GRS774_SCOMMESSA_SEDUCENTE

LEIGH GREENWOOD

Scommessa seducente

Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Seductive Wager Dorchester Publishing Co., Inc. © 1990 Leigh Greenwood Traduzione di Rossana Lanfredi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici aprile 2011 Questo volume è stato impresso nel marzo 2011 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 774 del 15/04/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Castello di Ryehill, Inghilterra, marzo 1830 La grande stanza era avvolta nell'ombra, fatta eccezione per due puntini debolmente luminosi provenienti da candele ormai quasi consumate. Il loro pallido bagliore metteva in risalto le due figure immobili sedute alle estremità del massiccio tavolo di quercia, coperto da pezzetti di carta e bicchieri vuoti.

«Sono rovinato!» esclamò Martin Vareyan emettendo bruscamente il respiro che aveva trattenuto. «Avete vinto tutto» aggiunse, e i suoi occhi fiammeggianti rispecchiavano la tempesta di emozioni che infuriava dentro di lui. Quanto avrebbe voluto chiudere le mani intorno alla gola di Brett Westbrook, strappargli quella sua impeccabile cravatta, vedere i suoi occhi colmarsi di terrore, una sensazione che, ne era certo, l'altro non aveva mai provato.

«Non avreste dovuto rilanciare con quelle carte» replicò Brett in tono indifferente.

«Chiudete la bocca, maledizione!» gridò Martin, incapace di soffocare un impeto di collera selvaggia.

«Non ho certo bisogno che qualcuno mi insegni a giocare a carte!»

«Già, e stasera ne avete data la dimostrazione, non è così?» ribatté Brett, una luce sprezzante negli occhi.

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Martin ingoiò la risposta rude che gli era salita alle labbra, mentre il suo sguardo si posava su un pezzo di carta più grande degli altri sul quale erano elencati la sua casa, le sue terre, il suo denaro, insomma, la sua intera eredità! Ora apparteneva tutto a Westbrook ed era indubbio che lui dovesse riprendersela. Sì, ma come?

Si guardò intorno, ma anche gli altri giocatori avevano da tempo esaurito la loro dose di fortuna e si erano sparsi per la stanza come indumenti smessi. Edward Hunglesby dormiva su una sedia; Peter Feathers, troppo ubriaco per rendersi conto che rischiava di soffocare, era accasciato su una poltrona con la testa che ciondolava dal bracciolo; Barnaby Rudge, disteso metà dentro e metà fuori dal sofà, russava rumorosamente, mettendo a dura prova i già fragili nervi di Martin, e la sua cagnolina spaniel, accucciata su un sudicio tappeto sotto la sua sedia, cambiò posizione, poi riprese a dormire.

Gli occhi cupi di Martin tornarono a posarsi per un lungo momento sul suo avversario, ma Brett, del tutto insensibile a quell'esame, si appoggiò allo schienale della sedia sostenendo freddamente il suo sguardo. Da tempo aveva perduto ogni interesse in quella partita, tuttavia i suoi occhi neri erano attenti, la mente vigile.

Martin deglutì convulsamente diverse volte. «No» sibilò poi. «Non stanotte.»

«Già, infatti» replicò Brett con voce gelida. Era un uomo molto orgoglioso e nemmeno i suoi migliori amici osavano parlargli come Martin aveva appena fatto. «Vi sarebbero servite carte migliori e più fortuna.

Invece non avete avuto né le une né l'altra.»

«Suppongo che sarete disposto ad aspettare un po' più dei soliti quindici giorni, non è così?» replicò Martin, cercando di guadagnare tempo, sforzandosi di riflettere. «Si può fare molto in due settimane» proseguì, quindi prese la bottiglia del brandy, versandosi le ultime gocce nel bicchiere e vuotandolo in un sol sorso.

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Poi si guardò in giro in cerca di altro liquore, ma intorno a sé aveva solo bottiglie vuote. Doveva chiamare Ned. Quando si alzò le gambe minacciarono di non reggerlo, tuttavia, concentrandosi con selvaggia intensità, riuscì ad attraversare la stanza con passo fermo.

