CANDACE CAMP
Matrimoni e compromessi
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Marrying Season Pocket Books © 2013 Candace Camp By arrangement with Maria Carvainis Agency, Inc. and Agenzia Letteraria Internazionale Traduzione di Giorgia Lucchi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special novembre 2013 Questo volume è stato stampato nell'ottobre 2013 presso ELCOGRAF S.p.A. stabilimento di Cles (TN) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 183 del 20/11/2013 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Genevieve Stafford osservava sorridendo il fratello maggiore, intento ad aprire le danze con la sua nuova sposa. «Non ho mai visto Alec tanto felice.» Sua nonna emise un piccolo brontolio signorile. «Alec avrebbe per lo meno potuto aspettare qualche mese. Un matrimonio affrettato è sempre motivo di pettegolezzi, se poi la sposa è un'emerita sconosciuta, la gente parlerà per forza.» «La gente parlerebbe comunque, indipendentemente da chi Alec avesse deciso di sposare e quanto avessero aspettato per farlo» le rammentò Genevieve. «Sì, suppongo sia inevitabile, trattandosi del Conte di Rawdon. Nondimeno, non ha senso andare a svegliare un cane che dorme. Mi ero augurata che Rawdon si sarebbe scelto una sposa più appropriata, visto lo scandalo provocato dal suo primo fidanzamento.» «Non si può certo biasimare Alec per il comportamento di Lady Jocelyn.» Genevieve si affrettò a difendere il fratello. «È la logica conseguenza del fatto che Alec pensa solo all'aspetto di una donna, invece di prendere in considerazione il suo rango, la famiglia e il carattere.» «Alec ama la bellezza» ammise Genevieve. «Ma in Damaris c'è più di questo.» La contessa la guardò con la coda dell'occhio. «Adesso ti sei messa dalla parte della moglie di Alec? Mi pare 5
di ricordare che fossi contraria quanto me al suo matrimonio con Damaris.» Genevieve sentì le guance arrossire sotto lo sguardo severo della nonna. Quella donna era capace di farla sentire ancora una bimba di cinque anni con una macchia sulla gonna. «Non volevo che soffrisse ancora. Temevo che Damaris fosse un'avventuriera che lo avrebbe lasciato, dopo aver ottenuto ciò che voleva. Lui sarebbe stato devastato.» Sua nonna non avrebbe mai dovuto scoprire quanto Alec avesse corso il rischio di esserlo quando aveva creduto che Damaris lo avesse lasciato. La contessa era stata tenuta accuratamente all'oscuro degli eventi tumultuosi che si erano verificati a Castle Cleyre durante l'estate. Genevieve proseguì con cautela. «Ho... ho capito che mi sbagliavo su di lei. L'importante è che Damaris adora Alec e lui la ama.» «La ama? Bah!» La contessa agitò la mano come per scacciare l'idea. «Alec ha la deplorevole tendenza a perdersi in concetti poetici.» Si rabbuiò al pensiero di quella mancanza nel nipote. «Quanto meno, tu non sei incline a sciocchezze del genere.» «Certo che no.» Genevieve non si accorse del piccolo sospiro che le sfuggì. «Ah, Felicity!» Con un tono di piacere genuino nella voce, la contessa si voltò a salutare una sua vecchia amica, Lady Hornbaugh. «Cominciavo a domandarmi dove fossi finita.» «Credevi che me la fossi svignata per schiacciare un pisolino, vero?» tuonò Lady Hornbaugh. «Ti confesso che ci avevo pensato. Niente di meglio del sermone di un vicario per curare l'insonnia, lo dico sempre. Buon pomeriggio, Genevieve.» «Lady Hornbaugh.» Genevieve salutò l'amica della nonna, ma dentro di sé gemette. Ogni volta che incontrava Lady Hornbaugh, viveva nel terrore di ciò che a6
vrebbe potuto dire la nobildonna, la cui voce stentorea poteva essere sentita fin dall'altra parte di una sala da ballo, e che era solita dire apertamente ciò che pensava. «Avete messo insieme un bel numero di invitati» commentò Lady Hornbaugh, annuendo mentre osservava la sala. «Chi è l'uomo con Sir Myles?» Genevieve voltò la testa. Sir Myles Thorwood si stava inchinando a due donne accompagnate da un gentiluomo biondo elegante. L'allegria illuminava i suoi occhi castano dorati incorniciati da ciglia folte, quasi dello stesso colore dei capelli chiari baciati dal sole. La bocca piena ed espressiva era distesa in un sorriso festoso, come sempre. Era vestito in modo impeccabile, il fisico dalle spalle ampie risaltava al meglio nell'abito nero formale. Era meno bello di altri, per esempio di Lord Morecombe che sarebbe potuto sembrare Lucifero, ma tutti concordavano