Grs176s orgoglio e sospetti

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KASEY MICHAELS

Orgoglio e sospetti


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: What an Earl Wants HQN Books © 2012 Kathryn Seidick Traduzione di Elisabetta Lavarello Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special luglio 2013 Questo volume è stato stampato nel giugno 2013 presso ELCOGRAF S.p.A. stabilimento di Cles (TN) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 176 del 3/07/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo Kent, Inghilterra 1789 Il terreno, nella tenuta dei Saltwood, sembrava adeguato allo scopo. Un corridoio di prato ben falciato, tra due filari di alberi i cui rami si univano in alto formando un suggestivo baldacchino. O lo avrebbero formato se fosse stata estate, ma era pieno inverno e, nella tenue luce che precedeva l'alba, l'aria era fredda come il capezzolo di una strega. Non più fredda, tuttavia, del cuore dell'uomo che in quel momento stava contemplando la scena, anche se il suo aspetto avrebbe potuto indurre un casuale osservatore a giudicarlo solo uno scervellato damerino. «Non vi pare, Burke, che dovrebbe esserci una foschia ad attorcigliarsi tra le nostre gambe? Sì, ne sono persuaso. Tutti i migliori duelli antelucani si svolgono tra esili spire di bruma. Avrei pensato fosse indispensabile. Mi reggete la cappa, ovviamente?» Barry Redgrave, diciassettesimo Conte di Saltwood, sollevò le braccia e lasciò scivolare dalle spalle il mantello foderato di prezioso zibellino; poi rise quando il suo uomo di fiducia si lanciò in avanti, inorridito, per afferrare il magnifico indumento prima che potesse toccare terra. 5


«Ah, ben fatto, Burke. I miei complimenti.» Privo della pesante cappa, il conte si rivelò non solo un elegante aristocratico, ma anche un uomo di straordinario bell'aspetto, malgrado l'espressione dura degli occhi blu. Il suo umorismo sembrava incapace di raggiungerli. «Avete passato metà della notte a bere, milord. Dovreste rimandare» implorò Burke, reggendo a fatica la cappa e la pesante cassetta in legno di rosa che conteneva le pistole da duello dei Saltwood. «Dovrei, Burke?» Il conte si tolse il cappello a tricorno con la piuma lilla, lo posizionò sulla testa di Burke con un'angolazione spavalda, poi discretamente si aggiustò la parrucca candida. «Perché? A causa dell'assenza di nebbia? Per la miseria, allora è obbligatoria?» «Non credo, milord, no. Intendevo dire solo che potreste essere un po'... stordito.» L'uomo sospirò. «Non solo un po', Burke» ammise il conte, anche se a un tratto sembrava sorprendentemente sobrio. «Sparo meglio quando sono alticcio. Ma, se vi può rassicurare, prometto che se vedrò tre figure mirerò prudentemente a quella nel mezzo. Tuttavia, se dovesse verificarsi l'inimmaginabile, sapete cosa fare.» «Sì, milord.» Burke fu scosso da un tremito. «Tutto andrà al Guardiano, il quale saprà cosa fare.» «E fatemi bello, Burke, vi raccomando. Scegliete bene le fanciulle che si prenderanno cura del mio corpo, o tornerò a tormentarvi dall'aldilà» minacciò Sua Signoria. Poi scoppiò a ridere vedendo l'espressione inorridita dell'altro. «Non morirò, donnicciola che siete. Io non morirò mai. Satana protegge i suoi seguaci. E ora ditemi, come vi pare il nostro importuno francese? Sta tremando nei suoi stivali, spero, dato che la mia reputazione sicuramente mi precede.» 6


Burke azzardò un'occhiata verso la semplice carrozza nera, accanto alla quale il cerusico stava conversando con un uomo alto e il suo secondo. «Non mi pare, no, sir. Piuttosto, sembra determinato. Sarei negligente se mancassi di menzionare che è mio dovere dissuadervi dal duellare. Potrei trattare una pace con il secondo dell'avversario, una pace che sia accettabile per ambedue le parti.» «Uno spreco di fiato che sarebbe meglio impiegaste per raffreddare il vostro porridge una volta che avremo finito qui, Burke. Non esiste altra accettabile soluzione al di fuori di quella che è già stata decisa. L'uomo ha fornicato con la mia signora moglie.» «Non è stato il solo, milord.» Burke sospirò di nuovo. «Chiedo venia, non volevo offendere.» «Nessuna offesa, mio buon uomo.» Il conte estrasse un candido fazzoletto di lino dal polsino di pizzo prima di premerselo delicatamente sull'angolo destro della bocca, per non toccare il neo posticcio a forma di stella che portava alla sinistra. «Maribel ha visto più uccelli di tre generazioni di passere. Con il mio espresso incoraggiamento, lo ammetto, anche se ci tengo a far notare che con questo francese mi ha sfidato. In ogni caso, la sua perfidia serve solo come conveniente scusa.» «Sir?» «Ah, perdonatemi. Non sono stato abbastanza chiaro, Burke? Mi è diventato evidente, per ragioni con cui non vi tedierò al momento, che il mio avversario deve cessare di tirare il fiato entro un quarto d'ora al massimo.» Il conte rimise a posto il fazzoletto e aggiustò i polsini prima di lisciare il velluto lilla della finanziera, poi portò in avanti il piede destro per ammirare la discreta lucentezza delle brache di raso agli ultimi raggi della luna. «Lo trovate eccessivo, Burke? Questo abbi7


