cui l'aveva incontrata, quando Eva era caduta dalla parte posteriore di un carro diretto a Londra, l'aveva presa sotto la sua ala. Doveva aver notato qualcosa in lei che avrebbe potuto essergli utile, qualcosa che lo aveva istintivamente colpito che la distingueva dalle altre giovani sfortunate che si aggiravano smarrite tra le strade londinesi.

Erano stati una coppia ideale, nella loro lotta per la sopravvivenza, un furto dopo l'altro. Per Eva si era trattato di decidere fra imparare a rubare insieme a Simon vestita come un ragazzo, o

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diventare una prostituta vestita da donna, sola e senza amici a Londra. No, non aveva mai avuto una vera possibilità di scelta.

Strinse un istante la mano di Marguerite mentre percorrevano la strada affollata, augurandosi che l'amica non dimenticasse di tenere la testa bassa. Non potevano certo correre il rischio di imbattersi in Nicholas D'Amberly.

Nicholas D'Amberly, si ripeté.

Era un magnifico esemplare di vigorosa e seducente mascolinità. Eva non aveva mai incontrato un uomo come lui. La sua presenza nella taverna l'aveva contrariata e affascinata in egual misura. Lui era sembrato così controllato, così sicuro di se stesso, facendo trasparire una ferrea determinazione che, tutto a un tratto, l'aveva indotta a dubitare delle proprie capacità e a chiedersi se sarebbe mai riuscita a derubare un uomo del genere. E quando gli si era avvicinata abbastanza per potergli sottrarre la borsa, un brivido l'aveva attraversata, una sensazione inaspettata, che Eva non aveva mai provato. Qualunque cosa l'avesse assalita allora, in quel medesimo istante Nicholas era accorso in aiuto della sua amica, compiendo un gesto che aveva fatto vacillare i suoi pregiudizi. E quello l'aveva spaventata. Quell'uomo, la sua gentilezza imprevista, la reazione che lei aveva avuto alla sua vista, in aggiunta a quello che lei avrebbe dovuto fare, per un attimo Eva aveva creduto di non essere più in grado di respirare.

Subito dopo si era riscossa. Non aveva ceduto all'inquietudine e al disagio che all'improvviso le

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si erano insinuati sotto la pelle. E, benché l'incarico che le era stato assegnato le fosse costato un prezzo molto alto, aveva sperato che in qualche modo avesse contribuito a vendicare l'assassinio di Simon perpetrato da un Cavaliere della Corona. Un codardo senza volto. E anche se Nicholas D'Amberly non era il responsabile, comunque quei cavalieri erano tutti degli arroganti bastardi.

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