ELAINE COFFMAN Il prezzo del riscatto
Immagine di copertina: Lee Avison/Trevillion Images
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Fifth Daughter Mira Books
© 2001 Guardant, Inc. Traduzione di Paola Picasso
Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises ULC.
Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special luglio 2003
Seconda edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2023
Questo volume è stato stampato nell'aprile 2023 da CPI Moravia Books
I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL
ISSN 1124 - 5379
Periodico mensile n. 339S del 26/05/2023
Direttore responsabile: Sabrina Annoni
Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994
Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale
Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA
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Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano
L'amore (a quanto ne intesi dire) vola talvolta e tal'altra cammina, con questo corre, tardo è con quell'altro; chi ne resta intiepidito semplicemente, e chi abbruciato; ferisce l'uno, uccide l'altro: comincia ad un punto la carriera dei desiderî, e nell'atto medesimo la termina; suole nella mattina porre l'assedio ad una fortezza, e la sera ha fatto seguirne la resa, non vi essendo forza alcuna che gli resista.
Miguel de Cervantes (1547-1616) scrittore spagnolo
Chi può dire per quale alta causa questa creatura cara a Dio è nata?
Andrew Marvell (1621-1678) poeta e politico inglese
Nella primavera del 1795, madre natura fu particolarmente benevola e trasformò l'Inghilterra in un tripudio di colori.
Quantità di fiori di ogni sfumatura sbocciarono nei campi, nei boschi spopolati e nel cimitero del villaggio. D'improvviso i sottili tralci dell'erica rosseggiarono nella brughiera dello Yorkshire settentrionale, attorcigliandosi alle croci e alle pietre erose dal tempo, coprendo il terr eno impregnato di storia.
Maggio era arrivato e l'inverno era finalmente terminato.
Era tempo di giubilo, perché la primavera attesa tanto a lungo era giunta. Ma a Hampton Manor non si festeggiava.
La Viscontessa Strathmore era morta.
Investite dal vento, le imposte sbatterono contro le finestre della casa, soffocando i vagiti della bambina che Lady Strathmore aveva appena messo al mondo.
Avrebbe dovuto essere un periodo di festeggiamenti, ma dentro le mura del castello di pietra grigia c'erano solo lutto e dolore.
Nella stanza di Lady Strathmore, il visconte guardava con profonda tristezza la moglie morta. Le rughe che i ncidevano il suo viso non nascevano dalla sofferenza, bensì da un terribile senso di colpa.
Incredulo e sgomento, il visconte si domandò come fosse possibile che quella giornata, iniziata così allegr amente, con sua moglie che cantava e rideva, raccomandandogli di essere paziente perché suo figlio sarebbe arrivato presto, fosse finita in una tale tragedia.
Era accaduto tutto in un attimo, e lui continuava a domandarsi che cosa avrebbe potuto fare per prevenire quel dramma, e perché tutto fosse andato male.
Solo poche settimane prima aveva incontrato una zi ngara a Londra. La donna aveva guardato il ventre arrotondato di sua moglie e aveva detto: «Comprate un mazzo di fiori per la madre di vostro figlio, milord».
«Bada a come parli, vecchia megera» le aveva risposto lui. «Io sono già stato maledetto dalla nascita di quattro femmine.»
«Questa volta sarà un maschio, milord» aveva insistito la donna.
Pur non osando sperare, aveva dato una moneta alla vecchia e aveva regalato un mazzolino di fiori a sua moglie, pregando che lei, entro poche settimane, gli donasse non l'ennesima figlia, ma un maschio.
Dopo quattro femmine e nessun maschio per portare avanti il nome della famiglia, Lord Strathmore impazziva di gioia all'idea di avere finalmente un erede. Perfino sua moglie era sicura che il nascituro sarebbe stato un maschio, e quando erano cominciate le prime doglie si era affrettata a finire un golfino azzurro lavorato a maglia.
Ma qualcosa era andato storto in maniera irrevocab ile.
La sua povera moglie aveva tribolato per diciotto ore senza riuscire a partorire. Alla fine, quando il dottor D owning era uscito dalla sua camera e il visconte aveva visto la sua espressione desolata, non aveva avuto bisogno di spiegazioni. Aveva capito che le notizie non erano buone, ma non aveva immaginato che le poche parole successive avrebbero distrutto il suo mondo, e che la decisione che sarebbe stato costretto a prendere di lì a poco avrebbe cambiato completamente la sua vita e lo avrebbe gettato per sempre in un baratro di rimorso e di disper azione.