che Sir Myles Thorwood aveva un fascino indefinibile, irresistibile e apparentemente inesauribile. «Sta civettando, come sempre.» Genevieve si rabbuiò. Lei era uno dei pochi membri dell'alta società che non si lasciasse ingannare da Sir Myles. Lui era da anni uno dei migliori amici di suo fratello, ma capitava di rado che Genevieve e Myles non trovassero qualcosa su cui fossero in disaccordo. «È il Conte di Dursbury. Famiglia eccellente, è ovvio. Mai il benché minimo scandalo.» «Quindi quello è il nuovo conte. Conoscevo suo padre, un vecchio cane noioso.» Lady Hornbaugh si portò al viso i lorgnette e lo fissò senza alcuna vergogna. «Allora la bellezza accanto a lui è la sua matrigna?» «Sì. Donna spaventosa» commentò Lady Rawdon. Genevieve studiò la dama attraente che aveva cominciato a chiacchierare con Sir Myles. I capelli scuri e lucidi di Lady Dursbury erano acconciati in un elegante 7
intrico di riccioli e gli occhi erano grandi e marrone chiaro. Orecchini di diamante scintillavano ai suoi lobi, accompagnati dal ciondolo che portava intorno al collo. Indossava un abito di seta color prugna e il seno pieno e candido faceva capolino dalla scollatura orlata di pizzo. Genevieve non poté fare a meno di paragonare la corporatura curvacea della donna con il suo fisico alto e snello. «Il vecchio conte è morto un anno fa, se non ricordo male, dunque il lutto dovrebbe essere terminato per lei. Dopo aver sposato Dursbury, è rimasta relegata in campagna con il marito e ora immagino intenda tornare in società. Chi è la giovane con loro?» «Miss Halford» rispose Lady Rawdon. «Era la protetta del defunto Dursbury. Vive con loro dalla morte del padre, qualche anno fa. Sembra che Sua Signoria le sia molto affezionata.» «La figlia di Harry Halford? In tal caso, non mi stupisce che Lady Dursbury le sia affezionata.» Lady Hornbaugh esplose in una delle sue risate tonanti. «La ragazza vale una fortuna. Non sarei sorpresa se Dursbury avesse intenzione di sposarla.» La nonna di Genevieve si strinse nelle spalle. «È una ragazzina insipida. Inoltre, non mi risulta che Dursbury sia a corto di denaro.» «No, certo, ma averne di più non fa mai male. Forse anche Sir Myles ha messo gli occhi sull'ereditiera» ipotizzò Lady Hornbaugh. «Myles?» ripeté Genevieve, sorpresa, poi rise. «Myles non è tipo da sposarsi.» «È terribilmente civettuolo» convenne sua nonna. «Gli ho visto spezzare il cuore di più di una giovane sciocca.» «Tu calunni quel giovanotto» protestò Lady Hornbaugh, che aveva chiaramente un debole per Sir Myles. 8
«Non è cattivo. Tutto il contrario, direi.» «Non ho detto che la colpa fosse sua. Immagino Sir Myles non possa farci niente se qualche sciocchina si scioglie per i suoi sorrisi o si illude che i suoi complimenti implichino una devozione sempiterna. Grazie al cielo, Genevieve è troppo assennata per prestare attenzione alle sue blandizie.» «Sir Myles non ha mai civettato con me» puntualizzò Genevieve. «È troppo leale nei confronti di Alec per farlo. Non che io lo desideri, d'altra parte.» «A ogni modo, per quanto Sir Myles possa apprezzare il celibato, dovrà pur sposarsi, un giorno o l'altro» commentò la contessa. «Ha uno stuolo di sorelle e nessun fratello che possa produrre un erede. Ma non riesco a immaginare come una creatura anonima come Miss Halford potrebbe interessargli. La vedova sarebbe più nel suo stile.» «La matrigna di Dursbury?» domandò Genevieve. «Ma deve essere più vecchia di Sir Myles.» «Forse tre o quattro anni. Sposata giovane con un marito assai più vecchio» riassunse sua nonna. «Immagino che il suo fascino potrebbe offuscare la differenza di età.» «In effetti, non sembra che lui trovi sgradevole la sua compagnia» osservò Genevieve, acida. «E Lady Dursbury reciproca il suo interesse» concordò allegramente Lady Hornbaugh. Il viso di Lady Dursbury sembrava illuminato e i suoi occhi scintillavano mentre chiacchierava con Myles. La donna si piegò in avanti per posargli una mano sul braccio, sorridendogli. Genevieve sentì un lieve fastidio, una sensazione non inconsueta trattandosi di Sir Myles, poi si voltò, spostando lo sguardo sull'ampia sala da ballo affollata. «Non mi meraviglia» riprese Lady Hornbaugh. 9