gliamento, intendo. Non volevo apparire sciatto, ma potrei costituire un bersaglio più nitido con questo dannato chiaro di luna. Ebbene, non ha più importanza ormai. Procediamo?» «Se non c'è altro modo.» La mascella del conte si contrasse mentre si portava una mano allo spillone d'oro a forma di rosa che era appuntato nel pizzo spumeggiante della sua cravatta. «Probabilmente esiste una pletora di altri modi, ma io ho scelto questo. Concedendo magnanimamente all'infame creatura una morte onorevole. Omicidio civilizzato, se volete, con regole sancite dall'uomo. E, ovviamente, una bella lezione per la mia signora moglie, quando trascinerò il corpo insanguinato del suo amante nelle sue stanze, gettandoglielo ai piedi. Vi prego, concedete al mio avversario fornicatore la scelta delle armi.» Burke eseguì, e in breve tempo si trovò in piedi accanto al cerusico e all'altro secondo, a guardare i due avversari stare eretti schiena contro schiena, le pistole sollevate all'altezza delle spalle, pronti per il duello. Il conte appariva a proprio agio, quasi sorridente. Il francese, a mento alto, era pallido ma determinato, come se si rendesse conto che stava per morire. Sì, pensò Burke, un omicidio civilizzato. Quasi un'esecuzione. Il conte stesso iniziò a contare i passi prima che i due duellanti potessero fermarsi, voltarsi e sparare. «Otto... nove... dieci.» Burke chiuse gli occhi, e li riaprì solo quando un singolo colpo lacerò la quiete dell'alba, facendo partire un volo di uccelli. I due uomini erano uno di fronte all'altro sulla striscia di erba invernale ingiallita, con il braccio destro teso, la pistola puntata. Impietriti, come statue. 8


Poi il conte si girò con una certa rigidità, quasi stesse cercando qualcosa, e Burke guardò verso il filare opposto di alberi, dove una figura con un mantello nero stava eretta, testa e spalle velate di fumo azzurrino. «Ah, questa non me l'aspettavo proprio...» disse il Conte di Saltwood, un istante prima di cadere in ginocchio e di stramazzare in avanti. Morto.

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1 Londra, Inghilterra 1810 Gideon Redgrave, diciottesimo Conte di Saltwood, si mise in posa sulla soglia della casa di Jermyn Street, come un figurino vivente del Journal des Dames et des Modes. Nemmeno un battito di palpebra tradiva il fatto che aveva bussato alla porta del numero quarantasette senza sapere che stava per entrare in una casa da gioco. Il suo assistente avrebbe risposto di quell'omissione, alla prima occasione. Al conte non piacevano le sorprese. Permise alla deferente cameriera di prendergli cappello, guanti e bastone, poi si sfilò il mantello da sera, guardando la ragazza drappeggiarselo con cura su un braccio. Si tolse di tasca una moneta d'oro e la tenne davanti agli occhi sgranati di lei. Una moneta di rame sarebbe bastata, ma Gideon Redgrave riteneva che l'oro fosse un investimento che avrebbe dato i suoi frutti quando gli indumenti gli sarebbero stati restituiti immacolati come quando li aveva consegnati, piuttosto che avere la sgradita sorpresa di scoprire che erano usciti dalla porta in sua assenza. «È vostra, se le mie cose mi verranno restituite in buono stato quando me ne andrò» le disse, e la came10


riera annuĂŹ con vigore prima di allontanarsi in fretta. Il conte riprese la propria posa, una posa intesa ad avere gli occhi di tutti su di sĂŠ, mentre valutava furtivamente l'ambiente. Sapeva che il suo aspetto era tale da suscitare invidia e allo stesso tempo incutere soggezione. Il taglio superbo della marsina blu accentuava la candida perfezione del panciotto di broccato, mettendo in evidenza il suo fisico sorprendentemente atletico, le sue spalle larghe, il ventre piatto, la vita sottile. Pantaloni di daino aderivano alle lunghe gambe muscolose, terminando al polpaccio, sopra le calze di seta e le scarpe da sera di vernice nera a tacco basso. A parte il nastrino di grosgrain nero che portava al collo e al quale era attaccato il monocolo, il suo unico ornamento era la piccola rosa d'oro in boccio appuntata tra le pieghe della cravatta dal nodo elaborato. Quello spillone era un vezzo recente, ed era stato oggetto di commenti in alcuni ambienti, ma finora nessuno si era azzardato a farne cenno con Sua Signoria. Folti capelli neri come la notte gli ricadevano un po' lunghi sulla fronte in onde naturali che altri gentiluomini cercavano di imitare con l'aiuto di valletti e ferri per ricci. Tracce della madre spagnola si potevano vedere nel naso aquilino che lo salvava da un'eccessiva bellezza, nell'inaspettata pienezza della bocca, nella luce sensuale degli occhi scuri. C'era una vitalitĂ in lui che gli abiti raffinati non riuscivano a celare. In una parola, il diciottesimo Conte di Saltwood si poteva definire formidabile. Se le parole erano due, e il giudizio era dato dalla popolazione femminile, era divinamente irresistibile. Quando venne notato, e non poteva non essere notato, parecchi degli uomini che lo avevano riconosciuto si resero prudentemente conto di avere faccende pres11


