CANDACE CAMP
Un'impeccabile gentildonna
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: A Lady Never Tells Pocket Star Books © 2010 Candace Camp Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special marzo 2011 Questo volume è stato impresso nel febbraio 2011 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 139 del 23/03/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Londra, 1824 Lisa Bascombe era spaventata. Oh, non che non lo fosse mai stata prima: non si poteva crescere in una terra nuova e pericolosa senza mai avere affrontato qualcosa che facesse raddoppiare i battiti del cuore. Questa però non era come la volta che avevano sorpreso un orso a curiosare tra la biancheria stesa. E nemmeno come quella in cui il suo patrigno l'aveva afferrata per un braccio stringendola contro di sé, l'alito che puzzava di alcol. Allora aveva saputo che cosa fare – come indietreggiare silenziosamente, rientrare in casa e caricare la pistola, oppure come dare una bella pedata a Cosmo cosicché lui era stato costretto a lasciarla andare con un ululato di dolore. No, la sensazione che provava era del tutto nuova. Si trovava in una città strana, piena di gente strana e non aveva assolutamente idea di che cosa fare. Si sentiva... smarrita. Di nuovo si guardò intorno, nell'affollato porto di Londra. Intorno a lei gli scaricatori si occupavano di mucchi di merci e la gente si muoveva in fretta, in modo frenetico; sembrava che tutti sapessero dove andare e avessero poco tempo per arrivarci. Non c'erano donne. Le poche che aveva visto sbarcare dalle navi erano state rapidamente condotte alle carrozze dai loro accompagnatori di sesso maschile. A dire il vero, tutti i passeggeri scesi dalla loro nave erano scomparsi da tempo e 5
ora solo lei e le sue sorelle restavano sulla banchina, un gruppetto dall'aria sperduta circondato da una piccola pila di bagagli. Le ombre cominciavano ad allungarsi, presto sarebbe scesa l'oscurità e, pur essendo una ingenua fanciulla americana appena arrivata sul suolo inglese, lei sapeva bene che il porto di Londra, di notte, non era posto per quattro giovani donne sole. Il problema era che non sapeva che cosa fare. Aveva immaginato che ci fosse una locanda non lontano dal punto in cui erano sbarcate, ma ben presto si era resa conto che in quella zona non c'era un luogo dove quattro donne sole avrebbero potuto alloggiare, ed esitava ad avventurarsi nelle strette viuzze che vedeva allungarsi di fronte a lei. Qualche carrozza pubblica era passata loro davanti e Lisa aveva cercato di fermarne una o due, però i conducenti avevano proseguito, ignorandola. Dovevano aver capito, dall'aria malridotta dei loro bagagli, che non si trattava di clienti danarosi. In ogni caso loro quattro non potevano restare là e, se non fossero riuscite a fermare un'altra carrozza al più presto, avrebbero dovuto prendere le valigie e imboccare una di quelle squallide stradine. Lisa si guardò intorno per l'ennesima volta. Da qualche tempo diversi scaricatori le osservavano, e proprio in quel momento uno le rivolse un sorrisetto inequivocabile. S'irrigidì, ricambiò con una delle sue più gelide occhiate, poi si girò dall'altra parte, verso le sue sorelle. Rose, la più vicina a lei per età, nonché la bellezza riconosciuta della famiglia, aveva limpidi occhi blu e folti capelli neri; Camelia, i cui occhi grigi erano, come sempre, attenti e penetranti, era invece bionda e portava la lunga chioma efficientemente legata in una treccia appuntata sulla sommità del capo; infine Lily, la più giovane e quella che più somigliava al loro padre, era orgogliosa dei suoi occhi grigioverdi e dei capelli castano chiaro dai riflessi dorati. 6
Tutte e tre la fissavano con una incrollabile fiducia, fatto che le fece contrarre ancora di più lo stomaco. Contavano su di lei perché si prendesse cura di loro, così come la mamma aveva contato su di lei perché, dopo la sua morte, portasse le ragazze via dalla casa del patrigno e le conducesse al sicuro, nella dimora londinese del nonno. Lisa era riuscita a portare a termine la prima parte del suo compito, ma tutto, lo sapeva, sarebbe stato inutile se avesse fallito proprio in quel frangente. Doveva trovare un posto decente dove trascorrere la notte, quindi affrontare un nonno che nessuna di loro aveva mai incontrato – l'uomo che aveva cacciato di casa la figlia perché aveva sfidato il suo volere – e convincerlo ad accogliere nella propria casa la progenie di