Presenta
FONDENTE COME IL CIOCCOLATO Il sesso è come un bignè: è una tentazione che ti fa dimenticare i buoni propositi, ma ti soddisfa tanto che sei contenta di aver ceduto. MOLTO PIÙ CHE UN EROTICO. La storie di Elle e Dan è sexy, passionale, potente, oscura. Amazon Reviews
Un altro romanzo per le nostalgiche di Mr. Grey? No, di più. Megan Hart firma un libro che va oltre le 50 Sfumature. Perché Dan è ancora più spietato, ancora più irresistibile. Feroce, oscuro, affascinante, sa cosa vuole e come ottenerlo. E vuole solo Elle, a costo di sovvertire ogni sua regola. Non chiedo scusa a nessuno per quello che sono o per quello che sono stata, dentro e fuori dal letto. Ho un lavoro, una casa, una vita e per molto tempo non ho desiderato nient’altro. Fino a Dan. Fino a ora.
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DELILAH MARVELLE
I segreti di una lady
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Forever a Lady HQN Books © 2012 Delilah Marvelle Traduzione di Maria Latorre Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special marzo 2013 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2013 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 171 del 20/03/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo Sopravvivenza, signori. La vita non è altro che sopravvivenza. da The Truth Teller, giornale newyorchese per gentiluomini.
Giugno 1822 New York City – Orange Street Quando avevano scoperto che il loro contabile, nonché amico di vecchia data Mr. Richard Rawson, era in realtà un mascalzone e un ladro, Matthew e suo padre si erano rivolti alle autorità affinché lo arrestassero. E Rawson, rendendosi conto di essere prossimo all'impiccagione, aveva sellato un cavallo ed era partito al gran galoppo, lasciandosi dietro un ammasso di mobili e una scia di vestiti frivoli e senza valore. Il resto del denaro che aveva sottratto alle casse del giornale dei Milton – ben duemila dollari – era già stato speso da tempo sui tavoli da gioco e sui letti di uno sconfinato numero di prostitute, i cui gusti stravaganti includevano ogni immaginabile gingillo in grado di compiacere l'universo femminile. Quando gli uomini dello sceriffo riuscirono finalmente a raggiungerlo, all'incrocio tra Broadway e il Bowling Green Park, il cavallo di Rawson intervenne eroicamente impennandosi sulle zampe posteriori. Il capitombolo spezzò il collo a Rawson, che fu dichiarato defunto, proprio come The Truth Teller, il giornale un tempo fiorente dei Milton, che era andato in bancarotta. 5
Oh, se solo a certi personaggi fosse stato concesso di morire due volte! Forse allora Matthew Joseph Milton avrebbe trovato un po' di quel senso della giustizia che invece era stata negata a lui e a suo padre, un tempo proprietari del giornale e ricchi sfondati, e oggi, invece, titolari soltanto di otto dollari e quarantadue centesimi. Fermo accanto al padre sul marciapiede del nuovo quartiere, Matthew serrò le mani intorno alla lana grezza dei sacchi che portava su entrambe le spalle. Sollevò lo sguardo verso l'edificio dai muri grezzi che sorgeva davanti a loro. L'odore acre di urina che permeava l'aria gli serrava lo stomaco. Era davvero possibile che il Signore potesse essere tanto crudele? Oh, sì. Sì che poteva. Lo era appena stato. Il calore insopportabile del pomeriggio gli ardeva la fronte aggrottata, imperlandola di mille goccioline di sudore. Uomini a torso nudo oziavano con i piedi incrostati di sporcizia appoggiati ai davanzali delle finestre, alcuni attaccati a una bottiglia di whisky irlandese, altri intenti a fumare sigari smozzicati. Era come se tutti fossero certi di stare sdraiati su una coperta, distesa su un poggio erboso in riva a un lago. Uno dei tizi barbuti alla finestra sopra di loro sostenne minaccioso il suo sguardo, poi si affacciò e sputò. Una chiazza di catarro marrone atterrò sul marciapiede a pochi centimetri da lui. Dunque era a lui, che aveva mirato. Matthew guardò il padre, che ancora portava con sé un mucchio di giornali freschi di stampa. «E questo è il meglio che i tuoi conoscenti sono riusciti a fare per noi? Avrebbero dovuto concederti uno sconto decisamente maggiore.» Il padre, Raymond Charles Milton, scosse lentamente la testa, scuotendo anche le lunghe ciocche ingrigite mentre anche lui osservava l'edificio. Era ovvio che il padre non fosse più preparato di lui a entrare in quell'edificio. Uno dei due, però, doveva essere ottimista. Matthew sgomitò il suo vecchio con tutta la sicurezza di cui era capace. 6
«Be', poteva andare peggio. In questo momento ci saremmo potuti trovare nella prigione dei debitori.» Il padre lo incenerì con lo sguardo. Matthew, invece, si fermò mentre accanto a loro passava un bambino di sei o sette anni, i capelli castani appiccicati sugli occhi, con indosso vestiti troppo larghi e scarpe troppo grandi ai piedini graffiati. Il piccolo strascinava i piedi, cercando di non perdere le scarpe. Nel vedere Matthew, si arrestò di colpo. La camicia di lino che gli cadeva fino alle ginocchia ondeggiò intorno al corpicino magro. Lo guardò a lungo. Gli occhioni marrone si soffermarono sulla cravatta e sul panciotto ricamato di Matthew, quasi stesse cercando di valutarne il valore. Matthew sapeva che un giorno gli sarebbe piaciuto avere una casa piena di bambini come quello. Un giorno. Anche se, per quel giorno, sperava di potersi permettere di vestire quei bambini un po' meglio di quanto fosse vestito il marmocchio che in quel momento gli si era fermato dinanzi. Non riuscì a trattenere