ANNE STUART
Innocenza e seduzione
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Ruthless Mira Books © 2010 Anne Kristine Stuart Ohlrogge Traduzione di Matilde Lucini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special marzo 2011 Questo volume è stato impresso nel febbraio 2011 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 138 dello 09/03/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Parigi, 1765 La visita dall'avvocato non era andata bene. Elinor Harriman arrivò a casa proprio mentre Lydia, sua sorella, finiva di trattare con il loro padrone di casa, e si nascose per non farsi vedere da quel vecchio libertino. Monsieur Picot non sopportava né lei né la loro madre, mentre con Lydia diventava uno zuccherino. I limpidi occhi azzurri della fanciulla si colmarono di lacrime, la sua boccuccia a cuore tremò lievemente, e Monsieur Picot crollò, sciogliendosi in scuse e rassicurazioni. Non si rese conto di essere stato preso in giro finché la porta non si chiuse con decisione, ed Elinor poté sgattaiolare su per le scale, contenta di non aver dovuto difendere l'onore di Lydia, nel caso Monsieur Picot si fosse lasciato trascinare. In effetti non accadeva mai. Nessuno dei padroni di casa, dei macellai e degli ortolani approfittava mai della delicata bellezza di Lydia: irradiava da lei una tale squisita innocenza che nessuno avrebbe osato farlo. Perfino in quella infelice zona della città, nessuno si sarebbe sognato di offenderla. «Te l'avevo detto» disse Lydia con un sorriso birichino, diversissimo dal suo solito sorriso da Madonna. «Funziona sempre.» Elinor si accasciò sulla sedia più vicina, lasciandosi sfuggire un gemito quando una molla la punse. Durante l'ultimo trasloco, erano state costrette ad abbandonare tutti i loro mobili 5
tranne quelli più malconci. Nel minuscolo salottino del loro appartamento ai margini di uno dei quartieri meno raccomandabili di Parigi, c'erano appena tre sedie e un misero tavolo che fungeva da scrivania, da desco e da toeletta... e le sedie reggevano a malapena. Le camere da letto erano altrettanto malridotte. Un letto sfondato nella prima stanza ospitava la madre, mentre loro due dividevano un materasso buttato sul pavimento dell'altra. Non aveva il coraggio di pensare a come dormissero Nanny Maude o Jacobs il cocchiere nella stanza sul retro che fungeva da cucina e da alloggio della servitù. Era un'assurdità avere un cocchiere, dal momento che non possedevano né un cavallo né tanto meno una carrozza, fin dai primi giorni in cui erano giunte a Parigi, quando la loro madre era innamorata e loro erano entusiaste di quella nuova avventura. Ma Jacobs era venuto con loro dall'Inghilterra – vittima del fascino di Lady Caroline, come accadeva del resto alla maggior parte degli uomini – e nulla, nemmeno l'assoluta mancanza di stipendio, l'aveva convinto a lasciarle. L'amante e i soldi erano svaniti in fretta, sostituiti da un altro uomo, quasi altrettanto ricco. Negli ultimi dieci anni Lady Caroline Harriman era caduta così in basso che Elinor non aveva cuore di pensarci. Per fortuna al momento sua madre era troppo malata per combinare guai, per andare in cerca di un'altra bottiglia di gin, del gioco d'azzardo, di un altro uomo che finanziasse i suoi bisogni primari, nei quali ovviamente non erano incluse le due figlie. «Quanto tempo abbiamo guadagnato?» domandò, prendendo il lavoro a maglia. Sferruzzare non era il suo forte e le sue creazioni erano un obbrobrio, ma si era convinta di poter fare qualcosa di utile, anche se le calze e le sottovesti erano piene di smagliature. Nanny Maude le aveva insegnato come fare, ma come al solito lei si era dimostrata una pessima allieva. Lydia sospirò. «Tornerà tra una settimana, e non credo che potrò ottenere un altro rinvio.» La dolce Lydia era perfetta in 6