santi altrove e lasciarono la stanza con una certa fretta. Le conversazioni si interruppero bruscamente. Le mani si fermarono nell'atto di mescolare carte o di ritirare fiches. Solo i più audaci tra i giocatori si girarono sulla sedia per godersi la scena. Un'assistente ai tavoli, termine da intendersi in senso lato data la moralità delle femmine della sala, si inumidì le labbra. Diede la sua sorridente approvazione al rigonfiamento, impossibile da nascondere, tra le cosce del gentiluomo e fece un passo avanti, abbassando un po' la già ampia scollatura dell'abito rosso ciliegia, prima di essere afferrata per un gomito e tirata indietro in fretta. «Per l'amor del cielo, Mildred, controllati. Non è qui per questo.» Gideon Redgrave estrasse il monocolo cerchiato d'oro dal taschino del panciotto, se lo portò a un occhio e lentamente esaminò la sala sorprendentemente pulita e bene illuminata, anche se modesta, prima di soffermare lo sguardo sulla donna che aveva appena parlato. Lei venne verso di lui con passo deciso, una luce di sfida negli occhi del colore ambrato dello sherry. Il suo bel mento era sollevato come se uno squillo di tromba avesse dato inizio alla battaglia, ma davanti a lui si fermò, sorrise e si inchinò in una beffarda riverenza. «Lord Saltwood» intonò, la voce bassa un po' roca, come se stesse sussurrando parole audaci nell'intimità di un boudoir. «Vi stavo aspettando. Preferite un chiarimento pubblico delle nostre divergenze, o gradite che ci ritiriamo nel mio appartamento?» Era... magnifica. A Gideon non veniva in mente un altro termine. Più alta della media, era snella fino a rasentare la magrezza, eppure formosa nei punti giusti. I suoi capelli fiammeggianti risaltavano contro il nero del severo abito a collo alto e l'avorio della pelle. Gli 12


occhi erano ironici, la bocca grande, voluttuosa... ed esperta. Nessun uomo sano di mente avrebbe potuto guardarla senza immaginarsi ad affondare le dita in quella massa tiepida di ricci che le cadevano sulle spalle, a insinuansi tra le sue cosce mentre lei gli cingeva i fianchi con le gambe. Cosa che, date le circostanze, sarebbe stata una totale follia. Gideon dilatò impercettibilmente gli occhi, quel tanto che bastò a far cadere il monocolo. Lo afferrò abilmente per il nastro e lo rimise nel taschino. «Avete un vantaggio su di me, madame. Voi sareste...?» «Voi chi pensate che io sia, milord?» ribatté lei pronta. «E ora che la vostra espressione arcigna ha irrimediabilmente rovinato quella che si prospettava come una serata proficua, vogliate seguirmi.» Si voltò bruscamente, e un profumo dolce di lavanda gli solleticò le narici quando la chioma fulva, che appariva quasi troppo pesante per il suo collo esile, svolazzò nella piroetta. Il suo abito castigato, di un rigido taffetà che formava uno strano contrasto con la massa ribelle di ricci, frusciava a ogni passo. «Un attimo! Dove credete di...?» Lei alzò una mano per interrompere l'uomo grassoccio dai capelli grigi che si era alzato dal tavolo del Faro, gli occhi fissi sul conte come se stesse valutando quante probabilità aveva di metterlo fuori combattimento. Anche se tali probabilità erano chiaramente esigue, raddrizzò le spalle, pronto a fare del suo meglio se richiesto. «Continuate pure, Richard, ve ne prego. Va tutto bene.» «Sì, Richard, non abbiate timori» ribadì Gideon, mentre seguiva la donna tra la calca di clienti che si erano scostati per aprire loro un varco. «La virtù della vostra padrona è al sicuro con me.» 13