un sorriso. «Come state quest'oggi, signore? Bene?» Il bambino sgranò gli occhi per la sorpresa, arretrò di un passo, poi schizzò dall'altro lato della strada, inciampando diverse volte per via delle scarpe sempre troppo larghe. Il padre si girò verso Matthew. «Ma cosa gli hai fatto?» «Niente. Gli ho solo chiesto come stesse. Forse non è abituato a incontrare gente amichevole.» Tacquero entrambi. Il calpestio dei cavalli e dei carretti lungo la strada e le bestemmie occasionali gridate dagli uomini ricordarono loro che non si trovavano più su Barclay Street. Niente più piazze alberate, niente più carrozze laccate e uomini e donne eleganti della borghesia mercantile. Soltanto questo. «Non mi sarei mai dovuto fidare di Rawson» confidò il padre con voce tesa. «A causa mia, non hai più niente, nemmeno la prospettiva di un buon matrimonio. Se non fosse stato 7
per me, a quest'ora avresti già sposato Miss Drake.» Matthew lasciò cadere i sacchi per terra, al nome della donna. «Posso sopportare la povertà, papà. Posso sopportare la puzza e tutto il resto, ma non posso sopportare di sentirti blaterare a riguardo come se fosse tutta colpa tua. Al diavolo Miss Dannata Drake. Se mi avesse amato, così come io stupidamente ho amato lei, mi avrebbe seguito qui, come le avevo chiesto di fare.» Il padre fece una pausa e lo guardò. «Se fossi stato al suo posto, avresti seguito qualcuno in questa spelonca puzzolente?» Matthew emise un sibilo. Non voleva che la consapevolezza di avere significato così poco per lei lo ferisse ancora. «Ho solo vent'anni, papà, ho tutta la vita davanti. Un giorno mi troverò una brava donna, una donna capace di rispettarmi indipendentemente dalla condizione delle mie finanze.» Il padre si infilò una mano nel taschino del panciotto, appoggiandosi il mucchio di giornali sul fianco. «Che Iddio ti benedica, Matthew. Sei sempre in grado di trovare del buono in ogni cosa, anche la peggiore.» Gli gettò un quarto di dollaro. «Va' a comprare da mangiare. E cerca di razionare quei soldi. Dobbiamo ancora trovarci un lavoro. Io vado a sistemare dentro le nostre cose. Passami quei sacchi, coraggio.» Matthew sollevò i sacchi da terra e li piazzò sul mucchio di giornali, e restò a guardarlo mentre si avviava verso la porta spalancata e saliva lungo la strettissima scala. Esalando un sospiro, si girò verso la strada di terra battuta e osservò i tozzi edifici che la fiancheggiavano. Casse ammassate di frutta troppo matura e verdura marcescente ingombravano l'accesso a diverse porte lasciate spalancate. Un nugolo di insetti ronzava all'unisono intorno a una cassa, prima di schizzare in volo verso quella successiva. Era come se perfino gli insetti mettessero in dubbio la qualità della merce. A lui già mancava il cuoco personale. Un singhiozzo soffocato gli fece spostare lo sguardo verso 8
un punto della strada in cui sembrava essere scoppiato il pandemonio. Un tizio dai capelli rossi con indosso una camicia logora e pantaloni rattoppati aveva afferrato per i capelli un ragazzino, e lo scuoteva con tutte le forze. Matthew trattenne il fiato. Era il bambino con le scarpe troppo larghe. Mentre un carretto pieno di carbone passava lungo la strada, il gigante continuava a strattonare per i capelli il bambino, gridandogli qualcosa. Il piccolo singhiozzava più forte a ogni strattone, e inciampava nei suoi stessi piedi nel tentativo di restare in posizione eretta. Matthew serrò nella mano il quarto di dollaro che gli aveva dato il padre. Non aveva mai ufficialmente tirato di boxe, ma di sicuro non aveva nessuna intenzione di rimanere inerte a osservare quella scena. Infilata la moneta nel taschino interno del panciotto, passò accanto alle donne che affollavano la strada, trascinando ceste di mercanzia, e si precipitò dall'altra parte verso l'uomo e il bambino. «Di' a quella bagascia di tua madre» sibilava l'uomo, «che voglio i miei soldi e li voglio adesso. Mi deve quindici centesimi. Quindici!» «Ma lei non li ha!» piangeva il ragazzo, prendendosi la testa tra le mani. Matthew si fermò accanto a loro. Il sangue gli pulsava nelle orecchie. Cercò di controllarsi, di restare calmo, per non far scoppiare una rissa che il bambino avrebbe fatto bene a non vedere. «Lasciatelo andare. Vi pagherò io ciò che vi deve sua madre.» Un viso bruciato dal sole, rigato dal sudore, si girò verso di lui. Il puzzo di verza marcia penetrò l'aria stagnante. L'uomo allontanò il bambino con uno strattone e gli si avvicinò di un passo, torreggiando sopra di lui di quasi tutta una testa. «Mi deve venti centesimi.» Che bastardo. «Io vi ho sentito dire quindici.» Matthew si infilò una mano nel taschino del panciotto. «Ecco cosa farò.» 9
Sollevò il quarto di dollaro che gli aveva dato il padre. «Vi darò dieci centesimi extra affinché lasciate in pace il bambino. Adesso e per sempre. Fatelo, e questa moneta è vostra.» L'uomo esitò, poi tese una mano callosa. Afferrato il quarto di dollaro, se lo cacciò in tasca. «Per me va bene. Il ragazzo non ha niente che voglio. È quella baldracca della madre, il problema.» «In questo caso, vi suggerisco di prendervela con lei, non con lui.» Matthew si avvicinò al bambino, si chinò su di lui e gli sollevò il mento con una mano. «Ehi, stai bene?» Il ragazzino retrocesse di qualche passo, le guance ancora rigate di lacrime. Annuì portandosi le manine alla testa. L'uomo, intanto, afferrò Matthew per un braccio e lo attirò verso di sé. Tirò su con il naso mentre gli tastava la cravatta di lino bianco. «Siete piuttosto elegante, mi