quella stessa figlia. D'istinto si strinse più forte al petto la preziosa bisaccia di pelle, ma in quel preciso momento una figura si precipitò verso di loro e la urtò con violenza, facendola cadere lunga distesa a terra. Per un istante non riuscì a muoversi, né a pensare, paralizzata dalla sorpresa, poi all'improvviso si rese conto che le sue mani erano vuote. La bisaccia! Si guardò freneticamente intorno, ma non la vide. «Quell'uomo ha rubato i nostri documenti!» gridò e, balzando in piedi, scorse il ladro che si allontanava correndo. «Al ladro! Al ladro!» Fermandosi solo un istante per lanciare un'occhiata a Rose e indicarle il bagaglio, si sollevò le sottane e si lanciò all'inseguimento della figura. Rose si mise subito accanto alle valigie, mentre Lily e Camelia non esitarono a gettarsi all'inseguimento, il cuore che martellava nel petto dal terrore. Tutto ciò che più contava per loro, tutto ciò che avrebbe dimostrato la loro onestà a un parente diffidente, si trovava nella borsa. Senza quei documenti per loro non v'era speranza, e tutte e quattro sarebbero rimaste bloccate in quella enorme, orrida città senza sapere dove andare e senza nessuno a cui chiedere aiuto. Per quel motivo era assolutamente necessario recuperarla! 7
Subito dopo aver girato un angolo, Lisa si accorse che Camelia l'aveva quasi raggiunta; purtroppo il ladro sembrava correre come il vento e ormai era mezzo isolato più avanti. Capì che non lo avrebbero mai acciuffato e si sentì perduta. Poche iarde oltre il ladro, due uomini chiacchieravano fuori da una porta; allora, in un ultimo, disperato tentativo, Lisa gridò: «Fermatelo! Al ladro!». Quando notò che i due si voltavano verso di lei senza muoversi, comprese che il futuro suo e delle sorelle stava scomparendo proprio davanti ai suoi occhi. Sir Royce Winslow uscì dalla casa da gioco, facendo distrattamente roteare il suo bastone dall'impugnatura d'oro. Uomo attraente, di poco più di trent'anni, con capelli biondi e occhi verdi, non era certo il tipo che ci si aspettasse di veder emergere da una bisca nella zona del porto. Le sue ampie spalle erano accarezzate da una giacca blu di tessuto e fattura di alta qualità, mentre ai piedi portava lucidi e morbidi stivali assiani. Gli aderenti pantaloni, la camicia bianca, la cravatta inamidata e dal nodo elaborato, la semplice catena d'oro dell'orologio, tutto parlava di un uomo ricco e raffinato, oltreché troppo accorto per essere sorpreso in quel tipo di posti frequentati, come avrebbe detto suo fratello Fitz, da truffatori di bassa lega. «Ebbene, Gordon, mi hai fatto perdere un'altra volta il mio tempo» dichiarò, voltandosi verso l'uomo che l'aveva seguito fuori della porta. Il suo compagno, un giovane di nemmeno vent'anni, parve un po' costernato da quell'osservazione. A differenza di quello di Sir Royce, il suo abbigliamento tradiva l'eccesso di stile e di colori che lo etichettavano inequivocabilmente come un damerino. La sua giacca, di una tonalità di giallo che ricordava il tuorlo di un uovo, aveva spalle larghissime e visibilmente imbottite, mentre la vita, molto stretta, gli pizzicava i fianchi; il panciotto era a disegni floreali color lavanda e i pantaloni a righe dello stesso colore. 8
All'occhiello esibiva un fiore enorme, e la catena del suo orologio era carica di ciondoli e gingilli. Cercando di avere un'aria il più dignitosa possibile, il giovane raddrizzò le spalle, ma l'immagine che sperava di dare di sé risultò in qualche modo offuscata dal fatto che non riusciva a impedirsi di barcollare. «Lo so e ti chiedo scusa, cugino Royce. Jeremy non avrebbe mai dovuto dirtelo.» «Oh, non biasimare tuo fratello» fu la replica, pronunciata in tono leggero. «Lui era preoccupato per te... e a ragione. Ti hanno regalmente spennato là dentro.» Quando Gordon, rosso in viso, fece per ribattere, Sir Royce lo fermò, sollevando rapidamente un sopracciglio, e proseguì: «Dovresti essere grato a Jeremy perché si è rivolto a me, invece che al conte». «Credo di sì. Il cugino Oliver sarebbe andato avanti per chissà quanto con le sue prediche sulla dignità della famiglia e su ciò che devo ai miei genitori.» «E avrebbe avuto ragione.» «Avanti, ora non dirmi che tu e il cugino Fitz non vi siete mai divertiti un po'!» protestò il giovane. Un lieve sorriso curvò le belle labbra di Sir Royce. «Possiamo averlo fatto, sì, ma io non mi sarei mai fatto cacciare da Oxford per poi tornare in città e ficcarmi in altri guai.» Socchiuse