tutto, graziosa, intelligente, gentile e il suo lavoro a maglia impeccabile. Le poche lezioni che sua madre una volta le aveva pagato le erano bastate per imparare a ballare alla perfezione, sapeva dipingere, cantava come un usignolo, e qualunque uomo la conoscesse diventava suo schiavo; da Jacobs, il loro anziano servitore, fino al giovane e ricco Visconte di Miraboux, che aveva conosciuto in biblioteca. Per qualche tempo Elinor aveva sperato che i loro problemi fossero risolti, finché la famiglia del visconte non aveva avuto sentore di quanto stava accadendo, e lo aveva spedito a fare un grand tour per l'Europa. Le avevano offerto del denaro, ricordò Elinor strofinandosi le mani gelate per scaldarsi, e probabilmente lei era stata una sciocca a rifiutarlo, sbattendoglielo in faccia. Come se una Harriman potesse abbassarsi fino al punto di farsi comprare. In quel momento, però, con Monsieur Picot che se ne era appena andato, pensò che avrebbe fatto quasi qualsiasi cosa per garantire un minimo di sicurezza a Lydia e alla loro piccola famiglia. Compresa la loro sconsiderata madre. Lady Caroline era stata troppo ammalata per creare problemi, negli ultimi tempi. Non potevano permettersi dottori o medicine, e la dermatite che le aveva ricoperto il corpo e sconvolto la mente, peraltro mai troppo lucida, era quasi una benedizione: se non altro era costretta a letto e non poteva fare altri debiti. «Dimmi dell'avvocato, Nell» chiese Lydia, chiamandola con il nomignolo che soltanto lei usava. «Nostro padre ci ha forse lasciato una cospicua fortuna per alleviare gli ultimi giorni di Maman? O almeno una piccola rendita?» «Ci ha lasciato qualcosa, anche se definirla una vasta fortuna sarebbe un'esagerazione» rispose Elinor, cupa. «Il titolo e le tenute sono andate a un certo Mr. Marcus Harriman, mentre a noi ha destinato una somma in denaro, che di certo non vale altrettanto. Probabilmente, se avesse potuto, non ci 7
avrebbe lasciato nulla.» Evitò di dire che l'eredità, quale che fosse, apparteneva almeno nominalmente a lei. La discendenza di Lydia era oscura, ma non aveva sicuramente nulla a che vedere con il padre di Elinor, lo sapevano tutti. Anche se per la legge inglese un figlio nato all'interno di un matrimonio valido era considerato prole legittima del marito, suo padre le aveva inventate davvero tutte pur di negare alla bambina e alla sua ex moglie qualsiasi tipo di sostegno economico. Lydia sospirò. «Forse potremmo tenere a bada Monsieur Picot per un'altra settimana, se gli permettessi di prendersi qualche libertà con me. Un bacio non comprometterebbe certo la mia virtù, e se ci garantisse un tetto sulla testa...» «No!» Elinor perse un'altra maglia e gettò da parte i ferri, esasperata. Poi fissò la sorella. «L'avvocato ha detto che nostro padre ci ha lasciato qualcosa, anche se, a quanto pare, ha posto una qualche ridicola condizione, così dovrò andare in Inghilterra per ottenere il lascito. Se almeno avessimo saputo prima che era morto... Ci saremmo date da fare mesi fa. Immagino che la comunicazione relativa alla sua dipartita sia giunta prima alla nostra vecchia residenza, ma dal momento che ce ne siamo andate nel cuore della notte lasciando tutti i conti da pagare, era prevedibile che non ci avrebbero inoltrato la posta. Sono sicura che non sarà una somma troppo misera. Non avrebbe lasciato morire di fame le sue figlie.» Lydia fece un sorrisetto beffardo. «Non tentare di indorarmi la pillola. Lui ha sempre detto che non voleva avere niente a che fare con la progenie della sgualdrina che aveva avuto la sfortuna di sposare. Perché avrebbe dovuto cambiare idea sul letto di morte?» «Be', era ancora arrabbiato. Erano passati solo pochi anni da quando nostra madre lo aveva lasciato, e lui era lo zimbello di tutta Londra. Presto o tardi, deve essersi ricordato che siamo sangue del suo sangue, e che ha delle responsabilità nei nostri confronti.» 8