pare. Ho sempre voluto una di quelle cose.» Matthew si divincolò con uno strattone, strizzò gli occhi. «Vi suggerirei di andarvene.» L'uomo, però, abbassò il mento e strinse a sua volta gli occhi, corrugando la fronte. Sollevò un braccio, e nella mano gli comparve all'improvviso una lama acuminata che avvicinò al viso di Matthew, facendola scintillare al sole. Con fare minaccioso, gliela appoggiò sulla guancia. «Volete togliervela, o preferite che ve la tagli dalla gola?» Era incredibile. Sì e no venti minuti in quel quartiere e già lo stavano derubando per avere prestato assistenza a un bambino. Serrando i pugni, replicò con voce bassa: «Mettete via quel coltello e parliamo». Per tutta risposta, il tipo gli assestò un pugno deciso nel bel mezzo della testa, strappandogli un sussulto incredulo, poi si spostò il coltello nell'altra mano, lasciandogli capire che il peggio doveva ancora arrivare. «Sono io che detto le regole, qui. Toglietevi quell'affare, se non volete che il bambino assista a uno spettacolo che non dovrebbe vedere.» 10
Brontolando tra i denti, Matthew si slacciò la cravatta. Non era uno stupido, lui. Se la fece scivolare intorno al collo e, senza una parola, la tese all'energumeno. Quello gliela strappò di mano, avvolgendosela intorno al collo taurino, poi arretrò di un passo e ripose il coltello. «La prossima volta, fate come vi dico.» Come se lui intendesse aspettare una prossima volta. Adesso che il coltello era scomparso dalla scena, Matthew serrò i denti e saltò in avanti, pronto a colpire l'avversario con un pugno in pieno viso, ma il bestione gli arrestò il pugno con una mano larga quanto una pala, facendogli quasi torcere il braccio nell'impatto. Il suo sguardo si fece minaccioso. «Siete morto.» Un pugno colpì Matthew alla testa, poi al mento, sul naso e in un occhio, in successione talmente rapida da fargli quasi perdere l'equilibrio. Tentò di balzare di nuovo in avanti, di picchiare quel delinquente, ma si ritrovò a prendere a pugni l'aria mentre il gigante schivava il colpo. Accanto a loro, il bambino agitava i piccoli pugni per aria, saltando a destra e a sinistra e gridando incoraggiamenti a Matthew. «Coraggio! Colpite quel bastardo. Colpitelo!» Un pugno inatteso all'occhio sinistro, però, non solo fece arretrare Matthew, ma trasformò ogni cosa in una nebbia biancastra. Gesù Cristo! Matthew si afferrò a un lampione, con le mani nude che scivolavano sul metallo riscaldato dal sole. «Adesso basta!» tuonò un uomo, zittendo le urla del bambino. I pugni si fermarono. Traendo un respiro affannoso dietro l'altro, Matthew cercò di mettere a fuoco, anche se il dolore lancinante alla testa e al volto ancora gli annebbiavano la vista. Una figura robusta con lunghi capelli neri legati in una coda, con indosso una giacca rattoppata, puntava una pistola al11
la testa del suo assalitore. «Restituisci la cravatta a questo rispettabile signore, James» sentenziò l'uomo con un elegante accento newyorkese mescolato a una traccia di sofisticatezza europea. «E visto che ci sei, consegnagli anche il tuo coltello.» Il bue dai capelli rossi raggelò contro la canna della pistola premuta alla tempia. La mano da bisonte salì alla tasca, tastò, ne estrasse il coltello e lo tese a Matthew insieme alla cravatta. Lui si staccò dal lampione, si stirò la giacca per rimettersela a posto, ancora sforzandosi di concentrarsi, ignorando la foschia che ancora gli annebbiava la vista. Poi tese la mano, che gli parve fluttuare, e riportò lentamente la cravatta verso di sé. «Prendete anche il coltello» gli ingiunse l'uomo con la pistola. Matthew non voleva il coltello, ma non voleva nemmeno discutere con un tipo armato. Per come la vedeva lui, erano tutti matti. Sbatté le palpebre, cercando di mettere a fuoco. Riusciva a vedere i due uomini accanto a lui, ma tutto il resto era ancora avvolto nella nebbia. Accettò il coltello. Premendo ancora più forte la pistola alla tempia dell'assalitore, l'uomo insistette. «Se tocchi ancora lui o l'altro, James, andremo a combattere al porto finché uno di noi due sarà morto. E adesso sparisci.» James schizzò via come una saetta, spingendo gli astanti, e scomparve. L'uomo si girò verso il bambino. «E adesso sparisci anche tu, Ronan. E, per l'amor di Dio, vedi di restare fuori dai guai.» Il bambino esitò. Incrociò lo sguardo di Matthew, sorrise e un lampo malizioso gli illuminò gli occhi. «Vi devo un quarto di dollaro» dichiarò. Quindi, sempre ridacchiando, gli volse le spalle e si allontanò lungo la strada, incespicando nelle scarpe troppo larghe. 12
Matthew si lasciò sfuggire un sospiro esasperato. Almeno era riuscito a strappare un sorriso al bambino, perché nonostante le promesse del piccolo, dubitava di potere rivedere il suo quarto di dollaro. Abbassata la pistola, l'altro uomo si sistemò la larga giacca grigia e cercò i suoi occhi con un penetrante sguardo azzurro, di ghiaccio. «Dove diavolo avete imparato a fare a botte? In un collegio femminile?» Matthew si cacciò la cravatta in tasca. Gli tremavano le mani nel rendersi conto di quanto gli restasse ancora annebbiata la vista. «Nel posto da cui provengo, fare a botte non è una necessità.» Sfiorò il manico di legno del coltello che ancora stringeva in una mano. «Vi sono molto riconoscente per l'assistenza.» «Ne sono certo.» L'uomo agitò la pistola verso il panciotto ricamato di lui. «Bel panciotto. Vendetelo. Perché, credetemi, non vi sarà di grande utilità in una bara, ed è solo questione di tempo prima che ve lo rubino. E adesso andate, sparite.» Matthew