«Thorwood è un giovane diavolo affascinante. Non pensate anche voi, Genevieve?» «Come? Oh, sì. Credo» Genevieve rispose con somma indifferenza, sventolando il ventaglio. «Lo conosco da talmente tanto tempo che lo noto appena.» «Appena?» esclamò Lady Hornbaugh. «Mia cara ragazza, comincio a temere che non ci vediate bene.» «Suggerisco di cambiare argomento» intervenne la nonna di Genevieve. «Sir Myles sta venendo verso di noi.» Genevieve voltò la testa e vide che, in effetti, Myles si stava dirigendo verso di loro, sorridendo. Il suo umore si risollevò al pensiero. Le scaramucce verbali con lui erano sempre stimolanti, per quanto irritante potesse essere quell'uomo. Fu tanto onesta da ammettere che era gradevole osservarlo muoversi. «Lady Rawdon.» Myles eseguì un inchino impeccabile. «E Lady Hornbaugh. Lady Genevieve. Non riesco a credere di essere così fortunato da trovare sole tre nobildonne tanto attraenti.» «Adulatore» ribatté Lady Hornbaugh, compiaciuta, colpendolo affettuosamente al braccio con il suo ventaglio. «Come se non sapessimo che è la presenza di una sola giovane nobildonna che vi ha indotto a venire qui. È Genevieve che attira i gentiluomini.» «Temo fraintendiate Sir Myles» intervenne Genevieve, divertita. «Non ha alcuna preferenza per me o qualunque altra nobildonna in particolare. È come una farfalla, attratta da tutti i fiori.» Gli occhi di Myles sfavillarono dorati e divertiti. «Lady Genevieve! State forse insinuando che sarei volubile?» «Non direi volubile. Solo... indiscriminato.» Lui rise. «Milady, avete una lingua davvero crudele.» «Io la definirei sincera.» 10
«No, non posso permettere che vi sminuiate tanto.» «Sminuirmi? Credevo stessimo parlando di voi, sir.» «Ma se i miei gusti sono indiscriminati, il mio desiderio di invitarvi per questo ballo vi metterebbe al livello delle molte nobildonne che ammiro. Invece dovreste sapere che voi siete un gradino più in alto rispetto a loro.» Genevieve non poté trattenere una risatina. «Forse vi state facendo prendere troppo la mano dal desiderio di adularmi.» «Può essere. Ma che ne direste di offrirmi la vostra per questo ballo?» Le porse il braccio. Genevieve lo accettò e si diressero al centro della sala. «Alquanto sicuro di voi stesso, direi» commentò lei. «Offrirmi il braccio ancora prima che accettassi.» «Sapevo che avreste ballato con me» disse Myles con un sorriso. «Non avreste potuto resistere.» «Davvero?» Genevieve sollevò un sopracciglio. «Vi considerate tanto affascinante?» «No, ma so che per quanto ostinata, altezzosa e antipatica possiate essere, adorate danzare.» Genevieve inspirò per rispondergli a tono, invece scoppiò a ridere. «Siete un ottimo ballerino» ammise. «In effetti, foste proprio voi a insegnarmi a ballare.» «Io?» «Avrei dovuto immaginare che non ve lo sareste ricordato. D'altra parte, come potrei pretenderlo? Avete ballato con ogni giovane donna dell'alta società.» «Mi dovrò pur tenere in esercizio.» Myles sorrise e inclinò il capo verso di lei come era solito fare, come se la donna al suo braccio fosse l'unica presente in sala. «A ogni modo, è sempre memorabile danzare con voi.» «Non cercate di blandirmi.» Genevieve roteò gli occhi. «Mi avete appena detto che non ve ne ricordate. Fu un'estate quando voi e Gabriel accompagnaste Alec a Castle Cleyre. La nonna ormai disperava che avrei im11
parato a ballare correttamente. Il mio insegnante di ballo se n'era andato, stizzito.» Myles esplose in una risata. «Scacciato dalla vostra lingua tagliente, senza dubbio.» «Era un ometto untuoso» ribatté lei, indignata. «Un giorno cercò di baciarmi. E avevo solo tredici anni!» Tacque, rendendosi conto che la canzonatura di Myles l'aveva indotta a toccare un argomento sconveniente. Era una delle molte qualità irritanti di Myles: quando lo aveva intorno, Genevieve finiva sempre col dire le cose più spaventose. Per fortuna Myles sembrava di rado turbato, qualunque cosa lei gli dicesse. «Mi sorprende che Alec non lo abbia scuoiato vivo.» «Non glielo riferii. Temevo che avrebbe ucciso quella donnola sgradevole e non volevo che finisse in prigione.» «Chiaro. Perché non chiedeste ad Alec di insegnarvi a ballare?» «Non ballava bene come voi. Anche Gabriel era bravo, ma avevo una tale infatuazione per lui che inciampavo nei miei stessi piedi ogni volta che era nelle vicinanze.» «Sognavate Gabe e non me?» Myles si premette una mano sul petto con un gesto teatrale. «Lady Genevieve, voi mi ferite.» Lei rise. «Consolatevi pensando che ora vi considero ben al di sopra di Gabriel.» Guardò verso il punto della sala in cui Lord Morecombe e sua moglie Thea chiacchieravano ridendo con Alec e Damaris. «Ah, Genny... Non avete ancora perdonato Gabe?» chiese Myles con tono più serio. «Si mise contro mio fratello.» Negli occhi azzurri di Genevieve, Myles colse un lampo simile a quelli che aveva scorto sovente nello sguardo di Rawdon. Ciò gli ricordò quanto gli Stafford fossero ancora legati ai loro 12
