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NICOLA CORNICK

Lettere scarlatte


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Lady and the Laird HQN Books © 2013 Nicola Cornick Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A.. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special gennaio 2014 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2013 presso ELCOGRAF S.p.A. stabilimento di Cles (TN) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 184 del 15/01/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo Castello di Forres, Scozia, giugno 1803 Era una notte magica. C'era la luna nuova e il mare pareva una distesa argentea. Il vento sospirava tra i rami dei pini e nell'aria aleggiava l'odore del sale. «Lucy! Vieni a vedere!» Lady Lucy MacMorlan si girò nel letto e si tirò le coperte fin sopra le orecchie. Stava bene al calduccio e non aveva la minima voglia di abbandonare quel piacevole bozzolo per gli spifferi della finestra. Inoltre non voleva unirsi a sua sorella Alice nel lanciare un incantesimo. Erano passatempi stupidi e pericolosi e potevano solo metterle nei guai. «Io non mi alzo. Non voglio un marito» dichiarò. «Ma certo che lo vuoi» sbottò Alice impaziente. A sedici anni appena compiuti la gemella di Lucy era affascinata dai balli, dagli abiti eleganti e dagli uomini. Quella sera aveva fatto tre volte il giro della meridiana del castello, recitando l'antico incantesimo d'amore che con la luna nuova le avrebbe fornito l'immagine del suo futuro marito. Lucy invece era rimasta in bibliote5


ca a leggere i Saggi morali e politici di Hume. Ora che il sole era tramontato Alice aspettava di conoscere l'esito del suo incantesimo. «Ma certo che ti sposerai» insistette. «Che altro potresti fare?» Leggere, pensò Lucy. Leggere, scrivere e studiare. Era molto più divertente. «Tutte le donne si sposano» proclamò Alice con aria saputa. «Dobbiamo stabilire alleanze e procreare eredi. È il dovere delle figlie di un duca: lo dicono tutti.» Sposarsi. Avere dei figli. Lucy rifletté in modo razionale su quella prospettiva, come faceva sempre con tutte le idee. In effetti era ciò che ci si aspettava da loro; anche la madre lo avrebbe voluto. Era morta quando Lucy e Alice erano molto piccole, ma tutti dicevano che era stata la stella della sua generazione, l'elegante figlia del Conte di Starharnon che aveva contratto un ottimo matrimonio e dato alla luce una sfilza di magnifici figli. La sorella maggiore di Alice e Lucy, Mairi, aveva diciotto anni ed era già sposata. Lucy non era contraria all'idea, ma le pareva difficile incontrare un uomo che fosse più interessante di un libro. «Lucy!» la richiamò Alice con asprezza. «Guarda! Alcuni gentiluomini sono usciti sul terrazzo a bere il brandy! Quello che vedrò per primo sarà il mio vero amore.» «Sciocchezze» tagliò corto Lucy. Alice non fece una piega. Non ascoltava mai i pareri altrui quando era eccitata. Quella sera il padre dava una cena, ma loro erano troppo giovani per essere invitate. Ci fu una pausa. Attraverso la finestra aperta Lucy 6


poteva sentire un suono di voci e risate maschili provenire dal piano di sotto, unito al tintinnio dei bicchieri posati sulla pietra. Un aroma di sigaro le arrivò alle narici. «Oh!» esclamò Alice incuriosita. «Chi è? Non riesco a vederlo bene in faccia...» «Forse perché ti dà le spalle» borbottò Lucy. Voleva dormire, ma il chiacchiericcio della sorella glielo impediva. «Ricordati che cosa dice l'incantesimo: se ti dà le spalle, significa che non è il tuo vero amore.» Alice non l'ascoltò. «È uno dei figli di Lord Purnell, ma quale?» «Sono tutti troppo vecchi per te» l'ammonì Lucy. «E non farti vedere. Papà si infurierebbe, se venisse a sapere che una delle sue figlie si è affacciata alla finestra in camicia da notte. Saresti rovinata ancora prima di debuttare.» Come al solito, Alice non le diede retta. Era come una farfalla, che svolazzava qua e là senza prestare attenzione a nulla. «È Hamish Purnell. È già sposato» commentò delusa. «Te l'avevo detto che era una sciocchezza.» «Oh, stanno discutendo!» esclamò Alice eccitata. Volubile come una banderuola, pareva aver già dimenticato la sua delusione. Aprì di più la finestra e si sporse sul davanzale di pietra. «Lucy, vieni a vedere!» insistette. Lucy aveva notato l'improvvisa violenza che si era inserita nel tono delle voci sul terrazzo. Impaurita, raggiunse Alice che osservava la scena sottostante tesa come un arco. Due uomini si stavano affrontando proprio sotto di 7