gli occhi e aggiunse: «E non mi sarebbe mai venuto in mente di indossare una giacca come quella». «Ma è di prim'ordine!» esclamò Gordon. Il cugino, però, non lo ascoltava più. La sua attenzione era stata catturata da un uomo che correva a rotta di collo verso di loro, stringendo al petto una piccola bisaccia di pelle. Ma la cosa più stupefacente era che lo inseguiva una giovane donna vestita di azzurro, i lunghi capelli castani che sventolavano sulle spalle e la sottana sollevata fin quasi alle ginocchia che svelava gambe affusolate. Dietro di lei altre due fanciulle correvano con egual fervore, i volti arrossati e i cappellini penzolanti, oppure caduti a terra. «Fermatelo!» gridò la donna che conduceva l'inseguimento. «Al ladro!» 9
Royce osservò la scena, stupito, poi, mentre il ladro stava quasi per superarlo, allungò casualmente il bastone, facendolo inciampare e finire a terra con un gran tonfo: la bisaccia volò via, scivolò lungo la strada e arrestò la sua corsa contro un lampione. Imprecando, il ladro cercò di rialzarsi, ma Royce gli piantò un piede sulla schiena, tenendolo fermo. «Gordon, prendi quella borsa, vuoi?» Il giovane fissava a bocca aperta il fuggitivo che si contorceva sotto lo stivale del cugino, ma obbedì prontamente alla richiesta. «Grazie!» La ragazza in testa al gruppetto si avvicinò e si fermò, ansando. Le altre due si arrestarono accanto a lei, e per qualche istante i due uomini e le tre donne si fissarono con considerevole interesse. Erano un vero assortimento di bellezze, pensò Sir Royce, anche tutte arrossate e scarmigliate, ma era quella che aveva davanti a interessarlo di più. I suoi capelli avevano il colore del cioccolato e gli occhi erano di una incantevole tonalità tra il verde e l'azzurro che gli faceva venir voglia di avvicinarsi di più per osservarli meglio. C'era, nel suo mento, un atteggiamento deciso che, insieme alla bocca generosa e agli zigomi prominenti, dava al suo volto un'inconfondibile impressione di forza. La bocca poi aveva un delizioso, morbido labbro inferiore con una irresistibile piega nel centro. Era impossibile guardare labbra come quelle e non sentire il desiderio di baciarle. «Non c'è davvero di che» replicò, togliendo lo stivale dalla schiena del ladro per eseguire un perfetto inchino. L'uomo approfittò di quel momento per balzare in piedi e cercare di correre via, ma la mano di Royce scattò e lo afferrò per il colletto. «Volete che lo portiamo da un magistrato?» domandò, guardando interrogativamente le giovani donne. «No.» La prima scosse la testa. «M'importa solo di riavere la mia borsa.» 10
«Molto bene. Questa signora ha il cuore gentile, ma la prossima volta potreste non essere tanto fortunato» disse, dopodiché lasciò andare il ladro, che si affrettò ad allontanarsi, scomparendo dietro un angolo. «Permettetemi di presentarmi... Sir Royce Winslow, al vostro servizio. E questo giovane è mio cugino, Mr. Harrington.» «Io sono Lisa Bascombe» rispose la fanciulla senza esitazione. «E queste sono le mie sorelle, Camelia e Lily.» «Nomi davvero appropriati, visto che formate un incantevole bouquet.» Lisa replicò a quel complimento facendo roteare gli occhi. «Mia madre aveva una passione eccessiva per i fiori, temo.» «Ma ditemi, Miss Bascombe, come mai voi non avete il nome di un fiore?» «Oh, ce l'ho» ribatté lei con un sorriso, e una deliziosa fossetta le comparve su una guancia. «Mi chiamo Fiordaliso.» Osservò il gentiluomo, che cercava freneticamente qualcosa di gentile da replicare, e ridacchiò. «Non preoccupatevi, non dovete fingere che non sia orrendo. Per questo mi faccio chiamare Lisa. Del resto...» Scrollò le spalle e poi aggiunse: «... avrebbe potuto andarmi anche peggio. Mia madre avrebbe potuto chiamarmi Artemisia, o Petunia». Royce rise, sempre più intrigato. Le fanciulle erano incantevoli e almeno Lisa parlava un inglese perfetto, anche se con uno strano accento che non riuscì a identificare. Guardando i loro freschi volti graziosi e udendo quelle parole si sarebbe potuto pensare che erano giovani gentildonne, tuttavia i loro abiti erano troppo modesti e le acconciature fuori moda. E poi si comportavano con una sconcertante mancanza di decoro. Non v'era traccia di nessuno chaperon accanto a loro, e tutte e tre avevano appena finito di correre all'impazzata per le strade, senza curarsi affatto del loro aspetto o di avere perduto i cappellini. E se ne stavano lì a guardarlo apertamente, senza abbassare lo sguardo e senza risatine soffocate, come se trovassero del tutto normale conversare con uno sconosciuto. Naturalmente non ci si poteva aspettare che seguissero la 11