feroci antenati bellicosi. «I Morecombe spezzarono il cuore di Alec. Non fu solo Jocelyn. Alec credeva che Gabriel fosse suo amico. Voi non potete sapere come sia stato crescere al castello. Non c'erano bambini di rango adatto e uno Stafford non poteva fare amicizia con i figli della servitù o dei contadini. Nostro padre lo avrebbe punito severamente.» «Penso che Alec non sia stato l'unico a sentirsi solo a Cleyre» osservò Myles con tono gentile. «Oh, be'...» Genevieve lo guardò; a volte Myles sapeva essere tanto perspicace da risultare sconcertante. Si strinse nelle spalle, imponendosi di eliminare il fervore dalla sua voce. «Io non soffrivo la solitudine quanto Alec. Per lui significò molto quando lasciò il castello per la scuola e voi e Gabriel diventaste suoi amici. Ma poi Gabriel lo accusò di aver indotto Jocelyn a fuggire, arrivando perfino a insinuare che potesse aver fatto del male a quella sciocca! Alec rimase profondamente ferito.» «Eppure Alec lo ha perdonato.» Myles indicò con un cenno del capo i due uomini, intenti a parlare. «Sì. Ebbene... Alec ha un cuore più caldo del mio.» Genevieve sorrise, cupa. «Forse c'è più di nostra madre in lui. Gli è bastato che Gabriel si scusasse per le sue accuse.» «Anche Gabriel ha sofferto molto» le ricordò Myles. «Temeva che la sua amicizia con Alec lo avesse indotto a forzare sua sorella a fidanzarsi con lui.» «La sorella di Gabriel era tanto sciocca quanto egoista, il fatto che sia morta non fa di lei una martire. Cercherò di non detestare Gabriel per il bene che voglio ad Alec, ma non perdonerò mai Jocelyn.» Gli occhi di Genevieve ebbero un lampo mentre lei serrava la mandibola. «Siete davvero una leonessa! Prego solo di non trovarmi mai a essere l'oggetto della vostra inimicizia.» 13
«Non dite assurdità. Voi non voltereste mai le spalle ad Alec. Nessuno potrebbe negare la vostra lealtà.» «Nonostante tutte le mie mancanze.» Myles sorrise. La musica riprese dietro di loro e lui porse la mano a Genevieve. «Basta parlare di vecchi rancori. Balliamo, Genny.» Lei sorrise e andò tra le sue braccia. Quando Myles riaccompagnò Genevieve da sua nonna, Lady Rawdon era stata raggiunta da Alec e Damaris e Lord e Lady Morecombe. Morecombe salutò Genevieve con un inchino, ma le scoccò un'occhiata ironica, ben sapendo quali fossero i sentimenti della giovane nobildonna nei suoi confronti. Genevieve lo salutò senza il gelo consueto, dopotutto aveva detto a Myles che avrebbe tentato di trovarlo gradevole. Sua moglie, inoltre, era la migliore amica di Damaris, pertanto le sarebbe capitato spesso di incontrare i Morecombe. Sorrise con più calore alla moglie di Gabriel. Negli ultimi giorni, durante i preparativi per il matrimonio, Genevieve aveva avuto modo di frequentare Thea e, con sua sorpresa, aveva scoperto di trovarla gradevole. Alec sorrideva, come aveva fatto tutto il giorno, gli occhi azzurri, ancora più chiari di quelli di Genevieve, sfavillanti di felicità. D'impulso abbracciò la sorella, sorprendendo entrambi con quel gesto affettuoso. «Sono molto felice per te» gli disse Genevieve sottovoce. «Grazie.» Alec la lasciò andare, sorridendo. «Senza dubbio è un sollievo per tutti, visto come deve essere stata la mia compagnia nelle ultime settimane.» «In effetti, sei stato un po' un orso» convenne Genevieve, asciutta. Mentre Damaris trascorreva il mese precedente a Chesley, intenta nei preparativi per il matrimonio, Alec era rimasto a vagare nelle sale di Castle 14