«Credevo avesse dichiarato che non eravamo figlie sue, giusto?» Elinor ricordava a malapena suo padre. Era un uomo alto, incredibilmente brutto, con ben pochi interessi a parte i cavalli e le donne. Le era sempre parsa un'incredibile ingiustizia che sua moglie fosse stata denunciata per aver avuto interessi analoghi, ma ormai aveva imparato che la correttezza aveva ben poco a che fare con la realtà. «Ma certo che siamo sue figlie» rispose, sapendo che Lydia non aveva mai sospettato la verità a proposito delle proprie origini. «Io sono alta come la maggior parte degli uomini, e ho questo naso orribile.» «È un naso assai grazioso, Nell» obiettò gentilmente Lydia. «Ti dà un certo carattere, mentre io invece sono una graziosa nullità.» «Certe volte pagherei per essere una graziosa nullità» ribatté Elinor scontrosa. «No, non è vero! Non credo proprio che vorresti essere diversa» esclamò Lydia. Elinor fece una risata forzata. «Forse hai ragione. Ho sempre avuto un carattere piuttosto forte. Mi piacerebbe essere così come sono, ma favolosamente ricca. È una richiesta abbastanza ragionevole, no? Purtroppo, l'unico modo per ottenere una fortuna è sposarne una, e il Naso me lo impedisce.» «Un uomo come si deve saprebbe apprezzarti, naso e tutto» replicò decisa Lydia. «E io ho tutte le intenzioni di sposare un uomo favolosamente ricco, così non hai di che preoccuparti. Sarai libera di sposarti per amore.» Elinor sbuffò incredula, una reazione invero poco signorile. «Bella idea, mia cara. Ma come farai a incontrare quest'uomo ricchissimo, vivendo nei bassifondi di Parigi? Ancora un trasloco e finiremo proprio lì. Ci arriveremo, prima o poi, e non so se riusciremo a sopravvivere.» «Io sono fiduciosa» disse Lydia con semplicità. «Avremo 9
la risposta quando ci servirà.» Lydia era una devota cristiana, mentre Elinor aveva perso la fede anni prima, quando aveva conosciuto Sir Christopher Spatts, e ora accompagnava Lydia in chiesa solo per una questione di forma. «Credo che questa risposta la attendiamo da tempo» brontolò. «Ti sarei grata se riuscissi a sollecitarla.» Si udì un trambusto provenire dal retro dell'appartamento, e un attimo dopo Jacobs irruppe nella stanza, con il cappello in mano e il viso segnato dalla preoccupazione, subito seguito da Nanny Maude. «È andata, signorina» annunciò. Non occorreva chiedere a chi si riferiva. «Cosa significa andata?» domandò Elinor, balzando in piedi. «È morta?» «No, Miss Elinor» spiegò Nanny. «Vostra madre è riuscita a trovare gli ultimi soldi che avevo da parte per la spesa, ha indossato il vestito bello ed è uscita.» «Oh, buon Dio. Come ha fatto? Credevo che potesse a malapena muoversi» disse Elinor, agghiacciata. «Cerchiamola. Non può essere andata lontano.» «L'avevo quasi raggiunta, signorina» replicò tristemente Jacobs, stropicciando il cappello con le sue grosse mani. «Mi è parso di vederla correre per strada, ma è salita in carrozza prima che potessi fermarla.» «Una carrozza? Siete sicuro che fosse mia madre? Non sapevo che conoscesse qualcuno con una carrozza.» «Era lei» dichiarò ostinato Jacobs. «E ho riconosciuto la carrozza. Anche alla luce dei lampioni, ho visto il blasone sulle fiancate.» «Oh, Signore» gemette Elinor. «In quale nuovo disastro ci ha cacciato? Di chi era?» «Di St. Philippe.» «Dannazione» esclamò Elinor. «Non mi guardate in quel modo, Nanny Maude. So che mi avete educata meglio, ma se mai esiste un'occasione che meriti un'imprecazione, è questa. Sapete di chi è amico St. Philippe, vero, Jacobs?» 10