loro. Non poteva vederli in faccia, ma riconobbe la voce altera, sprezzante e patrizia del cugino Wilfred. «Perché siete qui stasera, Methven? Siete solo un figlio minore. Non riesco a credere che mio zio vi abbia invitato.» Qualcuno scoppiò a ridere e gli uomini si fecero più vicini, come un branco di lupi famelici che accerchia una preda. «Com'è villano e odioso Wilfred!» esclamò Alice. «Lo detesto.» Anche Lucy lo aveva sempre odiato. A diciotto anni era l'erede di Cardross e non perdeva occasione per vantarsi del suo rango e della parentela con il Duca di Forres. Aveva passato l'ultimo anno a Londra, dove si diceva avesse dilapidato una fortuna tra bevute, gioco d'azzardo e donne. Wilfred era altero, presuntuoso e prepotente; ora faceva l'arrogante perché era circondato dai suoi compari. «Forse il duca mi ha invitato perché le sue maniere sono migliori di quelle del nipote» replicò l'altro senza lasciarsi intimidire. La voce era più rude di quella di Wilfred e aveva un lieve accento scozzese. Si girò e all'improvviso la luce della luna lo illuminò: era alto, con il viso forte e deciso e le spalle ampie. Studiandolo, Lucy si rese conto che era ancora molto giovane, non doveva avere più di diciannove o vent'anni. L'atmosfera tra gli uomini cambiò: l'antagonismo era ancora forte, ma ora si avvertiva anche una nota di incertezza, quasi di paura. Anche Alice la percepì e si ritirò al riparo delle pesanti tende di velluto. «È Robert Methven» sussurrò. «Cosa fa qui?» 8


«Lo ha invitato nostro padre» rispose Lucy nello stesso tono. «Dice di non avere tempo per le faide. Le considera incivili.» I clan dei Forres e dei Methven erano nemici da tempo. I Forres e i loro parenti, i Conti di Cardross, sostenevano la Corona scozzese, mentre i Methven spadroneggiavano sull'estremo nord, discendenti dei Vichinghi delle Isole Orcadi, e avevano ancora adesso una reputazione di gente fiera e indipendente. Lucy osservò il viso di Robert Methven, messo in risalto dalla luce della luna e provò un brivido lungo la schiena, una sensazione strana e primitiva. Erano stati nemici per generazioni. Era un'ostilità che le scorreva nel sangue, rafforzata dalle storie che le raccontavano da piccola. La guerra tra clan poteva anche appartenere al passato, ma le vecchie inimicizie erano dure a morire. «Un giorno mi riprenderò le terre che la vostra famiglia ha rubato al nostro clan, Methven, e ve la farò pagare, lo giuro» dichiarò Wilfred. «Non vedo l'ora» rispose Robert divertito. «Nel frattempo, vogliamo approfittare ancora un po' dello squisito brandy del duca?» Oltrepassò Wilfred come se la conversazione non lo interessasse più. Deciso ad avere la precedenza, questi lo superò e rientrò per primo in salotto. Methven scrollò noncurante le ampie spalle. Alice lasciò ricadere le tende. «Ho freddo» borbottò. «Torno a letto.» Lucy dovette faticare per richiudere la finestra. Tipico di Alice, lasciarla a sistemare le cose. «Hamish Purnell...» la sentì mormorare mentre sci9