Nemmeno ubriaco com'era avrebbe dato a Brett la soddisfazione di vederlo barcollare.

Tirò bruscamente il cordone del campanello. «Questo dovrebbe svegliare dal suo sonno quella vecchia canaglia» dichiarò in tono tetro, ma Brett lo ignorò e Martin fu costretto a voltarsi verso Barnaby Rudge per sfogare la sua ira. «Gli avvocati impiegano una vita a fare qualcosa e poi fanno i misteriosi. Non so davvero perché ho invitato questa sanguisuga» ruggì, quindi sferrò a Barnaby un calcio così violento che quello si svegliò di soprassalto, imprecando e ululando di dolore.

«Chi diavolo mi ha colpito?»

«Io» rispose Martin. «È tutta la notte che russate.»

«Questo non è un buon motivo per prendere a calci un uomo nel sonno» gemette Barnaby, ancora stordito.

«Se volevate che smettessi, dovevate solo chiedermelo.»

«Chiedervelo!» Martin sbuffò. «Tanto varrebbe che parlassi a questo maledetto cane» sibilò con rabbia, indicando l'animale che continuava a dormire sotto la sua sedia. «Non so davvero come voi possiate dormire con il fracasso che fate.» E, dimenticandosi di cercare di non barcollare, tornò con passo incerto fino alla sua sedia, accasciandosi pesantemente.

Stava perdendo il controllo della situazione, rischiava di arrendersi alla collera, lo sapeva, e Brett gli stava persino sorridendo! Arrogante bastardo! Oh, ma si sarebbe vendicato di lui, anche a costo di spendere fino all'ultimo penny che possedeva; prima però doveva trovare il modo di riavere il suo patrimonio. Se solo non si fosse sentito la testa piena di segatura...

«Cristo!» Con un gemito Peter Feathers sollevò la 7

testa e aprì gli occhi iniettati di sangue. «Quanto brandy ho bevuto?» Premendosi le dita contro le tempie richiuse gli occhi con una smorfia. «Mai avuto un mal di testa più forte in vita mia. Chi vi ha venduto il vino deve avervi imbrogliato, vecchio mio.»

«Tacete, maledizione!» imprecò Martin.

Feathers tentò di mettersi a sedere, ma non ci riuscì e si accasciò sul tavolo. Era molto ubriaco, ma non gli interessava; aveva perduto una somma considerevole, ma non gli importava nemmeno di quello. Tutto ciò che gli premeva, al momento, era trovare altro brandy.

«Il pelo del cane che ti morde» borbottò piuttosto enigmatico, poi prese la bottiglia che Martin aveva appena vuotato e la esaminò da vicino.

«Vuota» dichiarò alla fine con il tono di chi aveva appena fatto una scoperta sorprendente. «Dovete ordinarne subito dell'altro. Dite al vostro valletto di darsi da fare, Martin. Non potete lasciar morire di sete i vostri ospiti.»

«Dovreste mettere la testa sotto una pompa» sbottò Brett, lanciando un'occhiataccia a Peter. Non aveva l'abitudine di frequentare ragazzini e detestava dover avere a che fare con un poppante che avrebbe dovuto essere a letto da ore.

Del resto, quello nella stanza era un gruppo alquanto male assortito. C'era soltanto un ospite per il quale Brett provava una certa simpatia ed era quello che aveva appena aperto gli occhi. Edward Hunglesby dapprima non si mosse, lasciando lentamente scorrere uno sguardo limpido e non annebbiato da sonno o alcol sulla stanza e i suoi occupanti. Poi, con un sospiro stanco, si alzò.