regola che imponeva di non parlare a un uomo senza prima essere state a lui presentate, viste le circostanze nelle quali si erano incontrati, ma nessuna dama dell'alta società avrebbe mai detto il proprio nome a un uomo che non conosceva, nemmeno se questi l'aveva appena aiutata. E di certo non avrebbe mai presentato le sue compagne chiamandole con il nome di battesimo, così come non avrebbe commentato in quel modo tanto libero le scelte della madre. E soprattutto... che cosa mai ci facevano quelle tre fanciulle al porto? «Siete... americane?» chiese loro. Lisa rise. «Sì, come avete fatto a capirlo?» «Ho provato a indovinare e sono stato fortunato» replicò lui con un lieve sorriso. Anche Lisa sorrise e d'un tratto il suo volto s'illuminò. Mentre Royce, dimentico di ciò che stava per dire, stringeva più forte l'impugnatura del bastone, lei arrossì e, senza sapere che cosa rispondere, distolse lo sguardo. Le mani salirono ai capelli, come se si fosse ricordata che erano tutti spettinati, e cercò di sistemare le forcine. «Oh, cielo, a quanto pare ho perduto il mio cappello!» mormorò, guardandosi intorno. «Se posso permettermi, Miss Bascombe, voi e le vostre sorelle siete... Ecco, questa non è una zona molto raccomandabile, temo. Vi siete perdute forse?» «No.» Lisa raddrizzò la schiena e sostenne il suo sguardo. «Non ci siamo perdute.» Alle sue spalle, una delle sorelle sbuffò. «Solo arenate.» «Arenate?» «Siamo sbarcate dalla nave questo pomeriggio» gli spiegò quella che sembrava la più giovane, voltando verso di lui i grandi occhi grigioverdi, e aggiunse, abbassando la voce con aria drammatica: «Siamo sole e non abbiamo idea di dove andare. Sapete...». «Lily!» la interruppe Lisa con voce acuta. «Sono sicura che a Mr. Winslow non interessa la nostra storia. E ora» con12
tinuò, rivolgendosi a Sir Royce, «se volete essere tanto gentile da ridarci la bisaccia, noi dovremmo andare.» «Sir Royce» la corresse lui con gentilezza. «Che cosa?» «Il mio nome. È Sir Royce, non Mr. Winslow. E sarò felice di restituirvi la vostra bisaccia.» La prese dalle mani di Gordon e la porse a Lisa, ma continuò a stringerla, dicendo: «Tuttavia non posso andarmene e lasciare tre signore sole in questa zona pericolosa della città». «Oh, non dovete preoccuparvi.» «Insisto, e vi scorterò a...» Si fermò e la guardò, un'espressione interrogativa negli occhi. «A una locanda» dichiarò Lisa con fermezza, e tirò leggermente la borsa, togliendogliela di mano. «Vi siamo davvero grate per il vostro aiuto, signore» proseguì, sollevando un poco il mento. «Se ci indicherete una locanda appropriata, non vi disturberemo più.» Sir Royce s'inchinò, cercando di nascondere il proprio divertimento. Quelle erano parole di ringraziamento, ma anche di congedo, lo sapeva bene. Ebbene, pensò, Miss Lisa Bascombe stava per scoprire che liberarsi di lui era più facile a dirsi che a farsi. Lisa guardò Sir Royce fare un passo sulla strada e sollevare il bastone. Con sua grande sorpresa, una carrozza cominciò a muoversi verso di loro. Allora si voltò verso di lui, considerandolo con un rispetto nuovo. A prima vista non sembrava certo il tipo da affrontare un ladro. Eppure, apparentemente senza sforzo alcuno, lo aveva fatto e le aveva restituito la bisaccia. E ora era riuscito a fermare una carrozza pubblica. Lisa non aveva mai incontrato nessuno con un'aria tanto sofisticata ed elegante. I suoi abiti e gli stivali erano impeccabili e si muoveva con una certa languida grazia che faceva pensare a un uomo che sapesse come divertirsi. Eppure era evidente che le sue spalle sotto la giacca erano ampie e le co13
sce, fasciate dai pantaloni aderenti, solidamente muscolose. No, quello non era l'effeminato, debole aristocratico che più di un americano descriveva come il tipico inglese. Ecco, doveva averlo fissato troppo, poiché lui le sorrise, e subito qualcosa prese a fluttuare nel suo stomaco, in un modo alquanto sconcertante. Assurdo, si disse, che il sorriso di Sir Royce le facesse quell'effetto. A essere sincera, tutto di lui, dai folti capelli biondi agli occhi verdi, sembrava colpirla in un modo che non le era affatto familiare. Non era da lei lasciarsi turbare in quel modo, tanto meno sentire le pulsazioni accelerare a un semplice sorriso. E che cos'era quello strano calore che si