Cleyre come un fantasma stizzoso e combattivo. «Lui è sempre un po' un orso» intervenne Damaris, sorridendo ad Alec in modo tale da trasformare quelle parole in un complimento. «Suppongo di essere stato un tantino irascibile» ammise Alex, meritandosi una risata di scherno da tutti gli altri. Mentre il gruppo chiacchierava, ridendo, Genevieve vide Thea prendere Sir Myles da parte. Lei gli disse poche parole, indicando con un cenno del capo l'altro lato della sala. Genevieve guardò in quella direzione e vide una giovane che sedeva irrigidita accanto a una nobildonna più anziana, lo sguardo fisso sulle coppie intente a ballare. Myles annuì, sorridendo a Thea, poi si scusò. Genevieve lo vide attraversare la sala e andare a inchinarsi alla giovane per invitarla a ballare. «Siete stata gentile» commentò quando Thea le si spostò accanto. «Oh, niente di che. So di poter sempre contare sulla bontà di Myles.» Thea si sistemò distrattamente un ricciolo color cannella dietro l'orecchio. Genevieve non aveva ancora visto Lady Morecombe senza che una o due ciocche dei suoi riccioli ribelli cercassero di sfuggirle dall'acconciatura. «Intendo portare via anche voi, adesso.» «Me?» domandò lei, sorpresa. «Sì, dobbiamo allontanare Damaris da Alec, impresa ardua come vedete voi stessa, per aiutarla a indossare l'abito da viaggio.» «Oh» disse Genevieve, perplessa. «È compito delle amiche della sposa, no?» «Io... suppongo di sì. Non ho mai... Non ho...» Genevieve tacque e arrossì. «Voglio dire, ovviamente ho delle amiche, ma non del genere.» A ogni parola si sentiva più sciocca. Per lei era difficile parlare con persone che 15
non conosceva bene, in particolare quando, come accadeva spesso a Thea, non si attenevano agli schemi prestabiliti della conversazione cortese. «In città non si fa così.» «Senza dubbio qui a Chesley è diverso» concordò Thea allegra, afferrando saldamente Genevieve sottobraccio prima di dirigersi verso Damaris. Allibita, Genevieve seguì Thea. Con una certa sorpresa la vide cingere la vita di Damaris con il braccio libero e poi, ridendo, ignorare le proteste di Alec e condurre via la nuova Lady Rawdon. Thea a Damaris chiacchieravano allegre mentre salivano le scale e Genevieve le seguiva, imbarazzata. Sapeva che avrebbe dovuto prendere parte a quella conversazione, ma non le veniva in mente niente da dire. Parlavano della luna di miele che Damaris e Alec avrebbero trascorso viaggiando sul Continente. I viaggi all'estero erano un argomento sul quale Genevieve avrebbe potuto discorrere, a differenza dei libri dei quali le due amiche avevano parlato il giorno precedente. Ogni frase che le veniva in mente, però, le sembrava troppo pomposa e quando finalmente riuscì a formularne una che non lo fosse, la conversazione era passata al corredo da sposa di Damaris. «Non ho avuto tempo per comprarne uno completo» disse Damaris con un sospiro mentre entravano nella sua camera da letto. «Ma quanto meno sono riuscita a procurarmi qualche vestito nuovo.» Sul letto c'era il suo abito da viaggio, una creazione splendida di un blu intenso con il collo alto dallo stile vagamente militare, accentuato dagli alamari sul petto. Genevieve trattenne il respiro di colpo, ammirata. «Oh, Damaris! È stupendo.» Si avvicinò per osservare l'abito da vicino. Per quanto diverse potessero essere, Genevieve e sua cognata erano accomunate dalla pas16
sione per la moda. Passò i polpastrelli sul tessuto. «Che colore meraviglioso. Vi starà alla perfezione.» «Al mio ritorno ve lo presterò» le disse Damaris, soggiungendo divertita: «Dopotutto ho indossato i vostri abiti a Cleyre». «Vorrei tanto potermelo mettere.» Genevieve sospirò. «Ma voi avete la carnagione adatta. Io sembrerei un fantasma. Anni fa, quando debuttai in società, avrei tanto voluto indossare colori vivaci.» Colse il tono di rimpianto nella propria voce. «Ovviamente la nonna aveva ragione, i colori pallidi mi si addicono di più» si affrettò a soggiungere. «Dovreste indossarlo comunque» le disse Thea, convinta. «Io ho bandito tutti i miei vecchi vestiti noiosi.» «Ho sentito che l'amore fa questo effetto a certe persone» commentò Damaris, scoccando all'amica un'occhiata divertita. Thea rise. «Sì, immagino di sì. Io lo raccomando a tutti.» «Sembra che basti trasferirsi a Chesley. Tu hai incontrato Gabriel qui e io Alec.» Damaris si voltò verso Genevieve. «Dovreste guardarvi intorno, Genevieve, il vostro futuro marito potrebbe essere qui tra gli ospiti.» Genevieve non capì esattamente cosa intendesse Damaris, ma le sorrise educatamente. «Non è Chesley» protestò Thea. «È St. Dwynwen.» «Chi?» chiese Genevieve. «Non l'ho mai sentita nominare.» «St. Dwynwen. Era una santa gallese.» «La patrona dell'amore» soggiunse Damaris. «C'è una sua statua in chiesa. Non l'avete vista? Nella cappella laterale, dove ci sono le tombe.» Genevieve ricordava vagamente di aver scorto una statua di legno malconcia. «È un po'... vecchia?» Thea rise. «Più che vecchia. Non sappiamo quando 17