esitò. Capiva che quell'uomo era diverso dal resto della marmaglia che affollava il quartiere. Gli tese la mano, quella libera dal coltello. «Mi chiamo Matthew Joseph Milton.» L'altro si infilò la pistola nella fondina attaccata alla cintura di pelle che gli cingeva i fianchi. «Non vi ho mica chiesto come vi chiamate. Vi ho detto di andarvene.» Lui continuò a tendere la mano. «Sto solo cercando di essere amichevole.» «Io no» obiettò l'altro. «E se non vi aveste fatto caso, da queste parti non c'è nessuno che cerchi di esserlo.» La mano gli ricadde goffamente lungo il fianco. «Non c'è niente che io possa fare per voi, visto quello che avete appena fatto per me? Insisto.» «Insistete?» L'altro inarcò un sopracciglio scuro. «Be', sarei ben felice di un pasto e di un po' di whisky, considerando che sono tra un incontro e l'altro.» 13
«È andata.» Matthew fece una pausa. «Incontri? Voi tirate di boxe?» L'altro si strinse nelle spalle. «Lotta a mani nude.» Si batté una mano sulla cintura di pelle e sulla pistola. «Non è che stia diventando pigro. Quest'arma garantisce la mia incolumità durante gli allenamenti. Se mi ferissi, non potrei combattere. E se non potessi combattere, non potrei neanche mangiare.» «Ah! Ma questo tipo di lotta non è... illegale?» L'uomo lo fissò intento. «Sappiate che i bastardi che condannano in pubblico i miei incontri, sono quelli che in privato puntano su di me le cifre più sconcertanti. Ci sono già stati tre uomini politici e due sceriffi che hanno cercato di convincermi a truccare gli incontri. Dunque, no, non sono illegali, almeno non finché certa gente continua a scommettere.» Conoscere un pugile professionista, da quelle parti, poteva soltanto tornargli utile. Molto utile. «Come vi chiamate, signore?» L'uomo si passò una mano sul mento irsuto. «Ho molti nomi. Quale volete sapere?» Grandioso. A quanto pareva, quel tipo era coinvolto in una serie di attività illecite. «Quello per conoscere il quale non rischierò la galera.» «Coleman. Edward Coleman. Da non confondere con l'altro Edward Coleman che circola da queste parti e che, per inciso, è un assassino nato. State alla larga da quel figlio di Satana.» «Oh, lo farò, state tranquillo. E grazie.» Coleman gli puntò contro un dito. «E adesso vi suggerirei di imparare in fretta le regole del quartiere, soprattutto in considerazione del fatto che sembrate un buon Samaritano. È davvero molto semplice. Non vestitevi in maniera eccessiva e portate sempre un'arma con voi.» «Sono certo che i vostri consigli mi serviranno.» Matthew sollevò il pugnale che ancora stringeva in una mano. «Tranne che per la parte relativa alle armi. Ecco, tenete. Non...» 14
Afferrandolo per un polso, Coleman lo costrinse a sollevarlo, puntandogli la lama del coltello verso il viso. Matthew raggelò, corse con gli occhi a incontrare quelli azzurri e spietati dell'altro uomo. L'odore della pelle colmò l'aria tra loro. Un ghigno distese le labbra di Coleman, che per scherzo gli graffiò appena la pelle del mento. «Dovreste tenerlo. Non potete sapere quando vi servirà per affettare... delle verdure.» Detto ciò, mollò la presa, consentendogli di abbassare l'arma. «Vi insegnerò a usare un coltello, a tirare di boxe e anche qualche altra attività utile e divertente, in cambio di un pasto o due.» Senza neppure rendersene conto, Matthew serrò la presa intorno al pugnale. «Io so già usare un coltello. Lo si punta e...» Per tutta risposta, Coleman balzò verso di lui, gli afferrò il polso, glielo torse e all'improvviso il coltello cadde con gran clamore sul marciapiede. Coleman lo allontanò con un calcio, poi sollevò gli occhi verso di lui. «Lezioni in cambio di cibo» ribadì. Il cibo non gli sarebbe stato di grande utilità, pensò Matthew, se fosse morto. Così assentì. «Affare fatto.» Circa una settimana dopo Matthew stava mangiando un triste stufato freddo seduto a un tavolaccio scrostato in compagnia del padre e di Coleman, e l'attimo dopo la parte sinistra del suo mondo sprofondò nella totale oscurità. Il cucchiaio gli scivolò dalle dita e cadde sul tavolo, rimbalzando poi sul pavimento di legno. Oh, Dio! Gli si serrò la gola mentre deglutiva, guardandosi intorno incredulo. La vista periferica era... scomparsa, andata. Intorno a lui era diventato tutto nero. Il padre depose a sua volta il cucchiaio di legno. «Che ti succede?» Coleman smise di masticare. 15
«Non vedo niente.» Matthew si alzò in fretta, rovesciando la sedia, e si appoggiò alla credenza alle sue spalle. «L'occhio sinistro! Non vedo più niente dall'occhio sinistro!» Spostò lo sguardo per il piccolo appartamento spoglio, capace soltanto di individuare le pareti scrostate alla sua destra. Il padre gli corse accanto. «Matthew, guardami» lo esortò afferrandolo per le spalle per osservarlo con più attenzione. «Ne sei sicuro? Non hai l'occhio gonfio.» Lui vi si portò una mano tremante. Con le dita avvertiva le ciglia che si alzavano e si abbassavano, ma, per tutti i numi del cielo, non riusciva a vederle. «Qui a sinistra è tutto nero. Ma perché? Perché è...» Respirava a fatica, ansimando, incapace di aggiungere altro. Non sapeva cosa pensare. Coleman si alzò lentamente in piedi. «Cristo. È per via dei pugni.» Matthew girò la testa in maniera tale da poterlo guardare. «Cosa vuoi dire, per via dei pugni? Non ha senso. Com'è possibile che qualche pugno...» «L'ho già visto accadere nella boxe, Milton. Un tizio che conosco ha preso tanti pugni in un solo incontro, che è diventato cieco nel giro di una settimana.» Matthew sussultò. Era passata appunto una settimana. Scuotendo la testa, Coleman afferrò la giacca che aveva appeso alla spalliera della sedia. «Vado a cercare quel bastardo.» Nonostante il panico che gli serrava la gola, però, Matthew si sgolò per fermarlo. «Dargli la caccia non cambierà un bel niente.» «A me non importa di cambiare niente.» Coleman gli si avvicinò. «Voglio soltanto mandargli un messaggio su cosa è accettabile e su cosa non lo è.» Intanto il padre guidò Matthew verso la porta. «Se si tratta di quello che dici, Coleman, la prima cosa che dobbiamo fare è cercare un chirurgo. Adesso!» «Ce n'è uno giù sull'Hudson.» Coleman passò tra loro e 16