diffondeva nel suo ventre quando lo guardava? E perché mai la fossetta che gli vedeva sul mento le sembrava così seducente? Scacciò con decisione quei pensieri dalla testa, non era certo quello il momento di sognare come una sciocca fanciulla; aveva sentito diversi racconti sui malfattori che, nelle grandi città, aspettavano solo l'occasione migliore per truffare – o peggio – i più incauti. «Come avete fatto a chiamare una carrozza pubblica con tanta facilità?» gli chiese allora. Al suo tono di voce, lui inarcò un aristocratico sopracciglio. «Siete sospettosa, Miss Bascombe? Ebbene, forse avete ragione. Io però non sono uno schiavista bianco che perlustra le banchine in cerca di giovani, incantevoli americane da rapire. E quella non è una carrozza pubblica, ma la mia carrozza. Sono venuto da queste parti per cercare il giovane Gordon, e dato che non sapevo in che stato lo avrei trovato e non avevo intenzione di riportarlo a casa a piedi se fosse stato... uhm... un po' alterato, sono arrivato con la vettura.» «Oh.» Di nuovo Lisa lo scrutò, ma non v'era proprio modo di capire se ci si potesse fidare di lui, che dopotutto le aveva davvero aiutate permettendo che recuperassero la borsa: se non altro rispettava le leggi. E poi, anche se quel Gordon che gli stava accanto era vestito in modo strano, lui aveva l'aria di un 14
uomo ricco e si comportava come un gentiluomo. Inoltre, loro non possedevano proprio nulla che valesse la pena di rubare; il ladro che le aveva aggredite sarebbe rimasto alquanto deluso nello scoprire che la borsa di pelle conteneva soltanto documenti. «Vi prego, dunque, permettetemi di scortare voi signorine a una locanda rispettabile» insistette Sir Royce. Lisa esitò per un momento, lanciando un'occhiata alle sue sorelle. Lily sembrava decisamente affascinata e persino Camelia annuiva, tirando fuori la mano dalle pieghe della sottana per mostrare il coltello che stringeva. «In caso, posso occuparmi io di lui, Lisa» dichiarò. Le sopracciglia di Sir Royce scattarono verso l'alto e Gordon, dopo aver seguito lo sguardo del cugino, strabuzzò gli occhi. «Dannazione, è un coltello quello?» «Credo di sì. E sta' attento a come parli, cugino, ti trovi davanti a tre gentildonne.» Gordon parve sul punto di controbattere, ma fu fulminato da un'occhiata, che gli fece cambiare idea. «Scusate» borbottò soltanto. «Puoi tornare a casa da solo?» proseguì Royce. «Temo che nella carrozza non ci sia posto per tutti.» Il giovane annuì, senza perdere d'occhio il coltello. «Ma certo. Voglio dire, se sei sicuro che sia prudente...» «Credo di poter badare a me stesso» lo rassicurò. «Mi prometti di andartene dritto a casa?» «A casa, no! C'è mia madre» protestò. «Molto bene, allora va' da tuo padre. Lui è alla proprietà, no?» «Sì. Andrò da mio padre e gli dirò tutto.» Non sembrava molto entusiasta all'idea. «Bene, e se scopro che non l'hai fatto, passerò la faccenda nelle mani di Oliver.» Gordon gemette, ma si avviò lungo la strada. «Starà bene?» domandò Lily, guardandolo allontanarsi. «Sembrava un po'... ecco...» 15
«Ubriaco» concluse Camelia. Sir Royce parve sconcertato per un istante, ma disse solo: «Sì, è così, ma credo che ce la farà». «È per quello che è vestito in quel modo?» domandò Lily. «Perché ha bevuto?» Royce si lasciò sfuggire una risatina, poi scosse la testa. «No. Temo che fosse del tutto sobrio quando ha comperato quegli abiti.» Si guardò intorno e aggiunse: «Bene. Suppongo che abbiate dei... bagagli con voi». «Oh! I nostri bagagli! Rose sarà morta di preoccupazione ormai» esclamò Lisa e tutte e tre le ragazze girarono sui tacchi, cominciando a correre nella direzione dalla quale erano arrivate. Con un sospiro Royce salì sul predellino riservato al lacchè della sua carrozza, si afferrò saldamente alla maniglia e fece cenno al cocchiere di muoversi. «Temo che dovremo seguirle, Billings.» «Sì, signore» replicò impassibile il conducente. E così, con la carrozza che avanzava ondeggiando alle loro spalle, le fanciulle corsero di nuovo alle banchine, e Royce spalancò la bocca quando vide, appollaiata sopra due bauli malridotti, un'incantevole giovane donna con i capelli corvini, gli occhi blu... e un lungo fucile posato sul grembo. «Perdio! Ce n'è un'altra!» Balzò agilmente a terra e si avvicinò al gruppetto. «Sì, questa è l'altra mia sorella, Rose» la presentò Lisa. «Naturalmente.» Lui si esibì in un elegante inchino, al quale la giovane rispose con un timido cenno del capo. «E vedo che avete un fucile.» «Certo, non potevamo non portare con noi il fucile di nostro padre.» «È ovvio...» fu la debole replica. «Avete anche altre armi? Pistole, forse?» «Sono nelle nostre borse» rispose Lily. «Non pensavamo ci sarebbero servite.» «Mmh. In effetti, direi che un fucile e un coltello dovreb16