Un giovanotto, che sembrava appena arrivato dalla campagna e ovviamente aveva più capelli che cervello, osò ridacchiare a quell'osservazione. «C'è virtù qui? Perbacco, non sarei venuto se lo avessi saputo.» «Piantatela, Figgins» lo avvertì l'amico che gli stava seduto accanto, evitando a Gideon il fastidio di doversi voltare per incenerire con un'occhiata il cucciolo impudente. «Non sapete chi è? Quell'uomo è un Redgrave, santo cielo! Sputa più lontano di voi.» Gideon trattenne un sorriso. Non aveva mai sentito quell'espressione. Ma a volte era conveniente che la sua reputazione lo precedesse; gli rendeva molto più facile la vita. Riprese a camminare quando si rese conto che la donna s'era fermata davanti a una porta, in attesa che lui gliela aprisse. Le piaceva atteggiarsi a gran dama, a quanto pareva, come si evinceva dal severo abito nero e dalla postura eretta. Peccato per lei che i suoi capelli e gli occhi e la bocca... e quella voce... la smentissero. «Oh, vi prego, lasciate fare a me» ironizzò Gideon, facendole cenno di precederlo mentre alzava il saliscendi. Poi la seguì su per una lunga rampa che, sorprendentemente, partiva subito oltre l'uscio. La scala era stretta e illuminata appena a sufficienza da consentirgli di godersi l'oscillare dei fianchi di lei. Saliva davanti a lui reggendo le rigide gonne, facendogli intravedere uno stuzzicante bagliore di caviglie snelle. Ah... e un accenno di polpaccio. Adorabile. Quella donna pareva una contraddizione dopo l'altra. Era abbottonata fino al mento, eppure portava frivole scarpette di raso col tacco d'argento. Lui riusciva a immaginarsi a sfilargliele coi denti, per poi abbassarle le calze, ma solo un poco, perché gli piaceva la sensazione delle gambe fasciate di seta sulla schiena... Fu costretto a reggersi al corrimano quando lei si 14


fermò ed estrasse una chiave da una tasca per infilarla nella serratura. S'era interrogato su quel facile accesso alla scala, e su quante volte nel corso di una serata quei gradini venissero calcati dalle donne e dai loro clienti. Come se gli avesse letto nel pensiero, lei entrò nell'appartamento, facendogli cenno di chiudersi la porta alle spalle. «Nessuno è ammesso quassù. Non verremo disturbati. Gradite del vino o veniamo subito al dunque?» «Al dunque in che senso, madame? Ero convinto di recarmi in una residenza privata per un colloquio. Vedendo cosa avviene in questa casa, le possibilità si sono moltiplicate. Non che non sia tentato.» Lei prese un lucignolo e si mosse per la stanza, accendendo le candele. «Lusingate voi stesso, milord, e insultate me. Non ho un bisogno così disperato di fondi. Diamo le carte, qui, nient'altro.» Gideon si sistemò su una seggiola, decidendo che lei poteva restare in piedi, se così voleva, ma lui si sarebbe messo comodo. I Redgrave si mettevano sempre comodi; e più comodi apparivano, più in guardia sarebbero dovuti stare i loro interlocutori. «Potreste spiegarlo a... Mildred, si chiamava?» suggerì amichevolmente. Fece del proprio meglio per non battere ciglio quando lei sfilò i piedi dalle scarpine col tacco d'argento e le spinse sotto un tavolo come se fosse sollevata di essersene liberata. «Non ho la presunzione di controllare il mondo, milord, soltanto la piccola porzione che sta sotto questo tetto. Mildred e le altre possono fare ciò che vogliono, fuori da questo locale.» «Molto... civilizzato. Quindi, una bisca, ma non un bordello. Una linea sottile fra l'indecoroso e il malfamato. Devo applaudire?» Lei gli lanciò un'occhiata dura; poi alzò le braccia e 15


abilmente attorcigliò la pesante chioma in un nodo alto sulla testa, prima di avvicinarsi a un tavolino dove era posata una caraffa di vino. «Non mi importa granché del vostro giudizio, milord» disse, versando un po' del liquido ambrato in un bicchiere prima di girarsi ad affrontarlo. «Purché mi lasciate la custodia di mio fratello.» «Oh sì, Miss Collier, la richiesta presentatami dal vostro legale. Una richiesta assolutamente sensata, a mio modo di vedere. È evidente che questo è un luogo adatto per un ragazzo.» Lei ignorò il sarcasmo. «Il mio nome è Linden, milord. Mrs. Linden. Sono vedova.» Gideon non riuscì a trattenere il sorriso, questa volta. «Certo che lo siete. Una vedova rispettabile. Le mie scuse.» «Potete prendere le vostre scuse, milord, e ficcarvele in... un orecchio.» Gli voltò le spalle, portandosi il bicchiere alle labbra. Non assaggiò, bevve. Lui si accorse che le tremava leggermente la mano mentre posava il bicchiere vuoto sul tavolino. Aveva bevuto per farsi coraggio, era chiaro. Quasi gli dispiacque per lei. Quasi. Ma poi lei tornò a girarsi verso di lui, gli occhi scintillanti alla luce delle candele. «Siamo partiti col piede sbagliato, non trovate? Siete sicuro di non volere un bicchiere di vino?» «Una signora non dovrebbe bere da sola, suppongo.» Gideon si alzò e si servì. Il vino si rivelò insospettabilmente buono, mentre lui se l'era aspettato acido e dozzinale. «Avete un nome di battesimo, madame?» La domanda parve sorprenderla. «Perché volete sa... Sì. Sì, ce l'ho. Jessica.» «Preferibile sia a Linden sia a Collier. Molto bene. Le mie condoglianze per la vostra recente perdita, Jes16