«Io no» si intromise Lydia, con gli occhi azzurri che scintillavano di curiosità. «Non occorre che tu lo sappia» scattò Elinor. «È quel demonio, vero?» disse Nanny con voce cupa. «È andata a finire nella tana del diavolo, dove fanno orge e cose del genere. Perderà anche i pochi soldi che ci erano rimasti, e probabilmente finirà sacrificata al maligno.» «Non credo che facciano sacrifici, Nanny» obiettò Elinor con tono assai pratico, cercando di ignorare il cuore che batteva all'impazzata. «Li fanno, eccome» ribatté Nanny, annuendo così vigorosamente che la cuffietta di pizzo le scivolò dai capelli argentei. «Le donne che ci vanno, poi, non si rivedono più. Ammazzano le vergini e ne bevono il sangue.» «Be', se uccidono delle vergini, allora nostra madre è salva» borbottò Elinor, decisa a far sparire quell'aria terrorizzata dal volto della sorella. «E dubito che qualcuno si sia infatuato di lei al punto da farla sparire. Si giocherà il denaro e poi tornerà strisciando a casa, triste e sconsolata.» «Voi non capite, signorina» insistette Nanny. «Sono tutti i soldi che ci erano rimasti. E ha preso anche la spilla di diamanti.» Elinor sentì un brivido gelido correrle lungo la schiena. Era l'ultimo oggetto di valore che possedevano, di scarsa bellezza, con diamanti minuscoli e opachi che valevano pochissimo, ma lei lo aveva tenuto nascosto per le emergenze, che non comprendevano il comportamento volutamente autodistruttivo di sua madre. Raddrizzò le spalle. «Allora dovrò semplicemente andare a cercarla» annunciò, ignorando l'ululato di protesta di Nanny. Jacobs non disse nulla, sapendo che non c'era altro da fare. Lydia si alzò. «Vengo con te, Nell.» «Assolutamente no. Se sarò io a entrare in quel covo di nequizie, non mi accadrà nulla. Se ci andassi tu... be', ti salte11
rebbero addosso come un branco di lupi affamati.» «Credo che tu sopravvaluti il mio fascino» commentò Lydia con un sorriso. «E io credo che tu lo sottovaluti. Nanny ha detto che bevono sangue di vergine, ricordi?» disse con leggerezza sufficiente a tranquillizzare la sorella. Sfortunatamente, Lydia sapeva leggerle dentro. «Anche tu sei una vergine, cara, a meno che non mi abbia nascosto qualcosa. Berranno anche il tuo sangue.» Elinor non batté ciglio. «Non berranno il sangue di nessuno. Amano gli scandali e i segreti, ma dubito che siano pericolosi come pretendono di essere» obiettò in tono pacato. «Uccidono i bambini» aggiunse Nanny. «Zitta!» esclamò Elinor. «Non sono più una bambina. Jacobs mi accompagnerà a casa del Conte di Giverney, tireremo nostra madre fuori di lì e saremo di ritorno prima di mezzanotte.» «Chiedo scusa, signorina, ma erano diretti fuori città» interloquì Jacobs. «Credo che siano andati al suo château.» Elinor mantenne la calma. «E quanto è distante?» «Non molto, signorina. Un'ora di viaggio, se ci affrettiamo.» «Allora saremo di ritorno all'alba» si corresse lei. «Sani e salvi. E questa volta legheremo nostra madre al letto, quando non potremo sorvegliarla.» «Come intendi arrivare laggiù?» chiese Lydia. «Non possediamo carrozza né cavalli, e nemmeno denaro per affittarli. Vuoi andarci a piedi?» Elinor scambiò uno sguardo d'intesa con Jacobs, che uscì dalla stanza senza dire altro. «Ci penserà Jacobs» sussurrò. «Nel frattempo, conto su di voi perché la camera di nostra madre sia pulita e pronta per lei. Probabilmente dovremo usare le cinghie che impiegavamo durante i suoi attacchi di pazzia. Dipenderà da quanto gin ha bevuto, e bisogna vedere se 12
le hanno dato qualcos'altro di pericoloso.» «Non voglio che tu vada là da sola.» «L'accompagnerò io» si offrì Nanny, sempre generosa nonostante l'età. Era così storpiata dai reumatismi che riusciva a malapena a camminare, ma avrebbe combattuto contro un intero reparto di soldati per le sue bambine. «No, Nanny» replicò lei con dolcezza. «Ho bisogno che voi badiate a Lydia.» Incrociò lo sguardo della donna per un attimo, e si capirono alla perfezione. Se per qualche motivo Elinor non fosse tornata, Lydia avrebbe avuto bisogno di qualcuno, e Nanny era la loro unica possibilità. L'anziana balia chinò il capo, ed Elinor si accorse