bero bastare per le evenienze di tutti i giorni.» Si girò verso il cocchiere, che era sceso dalla carrozza e lo aveva seguito. «Bene, Billings, carica quei bagagli e poi ci metteremo in cammino.» Aprì lo sportello della carrozza e tese la mano verso Lisa. «Miss Bascombe...» Lei condusse le sorelle al veicolo, e lui le aiutò a salire. Lisa fu l'ultima; avrebbe voluto afferrare la maniglia accanto allo sportello, ma non poteva essere così rude da ignorare l'aiuto che le veniva offerto. Non riusciva a spiegarsi perché fosse tanto riluttante a prendere quella mano. Sapeva solo che aveva il terrore di toccarla... e nello stesso tempo, in qualche modo, non vedeva l'ora. Quando Royce si voltò, Lisa esitò, quindi lasciò scivolare la mano in quella di lui, che era stranamente calda... O forse era la sua che d'un tratto era diventata gelida? Sollevò il viso e lo guardò. Gli era vicinissima ora e poteva vedere quanto fossero lunghe e folte le sue ciglia, dello stesso caldo biondo dei capelli, e come accentuassero il verde degli occhi. Lui la fissava e nel suo sguardo c'erano un'intensità e un calore che di colpo la resero timida. Allora, sentendosi arrossire, abbassò il capo, e in modo quasi impercettibile Sir Royce le strinse più forte la mano. Lisa salì velocemente in carrozza, mettendo finalmente fine al contatto. Le sue sorelle si erano strette tutte insieme su un sedile, così le toccò prendere posto di fronte a loro, accanto al gentiluomo, il quale, dopo essersi consultato con il cocchiere, era salito in vettura. Evitando il suo sguardo, Lisa si guardò intorno nell'elegante carrozza. Non era mai stata su un veicolo tanto lussuoso. Era spazioso, con sedili imbottiti in pelle rosso scuro e pesanti tendine ai finestrini, ora scostate per lasciar entrare la luce del crepuscolo. Per lungo tempo nella vettura regnò il silenzio, mentre i suoi occupanti erano impegnati a scrutarsi reciprocamente, poi finalmente Sir Royce disse: «Posso chiedervi da dove provenite, giovani signore?». 17
«Da Three Corners» rispose con prontezza Lily. «Una cittadina non lontano da Filadelfia, in Pennsylvania, Stati Uniti.» «Capisco. E che cosa vi porta in Inghilterra?» «Lily...» Lisa lanciò alla sorella un'occhiata di avvertimento, che suscito sorpresa. «Ma che cosa c'è di male se...» «No, no, vostra sorella ha ragione» intervenne con disinvoltura Royce. «La città può essere un luogo pericoloso e non si è mai troppo prudenti. Anche se» aggiunse, con un'occhiata a Camelia, «non credo che tenere un coltello a portata di mano sia proprio necessario. Potrebbe far giungere molte persone a conclusioni sbagliate». «Di solito noi non andiamo in giro armate, Mr... voglio dire, Sir Royce» puntualizzò Lisa. «Ma, come voi stesso avete detto, la città può essere un luogo pericoloso, e così oggi Camelia ha deciso di indossare il coltello.» «Indossare?» Royce fissò sbalordito Camelia. La fanciulla sollevò con un sorrisetto l'orlo della gonna, svelando una snella caviglia alla quale era legato un piccolo fodero di pelle. Si chinò e vi infilò il coltello, quindi si risistemò tranquillamente le sottane. «Capisco.» Diede a Lisa una certa soddisfazione vedere leggermente sconcertato quell'uomo, di gran lunga troppo imperturbabile. «Comodo. Bene, è evidente che non devo preoccuparmi della vostra sicurezza.» «No» concordò Lisa con fermezza. «Non dovete.» Non sapeva spiegarsi perché fosse tanto riluttante a svelargli qualcosa di sé e delle sue sorelle. Dopo tutto, lui non aveva fatto loro nulla di male, al contrario, le aveva aiutate. Chissà, forse era solo che quell'inglese le faceva un effetto strano, e lei si sentiva insicura di sé quando gli era vicina. Oppure forse era irritata con se stessa per essersi sentita tanto sollevata quando lui si era fatto carico dei loro problemi e aveva deciso di scortarle a una locanda. Era così bello, così facile mettere ogni preoccupazione nelle mani di un'altra persona, e non essere più quella che pren18