volava sotto le coperte. «In fondo non è male...» «È sposato» le ricordò ancora una volta Lucy. «Inoltre quando lo hai visto ti voltava le spalle.» «Si è girato» replicò Alice. «Aveva il viso rivolto verso di me e il mare dietro, segno di vero amore. Magari la moglie morirà. Chiudi bene la finestra, Lucy, così nessuno capirà che stavamo guardando» si raccomandò. Lucy lottò ancora con il vetro pesante. La spessa tenda di velluto urtò il vaso di porcellana bianca e azzurra posato sulla mensola accanto al suo gomito. Lei lo guardò oscillare, sfuggire alla sua presa e piombare sul terrazzo attraverso la finestra ancora aperta. Abbassò lo sguardo inorridita: non c'era più nessuno, ma i frammenti giacevano sparsi sulle pietre e brillavano alla luce della luna. «Devi scendere a raccogliere i cocci, altrimenti li troveranno e capiranno che stavamo guardando» bisbigliò Alice in tono pressante. «Scendi tu» ribatté Lucy. «Non sono stata io a far cadere il vaso» argomentò Alice. «Neanch'io! Affacciarsi alla finestra come una poco di buono è stata una tua idea.» «Se mi vedono finirò di nuovo nei guai.» All'improvviso Alice le apparve giovane e ansiosa e Lucy avvertì un fremito di pietà. «Papà mi ripete sempre che la mamma si sarebbe vergognata di me, per via di tutti i pasticci che combino.» Lucy sospirò, pronta a cedere. Non poteva permettere che Alice finisse nei guai: faceva parte del patto che le legava come gemelle e amiche. Sospirò di nuovo e 10


allungò una mano verso la vestaglia e le pantofole. «Se passi dalla Torre Nera, farai più in fretta e nessuno ti vedrà» le consigliò Alice. «Lo so!» scattò Lucy. Avvertì comunque un fremito di inquietudine mentre prendeva la candela, socchiudeva la porta e scivolava fuori. Percorse in silenzio il corridoio. Il castello non la spaventava: era cresciuta là e conosceva ogni angolo di quell'antica costruzione, tutti i suoi segreti e i suoi fantasmi. Non aveva paura del sovrannaturale, ma delle creature in carne e ossa. Non poteva permettersi di venire sorpresa mentre girava per il castello in piena notte. Lei non si cacciava mai nei guai, non faceva mai niente di sbagliato. Alice era impetuosa e avventata, Lucy buona e virtuosa. Fece scorrere la sbarra della pesante porta in fondo alle scale, l'aprì e si concesse un momento per godersi la notte. La brezza le carezzava il viso, carica dell'odore del mare e del profumo della ginestra e il frangersi distante delle onde si mescolava al fruscio dei pini. La falce di luna brillava nel cielo di velluto. Per un attimo Lucy ebbe la pazza idea di attraversare i prati e correre fino al mare, sentire la sabbia fresca sotto i piedi e l'acqua che le lambiva le gambe nude. Non l'avrebbe mai fatto, naturalmente. Era troppo beneducata. Si chinò a raccogliere con un sospiro i frammenti del vaso. Le cameriere avrebbero notato la sua scomparsa e senza dubbio lo avrebbero riferito. Il padre si sarebbe arrabbiato, visto che era uno dei pezzi preferiti della defunta moglie. Sarebbero seguite domande, spiegazioni e bugie; lei e Alice avrebbero dovuto ammettere l'accaduto, omettendo però che si erano affacciate alla 11


finestra per osservare i giovani invitati. Sperava che il padre non restasse troppo deluso del suo comportamento. «Posso aiutarvi?» Lucy trasalì e si girò, lasciando cadere i frammenti del vaso. Robert Methven era in piedi davanti a lei e dava le spalle al mare. Visto da vicino, appariva alto e imponente come da lontano. «Credevo che non ci fosse nessuno» proruppe Lucy. Lo vide sorridere. «Mi dispiace. Non volevo spaventarvi.» Si chinò a raccogliere i pezzi e glieli rese con aria seria. «Perché non li posate sulla balaustra, prima di farli cadere un'altra volta?» suggerì. «Oh, no!» replicò Lucy. «Devo andare...» Non accennò neanche a dirigersi verso la porta della torre. «Cosa fate qui fuori al buio?» chiese poi. Lui scrollò le spalle. «La compagnia non è particolarmente gradevole.» «Wilfred, immagino» concordò Lucy. «Mi dispiace, è proprio odioso.» «Non me ne importa, ma non sceglierei di passare del tempo con lui a meno che non vi fossi costretto.» «Neanch'io. E badate che è mio cugino.» «Che sfortuna! Dunque siete...» «Lucy. Lucy MacMorlan.» «È un piacere conoscervi, Lady Lucy.» «E voi siete Robert Methven.» Lui si inchinò. «Siete simpatico.» Lui sorrise al suo tono sorpreso. «Grazie.» «Non dovremmo essere nemici?» chiese Lucy. 12