sia stata intagliata. Un cavaliere del posto la portò via da un altare gallese durante una campagna in Galles. Portò qui con sé anche una sposa gallese. La amava molto ed era convinto che le preghiere rivolte a St. Dwynwen fossero state ascoltate.» «È una storia molto romantica» disse Damaris. «Ma la leggenda locale riguardo a ciò che accadde in seguito è quasi più interessante.» «Cosa accadde?» domandò Genevieve, incuriosita. «Si dice che quando uno si rivolge alla statua con cuore sincero, trova l'amore» spiegò Thea. Genevieve sollevò un sopracciglio, scettica. «E voi conoscete qualcuno a cui sia successo davvero?» «Certo. Io» rispose Thea. Genevieve non seppe come ribattere. Guardò Damaris. «Lo avete fatto anche voi?» «Oh, no. Io cercavo in tutti i modi di evitare l'amore, non di trovarlo» rispose Damaris, asciutta. «Sono certa che non è stato nemmeno Alec.» Genevieve rise al pensiero del fratello dall'espressione feroce inginocchiato davanti a una statua antica, intento ad aprirle il suo cuore. «Mmh. In effetti, sembra un po' improbabile» convenne Thea. «Ma forse non c'è bisogno di chiedere, basta averlo nel cuore.» Il cuore di Alec, Genevieve lo sapeva, era romantico quanto quello di chiunque altro, nonostante il suo aspetto minaccioso. Il suo cuore, invece, era quello di una vera Stafford. Sorrise. «Allora temo che per me sia inutile.» Ci vollero parecchio tempo e ciò che la nonna di Genevieve definì schiamazzi sguaiati prima che gli sposi partissero. Genevieve sorrise e salutò la carrozza insieme con tutti gli altri invitati, ma non poté ignorare la so18
litudine che le opprimeva il petto. Non aveva perso suo fratello, sapeva che avrebbe sempre potuto contare su Alec. Ma non sarebbe più stato lo stesso. «Adesso è tutto cambiato» disse sua nonna, riflettendo i pensieri di Genevieve in un modo che la giovane ormai non trovava più sconcertante. La contessa si voltò e si avviò verso casa di Damaris. «Dobbiamo pensare al tuo futuro.» «Dobbiamo davvero?» «Certo.» La contessa si sedette, concedendosi di mostrare il primo accenno di stanchezza dall'inizio del matrimonio. «I pettegolezzi che il matrimonio di Alec susciterà rendono ancora più imperativo che tu ti sposi nel migliore dei modi.» «Sposarmi? Io?» Genevieve si voltò verso la nonna, sorpresa. «Certo. La reputazione della famiglia ne soffrirà quando la gente verrà a sapere delle sfortunate circostanze in cui è nata Damaris. Il tuo matrimonio con un uomo appartenente a un'ottima famiglia aiuterebbe molto.» «Ma io... non pensavo di sposarmi.» «Non è il caso di essere tanto allibita, Genevieve. Dopotutto non vorrai restare zitella, mi auguro.» «No, certo che no. Ma non avevo pensato a un matrimonio... nell'immediato futuro.» «Non c'è stato bisogno di pensarci finora. Però hai venticinque anni, mia cara. Non sei ancora vecchia, ma c'è la questione dei figli da prendere in considerazione.» «Figli?» «Santo cielo, Genevieve, non è il caso di ripetere a pappagallo ogni parola che dico. Ti sto semplicemente ricordando che ormai è ora di pensarci. Alec ha una moglie, adesso, e tu non sarai più la padrona di Stafford 19
House. Non sarai più tu a gestire la dimora dei Rawdon. Dubito ti piacerà cedere le redini a un'altra donna. Tuttavia non c'è bisogno di parlarne adesso. Avremo tempo più tardi.» Lady Rawdon voltò la testa e osservò gli ospiti rimasti, poi posò la mano sulla tasca dell'abito semplice, ma allo stesso tempo elegante. «Oh, cielo. Temo di aver perso i miei occhiali.» «I vostri pince-nez?» chiese Genevieve, sorpresa. La contessa portava i minuscoli occhiali stringinaso solo per leggere o ricamare. «Sì, devono essermi scivolati fuori dalla tasca in chiesa. Sii gentile, vammeli a prendere.» «Certo.» Recuperato il mantello, Genevieve uscì e si diresse verso St. Margaret, la piccola chiesa di pietra con il campanile squadrato che un ponticello separava dal resto del villaggio. All'interno della chiesa vuota, illuminata solo dai raggi del sole pomeridiano, Genevieve si diresse verso le prime panche, dove lei e la contessa avevano seguito la cerimonia. Passò più volte la mano sui cuscini per sicurezza e si chinò a cercare sotto la panca, ma non trovò traccia degli occhiali. Sospirò e si rialzò. Non era da sua nonna dimenticare qualcosa o sbagliarsi, ma Genevieve non riusciva a immaginare perché la contessa avrebbe dovuto inventare una scusa per allontanarla. A ogni modo, fu lieta di avere un po' di tempo per se stessa, per riflettere sulle parole sorprendenti di sua nonna. La contessa aveva ragione, ovviamente. Per Genevieve era venuto il momento di sposarsi. Per quanto gradevole fosse Damaris, era abituata a gestire una casa e non avrebbe lasciato a Genevieve le redini della sua nuova dimora. E a Genevieve non sarebbe piaciuto vivere sotto il controllo di un'altra donna. Non che lei fosse intenzionata a restare nubile per sempre, aveva sem20