deva le decisioni, quella che aveva la responsabilità di condurre le sorelle verso una vita migliore. Tuttavia quello era proprio ciò che lei non doveva fare. L'amara esperienza di sua madre le aveva insegnato quanto fosse folle affidare la propria vita a un uomo. No, molto meglio contare solo su se stessi. Sir Royce sostenne per un lungo momento il suo sguardo di sfida. C'era qualcosa nei suoi occhi – interesse? divertimento? – che l'attirava e la confondeva al tempo stesso. Alla fine fu lei a distogliere per prima il volto. Di nuovo cadde il silenzio, che durò fino a quando la vettura non si fermò nel cortile di una locanda. Il gentiluomo scese, avvertendo le ragazze di restare all'interno. Le quattro sorelle si guardarono, e immediatamente lo seguirono. Quando entrarono nella locanda, lo videro parlare con un tizio basso che annuiva e sorrideva, ossequioso, ma la conversazione fu interrotta dal rumore che fecero. Sir Royce si voltò e le guardò per un istante di traverso, ma non protestò. Quindi tornò a rivolgersi all'ometto, gli disse poche altre parole, estrasse qualcosa dalla tasca e glielo porse, prima che si allontanasse in fretta. «Holcombe è il locandiere della Boar and Bear, e suggerisce che voi aspettiate nella saletta privata, mentre si assicura che vengano preparate le vostre camere. Il mio cocchiere vi porterà i bagagli» riferì poi alle sorelle. Una cameriera accompagnò le fanciulle in una delle zone private, riservate agli ospiti che non volevano mescolarsi con gli altri clienti, e dopo pochi minuti ricomparve con il tè e le informò che, se lo avessero gradito, presto avrebbe servito loro anche ciotole fumanti di stufato. Tutte e quattro concordarono che sì, lo avrebbero gradito molto. «Bene, signore, visto che ormai siete sistemate, non mi resta che dirvi addio» dichiarò Royce. 19
Camelia e Lily gli si affollarono intorno, inondandolo di ringraziamenti; la timida Rose, arrossendo, gli dedicò un sorriso, mormorandogli tutta la propria gratitudine. Soltanto la maggiore si tenne a distanza e lo osservò, distaccata e pensierosa. «Miss Bascombe, è stato un piacere» la salutò lui e si produsse in un elegante inchino. «Anche per me» replicò Lisa, ma si rese conto subito che gesto e tono di voce erano troppo sussiegosi. Stava apparendo ingrata, lo sapeva, ma davvero non riusciva a essere spontanea quando si trovava vicino a quell'uomo. Lui esitò, poi estrasse qualcosa dalla tasca interna della giacca. «Permettetemi di darvi il mio biglietto, nel caso...» «No, grazie, Siete molto gentile, ma vi assicuro che tutto andrà bene. Domani andremo a trovare nostro nonno.» «Dunque avete dei familiari qui.» «Sì.» Lisa capì che Sir Royce aveva sulle labbra altre domande, così si affrettò a fare un passo avanti e aprì la porta che si affacciava sul corridoio, voltandosi verso di lui in un chiaro gesto di congedo. «Grazie, Sir Royce, per tutto ciò che avete fatto per noi.» Lanciandole uno sguardo ironico, lui posò il biglietto sul tavolo, si sollevò il cappello e, passandole davanti, uscì. Dopo aver lanciato un'occhiata alle sorelle, Lisa lo seguì, chiudendosi la porta alle spalle. «Sir Royce...» Lui si voltò. «Come ho detto, apprezzo molto ciò che avete fatto per noi, ma... prima vi ho visto dare del denaro a quell'uomo.» «Uomo? Quale uomo?» «Il locandiere. Non posso permettere che voi paghiate il nostro conto, non vi conosciamo nemmeno! E poi non siamo senza un soldo, ve lo assicuro.» Quella, pensò, non era proprio una bugia: aveva ancora qualche moneta nel borsellino. «Certo che no» si affrettò a replicare lui. «Non l'ho mai pensato. A quell'uomo ho dato solo una mancia, un piccolo... 20
incentivo a prepararvi subito le stanze.» «Allora desidero rimborsarvi.» Sir Royce fece un gesto con la mano come a voler ignorare quell'idea, ma Lisa serrò la mascella, assumendo la sua espressione più cocciuta. «Insisto, signore. Non posso, naturalmente, compensarvi per la gentilezza che ci avete mostrato, ma intendo restituirvi il denaro che avete speso per noi.» «Mia cara ragazza, non ho nemmeno idea di quanto ho dato a quell'uomo.» La fissava con il volto privo di espressione, e lei sentì crescere l'irritazione. Sapeva che lui stava cercando di sfidarla, e non poteva fare a meno di sospettare che mentisse. Oh, era molto gentile, certo, ma in ogni caso... «Non posso permettervi di andarvene senza avervi rimborsato» dichiarò, mettendosi le mani sui fianchi. Lui la studiò per un momento, e i suoi occhi parvero avere un guizzo. «Bene, allora permettetemi di prendere questo come pagamento.» Senza un'altra parola, fece un passo avanti, le cinse la vita con un braccio e la baciò.