spalancò la porta che si affacciava sul corridoio. «Però non so proprio cosa potrebbe fare.» Anche gli ultimi soldi erano andati. E con quelli era andata anche la vista dall'occhio sinistro. Matthew si portò una mano alla benda di pelle che gli era stata posta sull'occhio ormai cieco dal chirurgo che gli aveva diagnosticato una cecità permanente. Il chirurgo era stato d'accordo con Coleman: i colpi ricevuti c'entravano senza dubbio qualcosa. Il che significava che lui, Matthew Joseph Milton, era destinato a restare povero e orbo per il resto dei suoi giorni. Serrando i denti, si alzò dalla cassetta di giornali su cui si era seduto, piroettò su se stesso e sbatté con forza un pugno contro il muro. Continuò a picchiare, e a picchiare, e a picchiare, finché non solo sgretolò lo strato di gesso e arrivò al legno sottostante, ma sentì anche un tremendo dolore alle nocche. «Matthew!» Il padre balzò verso di lui, gli afferrò il braccio e con uno strattone lo allontanò dalla parete. Matthew aveva il fiato corto quando incrociò lo sguardo del padre. Quest'ultimo gli tenne la mano ferma per aria, costringendolo a guardare le vesciche che gli si andavano formando sopra, il sangue che incominciava a scorrere. «Non permettere alla rabbia di offuscarti il cuore» lo mise in guardia. «Non permetterlo mai.» Lui ritrasse la mano, che adesso gli pulsava dolorosamente. Deglutì, cercò di ricomporsi, scoccò uno sguardo in direzione di Coleman, che da quando il chirurgo aveva emesso la sua diagnosi di cecità permanente, ancora non aveva pronunciato una sola parola. In quel momento, però, Coleman spezzò il silenzio. «Mi dispiace per tutto questo.» Staccandosi dalla parete contro la quale si era appoggiato, continuò a parlare con voce truce. «Le aggressioni, così come gli omicidi, gli stupri e tutte le al17
tre violenze immaginabili, sono all'ordine del giorno, da queste parti. Neppure gli sceriffi riescono più a starci dietro. Ed è per questo che, nonostante la mia capacità di pugile, esco sempre con una pistola. Questi bastardi non si piegano ad altro.» Matthew scosse la testa, incredulo. «Se neppure gli sceriffi riescono più a starci dietro, vuol dire che non c'è forza a sufficienza. È ovvio che bisogna fondare una specie di ronda di quartiere, ingaggiando gli uomini del posto.» Coleman emise un sospiro. «Per la maggior parte, questi uomini non sanno neanche leggere, figuriamoci poi riflettere per fare la cosa giusta. Sarebbe come invitare una mandria di stalloni selvatici in una stalla e chiedere loro di mettersi in fila per lasciarsi sellare. Credetemi, ho cercato più di una volta di ingaggiare degli uomini. L'unica cosa a cui tengono è la loro pelle.» «Allora ci toccherà trovare uomini migliori.» Matthew piegò e stese la mano, cercando di allentare il dolore. «Anche se prima, forse, dovrei investire in una pistola. Quanto può costare una pistola, comunque?» «Matthew.» Il padre gli appoggiò una mano sul braccio. «Non puoi prendere la giustizia nelle tue mani in questo modo. È un'idea che ti farà arrestare. O, ancora peggio, uccidere.» Si avvicinò al padre. «Per come la vedo io, sono già in ceppi. Se devo morire, voglio che sia alle mie condizioni, papà, non alle loro. Non so cosa diavolo va fatto qui, ma di certo non lo farò restando seduto su una cassetta piena di ciò che è rimasto del tuo dannato giornale.» I tratti del viso del padre parvero crollare all'improvviso. Il vecchio lo lasciò andare con un mezzo cenno di assenso, poi gli passò accanto per uscire dalla stanza. Rendendosi conto di essere stato stupido e rozzo, Matthew lo richiamò indietro. «Scusami, papà, non volevo dirlo.» «Ma io me lo merito» replicò il padre. «Davvero.» 18
«No, tu...» Si passò una mano sul viso, incontrò sotto le dita la benda di pelle. Dio! La sua vita era tutta un disastro. «Una buona pistola costa dai dieci ai quindici dollari» lo informò intanto Coleman. «Senza contare le munizioni di cui avresti bisogno.» Matthew rabbrividì. «Sono già al verde, non posso permettermela.» «Io non ho mica comprato la mia.» Lui spostò la testa per poterlo guardare meglio. «Cosa vuoi dire? Dove l'hai presa?» Un sopracciglio si sollevò sul volto di Coleman. «Sei davvero tanto ingenuo?» Un sussulto gli salì alle labbra. «Stai dicendo che l'hai rubata?» Per tutta risposta, Coleman gli si avvicinò, gli appoggiò una mano sulla spalla e si chinò verso di lui. «È un furto, Milton, solo se lo fai per il tuo profitto e se non restituisci il maltolto. Hai idea di quanta gente io abbia salvato con questa pistola? Ho perso il conto. E dubito che Iddio voglia punirmi per quello che ho fatto. Se vuoi una pistola, te ne troveremo una. Una buona.» Matthew sostenne il suo sguardo. Per quanto folle, quell'uomo aveva in mente qualcosa di grosso. Qualcosa che, Matthew ne era certo, avrebbe cambiato non soltanto la sua vita, ma anche quella di tanti altri.