Un lampo era guizzato attraverso il cielo, seguito dall'esplosione assordante di un tuono che aveva fatto v ibrare le pietre del castello. La fiamma delle candele si era messa a ondeggiare e una folata di vento, entrata dal caminetto, aveva strappato uno sciame di scintille dal fu oco.
Il medico si era asciugato le mani in una salvietta macchiata di sangue. «Mi dispiace. Ho fatto tutto quello che ho potuto, ma sono sorte delle complicazioni. Non posso salvare sia vostra moglie sia il bambino. Vostra Signoria deve scegliere.»
Lord Strathmore aveva sollevato una mano come per zittirlo e aveva voltato la testa di lato. «Nooo! Non posso! Non chiedetemi una cosa simile.»
«Vostra Signoria, vi prego! Non posso prendere questa decisione al posto vostro. Soltanto voi potete compiere questa terribile scelta. Se vi rifiuterete, perderete entrambi.»
«Scegliere? Dio del cielo! Come posso scegliere tra mia moglie e mio figlio? Chi potrebbe farlo?»
«Non so rispondervi, Vostra Signoria. Posso solo dirvi che vostra moglie ha perso molto sangue e che, secondo
me, è il bambino quello che ha maggiori possibilità di sopravvivere.»
Il visconte aveva gettato indietro la testa con un grido di dolore.
Un attimo dopo si era ricomposto e aveva parlato con voce priva di emozione.
«Salvate mio figlio.»
E ora tu sei una cosa senza nome Così abbietta... e tuttavia viva!
Lord Byron (1788-1824)
poeta inglese Il signor Samuel Livingston Bronwell era soddisfatto per molte ragioni, ma non era mai stato tanto felice come nel momento in cui tornò nello Yorkshire con la sua famiglia. La settimana trascorsa a Londra in visita ai parenti della sua cara moglie era stata una tortura.
I due coniugi stavano chiacchierando tranquillamente quando la loro carrozza rallentò all'improvviso. Sia Samuel sia sua moglie Olympia guardarono fuori del finestrino e, vedendo che stavano passando davanti al cimitero, distolsero in fretta lo sguardo dal gruppo di persone raccolte intorno a una tomba aperta davanti alla quale il reverendo Charles Constable stava celebrando delle esequie.
Stephen invece, il primogenito dei Bronwell, schiacciò il naso contro il finestrino. «Un funerale!» esclamò. «Chi è morto, papà?»
«Non lo so, figliolo. Forse lo scopriremo quando arriveremo a casa.»
Seduta accanto a lui, la signora Bronwell tirò la manica del figlio. «Allontanati dal finestrino, Stephen. Non devi fissare la gente. Un po' di rispetto per il defunto.»
Percy Bronwell, di tre anni, che fino a quel momento era stato seduto tranquillo vicino a lei, le si buttò addosso per avvicinarsi al finestrino.
«Lo vedi?» borbottò lei. «Adesso anche tuo fratello vuole guardare fuori.»
Con un gesto deciso, Olympia si mise Percy sulle ginocchia, abbassò la tendina e la carrozza superò il gruppo di persone a lutto, procedendo lungo la strada piena di curve.
Alcune ore dopo il loro arrivo, il signor Bronwell si stava rilassando nel suo studio, felice di essere di nuovo a casa, quando sua moglie irruppe nella stanza. «Ho appena ricevuto la visita della signora Throckmorton. Passava da queste parti ed è venuta a trovarmi. Non crederai mai a quello che mi ha detto.»
«Al contrario, mia cara. Ho imparato a non dubitare mai di nulla, quando ci sono di mezzo delle donne, soprattutto se si tratta di una come Agnes Throckmorton.»
«Ebbene, signor Bronwell, non crederai a quello che sto per dirti. La persona che seppellivano questa mattina era la Viscontessa Strathmore, che Dio l'abbia in gloria, e ti assicuro che non sono mai stata tanto sconvolta come nel momento in cui ho ricevuto questa notizia.»