«Suppongo vi stiate chiedendo perché non me ne vada a letto invece di restare qui a oziare tra voi» dichiarò, senza rivolgersi a nessuno in particolare. «A dire il vero non lo so nemmeno io. Le mie carte non me ne hanno dato alcuna ragione, e se ben ricordo non lo ha fatto neppure la conversazione. Considerando poi 8

che il servizio in questo postaccio ha reso la mia permanenza qui simile a un soggiorno in purgatorio, sono sorpreso di non essermi trasferito nella locanda più vicina.»

Le sue osservazioni fecero gonfiare Martin di rabbia, ma Edward si sentì talmente meglio dopo aver sfogato almeno parte del suo malumore che riuscì persino a sorridere al suo ospite.

«Potrei suonare per farmi portare un po' d'acqua?» domandò in tono blando. «Dubito che questo liquido abbia mai fatto la comparsa sulla vostra tavola, che fosse in un bicchiere o in un secchio per far pulizia» aggiunse, posando uno sguardo disgustato sulle macchie di vino. «Tuttavia, quando mi capita di bere pessimo brandy, finisco sempre con il ritrovarmi con un poderoso mal di testa e l'unica cosa che mi dà sollievo è l'acqua.» Dopodiché si appoggiò allo schienale della sedia, chiuse gli occhi e attese che Martin chiamasse il domestico.

«So come vi dovete sentire» lo informò Feathers, pieno di comprensione per un suo compagno di sofferenza. «Anch'io non sono in gran forma, ma non potete bere acqua! Sono certo che non vi piacerà. Prendete dell'altro brandy o magari provate con della birra.»

Edward raddrizzò la schiena e aprì gli occhi, fissando su Feathers uno sguardo letale. «Non so davvero come possiate pensare di sapere meglio di me che cosa mi gioverebbe» sibilò in un tono che aveva già fatto sentire a disagio più di un aristocratico, «ma vi posso assicurare che non ne avete idea!» Feathers strabuzzò gli occhi. «E nutrirei maggiore fiducia sul vostro ritorno nel seno della vostra famiglia se anche voi dimenticaste la caraffa del brandy» concluse Edward.

Feathers lo guardò, un sorriso radioso sul viso. «Oh, non avete motivo di preoccuparvi tanto per me.»

«Non mi ero reso conto di essere preoccupato» ribatté Edward, inorridito al solo pensiero di un fatto per lui tanto insolito.

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«Starò benissimo non appena questa testa la smetterà di tormentarmi» continuò Peter. «Anche se non ho mai preso in considerazione l'acqua. Anzi, sono sorpreso che voi teniate certa roba, Martin.»

«Tacete, sciocco che siete» ruggì Martin prima di tornare a voltarsi verso Edward. «Ned sarà qui a momenti con dell'altro brandy e potrete chiedergli la vostra acqua. Se qualcuno vuole qualcosa di diverso, lo dica. Non tengo certo tutti i domestici che ho perché se ne stiano senza far nulla tutto il giorno» aggiunse in tono bellicoso. «E ottengo sempre ciò che voglio, quando lo voglio.» L'ultima frase era rivolta a Edward, che però aveva richiuso gli occhi, ritenendo lesivo per la sua dignità scambiare battute con Martin.

«Calmatevi» gli suggerì Peter, indifferente al nervosismo che lo circondava. «Non ha senso scaldarsi tanto per una cosa stupida come l'acqua.» E, soffocando un enorme sbadiglio, si alzò stiracchiando le lunghe, agili membra. Poi lo sguardo gli cadde sulle carte di Martin e immediatamente la sua attenzione si risvegliò. «Che mano orribile! Avevate carte molto migliori prima che mi addormentassi.»

Senza notare il ghigno rabbioso di Martin né i suoi occhi gelidi, Feathers si sporse poi a guardare la mano di Brett.

«Lo avete pelato di nuovo, vero?» chiese allegramente. «Dannazione, avete proprio tutte le fortune.»

«Non state giocando, quindi sedete e state zitto» gli ordinò Brett, senza curarsi di celare l'irritazione.