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1 L'ispettore riferisce della morte di centodiciotto persone nel corso di questa settimana. Trentuno uomini, ventiquattro donne e sessantatré bambini. da The Truth Teller, giornale newyorkese per gentiluomini.
Otto anni dopo New York City – Squeeze Gut Alley, sera Al rumore di zoccoli in lontananza lungo la strada di terra battuta, oltre la luce fioca dei lampioni, Matthew sollevò di colpo una mano per fare un cenno ai suoi uomini, che si erano nascosti in silenzio dall'altro lato della strada. I cinque che aveva scelto da un gruppo di quaranta si divisero in maniera strategica, uno a uno, arretrando nell'ombra di strette porticine. Gli occhi ancora fissi sulla strada, Matthew estrasse entrambe le pistole dal cinturone di pelle e a sua volta si ritrasse nelle tenebre accanto a Coleman, prima di sussurrare con un sibilo adirato: «Dove diavolo è Royce?». Per tutta risposta, Coleman si chinò verso di lui e bisbigliò a sua volta: «Sai bene che quel bastardo obbedisce soltanto ai suoi ordini». «Già. Be', tra poco insegneremo a quel mezzo sceriffo senza nome come fare il suo lavoro. Di nuovo.» «Andiamo, Milton, non scalpitare. Non abbiamo ancora 20
niente. Siamo appostati fuori da un bordello dove non si fanno più affari, e per la maggior parte, i nostri informatori valgono meno del fango che imbratta le strade.» «Ti sono grato per avere sottolineato ancora una volta l'ovvio, Coleman.» Entrambi tacquero. Un movimento annunciò l'arrivo di un carro di legno, che si fermò vicino al marciapiede, trainato da un unico ronzino spelacchiato. Un omaccione conduceva il carro, la testa coperta da un sacco di lana in cui erano stati aperti grossolanamente due fori per gli occhi. L'uomo balzò giù dal carro, sistemandosi il sacco sulla testa, si guardò intorno, poi estrasse un coltellaccio da macellaio e raggiunse in fretta il retro del carro. La giustizia stava per arrivare a Five Points. Già, perché se quella scena non era abbastanza nefanda, Matthew non aveva idea di cosa potesse esserlo. Puntando entrambe le pistole alla testa dell'uomo, uscì dalle tenebre e si diresse per la strada verso di lui. «Ehi, tu, lascia cadere il coltello. Adesso.» L'uomo raggelò mentre Coleman, Andrews, Cassidy, Kerner, Bryson e Plunkett uscivano a loro volta dalle tenebre e lo circondavano, ognuno puntandogli addosso una pistola. Si girò verso Matthew, gettando a terra con gran clangore il coltello, poi sollevò le mani nude. «Consegno avena. Non potete spararmi per questo.» Dall'accento stretto, si sarebbe detto inglese. Cassidy si spostò verso il retro del carro. Il suo viso sfregiato fu illuminato per un istante dal tenue chiarore del lampione a gas prima di scomparire di nuovo nelle tenebre, mentre si muoveva con passo pesante verso l'uomo. «Avena un accidenti. Voi inglesi pensate sempre di essere al di sopra della legge. Più o meno come l'inglese che ha avuto il coraggio di tagliarmi la faccia.» Si fermò davanti all'uomo, gli strappò dalla testa il sacco di lana e lo gettò da un lato, scoprendo una testa quasi del tutto calva e due occhietti tondi e 21
luccicanti. Caricò la pistola con un minaccioso rumore metallico e ruggì: «Io propongo di farlo fuori e di mandare un messaggio in Inghilterra». Matthew dovette resistere alla tentazione di balzare su Cassidy per assestargli un manrovescio. Era quello che succedeva quando un irlandese lasciava che la giustizia gli ribollisse troppo nel sangue. Finiva col combattere contro tutti. E male ne incorreva a chi, per sua sfortuna, aveva avuto anche il destino di nascere inglese. Se non fosse stato per il fatto che Cassidy si era dedicato anima e corpo alla causa e l'avrebbe difesa con le unghie e coi denti fino alla fine, Matthew lo avrebbe scaraventato fuori già da tempo. Avvicinandoglisi di più, gli parlò con voce dura. «L'Inghilterra non c'entra niente, e tanto meno la tua faccia, quindi datti una calmata. Non ci servono né cadaveri, né sceriffi, da queste parti.» Cassidy rispose con un sibilo sprezzante, ma si astenne dal replicare. «Controllate i barili» ordinò intanto Matthew agli altri. Coleman rinfoderò le pistole e corse verso il carro, salendo sul retro con un agile balzo delle lunghe gambe. Poi forzò il coperchio dei barili che vi erano stati caricati e lo gettò da parte. Dopo averne controllato il contenuto, infine, sollevò il viso, mostrando agli altri un'espressione torva. «Sono qui dentro.» Matthew si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Intanto Coleman si chinò su entrambi i barili, vi infilò le mani e ne sollevò una ragazzina di non più di sette o otto anni, legata e imbavagliata, e poi un'altra bambina di circa la stessa età. Le depose entrambe a terra, sui piedi nudi, e con un rasoio tagliò le corde che le immobilizzavano e le liberò dei bavagli. Singhiozzi soffocati salirono alle labbra delle bambine, che si slanciarono una tra le braccia dell'altra. I vestiti sghembi che indossavano erano stati cuciti alla buona e di sicuro 22