Il sorriso di Robert divenne ancora più ampio. «Lo vorreste?» indagò. «Oh, no! Ormai è acqua passata.» «Il passato a volte non molla la sua presa. Le nostre famiglie si sono odiate per generazioni» le ricordò Robert Methven. «Secondo mio padre, le faide tra clan sono stupide, sorpassate e incivili.» Lucy osservò la luce argentea della luna giocare sul viso di lui, mettendo in risalto certi tratti e nascondendone altri e provò una strana emozione. «È per questo che sono qui stasera» spiegò Robert. «Per lasciarci il passato alle spalle.» Accennò ai frammenti del vaso bianco e azzurro. «Com'è successo?» «Oh...» Lucy arrossì. «La finestra era aperta. La tenda lo ha colpito e fatto cadere.» Methven scoppiò a ridere. «Mio fratello Gregor e io finiamo sempre nei guai per faccende simili.» «Non ci credo.» Lucy sollevò lo sguardo sull'alta figura stagliata contro il cielo notturno. «Siete troppo adulti per queste cose.» Robert scoppiò di nuovo a ridere. «Forse, ma mio nonno è un vero tiranno. Non riusciamo mai a rispettare le sue regole.» Lucy si rese conto che gli angoli aguzzi dei frammenti del vaso le ferivano i palmi e i piedi cominciavano a gelare nelle leggere pantofole. Cosa le era preso, parlare con Robert Methven in tenuta da notte? «Devo andare» ripeté. Lui non tentò di trattenerla, ma sorrise. «Buonanotte, allora, Lady Lucy.» Giunta alla porta, lei si girò. «Non mi tradirete, ve13


ro?» chiese cauta. «Non voglio finire nei guai.» Robert scoppiò a ridere. «Non lo farei mai.» «Promesso?» insistette Lucy. Lui la raggiunse. Sapeva di fumo e aria fresca e il suo sorriso metteva in mostra denti candidi e regolari. Le girava un po' la testa e non sapeva perché. «Promesso» le assicurò. Poi si chinò a prenderle le labbra. Fu un bacio rapido e lieve, ma la lasciò comunque così scossa che per un attimo rimase immobile per la sorpresa, dimentica dei frammenti che teneva in mano. «Era il vostro primo bacio?» chiese Robert, e la sua voce era così amabile che si poteva intuire un sorriso tra le parole. «Sì» rispose senza riflettere. La sua sincerità e la schietta innocenza le impedivano di ricorrere ai tipici artifici femminili. «Vi è piaciuto?» Lucy aggrottò la fronte. Le sensazioni che provava erano troppo nuove e confuse per riuscire a descriverle, ma andavano di certo al di là di un semplice apprezzamento. «Non lo so» ammise. Un'altra risata. «Vi andrebbe di rifarlo, così potreste decidere?» Un'improvvisa eccitazione le fornì la risposta. «Sì» sussurrò. Lui le prese i frammenti di porcellana dalle mani, li posò con cura sulla balaustra di pietra e l'attirò a sé, così che le mani di Lucy si posassero sul suo petto. La giacca era morbida sotto i palmi. All'improvviso provò una tremenda timidezza e fu tentata di fuggire, poi lui 14


la baciò e ogni ritrosia svanì, persa in un misto di dolcezza, calore ed eccitazione. Le girava la testa e dovette affondargli le dita nella giacca per mantenere l'equilibrio. Il cuore le martellava nel petto. Si sentiva fragile e non riusciva a smettere di tremare. Così come era cominciato, all'improvviso tutto finì e lui si tirò indietro, lasciandola andare con gentilezza. Per un attimo la luce della luna illuminò la sua espressione di sorpresa e qualcosa che Lucy non riusciva a comprendere. Quando parlò, però, sembrava sempre lo stesso. «Grazie» disse con semplicità. Lucy non sapeva cosa fare e si sentì di nuovo intimidita; afferrò i frammenti del vaso, borbottò un saluto e se ne andò così in fretta da inciampare quasi nell'orlo della vestaglia. Fece le scale di corsa, senza quasi notare i gradini di pietra. La mente era troppo colma del ricordo dei baci di Robert Methven per pensare a qualcos'altro. Quando entrò in camera Alice dormiva. Guardando il suo volto sereno, Lucy non poté trattenere un sorriso. Non riusciva a prendersela a lungo con l'amata gemella, diversa da lei sotto tanti aspetti, ma anche così vicina. Posò sullo scaffale i frammenti del vaso, si infilò svelta a letto e si addormentò. Sognò la falce di luna che illuminava il mare, potenti incantesimi e i baci di Robert Methven. Sapeva che non l'avrebbe tradita. Ormai erano legati.