«Oh, non occorre che vi innervosiate» insistette Peter, ignorando il bagliore rossastro che brillava negli occhi del padrone di casa. «Martin ha fatto una sciocchezza a rilanciare con una mano come quella, ma del resto il denaro è suo e può farne ciò che vuole.»

Martin fece per alzarsi, una luce assassina negli occhi, ma Edward lo fermò. «Se le orecchie non m'ingannano» disse, inclinando la testa verso la porta, «questo è il passo sinistro del fedele Ned.» 10

Martin allora tornò a sedersi, ma un fuoco continuava a bruciargli nello sguardo.

«Vi ho dovuto subire, e non poco» proseguì poi Edward, rivolgendosi a Feathers con voce sprezzante, «ma non tollererò oltre i biascicamenti idioti di un ragazzino petulante, con questo terribile brandy che mi pulsa nella testa.»

Feathers restò assolutamente impassibile per il semplice motivo che non poteva credere che quell'osservazione fosse stata rivolta a lui.

«Perché ci hai impiegato tanto?» domandava intanto Martin all'anziano domestico entrato nella stanza.

«Speravo quasi che fossi morto.»

«Lo sarò presto se continuo a correre su e giù per questi corridoi» ribatté il brizzolato servitore, spostando le bottiglie vuote e posando davanti a Martin una nuova bottiglia di brandy e i bicchieri. «Le strade che portano all'inferno devono essere meno gelide di questo castello» aggiunse, schivando il mezzo tentativo del padrone di schiaffeggiarlo. «Le loro signorie desiderano altro, stasera?»

«Mr. Hunglesby vuole dell'acqua. E non occorre che mi guardi così» sbottò Martin. «Io non ne berrò nemmeno un goccio.»

«La qualità del vostro brandy è la sola causa della mia disperazione» intervenne Edward e la sua voce quieta giunse così improvvisa alle spalle di Ned che il domestico si girò troppo in fretta, inciampando nella cagnolina spaniel di Martin, la quale reagì guaendo e urtandogli la caviglia. Immediatamente Ned si chinò sulla bestiola, il braccio sollevato.

«Tocca quel cane e sarà il tuo sangue a macchiare il pavimento» lo avvertì Martin.

«Quella vecchia sgualdrina un giorno o l'altro finirà per staccarmi un pezzo di carne» protestò il domestico.

«Oh, non otterrà molto, direi.»

«Per quanto detesti interrompere questo vostro piacevole scambio di cortesie, devo tornare a chiedervi di 11

portarmi la mia acqua» interloquì Edward in tono soave. «Quell'orrenda pozione mi ha sconvolto a tal punto che ogni minuto che passa mi sembra possa essere l'ultimo.»

«Potrebbe volerci un po' di tempo» brontolò Ned in tono stizzito. «Non teniamo acqua in casa, la notte.»

«Allora smetti di lamentarti e va'» gli ordinò Martin.

Il vecchio domestico era quasi arrivato alla porta quando il padrone lo richiamò; la sua voce era nervosa e un po' troppo alta. «E di' a mia sorella di scendere.»

Ned si girò di scatto. «Ma... ma dorme. Si è ritirata da... da almeno quattro ore» balbettò.

«Allora svegliala!» sibilò Martin. «La voglio qui entro quindici minuti, altrimenti verrò io stesso a prenderla.»

Ned non era mai stato tipo da rischiare la pelle per qualcun altro, ma tentò un'ultima volta di proteggere la padrona. «Sapete che non scenderà. Non quando avete compagnia.»

«Portala qui entro quindici minuti o ti aizzerò contro il cane» lo minacciò Martin.

Martin capì che la sorella si era rifiutata di lasciare il letto nel momento esatto in cui Ned mise la testa oltre la porta senza entrare nella stanza.

«Miss Kate non scenderà» riferì in fretta il domestico. «Dice che, se volete compagnia femminile, potete mandare a chiamare le vostre sgualdrine da taverna» concluse, quindi chiuse la porta un secondo prima che una bottiglia vuota vi si fracassasse contro.