pre pensato che si sarebbe sposata... in futuro. Sembrava fosse giunto il momento. Genevieve sospirò e si avvicinò alla piccola cappella laterale. Strette finestre istoriate gettavano una luce debole nella cappella, illuminando le effigi scolpite sulle tombe, un nobile cavaliere morto da secoli e la sua sposa. Su un lato c'era la statua crepata e malconcia di una santa, accanto a un inginocchiatoio e una rastrelliera di candele votive. Quella doveva essere la santa di Thea. Genevieve si avvicinò alla statua intagliata rozzamente. Era perfino più umile del resto della chiesetta di campagna. Qua e là si scorgevano le tracce della pittura che un tempo l'aveva adornata. Una crepa partiva da una spalla e scendeva per svariati pollici lungo il petto della statua. Non sembrava il genere di oggetto che potesse ispirare una leggenda. Lei si domandò se, come credeva Thea, quanti lo desideravano davvero riuscissero a trovare il vero amore. Non gli Stafford, ovviamente. Eppure... Non poté fare a meno di ripensare al volto di suo fratello mentre danzava con Damaris, i tratti addolciti, gli occhi illuminati. O a come gli sposi si erano guardati in chiesa qualche ora prima, mentre pronunciavano i voti coniugali. Qualcosa le trafisse il petto, gelido e rovente allo stesso tempo. Come sarebbe stato sperimentare quell'emozione? Porre il proprio cuore nelle mani di un altro? Deglutì nel tentativo di scacciare la sensazione di soffocamento che le risalì in gola. Pur sentendosi un po' sciocca, prese uno dei bastoncini che si trovavano accanto alle candele tremolanti e ne accese una. Si inginocchiò, sistemandosi con cura la gonna in modo che non potesse incastrarsi e strapparsi, poi posò le mani giunte davanti a sé. E ora? Genevieve guardò la statua umile che aveva accanto. 21
Benché fosse intagliata in modo rozzo, l'artista era riuscito a rendere il suo viso gentile, perfino comprensivo. Genevieve spostò lo sguardo sulle fiammelle che danzavano nei piccoli vasi di vetro rosso. «Mio Dio» sussurrò, «Vi prego, mandatemi un marito. Il marito giusto» si affrettò ad aggiungere. Cosa poteva significare? «Un uomo di sostanza e buon carattere.» Cos'altro dire? Di certo il Signore sapeva bene quali caratteristiche avrebbe dovuto avere suo marito. Doveva appartenere a un'ottima famiglia, era ovvio. Non doveva essere necessariamente ricco come Re Mida, ma una qual certa agiatezza era necessaria. Non troppo vecchio. Certo non uno che parlava a raffica come il figlio di Lord Farnsley, ma nemmeno un uomo troppo pedante, come il fratello di Thea, che discorreva sempre di antiche rovine romane. Qualcuno che sapesse cavalcare, Genevieve non riusciva a immaginare di trascorrere il resto della sua vita accanto a un uomo che non amasse i cavalli quanto lei. Presentabile. Non doveva essere necessariamente un Adone come Gabriel Morecombe, ma dopotutto lei avrebbe dovuto vederlo ogni giorno. Per un attimo immaginò come sarebbe stato gradevole avere un marito capace di farla ridere come Sir Myles o che avesse il suo fascino e la sua grazia nella danza, ma quelle non erano certo caratteristiche irrinunciabili in un marito. Batté le palpebre, cominciava a vedere minuscoli punti dorati e neri tra le fiammelle delle candele. Se qualcuno fosse entrato in chiesa e l'avesse vista in quel momento, sarebbe rimasto perplesso. Era una sciocchezza, come se per trovare il marito adatto bastasse inginocchiarsi e chiederne uno. Una porta sbatté e Genevieve si alzò di scatto, il cuore che le martellava nel petto all'improvviso. 22
Si spostò nella navata della chiesa. Un uomo biondo si stava guardando intorno, fermo accanto alla porta. Lord Dursbury. Presentabile. Educato. Sobrio e responsabile. Con un lignaggio quasi pari al suo. «Ah, eccovi» le disse lui, sorridendole allegro. «Lady Rawdon mi ha mandato a cercarvi. Avete trovato ciò che cercavate?» Genevieve gli sorrise. «Credo di sì.»
