ANNE HERRIES
Riscatto d'amore
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Hostage Bride Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2011 Anne Herries Traduzione di Laura Iervicella Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici gennaio 2013 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2012 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 856 dello 02/01/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
Prologo
Anno del Signore 1189 Dalla camera padronale situata in cima alla torre, Rosamunde guardò il cortile sottostante. Lo spiazzo era pieno di uomini, cavalli e cani, perchÊ i cacciatori erano appena tornati. La spedizione sembrava aver avuto successo, a giudicare dal numero di animali morti. Ciò significava che Lady Meldreth e le sue donne sarebbero state occupate per diversi giorni a salare la carne di cinghiale e a riporla nei barili per l'inverno. La selvaggina e il cervo sarebbero stati arrostiti per la festa del giorno successivo. Sebbene non avesse ancora tredici anni, Rosamunde era abituata ad aiutare la madre e spesso si intratteneva nel suo spogliatoio, proprio come in quel momento. Aggiornava i libri contabili e ricamava arazzi da appendere alle pareti della fortezza del padre per tener lontano il gelo. Era matura per la sua età e sapeva che Sir Randolph Meldreth non era ricco al 5
punto da potersi permettere di accogliere e intrattenere ancora a lungo i cavalieri suoi ospiti. Dalla sua postazione, sentì la madre lamentarsi con il marito. «Se non fate attenzione alle spese, presto saremo rovinati» lo rimproverò. «Il re è partito per le Crociate e voi non otterrete favori, offrendo ai suoi cavalieri dei sontuosi banchetti. Fareste meglio a risparmiare i nostri soldi e aspettare finché non si capirà da che parte soffia il vento. Il Principe Giovanni diventerà reggente al posto di Riccardo ed è lui che dovreste cercare di compiacere, adesso.» «Zitta, donna. Riccardo mi ha chiesto di intrattenere i suoi amici per un paio di giorni» replicò Sir Randolph con i suoi modi semplici e allegri. «È un onore per me, moglie. Inoltre non posso rifiutarmi. Se la mia salute non me lo avesse impedito, avrei offerto la mia spada per questa santa causa e sarei andato con il re.» «Allora devo ringraziare Dio che abbiate preso le febbri malariche e che non siate potuto partire» commentò Lady Meldreth, amara. «Il re potrebbe restare lontano per anni e solo il Signore sa se lui e i suoi cavalieri torneranno mai.» Non avendo alcuna intenzione di ascoltare l'ennesima lite tra i suoi genitori, Rosamunde uscì in silenzio e scese lungo la stretta scala a chiocciola che dalla camera padronale conduceva nella sala grande. Alcuni degli uomini 6
stavano già entrando nella stanza, ridendo e parlando animatamente mentre si vantavano l'uno con l'altro delle imprese della giornata. Uno di loro aveva portato i cani con sé e gli animali cominciarono ad annusare, a guaire e ad abbaiare alla ricerca di scarti di cibo. All'improvviso un gattino spaventato schizzò tra le zampe dei segugi e nella concitazione graffiò il muso di uno di essi, il quale rimase a fissarlo per qualche istante, prima di avventarglisi contro con l'intenzione di schiacciarlo tra le enormi fauci. «No, vi prego! Non lasciate che il cane faccia del male al mio gattino!» gridò Rosamunde, precipitandosi verso gli animali. In qualche modo, il micino era riuscito a evitare di essere catturato, fino a quel momento, così lei lo afferrò e se lo strinse al seno mentre il segugio ringhiava e le saltava addosso, cercando di raggiungere la sua preda e avvicinando i denti aguzzi al suo viso. «Vattene, bruto! Lascia stare il mio povero gattino.» Il cane, però, non desistette. Si sollevò sulle zampe posteriori e continuò ad abbaiare nel tentativo di catturare la preda. Rosamunde sentì la saliva del segugio gocciolarle sulla pelle e le zanne giallastre raschiarle la mano. «Stai giù, cagnaccio!» urlò una voce e poi un giovane, vestito con una tunica azzurra e argento sopra dei calzoni neri, lo afferrò per il collo e lo trascinò lontano da lei. Il cane ringhiò e oppose resistenza, ma il ragazzo lo tirò 7