Quando Martin vide fremere gli angoli della bocca di Brett, la sua rabbia esplose come un vulcano in eruzione. Quell'odioso individuo lo aveva umiliato a carte, lo aveva privato di ogni avere e ora rideva di lui. Era più di quanto il suo cervello in ebollizione potesse tollerare.

«Tu, maledetto figlio di puttana!» gridò al domestico, alzandosi in piedi in preda a una furia cieca e cor12

rendo con passo incerto ad aprire la porta. La magra figura di Ned però era già scomparsa oltre l'arco sul retro del grande vestibolo. «Ti romperò tutte le ossa se mia sorella non scende entro cinque minuti!» aggiunse, poi rientrò nella stanza, strappò la bottiglia del brandy dalle mani di Feathers, e, gettando indietro la testa, bevve un lungo sorso di liquore.

Brett ebbe un moto di disgusto, ma Peter commentò con voce sepolcrale: «Davvero, vecchio mio, non è così che si fa. Sarei stato felice di darvi tutta la bottiglia se avessi saputo che la volevate. Non credevo che urlare facesse venire tanta sete».

Per tutta risposta Martin sbatté la bottiglia sul tavolo e agguantò Peter per la cravatta. «Chiudete il becco, razza d'idiota!» ruggì. «Se non passerò almeno cinque minuti senza sentire il suono della vostra voce, vi appenderò a un gancio per la cravatta.»

Peter cominciò ad ansimare, cercando di divincolarsi, ma era troppo ubriaco e Martin troppo forte.

«Avete la mia comprensione» intervenne la voce fredda di Brett, «ma non credo sia opportuno ricorrere a gesti tanto estremi. Né vorrei che maltrattaste il povero Feathers» aggiunse, fissando Martin con crescente disprezzo. «È l'ultimo della sua stirpe e la sua famiglia nutre ancora qualche speranza su di lui.» I suoi occhi non sorridevano più e il suo corpo era contratto, pronto a scattare. «È già un deretano di cavallo» sibilò Martin, furibondo per quell'intervento.

«Forse, ma non è il deretano del vostro cavallo e sono sicuro che possiate depositarlo sulla sua sedia, dove credo si sentirà meglio, una volta che avrà ripreso a respirare.» In effetti i movimenti di Feathers erano diventati ancora più frenetici e Brett fissò Martin con l'inconfondibile atteggiamento di un uomo abituato a essere obbedito. Sotto il suo sguardo penetrante l'altro sentì il coraggio cominciare a vacillare e alla fine, quasi soffocando di rabbia, lasciò andare Feathers, il qua13

le, barcollando, ritornò alla propria sedia.

«Non ho mai avuto intenzione di far male a questo galletto» borbottò Martin. «È a quella sgualdrina di mia sorella che vorrei mettere le mani addosso. Oh, ma la farò scendere, dovessi trascinarla qui per i capelli.»

«Non so davvero come io possa pensare di privarmi di un simile, irresistibile spettacolo» declamò Edward in tono teatrale, «ma credo che andrò a letto. Mi chiedo perché mai sono venuto. Ebbene, qualunque fosse la ragione, non era sufficiente. Mi sento decisamente insudiciato.»

L'ultima parola venne pronunciata con un disprezzo tale da essere in grado di penetrare in pelli ben più spesse di quella di Martin, il quale non poté impedirsi di tremare sotto le sferzate di quella lingua di seta.

«Non dovreste aspettarvi modi salottieri da Martin» replicò Brett. «Non lo avete mai sentito dichiarare di preferire il suo cavallo alla sua amante?» A quelle parole Martin batté il pugno sul tavolo con una tale violenza da far fare un salto alla bottiglia di brandy.

«Non riuscirete a provocarmi con i vostri insulti» tuonò. «Non mi è mai importato ciò che pensavate di me e non muterò certo parere adesso.» Si voltò poi verso Edward e si sporse verso di lui, avvicinandosi al punto che i loro nasi si sfiorarono. «E voi, mio impeccabile, perfetto gentiluomo, potete rimettervi a sedere.