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Maestro di passione VICKY DREILING Londra, 1818 - Miss Amy Hardwick sa che i mesi successivi saranno determinanti per il suo futuro. Una nuova Stagione è infatti alle porte, l'ultima per trovare un marito di rango e per togliersi finalmente di dosso l'etichetta di timida senza speranza che la perseguita fin dal suo debutto. Un'impresa tutt'altro che facile, ma se ci si mette di mezzo il Diavolo... È questo infatti il soprannome di William Darcett, il libertino più pericoloso del ton, appena rientrato dal Continente e pronto a scandalizzare l'alta società con i suoi modi licenziosi. E quando, per un bizzarro caso del destino, i due vengono sorpresi in una situazione compromettente, l'incredibile accade: il diabolico Will sposa la schiva Amy. Eppure lei non è il fragile fiore che tutti si immaginano: una sorprendente sensualità si cela sotto le sembianze da educanda e toccherà a Will, complice una scommessa, darle libero sfogo.
Matrimoni e compromessi CANDACE CAMP Inghilterra, 1818 - La sorella del Conte di Rawdon, Genevieve Stafford, ha deciso di contrarre un matrimonio degno del nome altisonante che porta. La sua algida bellezza e i modi aristocratici non dovrebbero incontrare resistenze nel conquistare uno tra i Pari più in vista del regno. Tuttavia, a fidanzamento già annunciato, un terribile scandalo travolge la giovane lady che, ripudiata dal suo promesso sposo, crede di non avere altra scelta se non nascondersi nella tenuta di famiglia. Inaspettatamente le viene in soccorso Sir Myles Thorwood, caro amico del fratello, che le propone un matrimonio di convenienza per salvare la sua reputazione. Genevieve è convinta che le tocchi un'unione senza amore, ma l'affascinante consorte ha altro in mente. Mentre i due indagano sul motivo misterioso che ha generato lo scandalo, la conoscenza reciproca si fa sempre più approfondita.
Lettere scarlatte NICOLA CORNICK Scozia, 1812 - Se è vero che ne ferisce più la penna che la spada, Lady Lucy MacMorlan rappresenta un pericolo letale, dato che non c'è nessuno in tutta la Scozia più abile di lei nell'arte dello scrivere. Spinta dal desiderio di aiutare il fratello innamorato, riesce addirittura a mettere fuori combattimento un potente laird, sottraendogli la fidanzata il giorno stesso delle nozze. La promessa sposa, infatti, dopo aver ricevuto da un misterioso spasimante delle lettere ardenti, passionali ed emozionanti, decide di fuggire. Ma l'onta non può essere lasciata impunita. Il nobile respinto altri non è che il temuto Sir Robert, Marchese di Methven. Non appena intuisce che dietro al suo mancato matrimonio c'è l'incantevole Lucy, ha ben chiaro il da farsi: persa una sposa, ne esigerà un'altra, dai capelli rossi, lo sguardo fiero e capace di parlar d'amore.
Gioielli e misteri JULIA LONDON Inghilterra, 1808 - Quando Declan O'Connor, Conte di Donnelly, arriva a Hadley Green per conoscere la nuova Contessa di Ashwood, gli basta una sola, eloquente occhiata per capire che la graziosa nobildonna che gli dà il benvenuto non è chi dovrebbe essere. Nel tentativo di sfuggire a un matrimonio sgradito, infatti, Keira Hannigan ha assunto l'identità della vera contessa, sua cugina, in viaggio all'estero. Intrigato dal segreto che avvolge la seducente bugiarda, Declan decide di non smascherarla e acconsente addirittura ad aiutarla a far luce sul mistero che riguarda i preziosi gioielli scomparsi degli Ashwood. La situazione, però, precipita rapidamente quando un oscuro ricattatore minaccia di far scoppiare lo scandalo e il conte capisce che deve proteggere Keira a tutti i costi.
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