sica. Sono stato scortese nel non farvele subito.» «La morte di mio padre non significa molto per me, milord, dato che eravamo ormai lontani da anni. Ma grazie. Vorrei solo riallacciare i rapporti con mio fratello.» «Fratellastro» precisò Gideon. «Figlio di vostro padre e della vostra matrigna, anch'essa sfortunatamente deceduta. Non avete domande riguardo all'increscioso evento?» Jessica si strinse nelle spalle. «No. Dovrei? Quando lessi della loro morte sul Times, si accennava a un incidente di carrozza. Sono soltanto lieta che Adam fosse lontano, a scuola, e non a bordo con loro.» «E va bene.» Gideon la scrutò. «Resta la questione di un patrimonio piuttosto cospicuo, per non parlare della tenuta di famiglia nel Sussex. Tutto in amministrazione fiduciaria a favore del vostro fratellastro, il quale viveva con i genitori.» «Neanche questo mi interessa. Mi mantengo da sola.» «È chiaro» disse Gideon, lanciando un'occhiata alla stanza semplicemente arredata. «Rende imbrogliare giovanotti venuti a divertirsi in città, vero?» «Noi non imbrogliamo nessuno, milord. Non permettiamo che si bari, qui dentro. E se vediamo qualche sciocco farsi coinvolgere troppo dal gioco, lo mandiamo via.» «Facendogli promettere di non peccare più, presumo, e con le orecchie che ancora risuonano della severa predica che gli avete impartito.» Jessica lo squadrò da capo a piedi prima di fissare lo sguardo sul suo petto; forse non sarebbe stata altrettanto coraggiosa se lo avesse guardato negli occhi. «Voi non mi piacete, Gideon.» «Non capisco perché. Un altro uomo avrebbe ignora17


to la vostra convocazione. Ammetto che il motivo della mia presenza qui è dovuto soprattutto alla curiosità, ma vi prego, non abbiatevene a male.» «Vi ci è voluta la bellezza di un mese per presentarvi alla mia porta, e lo fate a quest'indecente ora della notte, come per un ripensamento. O forse la serata che avevate programmato si era messa male e non sapevate cosa fare? Scusatemi, suppongo che dovrei essere lusingata.» Gli voltò di nuovo la schiena, piegando in avanti il collo. «Tanto vale che vi rendiate utile. Potreste aiutarmi con questi bottoni? Doreen è ancora impegnata alla porta, e io mi sento soffocare.» Gideon inarcò un sopracciglio ben disegnato mentre soppesava la richiesta di lei, considerandone benefici, trabocchetti... motivazioni. «Molto bene» accettò, posando il bicchiere accanto a quello di Jessica. «Ho già giocato a fare la cameriera personale una volta o due.» «Sono certa che avete giocato a fare parecchie cose. Questa sera, tuttavia, dovrete accontentarvi di un ruolo più limitato.» «Siete una donna molto fiduciosa, Jessica» osservò lui mentre abilmente liberava la prima mezza dozzina di bottoncini dalle loro asole. A ogni bottone che slacciava, si assicurava che le sue nocche venissero a contatto con la carnagione d'avorio che gli si rivelava. Anche alla fioca luce delle candele, poteva vedere dove l'abito rigido avesse irritato la pelle morbida; non c'era da meravigliarsi che lei volesse liberarsene. Tuttavia, si prese tutto il tempo coi bottoni finché, quando il corpetto fu aperto quasi fino alla vita, Jessica non si staccò proprio mentre lui era tentato di far scorrere la punta delle dita lungo la linea aggraziata della sua spina dorsale. «Grazie. Volete scusarmi un attimo? Mi sbarazzo di questo strumento di tortura.» 18


«Vi scuserei qualunque cosa, mia cara, purché la vostra assenza non superi il minuto. Non indossate una camiciola, sotto?» «Come avete già potuto constatare» rispose lei allontanandosi. Aveva le spalle nude, ora che il corpetto cominciava a scivolare. «Aborro gli impacci.» Sparì in un'altra stanza, lasciando Gideon a chiedersi perché una donna che odiava gli impacci si fosse chiusa in una prigione di taffetà nero. Riteneva che quell'abito la facesse apparire scialba? Intoccabile? Magari, più vecchia? Il quel caso, s'era illusa su tutti i fronti. Una vedova. Non si era atteso nulla di diverso da lei; non c'era una tenutaria, in tutta Londra, che non fosse la povera vedova di un soldato morto da eroe, costretta ad arrangiarsi come meglio poteva. E ora, lei era sul punto di arrangiarsi con lui, nella speranza che le sue grazie lo rendessero imbecille al punto di cederle la custodia del fratellastro. O, più esattamente, la custodia del considerevole patrimonio del fratellastro. Un mese prima, Gideon aveva maledetto Turner Collier per non aver avuto il semplice buonsenso di cambiare un testamento vecchio di decenni, nel quale aveva lasciato la custodia della sua progenie al suo vecchio amico, il Conte di Saltwood. Forse Collier si era creduto immortale, cosa difficile da immaginare, se si considerava quel che era successo al suo compare Barry Redgrave. Ma non c'era stato nulla da fare, non secondo il legale di Gideon, il quale gli aveva comunicato che era arrivato alla conclusione della sua tutela di Alana Wallingford, grazie al matrimonio della ragazza, solo per trovarsi sulle spalle il fardello di un altro minore. Almeno questa volta non avrebbe dovuto preoccuparsi di cacciatori di dote, fughe d'amore notturne o al19