Non ho ancora finito con voi.»

«Forse. Ma non vedo alcun motivo per cui io debba respirare la stessa aria che avete appena ammorbato con il vostro alito» rispose l'altro e con deliberata insolenza piazzò il dito indice della sua candida mano sul naso dell'altro, spingendolo lontano da sé.

«Non vedo alcuno scopo di continuare questo disastroso gioco» intervenne Brett, che ormai non sopportava più il pessimo umore di Martin. «Suggerisco che ci ritiriamo tutti nelle nostre stanze. Forse il riposo vi porterà un po' di saggezza e magari la fortuna girerà.»

«Il vostro consiglio non mi occorre, dannazione!» e14

sclamò Martin, un'espressione selvaggia negli occhi.

«Non mi occorre il consiglio di nessuno. Voglio giocare un'altra mano ed è quello che farò. Non potete rifiutarmi la possibilità di recuperare ciò che ho perduto.»

Di nuovo batté il pugno sul tavolo. «Diavolo, voi dovete continuare a giocare.»

Brett posò lo sguardo sulla pila di monete e pezzi di carta sparsi sul tavolo davanti a lui. Che Martin avesse ragione lo irritava, ma in effetti aveva vinto così tanto che l'onore gli impediva di rifiutare la sua richiesta.

«Non ho mai avuto intenzione di spogliarvi di tutti i vostri beni» ribatté in tono sprezzante. «Quello che possiedo mi basta e non è facile trovare a chi fare beneficenza.»

«Non dovete essere tanto altezzoso solo perché la fortuna vi ha sorriso» si infuriò Martin. «Non sono ancora finito.» Poi bevve un altro sorso e si appoggiò al tavolo, il respiro un po' ansante, gli occhi sgranati.

«Non mi avete ancora battuto» continuò biascicando.

«Mi rifarò.» Poi si alzò sulle gambe malferme e si guardò intorno, come se cercasse qualcuno. «Dov'è quella sgualdrina di mia sorella?» urlò. «L'ho mandata a chiamare secoli fa.» Barcollando si avvicinò al cordone del campanello e cominciò a tirarlo.

«Sapete che io trovo deliziosa la vostra compagnia» mormorò Edward, «tuttavia è possibile che non piacciate troppo a vostra sorella, nelle condizioni in cui vi trovate.»

Martin diede uno strattone particolarmente violento al cordone e se lo ritrovò in mano, quindi lo scagliò lontano, con un torrente di virulenti insulti sulle origini di Edward. Il cordone finì sul fianco della vecchia cagna, la quale balzò sulle zampe con un guaito di protesta che ben presto si trasformò in un ringhio rabbioso.

Allora, pazzo di rabbia, Martin le sferrò un calcio e l'animale reagì affondandogli i denti in una gamba. Ruggendo di dolore, l'uomo la colpì con una tale violenza sul naso che la bestia gli lasciò la gamba e poi si ran15

nicchiò, nel tentativo di difendersi dalla gragnola di pugni del padrone.

«Stupida sgualdrina!» gridò l'uomo, dirigendosi a passo malfermo verso la porta e trascinando il cane con sé. «Nessuna femmina si farà beffe dei miei ordini.

Oh, ma imparerà a sue spese chi comanda in questa casa» aggiunse e, aprendo la porta, lanciò l'animale uggiolante nel vestibolo senza degnarlo di uno sguardo.

«Che nessuno si muova di qui. Tornerò con quella gallinella e allora vedremo se continuerete a vincere.»

Quindi uscì dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle.