Samuel lasciò cadere il giornale con un'espressione di cordoglio e insieme di rassegnazione e rivolse la sua attenzione alla moglie perché sapeva che, finché non l'avesse fatto, lei non avrebbe smesso di parlare. «Che cosa hai detto della viscontessa?»
«Il funerale, mio caro marito. Era il suo!»
«Non vorrai dire che Lady Strathmore è morta?» replicò lui, altrettanto sconvolto.
Prendendolo come un invito, Olympia si sedette sul divano, davanti a lui. «Morta e sepolta» rispose. «E pensare che abbiamo bevuto un tè insieme proprio pochi giorni prima di partire per Londra.» Si interruppe, riflettendo, e poi riprese: «La signora Throckmorton incolpa Lord Strathmore. Riesci a credere che lei sia morta per colpa del marito?».
«Andiamo, Olympia. Sta' attenta a quello che dici del visconte. Sebbene non sia molto amato, appartiene a una delle famiglie tra le più antiche e rispettate e non è tipo da uccidere sua moglie. Per quale motivo l'avrebbe fatto?»
«Non cominciare a difenderlo prima di sapere quello che è successo. O non t'interessa?»
Samuel scosse la testa. «Che m'importi o no, me lo dirai lo stesso.»
Come suo marito aveva previsto, Olympia gli raccontò perché Lady Strathmore era morta e gli eventi che avevano portato a quella drammatica conclusione. Terminò il racconto con un sospiro e aggiunse: «Se penso a com'era emozionata Teresa all'idea di dare finalmente un figlio maschio al marito, mi viene da piangere. Quando siamo partiti era in ottima salute. Una settimana dopo è morta. E la bambina! Mi addolora pensare a quella povera innocente, rimasta senza madre».
«Pessima scelta di parole, mia cara. Quella bambina non è affatto una trovatella. Suo padre è un visconte, per cui dubito che la si possa considerare abbandonata.»
Olympia lo ignorò. «È orfana della madre e questo mi spezza il cuore. Che terribile fardello per quella creatura.»
«Di quale fardello parli?»
«Ma insomma, signor Bronwell! Come fai a non capire che tormento sarà per quella bambina crescere sapendo che esiste solo perché suo padre ha scelto di lasciar morire sua madre?» La voce le si incrinò e lei, tirando fuori un
fazzoletto dalla tasca, si asciugò gli occhi. «È tutto così orribile» dichiarò, rabbrividendo. «Come può un uomo decretare la morte di sua moglie?»
«La bambina non può certo essere incolpata di questo.»
«E chi la informerà di quello che è accaduto al momento della sua nascita? Sentiamo.»
«Con tutta probabilità lo farai tu, se risiederà abbastanza a lungo in questa zona. In ogni caso, concordo nel dire che si tratta di una tragedia.»
«Oh, mio caro, non hai ancora sentito la parte peggiore. Pare che dal giorno in cui è morta la moglie, il visconte si sia chiuso nel suo studio con una quantità di bottiglie di whisky.»
«È comprensibile. È un modo diffuso di difendersi dal dolore.»
«Non quando puzza di abbandono! Quel vigliacco! Si nasconde e lascia che sia la servitù di Hampton Manor ad occuparsi di quella povera piccina. Come se isolarsi in quel modo potesse redimerlo da ogni colpa o diminuire il suo rimorso.»
«Certe persone si comportano in quel modo perché non possono sopportare l'orrore di quello che hanno fatto.»
«Io trovo tutta questa faccenda abominevole. La sua povera moglie è appena deceduta, sua figlia ha bisogno di cure e lui che cosa fa? Si chiude nel suo studio con una bottiglia di whisky.»
«È il rimorso» commentò Samuel. «Come si suol dire, il colpevole non sa perdonare se stesso.»
«Bene. Merita di soffrire, se vuoi il mio parere. Che razza di uomo può decidere di lasciar morire sua moglie?»
«Uno che è disperato. Non credi che una parte della colpa sia di quella zingara di cui mi hai parlato? Dopotutto, se la signora Throckmorton ha ragione, è stata lei a dire a Lord Strathmore che il figlio che la viscontessa aspettava
sarebbe stato un maschio. Sono sicuro che ha pensato a questo quando ha dovuto prendere una decisione. Inoltre il dottor Downing lo ha costretto a scegliere tra la moglie e il bambino. Secondo me, il buon medico avrebbe dovuto fare di tutto per salvare entrambi. A nessuno dovrebbe essere chiesto di vestire i panni di Dio. Non sei d'accordo?»