tre sciocchezze del genere. No, questa volta le sue ansie sarebbero state per colpi di testa, scommesse avventate, ubriacature. E gli sarebbe toccato trascinar via il suo pupillo da combattimenti di cani contro orsi incatenati, lotte di galli e bische come quella di proprietà della sua sorellastra. E intanto, per tutto il tempo, la gente avrebbe sparlato alle sue spalle. Nel libro delle scommesse di White's in passato erano già comparse puntate anonime sulle probabilità che Gideon costringesse Alana a sposarlo per impadronirsi della sua fortuna. C'erano state insinuazioni sul fatto che il padre di Alana, buon amico di Gideon, fosse stato assassinato pochi mesi dopo aver nominato Gideon tutore della sua unica figlia. E non erano neppure mancate le ipotesi su chi fosse l'omicida. E ora, un secondo sfortunato incidente aveva avuto un impatto diretto sul Conte di Saltwood. E un altro ricco orfano era stato posto sotto le sue cure immediatamente dopo tale incidente. Coincidenza? Molti non la pensavano così. Dopo tutto, Gideon era un Redgrave. E tutti sapevano come fossero fatti i Redgrave. Erano insofferenti alle regole, arroganti, pericolosi, anche se provvisti di grande fascino. Bastava guardare che fine aveva fatto il padre di Gideon, come s'era comportata sua madre; c'era stato uno scandalo che nemmeno il tempo poteva cancellare dalla mente delle persone timorate di Dio. Persino l'anziana contessa madre restava allo stesso tempo una forza che non si poteva ignorare e una costante fonte di pettegolezzi... «Riprendiamo le ostilità, Gideon?» Lui si riscosse dai propri pensieri e si girò verso Jessica Linden, che in qualche modo era ricomparsa senza che lui se ne accorgesse. Era avvolta in una vestaglia di seta bordeaux scuro con un collo a scialle nero e polsi 20


trapuntati che le scendevano oltre la punta delle dita. L'orlo dell'indumento si afflosciava intorno ai suoi piedi nudi. I capelli le scendevano di nuovo sulle spalle, ora, una cornice perfetta per l'incantevole finezza dei suoi lineamenti. Per essere una donna alta, tutto a un tratto sembrava minuta, delicata, perfino fragile. Chiaramente, un'illusione. «Del mio defunto marito. La tengo per ricordo» spiegò lei, sollevando le braccia abbastanza per rivelare i polsi sottili. «Ci sediamo? I miei piedi continuano a sentire la stretta di quelle terribili scarpe.» Gideon indicò il sofà alla propria sinistra, e lei vi si lasciò cadere, attirando le gambe a sé per mettersi a massaggiare uno snello piede nudo. Il collo della vestaglia si scostò per un allettante momento, concedendogli una fuggevole visione dei piccoli seni perfetti. Era chiaro che fosse nuda, sotto la seta. Quella donna era innocua quanto una vipera. «Come sta Adam?» gli chiese, prima che a Gideon venisse in mente qualcosa da dire che non includesse un invito a tornare in camera da letto, questa volta in sua compagnia. «Non lo vedo da più di cinque anni. Stava per essere mandato a scuola, se ricordo bene. Quanti anni aveva? Dodici? Sì, è così, e io diciotto. Pianse tanto, nello staccarsi da me.» Gideon fece un rapido calcolo mentale. «Questo fa di voi una donna di ventitré anni? Giovane, per essere già vedova.» «Ah, ma antica per esperienza, e più vicina ai ventiquattro, in realtà. E voi? Prossimo ai cento, direi. Avete una certa reputazione, Gideon.» «Solo parzialmente meritata, ve lo assicuro.» Lui tornò a sedersi sulla propria seggiola e accavallò le gambe, apparentemente a suo agio mentre la sua mente correva. «Ma, per rispondere alla vostra domanda, il 21


vostro fratellastro sta bene, è al sicuro, qui a Londra. Ho assunto un precettore per lui invece che rimandarlo a scuola, questo trimestre.» Jessica annuì. «È giusto. È in lutto.» «Lo è? Forse qualcuno dovrebbe spiegarlo a lui. Da quanto mi riferisce il precettore, è stanco di girarsi i pollici in casa mentre il mondo continua ad andare avanti allegramente senza di lui.» Jessica sorrise, e Gideon ringraziò il cielo di essere già seduto, perché lei aveva quel genere di sorriso radioso e spontaneo capace di stendere un uomo. «Un bel caratterino, eh? Bene. In quanto figlio di nostro padre, avrebbe potuto diventare l'opposto. Sono gratificata nello scoprire che il suo spirito non è stato schiacciato.» Interessante. «Conoscevo appena Turner, dato che era coetaneo di mio padre. Era un genitore esigente?» «Ne parlerò senza mezzi termini, dato che non vedo motivo di mentire. Del resto, ho sentito le voci che circolano su vostro padre, e i due uomini erano amici. Mio marito James Linden, vecchio, cattivo quando aveva alzato il gomito, e un vero spreco di talento, era il minore dei due mali, ed eccomi qui. Rinnegata da mio padre, vedova, ma indipendente. Perfettamente capace di assumere la tutela di mio fratello finché non raggiungerà la maggiore età. L'ultimo luogo in cui lo voglio è dove nostro padre lo voleva, sotto il controllo di chiunque lui ritenesse adatto.» Lanciò un'occhiata penetrante alla cravatta di lui. «Capite ora, Gideon?» Lui si portò le dita alla rosa d'oro prima di rendersi conto di cosa lei avesse voluto dire. Scattò in piedi. «Avevate la mia pietà, Jessica, ma avete rovinato l'effetto con quest'ultima osservazione. Non sono un santo, ma non sono come mio padre.» «No, suppongo che non lo siate. Non avete ancora 22