non erano gli stessi che avevano indossato quando erano state sottratte all'orfanotrofio. Matthew si sentì serrare la gola dall'emozione. Sapeva che se non fosse stato per l'interferenza sua e dei suoi uomini, quelle ragazzine, che erano scomparse dall'istituto all'inizio della settimana, sarebbero state vendute a un bordello. Si infilò le pistole nella cintura, quindi si rivolse al tizio calvo. «Legate questo delinquente, prima che lo faccia io.» Ma l'uomo schizzò oltre Kerner e Plunkett, correndo lungo la strada. Dannazione! Tutti i muscoli di Matthew reagirono d'istinto mentre si slanciava alla rincorsa dell'uomo, cercando di non perderlo di vista con l'unico occhio buono. «Ti avevo detto che avremmo dovuto ammazzarlo!» gridò Cassidy dietro di lui. «A che servono le pistole, se non le usiamo mai?» «Muovetevi! Tutti!» sbraitò Matthew correndo più veloce. «Sparpagliatevi! Coleman, tu resta con le bambine!» Poi tornò a concentrarsi sulla figura che era già arrivata a metà della strada tenebrosa, le cui grosse gambe sollevavano schizzi di fango mentre il soprabito ondeggiava al vento. Matthew accelerò il più possibile, seguendolo nell'oscurità. Alla luce fioca della luna e dei pochi lampioni, lo vide girarsi più volte verso di lui, rallentando sempre di più il passo mentre il respiro gli si faceva affannoso. Non doveva essere abituato a correre. Quel tipo era abituato a viaggiare sul carro. E fu grazie a questo che Matthew, che invece correva per vivere, pose fine alla sua illusione di fuggire. Coprendo la distanza che ancora li separava, un passo prima di un vicolo che si apriva tra due edifici, raggiunse il delinquente e lo afferrò per la collottola. Serrando i denti per lo sforzo, si scagliò con tutta la forza contro di lui, lo scaraventò a terra e gli si gettò addosso, ingaggiando un duro combattimento nel fango e nella mota. 23
Mentre rotolavano avvinghiati, Matthew cercò di sfruttare il suo peso per restargli sopra. E dato che il suo avversario cercava di colpirlo alla cieca, gli immobilizzò la gola con un braccio e lo percosse con forza disumana alla testa, facendogliela rimbalzare nel fango. «Resta a terra, bastardo! Resta a terra, se non vuoi che ti...» «Ce l'abbiamo!» lo interruppe Bryson, affondando un ginocchio nella gola dell'uomo. Soltanto allora Matthew si tirò in piedi. Mosse qualche passo barcollante all'indietro, ansimando, mentre il fango gli scivolava lungo le braccia e le gambe. Cassidy li raggiunse in quel momento, spruzzando altro fango mentre allontanava con uno strattone il ginocchio di Bryson dal corpo del malcapitato. «Vi mostro io come si fanno le cose in Irlanda.» Quindi lo sollevò senza sforzo dal fango e gli serrò un braccio intorno alla gola, minacciando di soffocarlo. Bryson gli si avvicinò con la corda. Una volta che gli ebbero legato saldamente le braccia lungo i fianchi, Kerner lo spinse in avanti e, con un ruggito, gli sferrò un montante nello stomaco. «Questo è per ogni bambina che hai toccato, carogna!» Quindi ritrasse il braccio e lo colpì di nuovo, facendolo sussultare e barcollare. «Pensi davvero di potere...» Kerner prese la rincorsa e lo colpì con un pugno potente in piena faccia. «Kerner!» tuonò Matthew. Kerner arretrò di un passo e piroettò su se stesso per allontanarsi. Il petto gli si sollevava pesantemente a ogni respiro. Matthew deglutì, cercando di placare il ritmo impazzito del suo stesso cuore. Nonostante il rimprovero, sapeva bene che Kerner, che sei anni prima aveva perso la figlioletta di dodici anni in seguito a uno stupro e a un brutale assassinio proprio lungo quella stessa strada, si stava mantenendo fin troppo calmo, vista la situazione. Era triste constatarlo, ma era proprio il radicato bisogno di 24
rimediare ai torti subiti che li aveva portati ad agire insieme. Il dolore degli altri uomini era diventato il suo dolore. Tutti combattevano con rabbia. «So che per te non è facile, Kerner. Respira.» L'altro si asciugò il viso barbuto con una mano tremante. «Sì. Mi dispiace.» Soltanto in quel momento parve risvegliarsi dal trance. «Occupatevi delle bambine. Con tutta probabilità, Coleman le starà spaventando a morte.» «Ah, lascia in pace quel poveretto. Non è rude come vuole apparire.» Matthew si liberò alla meglio del fango che gli copriva le mani e tornò di corsa verso il carro. «Lo abbiamo preso» informò Coleman, che se ne stava appoggiato al carro in attesa del verdetto. Un sospiro sollevato gli salì alle labbra. «Bene.» Matthew gli si avvicinò e si protese a osservare la scena nel retro del carro. Per fortuna nessuna delle due piccine scalze piangeva più, ma se ne stavano entrambe rannicchiate contro i barili, stringendosi l'una all'altra. Coleman le indicò con la mano. «Forse dovresti occupartene tu. Non mi sembra che abbiano un debole per me. O per le mie storie.» C'era solo da augurarsi che non avesse raccontato alle bambine le storie sbagliate. Pulendosi le mani infangate sulla camicia, Matthew le protese verso le due e le incoraggiò con dolcezza. «Siamo tutti qui per aiutarvi. Io mi chiamo Matthew e questo signore accanto a voi è Edward. E adesso, voglio che facciate le brave e che non badiate al fango e alla benda sull'occhio. So che fa paura, ma pensate di essere abbastanza coraggiose da fidarvi di me? Soltanto per questa volta?» Le bambine lo fissarono mute, sempre stringendosi una all'altra. Matthew lasciò ricadere le mani e sorrise, augurandosi di conquistarle. «Ditemi cosa volete che faccia e lo farò» promise. «Volete che faccia la scimmia? Le scimmie orbe sono il 25