«Devo pensarci, signor Bronwell.»
«Quel pover'uomo dovrebbe essere compatito. Ha sempre desiderato un maschio, ma ha avuto solo femmine.»
«Ben gli sta. Ha tenuto in maggior conto i propri desideri egoistici della salute di sua moglie. Un figlio a tutti i costi! Senza curarsi del prezzo che lei avrebbe dovuto pagare, povera donna.»
«Sono certo che il visconte soffre molto.»
«Non ci credo! Sai che si è rifiutato di vedere la bambina? Quella creatura è carne della sua carne, sangue del suo sangue, e non l'ha mai guardata. È una vera crudeltà.»
«Ormai quel che è fatto, è fatto. Sono sicuro che Lord Strathmore tornerà in sé e abbraccerà la sua figlioletta.»
Olympia s'inalberò. «La signora Throckmorton mi ha detto che la governante di Lord Strathmore ha riferito alla cuoca che il visconte non accetterà mai la bambina. Che bisogno aveva di una quinta figlia?»
«Oso dire che la parola della governante del visconte non può essere l'ultima.»
«Forse, ma ho saputo anche che il reverendo Constable si è molto preoccupato quando ha appreso che la piccola è ancora senza nome. Permettere una cosa simile è un sacrilegio. Ha detto che qualcuno deve fare in modo che la piccola sia battezzata e riceva un nome cristiano.»
Il signor Bronwell riprese in mano il giornale. «Sospetto che il reverendo Constable abbia detto questo sapendo che tu e la signora Throckmorton vi sareste fatte avanti per prime. Ho ragione?»
«Ecco» rispose Olympia, «in effetti Agnes e io ci abbiamo pensato. E a buon diritto, considerato che eravamo amiche di Lady Strathmore.»
La voce si sparse per la brughiera con la rapidità di un incendio estivo e la notizia che il Visconte Strathmore era partito per Londra con le quattro figlie maggiori, lasciando a casa l'ultima nata, volò sulle ali del vento.
Fu la domenica seguente che il severo ministro della comunità decise di non parlare di perdono e di tuonare invece contro la mancanza di fede dei genitori che non fanno battezzare i figli e non li rendono così dei buoni cristiani.
Dopo il sermone, la signora Throckmorton e la signora Bronwell si avvicinarono al reverendo Constable e indagarono sulla situazione della figlia senza nome del visconte.
«Non sono stato informato di alcuna iniziativa in tal senso. Se non salterà fuori un nome, ne sceglierò uno io da dare alla bambina.»
Quando il reverendo si fu allontanato, le due buone signore si guardarono allarmate. Non potevano permettere che fosse il reverendo a scegliere il nome della neonata per la buona ragione che lui aveva chiamato le sue figlie Fermezza, Lealtà e Devozione. Così, dopo lunghe riflessioni, le due donne decisero di recarsi in visita a Hampton Manor, dove chiesero di parlare con la governante, la signora Brampton, per domandarle se il ministro di Dio avesse lasciato intendere di voler dare un nome alla bambina.
La signora Brampton, una donna alta e magra dai tratti banali, sospirò. «Sì, ha detto che anche le delusioni meritano un nome, e che se Lord Strathmore non voleva accollarsi quel compito, qualcun altro avrebbe dovuto farlo.»
«E voi avete scelto un nome?» le domandò la signora Bronwell.
«No. Ne abbiamo parlato, naturalmente, ma siamo rilut-
tanti ad assumerci una tale responsabilità. Abbiamo tutti paura di contrariare il visconte scegliendo un nome che non gradisce.»
«In tal caso, perché non darle quello di sua madre? Come potrebbe criticare una simile scelta?»
«Ottima idea» convenne la signora Throckmorton.
«Ci abbiamo pensato, in effetti» ammise la governante, «ma il visconte detesta già la piccina, e chiamarla Maria Teresa come sua madre gliela farebbe odiare ancor di più.»