cercato di sedurmi, neanche dopo tutti i miei goffi tentativi di mettermi in mostra. Cosa ha fatto, vi ha castrato? No, ne dubito. Voi mi desiderate, è piuttosto ovvio.» Finalmente, Gideon ebbe il quadro della situazione. La posa di lei, la vestaglia, la sua nudità sotto la seta, il bicchiere di vino che era stato portato alle sue labbra da una mano tremante... un bicchiere per farsi coraggio. «Avete un'arma su di voi, vero?» «Non siete uno sciocco, vero? E va bene, lo ammetto. Solo una pistola molto piccola, un'arma a colpo singolo, ma letale, all'occorrenza. So usarla a mio vantaggio meglio di quanto non abbia mai fatto James, anche se fu lui a insegnarmi. E, prima che me lo chiediate, sì, ero disposta a barattare il mio corpo per il vostro impegno a cedermi la custodia di Adam. Entro certi limiti, ovviamente.» Si tirò in piedi, il mento alto, gli occhi del colore dello sherry fissi in quelli di lui, poi si portò le mani alla cinta di seta della vestaglia. «Lo sono ancora.» Gideon decise che era più prudente fingersi insultato. «E io vi ripeto che non sono come mio padre.» Lei piegò la testa di lato. «Davvero? Il vostro spillone da cravatta racconta un'altra storia. Quella rosa, Gideon, emana lo stesso puzzo.» Gideon contrasse la mascella. Cosa diavolo stava succedendo lì? «Ne siete al corrente?» «So della Society, sì» confermò lei, e la luce battagliera lasciò i suoi occhi, sostituita da una tristezza quasi tangibile. «Fra i tanti difetti del mio defunto marito c'era la tendenza a parlare troppo quando aveva alzato il gomito. Quello spillone è il segno dell'appartenenza a un esclusivo gruppo di farabutti. Un fiore, per la precisione una rosa d'oro, per commemorare una deflorazione. Ma voi lo portate, sapete di che si tratta e 23


cosa avete fatto per guadagnarvelo.» «Questo spillone era di mio padre. Il resto sono solo chiacchiere o, più probabilmente, fanfaronate» si sentì dire Gideon, anche se poteva solo sperare che fosse la verità. «Sciocchi ubriaconi che si credevano un dannato hellfire club. Mantelli col cappuccio e maschere, giuramenti di segretezza, bevute leggendarie e prostitute disponibili. Grandiose millanterie. Finito tutto molto tempo fa.» Il sorriso di lei era triste, quasi lo compatisse. «Così dite voi. Grazie a James, non ne ho mai avuto la certezza. Dopo la morte di vostro padre, la tenuta della vostra famiglia non era più il luogo in cui si riunivano. Ma la Society non finì con lui. Davvero sostenete di non saperlo? Esisteva cinque anni fa, ed è probabile che ci sia ancora. Se ricordo correttamente, mio padre non aveva più di sessant'anni quando morì. James non era molto più giovane quando ci sposammo, eppure era ancora... capace.» Un altro accenno a James Linden, e Gideon sarebbe stato pronto a dissotterrare l'uomo per sfondargli il cranio con la vanga. «No. Vi sbagliate. Tutto si concluse con la morte di mio padre. Questo è diverso.» «Questo, Gideon? Stiamo parlando per enigmi? Cosa intendete con questo?» Gideon usciva raramente perdente da una schermaglia verbale, ma ora più parlava, più gli sembrava di cedere il controllo della conversazione a lei. Era una sensazione che non gli piaceva. «Vi manderò la mia carrozza domani alle undici, per portarvi in Portman Square a incontrare vostro fratello. Abbiate la cortesia di vestirvi in modo adeguato alla circostanza.» Finalmente l'aveva sconcertata. Jessica rimase senza 24