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Lettere scarlatte NICOLA CORNICK Scozia, 1812 - Se è vero che ne ferisce più la penna che la spada, Lady Lucy MacMorlan rappresenta un pericolo letale, dato che non c'è nessuno in tutta la Scozia più abile di lei nell'arte dello scrivere. Spinta dal desiderio di aiutare il fratello innamorato, riesce addirittura a mettere fuori combattimento un potente laird, sottraendogli la fidanzata il giorno stesso delle nozze. La promessa sposa, infatti, dopo aver ricevuto da un misterioso spasimante delle lettere ardenti, passionali ed emozionanti, decide di fuggire. Ma l'onta non può essere lasciata impunita. Il nobile respinto altri non è che il temuto Sir Robert, Marchese di Methven. Non appena intuisce che dietro al suo mancato matrimonio c'è l'incantevole Lucy, ha ben chiaro il da farsi: persa una sposa, ne esigerà un'altra, dai capelli rossi, lo sguardo fiero e capace di parlar d'amore.

Gioielli e misteri JULIA LONDON Inghilterra, 1808 - Quando Declan O'Conner, Conte di Donnelly, arriva a Hadley Green per conoscere la nuova Contessa di Ashwood, gli basta una sola, eloquente occhiata per capire che la graziosa nobildonna che gli dà il benvenuto non è chi dovrebbe essere. Nel tentativo di sfuggire a un matrimonio sgradito, infatti, Keira Hannigan ha assunto l'identità della vera contessa, sua cugina, in viaggio all'estero. Intrigato dal segreto che avvolge la seducente bugiarda, Declan decide di non smascherarla e acconsente addirittura ad aiutarla a far luce sul mistero che riguarda i preziosi gioielli scomparsi degli Ashwood. La situazione, però, precipita rapidamente quando un oscuro ricattatore minaccia di far scoppiare lo scandalo e il conte capisce che deve proteggere Keira a tutti i costi.


Sfida di seduzione KASEY MICHAELS Inghilterra, 1810 - Nessuno dei fratelli Redgrave può dirsi al sicuro. La rediviva e inquietante Society tesse le sue trame nell'ombra e fino a quando certi scandalosi diari della setta non saranno recuperati e distrutti, la minaccia permane. La più determinata nella ricerca è la giovane e impulsiva Lady Katherine che, desiderosa di vivere un'eccitante avventura, butta all'aria l'intera tenuta di famiglia pur di trovare ciò che sta cercando. Qualcuno però ha deciso di metterle i bastoni tra le ruote. Si tratta di Simon Ravenbill, Marchese di Singleton, ansioso a sua volta di essere il primo a rintracciare gli scritti incriminati. Forse l'unica soluzione è unire le forze, procedendo insieme nell'impresa. Ma un nuovo problema si presenta a questo punto: come fingere indifferenza quando il desiderio sembra crepitare tra loro a ogni sguardo e un'attrazione irresistibile li spinge l'uno nelle braccia dell'altra?

Nella trappola del duca ANNE BARTON Londra, 1815 - Sarta nel negozio più esclusivo di Londra, Miss Anabelle Honeycote viene a conoscenza dei piccanti segreti del ton e occasionalmente - li usa a suo vantaggio. Non è certo fiera di simili azioni, ma la riluttante ricattatrice è alla disperata ricerca di denaro per aiutare la sua famiglia, in grave difficoltà. Per tenersi al riparo da misfatti più gravi, Anabelle ha stabilito alcune regole a cui si attiene scrupolosamente, fino a quando commette un errore fatale: ricatta l'uomo sbagliato. Pericoloso e potente, Owen Sherbourne, Duca di Huntford, non è certo tipo da farsi tenere in pugno da una donna, per quanto attraente e graziosa possa essere. Così, colta in flagrante Anabelle, le ritorce contro il suo stesso gioco. Ora è lei a essere alla mercé di Owen e il duca sembra avere, nei suoi confronti, intenzioni ardenti, peccaminose e decisamente poco onorevoli...

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