«Mmh» mormorò la signora Throckmorton. «Suppongo che abbiate ragione. Forse dovremmo trovare un nome che le si adatti meglio.»
«Perché non un nome italiano?» suggerì la signora Bronwell.
«Italiano? Perché proprio italiano?» domandò la signora Throckmorton, incuriosita.
«La viscontessa era italiana» rispose Olympia. «Lord Strathmore l'ha conosciuta a Firenze, l'estate in cui terminò gli studi a Cambridge e partì per il Grand Tour.»
La signora Brampton annuì. «Sì, è vero. Era nata in Italia e non aveva mai messo piede sul suolo inglese finché Sua Signoria non la sposò e la portò a Hampton Manor. Io venni a lavorare qui poco dopo. Lei era una giovane donna graziosa, ma che caratteraccio! Strillava e imprecava nella sua lingua, e ha rotto quasi tutte le porcellane della casa.»
«Non mi sono mai accorta che avesse un temperamento così infiammabile» commentò la signora Bronwell.
«Oh, Sua Signoria si addolcì parecchio dopo la nascita delle figlie e diventò una perfetta nobildonna inglese.»
«Che cosa sapete della sua famiglia?» domandò la signora Throckmorton. «Pensate che il visconte l'abbia informata della morte della moglie?»
«Suppongo che non sia riuscito ad avvertirli per via della guerra» intervenne Olimpia Bronwell.
«Oh, già, quasi mi dimenticavo di Napoleone» replicò la signora Throckmorton. «Ma sicuramente il visconte avrà scritto una lettera, sperando che venisse recapitata.»
«No, non l'ha fatto» dichiarò la signora Brampton.
«Forse Lord Strathmore era così sopraffatto dal dolore che non ci ha pensato» mormorò Olympia.
«Sciocchezze» affermò la governante. «La sola cosa da cui era sopraffatto erano i fumi dell'alcol.»
«È stato assunto qualcuno che si prenda cura della bambina? Una balia o una bambinaia?» domandò la signora Bronwell.
«L'ho chiesto il giorno in cui il visconte ha riunito Jane, Anne, Beatrice e Fanny prima di partire per Londra.»
«E che cosa ha detto Sua Signoria?» volle sapere la signora Throckmorton.
«Che si era rivolto a una sua lontana cugina, una giovane vedova di guerra, mi pare che abbia detto, una che non ha molte speranze di contrarre un matrimonio vantaggioso. Sembra che sia una parente povera e che lui pensi di compiere un gesto caritatevole, offrendole il posto di bambinaia di sua figlia.»
«Una giovane vedova di guerra?» ripeté la signora Throckmorton, insospettita. «Quanti anni ha?»
«Ventisette, credo.»
«Oh, mio Dio» sospirò la signora Throckmorton. «Una donna di ventisette anni che non ha mai avuto dei figli mi sembra troppo giovane per prendersi cura di una neonata.»
«Non è un problema nostro» dichiarò Olympia, per poi rivolgersi di nuovo alla governante. «Per caso non gli avete chiesto che nome voleva dare alla bambina?»
«Sì, ma lui ha risposto che ci pensassi io e che, se ne avessi avuto bisogno, chiedessi aiuto alla servitù. Poi se n'è andato in fretta, senza aggiungere una parola.»
Olympia immaginò l'aspetto che doveva aver avuto Ge-
orge Marcus Fairweather, quarto Visconte Strathmore, mentre batteva il bastone contro il soffitto della carrozza, gridando: «A Londra, più in fretta possibile!».
D'improvviso il suo volto s'illuminò. «Ho trovato!» gridò. «Maresa! La chiameremo Maresa. Un modo grazioso per unire i nomi di sua madre.»
«È una splendida idea» affermò la signora Throckmorton.
«Mi piace» concordò la governante. «Ma è italiano?»
«Lo è adesso» affermò Olympia.
La signora Brampton annuì. «Allora è deciso.»
Poche settimane dopo, con grande soddisfazione del reverendo Constable, la bimba venne battezzata con il nome di Emily Maresa Fairweather, nella speranza che, aggiungendo Emily, nome della defunta madre del visconte, suo padre l'avrebbe accettata con maggiore affetto.
Purtroppo questo non sarebbe successo e quella speranza si sarebbe rivelata solo un'illusione.
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