parole. Ma non per molto. «Dovrò nascondermi il volto con un velo nero, o la carrozza mi porterà sul retro, verso le scuderie e l'entrata della servitù?» Forse tardivamente, Gideon decise che ne aveva abbastanza. Coprì la distanza che li separava con due lunghi passi, afferrandole il polso destro prima che lei potesse infilare la mano nella tasca un po' rigonfia che tradiva la presenza della pistola. Gideon infilò la mano libera nella tasca ed estrasse una di quelle piccole pistole d'argento tanto amate dai giocatori d'azzardo. Le girò il polso con forza e premette l'arma sul suo palmo. «Coraggio, donna. Sto per violentarvi. Sparatemi, se ne siete capace!» Lei non strinse le dita intorno al calcio. «Non parlate sul serio.» «No? Ne siete sicura? Forse avete ragione. Potrei avere tutto ciò che voglio da voi, Jessica, e tutte le volte che lo voglio. Senza usare la forza. Sbarazzatevi di questo giocattolo prima che qualcuno ve lo punti addosso. Non mi pare che questo vostro James Linden vi abbia insegnato, fra l'altro, a tenere a freno la lingua, ma avrebbe dovuto farvi notare che non siete capace di bluffare.» Vide le lacrime luccicare nei magnifici occhi di lei, ma scelse di ignorarle. Dio lo salvasse dai martiri bene intenzionati che sembravano essere sempre dalla parte del giusto. Si girò e si allontanò, presentandole la schiena, senza fermarsi finché la sua mano non fu sul saliscendi della porta che dava sulle scale. «Alle undici, Jessica. E se oserete insultarmi indossando quel mostruoso abito nero, o un indumento simile, ve lo strapperò di dosso con le mie stesse mani. Mi sono spiegato?» 25


Aveva fatto appena in tempo a chiudere la porta quando sentĂŹ il tonfo della pistola che colpiva il legno. Sorrise. Dubitava che fosse stato James Linden a insegnarglielo. No, quella era una reazione squisitamente femminile, e non si poteva certo dire che Jessica Linden non fosse femmina.

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Orgoglio e sospetti KASEY MICHAELS Londra, 1810 - Gideon Redgrave, Conte di Saltwood, rifiuta categoricamente di sentirsi umiliato dallo scandalo che un tempo ha rischiato di distruggere la sua famiglia. L'affascinante aristocratico ha costruito la sua vita attorno a una semplice regola: non fidarsi di nessuno. Ma quando incontra la bellissima e audace Jessica Linden...

Consigli di fascino VICKY DREILING Londra, 1817 - Marc, Conte di Hawkfield, ha accettato di fare da tutore a Lady Julianne Gatewick durante una nuova Stagione londinese. Lei, che ha coltivato una dolce infatuazione per Marc, fin da bambina, pensa che finalmente sia arrivata l'ora tanto sospirata. Di fronte al disinteresse del conte, però, Julianne medita vendetta.

Un segreto tra noi MARIANGELA CAMOCARDI Regno Lombardo-Veneto, 1848 - Il mistero che aleggia sulla fine della sorella Loretta induce Emma Savoldi a presentarsi alla villa del cognato, il Visconte Alexander Lippi Monzani, per indagare con discrezione su di lui. Un turbine di scintille si sprigiona da subito tra loro, generato da un'attrazione irresistibile...

La vendetta del visconte DELILAH MARVELLE New York City - Londra, 1830 - 1831 - Chi è veramente il Visconte Nathaniel Atwood, un uomo dai modi degni di un furfante e il nome altisonante di un lord? Sottratto in tenera età alla famiglia, ha imparato a cavarsela nei sobborghi di New York prima di poter tornare, ormai adulto, in Inghilterra a reclamare il titolo che gli spetta di diritto.


L'educazione di una contessa NICOLA CORNICK Londra, 1817 - Come cameriera personale di alcune delle dame più note dell’alta società, Margery Mallon sa che deve tenersi alla larga dagli affascinanti gentiluomini: le avventure di quel tipo vanno bene solo nei romanzi che legge in segreto. Tuttavia, quando un attraente sconosciuto le offre un assaggio di passione, Margery non sa resistere. L'uomo è in realtà Lord Henry Wardeaux, deciso a ricongiungerla con il nonno, Lord Templemore: il vero nome di Margery è infatti Marguerite, scomparsa vent’anni prima durante una tragica rapina. Erede della nobile famiglia, viene trasformata di punto in bianco da cameriera in contessa, ma dovrà fare i conti con i pettegolezzi del ton, una fila di corteggiatori attirati dal suo ingente patrimonio e una serie di misteriosi incidenti. Per fortuna Henry è rimasto al suo fianco, a proteggerla...

Scandalo al ballo NICOLE JORDAN Inghilterra, 1816 - Quando la cugina lo sprona a corteggiare l'affascinante Sophie Fortin, Lord Jack Wilde si dimostra scettico. La fanciulla in questione è senza dubbio una bellezza, ma la famiglia a cui appartiene preferirebbe vederla morta che sposata a un Wilde, dato che una ruggine di vecchia data, apparentemente insanabile, divide le due casate. Jack, tuttavia, intrigato dalla sfida, decide di partecipare a un ballo in maschera e, non riconosciuto, ammalia Sophie con un bacio mozzafiato, rimanendone a sua volta stregato. Non appena l'identità del giovane lord viene svelata, volano scintille. Come ha osato Jack irretirla con false promesse e dolci parole, sapendo che un futuro insieme è per loro impossibile? Lui dovrà sfoderare le più sottili arti seduttive per dimostrare a Sophie che una simile passione non può essere osteggiata neppure dal destino.

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