Edward sollevò lo sguardo dalle unghie che si stava contemplando e con calma imperturbabile si rivolse alla stanza in generale. «Mi chiedo a quale sgualdrina si stesse riferendo. Se tratta entrambe allo stesso modo, non mi meraviglierei di vedere anche Miss Vareyan affondargli i denti nella carne. Non posso fare a meno di pensare che sia la risposta più adatta alla tenera considerazione che le riserva e che ci ha appena espresso in modo tanto toccante. Siete un uomo astuto» proseguì, voltandosi verso Brett. «Non c'è per caso un modo in cui potreste accidentalmente scaricargli contro una pistola? A dire il vero, andrebbe bene anche una spada e sono convinto che, se dopo puliste bene la lama, non avremmo nessun'altra sgradita conseguenza.»

Brett rifiutò di lasciarsi trascinare in una simile conversazione, tuttavia Peter pareva di diverso parere.

«Quell'uomo è pazzo» decretò infatti. «Avevo una puledra come lui, un tempo. Non si poteva far nulla con lei, attaccava anche lo stalliere e un giorno cercò persino di arrampicarsi su un albero. Non potemmo far altro che abbatterla. Un vero peccato, perché era uno dei cavalli più belli che avessi mai posseduto.»

«Mi dispiace per la vostra puledra, Peter» dichiarò Brett, «ma Martin è il nostro ospite e, per quanto vi ricordi un cavallo, non possiamo piantargli una pallottola in testa.»

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«Al contrario» intervenne Edward, estraendo una scatolina di smalto dalla tasca della giacca. «Io credo che sarebbe un'idea eccellente. Sospetto che la giustizia avrebbe da ridire se la facessimo diventare un'abitudine, ma un piccolo sparo non lo noterebbe nessuno e se poi offrissimo i suoi resti al suo maltrattato spaniel o a quell'altrettanto maltrattato cane da caccia che gli ho visto prendere a calci questo pomeriggio, sono certo che non resterebbe traccia del nostro misfatto.»

«Per l'amor del cielo, tacete!» lo implorò Brett.

«Tutti sanno che non avete coscienza e il solo senso di colpa che siete in grado di provare è per un panciotto mal scelto o un salotto tappezzato in velluto borgogna.»

Edward sussultò, ma un lampo gli attraversò lo sguardo.

«Lo capisco» dichiarò Feathers. «È abbastanza per sconvolgere un uomo. Non che io stesso sia molto esperto di salotti» aggiunse pensoso. «A dire il vero non li sopporto. Sono sempre pieni di spaventose femmine che cercano di farsi mettere un anello al dito e di infilarti le mani nelle tasche.»

«Se riusciste a tenere a freno la lingua solo per un poco» sbottò Brett, incapace di trattenersi, «forse le vostre orecchie e i vostri occhi potrebbero essere in grado di depositare un minimo di conoscenza nella vostra testa penosamente vuota.»

«Se intendete cercare di correggere gli sbagli di Madre Natura, caro ragazzo, vi aspetta davvero un'esistenza estenuante» biascicò Edward. «Pur con tutti i suoi pregi, talora è davvero distratta» aggiunse e si alzò in piedi, stiracchiandosi. «Devo davvero bere qualcosa.

Non credo che Ned si azzarderà a tornare, stanotte, e non posso biasimarlo, ma vorrei che avesse pensato di fornirmi di istruzioni su come raggiungere la cucina.

Prenderei anche in considerazione il brandy, ma dopo aver visto come il nostro ospite ha placato la sua sete credo che preferirei la pompa nelle scuderie.»

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«Smettetela con la vostra acqua» gli ordinò Brett.

«Diventerete prolisso come Feathers. Quando un uomo fa della governante la sua amante, non c'è verso di essere serviti a dovere nella sua casa. E ora sedete e finitela di aggirarvi per la stanza. Non so che cosa abbia in mente Martin, ma temo che avrete bisogno di tutte le vostre forze prima che questa notte sia finita.»

«Sembra deciso a farci assistere alla sua dissoluzione estrema» osservò Edward. «E se la sorella è come il fratello, la scena finale promette di essere spaventosa.»

Dopodiché, scrollando le spalle in un gesto di rassegnazione, tornò ad accomodarsi sulla sua sedia, in attesa dell'invitabile epilogo.

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