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Innocenza e seduzione ANNE STUART Francia, 1765 - Nella Parigi degli aristocratici inglesi in esilio, il misterioso Francis Alistair St. Clair Dominic Charles Edward Rohan, Visconte Rohan, organizza e ospita le scatenate riunioni dell'Esercito Celeste, un'associazione segreta i cui membri perseguono lo sfogo sfrenato delle passioni più proibite. La febbrile ricerca del piacere nasconde, in realtà, la profonda insoddisfazione di Rohan, e quando il caso e il bisogno portano l'ingenua e squattrinata Elinor Harriman a partecipare a una delle sue feste, lui la considera una novità insolita e benvenuta. Ma a poco a poco la fanciulla lo coinvolge oltre ogni aspettativa, facendogli scoprire passioni e desideri che entrambi credevano ormai perduti per sempre.
Un'impeccabile gentildonna CANDACE CAMP Inghilterra, 1824 - Alla morte della madre, Lisa Bascombe prende la sofferta decisione di lasciare gli Stati Uniti e tornare in Inghilterra insieme alle sorelle, convinta che il nonno non rifiuterà di aiutarle a riprendere il posto in società cui hanno diritto per nascita. L'aristocrazia londinese, tuttavia, non è affatto bendisposta nei confronti di quelle fanciulle dai modi schietti e sbrigativi, e Lisa e le sue sorelle sono costrette a impegnarsi duramente per diventare perfette, impeccabili gentildonne. Rispettare tante regole e limitazioni è una tortura, e a rendere le cose più difficili per Lisa si aggiunge l'attrazione che prova per un uomo che non potrà mai avere: Sir Royce Winslow. Un giorno, inevitabilmente, lei cede alla passione, e allora, da gentiluomo qual è, Royce decide di sposarla. Lo esige il suo senso dell'onore, nulla di più. O almeno questo è ciò che Royce dice a se stesso...
Giochi d'amore ANNE STUART Inghilterra, 1804 - Affascinante ed esperto nelle più licenziose arti amatorie, Adrian Alistair Rohan ha seguito le orme del padre affiliandosi all'Esercito Celeste e fa strage di cuori tra le più belle dame dell'alta società. Poi però incontra Charlotte Spenser, una scialba trentenne rassegnata a un futuro senza passione, e decide di sedurla...
Silenzi e sussurri DEANNA RAYBOURN India, 1889 - Dopo un'idilliaca luna di miele, Julia Grey e Nicholas Brisbane accettano di aiutare una vecchia amica a far luce sulla morte del marito. L'indagine è complicata, e la verità che emerge a poco a poco agghiacciante, tanto che Julia e Nicholas rischiano di non vivere abbastanza per festeggiare il loro primo anniversario...
Le notti di San Pietroburgo ROSEMARY ROGERS Russia - Inghilterra, 1822 - Decisa a ritrovare la sorellina Anya, Emma Linley-Kirova chiede aiuto a Dimitri Tipov, il temuto re della malavita di San Pietroburgo. Durante il pericoloso inseguimento che li porta dalle scintillanti sale da ballo della Russia alle assolate strade del Cairo, finisce per innamorarsi di lui. Ma Dimitri...
Il bacio del libertino JUDITH JAMES Inghilterra, 1659 - Quando Elizabeth Walters si presenta a corte per chiedere la restituzione delle proprie terre, William de Vere decide di aiutarla. Ben presto tra i due giovani divampa la passione, ma Elizabeth è restia a fidarsi di lui. Com'è possibile che un notorio libertino come de Vere possa rinunciare ai fasti della corte per una come lei?
Dall'11 maggio