mio forte, sapete? Chiedete a chi volete.» Si grattò la testa con le dita e incominciò a fare versi: «Ooh, ooh, eee, eee, aah, aah». Coleman si chinò verso le bimbe. «Io so fare la scimmia meglio di lui. Guardate questo.» E slanciò per aria le lunghe braccia muscolose, agitandole verso di loro. Le bambine si precipitarono lontano da lui, facendo ondeggiare le lunghe trecce scure mentre si gettavano tra le braccia di Matthew e lo abbracciavano stretto, decidendo all'unisono che rappresentava una scelta migliore di Coleman. Lui soffocò un sorrisetto. Buon vecchio Coleman. Si poteva sempre contare su di lui, affinché spaventasse a morte chiunque per indurlo a collaborare. Con un sorriso, sollevò entrambe le mani. «Non dovete essere spaventate. Questo signore sta solo facendo lo stupido per divertirvi. E adesso venite qui, datemi la mano.» Le bambine gli si fermarono davanti, ognuna afferrando una delle mani che lui protendeva, anche se continuavano a tenersi strette una all'altra. Finalmente quelle manine fredde si adagiarono nelle sue. Matthew le strinse con dolcezza, cercando di trasmettere calore e sostegno, poi si chinò verso di loro per bisbigliare: «Vi ringrazio per essere così coraggiose. So che è stato molto difficile. E adesso ditemi: siete pronte a tornare da Suor Catherine? Non avete idea di quanto sia stata in pena». Con suo sommo stupore, le bambine gli gettarono le braccia al collo, appoggiandogli le testoline contro il petto e incominciarono a piangere disperate. Lui le cullò tra le braccia, sorpreso di quanto fossero leggere, poi le sollevò, appoggiandole sui fianchi ma facendo in modo che non toccassero le pistole. In lontananza si udiva il trotto di un cavallo che si dirigeva verso di loro. Le bambine serrarono la presa intorno alle sue spalle mentre Matthew si girava in direzione di quel suono. Il lampione a gas alle sue spalle assomigliava a un alone 26
giallastro che fluttuava sinistro in lontananza. Il trotto regolare degli zoccoli sulla terra battuta si avvicinava sempre di più, finché apparve la sagoma di un uomo in divisa militare con una spada appesa al fianco. Lo sceriffo Royce. Quel bastardo. Si faceva vivo soltanto adesso. Matthew guardò le ragazzine e le incoraggiò. «Questo signore avrebbe dovuto prestarci assistenza, ma il sindaco non gli ha permesso di uscire di casa in tempo per giocare. Il sindaco è sua madre, sapete? E nessuno dei due fa abbastanza per questa città. Fate in modo di ricordarlo, quando alle donne sarà concesso il diritto di voto.» Il cavallo nitrì mentre si fermava accanto a loro. «Vi ho sentito» tuonò la voce di Royce dall'alto. Il suo viso era adombrato. «Perché non dite anche a queste signorine che sono disposto a guardare dall'altra parte ogniqualvolta commettete qualcosa di illegale?» Matthew lo fulminò con lo sguardo. «E voi perché non mi offrite il vostro cavallo per darmi la possibilità di riportarle a casa?» Royce agitò una mano guantata e ingiunse: «Ho avuto una serata lunga e ci è mancato poco che mi tagliassero la gola. Perché diavolo credete che sia in ritardo, altrimenti? Consegnatemele e le riporterò a casa io stesso». Le braccia delle piccole si strinsero intorno al collo di Matthew mentre nuovi singhiozzi salivano loro alle labbra. Matthew rafforzò la presa sui corpicini. «Sapete, Royce, non credo che vi prema a sufficienza da rendervene conto, ma queste bambine ne hanno già passate abbastanza, senza che adesso debbano anche sentire parlare di gole tagliate. Dunque abbassate la voce e scendete da cavallo. Le riporto indietro io, è chiaro?» Royce esitò, esalò un sospiro e, con un giro di gamba, balzò giù di sella e piombò a terra con un tonfo. Si infilò una mano nella tasca e ne estrasse una banconota da cinque dolla27
ri. «Prendetela per pagare i vostri conti» propose a malincuore. «Ho sentito dire che avete rubato un altro carico di pistole. Sappiate soltanto che la prossima volta che lo fate durante uno dei miei turni, dovrò mandare voi e i vostri Quaranta Ladroni nella prigione di Sing Sing. E credetemi, gli ospiti di quel penitenziario non hanno nessuna voglia di cantare, laggiù.» Per quel verme era una fortuna che Matthew tenesse in braccio le due bambine. «Non mi servono i vostri soldi, dateli all'orfanotrofio. Hanno un dannato bisogno di nuovi serramenti alle porte.» «Rifiutate denaro da me, eppure non avete remore a rubare» osservò Royce scuotendo la testa mentre abbassava la banconota. «Il vostro orgoglio vi farà finire impiccato, un giorno di questi.» «Può darsi, ma per il momento non è successo.»
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