che aveva gli occhi lucidi di lacrime. «Non siate ridicole, voi due. Non sto per varcare le porte dell'inferno. Il Conte di Giverney è soltanto un uomo che organizza feste licenziose, non il demonio, e io non sono certo il tipo di donna che può ispirargli oscure passioni. E poi, Jacobs ha una pistola, e sparerà a chiunque tenti di farmi del male. Entrerò, chiederò di mia madre, e loro probabilmente saranno più che contenti di liberarsi di lei. Quindi, non c'è nulla di cui preoccuparsi.» «Eccetto che per la spilla di diamanti» obiettò cupa Nanny. Se Elinor fosse stata più vicina, le avrebbe dato un calcio negli stinchi già doloranti. L'anziana donna aveva una visione assai tetra della vita, e in quel momento Lydia aveva bisogno di essere fiduciosa, non di sapere che la loro ultima speranza di salvezza era svanita, e che se avessero perso quel gioiello sarebbero state rovinate. In quel momento, tuttavia, non poteva permettersi di sprecare altro tempo. A parte gli intrattenimenti sfrenati, le feste del Conte di Giverney erano famose anche perché si giocava d'azzardo con poste molto alte. La spilla se ne sarebbe andata in un batter d'occhio, e se qualcuno fosse stato tanto pazzo da prestare del denaro a Lady Caroline, oltre che dai negozianti avrebbero dovuto incominciare a nascondersi da una catego13
ria di creditori ben più insidiosa: l'aristocrazia. Prese il mantello logoro e il ruvido scialle che indossava per tenersi più al caldo, e salutò Lydia e Nanny Maude con un bacio, cercando di apparire spensierata e coraggiosa. Nanny l'abbracciò come se si trattasse di un addio, mentre Lydia tornò a sedersi al suo posto e riprese a sferruzzare con calma. Era solo una posa, la sua: sapeva quanto fosse pericolosa l'impresa che Elinor stava per affrontare, ma si rendeva anche conto che la cosa migliore che potesse fare per lei era non darle altre preoccupazioni. Vedere il suo capo biondo coraggiosamente chino sul lavoro a maglia fece venire le lacrime agli occhi a Elinor. Ma non c'era tempo per simili debolezze. Un attimo dopo uscì nell'aria gelida; infilò i mezzi guanti, fatti ormai più di rammendi che di maglia originale, coprì con lo scialle i poco appariscenti capelli castani, e si incamminò per la strada, decisa a ignorare gli abitanti più sgradevoli del quartiere. Avrebbe trovato Jacobs al vicino caffè, dove venivano ricoverati cavalli e carrozze. Le circostanze li avevano già costretti in passato a prendere in prestito una carrozza, quando Lady Caroline si era fatta cacciare da un ballo in maschera, anche se in quell'occasione erano riusciti a restituirla in tempo, senza che qualcuno se ne accorgesse. Forse quella notte non avrebbero avuto la stessa fortuna, ma preferiva non pensarci. Per il momento, doveva concentrarsi solo sul modo di tirare sua madre fuori dalla tana del demonio. Una cosa alla volta. Jacobs la stupì favorevolmente, presentandosi con un calessino che poteva trasportare al massimo due donne e poco altro. Elinor salì a bordo prima che l'anziano cocchiere scendesse ad aiutarla, e un attimo dopo partirono. Era una notte fredda e senza luna di inizio febbraio, e se il modesto veicolo aveva mai avuto in dotazione delle coperture per riparare le gambe dal freddo, queste erano scomparse 14
ormai da tempo. Elinor si tolse lo scialle dal capo e se lo avvolse intorno alle spalle, rabbrividendo. Ci sarebbe voluta almeno un'ora per arrivare al castello del conte, sempre che non morisse congelata prima. Eppure, il freddo l'aiutava a concentrarsi su qualcosa di meno inquietante di ciò che l'aspettava. Si aggrappò al sedile che oscillava avanti e indietro. Jacobs viaggiava a velocità folle, ma lei aveva la più assoluta fiducia nelle sue capacità. Sarebbero arrivati allo château sani e salvi; il resto dipendeva da lei. Non era particolarmente preoccupata, sapendo esattamente che aspetto aveva. Era alta, un po' troppo magra, a causa delle condizioni della loro dispensa, con capelli e occhi castani, e un brutto naso. A dire il vero, meditò, non era poi così male; era sottile ed elegante, e da vecchia sarebbe stato perfino affascinante. Ma non aiutava certo quando si era giovani e si voleva apparire belle. Comunque fosse, aveva ben altro a cui pensare. Se si fosse imbattuta in quel dannato conte, lui avrebbe dato un'occhiata ai suoi abiti informi e ai capelli trasandati e non l'avrebbe nemmeno vista. Era quello che succedeva con la maggior parte degli uomini. Senza dubbio sarebbe riuscita a trovare sua madre e a portarla via, e le strane cose che accadevano in quello château sarebbero state solo un ricordo lontano. Se avesse avuto fede in Dio avrebbe pregato, ma aveva rinunciato a quel genere di conforto sei anni prima. E poi, Nanny e Lydia avrebbero pregato per lei con il massimo fervore, e se mai esisteva un Dio le avrebbe senz'altro ascoltate. Lydia era troppo carina per poterla ignorare, e Nanny troppo fiera. Forse era solo a Elinor che non prestava attenzione. Chiuse gli occhi. Quella giornata era stata un disastro dall'inizio alla fine, e la speranza improbabile di una piccola eredità appariva un'inezia in confronto al disastroso futuro che le aspettava ora che le loro speranze di ereditare il titolo e le proprietà erano svanite. Per il momento, decise, avrebbe te15
nuto per sé quella consapevolezza. Non c'era bisogno di angosciare anche Nanny Maude e Lydia. L'avvocato, Mr. Mitchum, le aveva suggerito di incontrare il nuovo erede, lo sconosciuto che avrebbe avuto il controllo sulla sua rendita, ma lei aveva lasciato l'ufficio in un accesso d'ira. Prima o poi avrebbe dovuto incontrare quel lontano cugino, ed era stata davvero stupida ad andarsene in quel modo. Perché se c'era anche la minima possibilità di mettere le mani su quel lascito, non poteva permettersi il lusso di lasciarsela sfuggire per orgoglio. Prima, però, doveva trovare sua madre.
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Innocenza e seduzione ANNE STUART Francia, 1765 - Nella Parigi degli aristocratici inglesi in esilio, il misterioso Francis Alistair St. Clair Dominic Charles Edward Rohan, Visconte Rohan, organizza e ospita le scatenate riunioni dell'Esercito Celeste, un'associazione segreta i cui membri perseguono lo sfogo sfrenato delle passioni più proibite. La febbrile ricerca del piacere nasconde, in realtà, la profonda insoddisfazione di Rohan, e quando il caso e il bisogno portano l'ingenua e squattrinata Elinor Harriman a partecipare a una delle sue feste, lui la considera una novità insolita e benvenuta. Ma a poco a poco la fanciulla lo coinvolge oltre ogni aspettativa, facendogli scoprire passioni e desideri che entrambi credevano ormai perduti per sempre.
Un'impeccabile gentildonna CANDACE CAMP Inghilterra, 1824 - Alla morte della madre, Lisa Bascombe prende la sofferta decisione di lasciare gli Stati Uniti e tornare in Inghilterra insieme alle sorelle, convinta che il nonno non rifiuterà di aiutarle a riprendere il posto in società cui hanno diritto per nascita. L'aristocrazia londinese, tuttavia, non è affatto bendisposta nei confronti di quelle fanciulle dai modi schietti e sbrigativi, e Lisa e le sue sorelle sono costrette a impegnarsi duramente per diventare perfette, impeccabili gentildonne. Rispettare tante regole e limitazioni è una tortura, e a rendere le cose più difficili per Lisa si aggiunge l'attrazione che prova per un uomo che non potrà mai avere: Sir Royce Winslow. Un giorno, inevitabilmente, lei cede alla passione, e allora, da gentiluomo qual è, Royce decide di sposarla. Lo esige il suo senso dell'onore, nulla di più. O almeno questo è ciò che Royce dice a se stesso...
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Dall'11 maggio