verso la porta e lo spinse fuori, mentre l'animale continuava ad abbaiare con ferocia. Rosamunde si rifugiò in un angolo della sala e si sedette sul pavimento di pietra, raccogliendo le ginocchia al petto e abbracciando il gattino terrorizzato. Le lacrime le rigavano le guance perché era spaventata e la mano, nel punto in cui era stata graffiata, le bruciava. «Vi siete fatta male, padroncina?» Rosamunde sollevò lo sguardo, rendendosi conto che il giovane l'aveva seguita. Doveva avere all'incirca sedici anni ed era incredibilmente attraente, con i capelli biondo scuro e gli occhi azzurri. La linea della bocca era ampia e generosa e i suoi occhi esprimevano preoccupazione. «Ho pensato che avrebbe ucciso il mio gattino» rispose, asciugandosi una guancia con il dorso della mano. «Non avevo paura per me.» «Certo che no» ribatté lui sorridendo. «I denti del cane vi hanno lacerato la pelle?» Rosamunde gli mostrò la mano e gli permise di esaminare i segni rossi lasciati dalle zanne dell'animale. Il tocco delle sue dita era dolce e gentile. «Non vi ha procurato sanguinamento. Credo che non resteranno neanche i segni.» «Mi avete salvato in tempo» replicò lei. «Vi ringrazio. Come vi chiamate? Siete qui perché state per partire per le Crociate?» «Proprio così.» Gli occhi del ragazzo si illuminarono. «Questa per me rappresenta una 8
meravigliosa opportunità per ottenere gloria e fama e forse diventare cavaliere. Mio padre non si unirà alla causa del re, ma io credo che sia un privilegio poterlo seguire.» «Affronterete i Saraceni? Mia madre dice che sono combattenti feroci e che molti dei nostri moriranno per una ragione futile.» «Ci battiamo per una santa causa» obiettò lui. «Vostra madre non si rende conto che gli uomini sono felici di mettere a repentaglio le loro vite per un tale onore.» «Non credo mi piacerebbe che foste ucciso» confessò Rosamunde guardandolo con aria timida. «Siete così coraggioso! Il segugio avrebbe potuto mordervi, eppure non avete esitato ad accorrere in mio aiuto.» «Sciocchezze. Sapevo che il cane era deciso ad addentare il gattino e per farlo avrebbe potuto ferirvi gravemente, visto che non eravate disposta a lasciarglielo prendere.» «Raphael! Vieni qui, piccolo fannullone. Ho bisogno di te.» «Il mio padrone mi chiama» affermò lui. «Sir Harold di Fernshaw mi ha addestrato per essere il suo scudiero e gli devo fedeltà. Se non fosse stato per lui, non avrei avuto questa opportunità. Scusatemi, padroncina. Ho del lavoro da fare.» «Il mio nome è Rosamunde» sussurrò lei senza sapere se l'avesse sentita. «Quando tornate in Inghilterra, venite a farci visita, vi prego. Sarò qui ad aspettarvi.» 9
Il giovane volse la testa e le sorrise ancora una volta. Il cuore di Rosamunde cominciò a battere all'impazzata e il suo respiro si fece affannoso. Era solo una ragazzina, ma gli uomini avrebbero trascorso molti anni alle Crociate e al loro ritorno sarebbe stata una donna. Raphael si sarebbe ricordato di lei? Rosamunde non lo avrebbe mai dimenticato, ma forse lui la considerava solo una bambina. I suoi pensieri erano tutti rivolti alla Terra Santa e alle avventure che lo attendevano laggiù. «Tornate sano e salvo» mormorò accarezzando il gattino e baciandogli la testa morbida. «Io non vi dimenticherò, Raphael. Spero che un giorno ci incontreremo ancora.»
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Anno del Signore 1193 «Messalina! Che il cielo mi aiuti...» Raphael si svegliò dall'incubo con il corpo madido di sudore. Allungò la mano e si accorse che il letto accanto a lui era vuoto e freddo. Aveva sognato quel terribile giorno di qualche mese prima, quando aveva scoperto che sua moglie era morta e che lui l'aveva persa per sempre. «Perdonami. Avrei dovuto essere con te per proteggerti, tesoro mio.» Gemette, provando un'indicibile agonia. La sua giovane e bella moglie era morta per colpa sua. Lo aveva pregato di non lasciarla sola, quella fatidica notte, ma lui si era sciolto dalla stretta delle sue morbide braccia candide e le aveva annunciato di dover uscire. «È la guerra, Messalina. Sono stato convocato dal re e devo obbedire ai suoi ordini. Le cose non vanno come Riccardo avrebbe desiderato e forse dovremo lasciare la Terra Santa senza ottenere ciò per cui siamo venuti.» 11
«Andare via? Stai parlando di partire, di tornare nella tua terra?» Gli occhi di Messalina si erano riempiti di lacrime. «Vuoi andartene senza di me?» «Tu sei mia moglie. Quando tornerò in Inghilterra, verrai con me.» «Che ne sarà di mio padre? Come posso lasciarlo qui da solo a trascorrere i suoi ultimi anni senza sua figlia?» «Parlerò con lui domani, quando ne saprò di più sui progetti del re» le aveva promesso Raphael, ma il mattino successivo sia la moglie che il padre erano già morti, uccisi da una banda di Saraceni traditori. La sua coscienza era oppressa da un pesante senso di colpa, perché sapeva che la sua presenza alla riunione non era vitale, tuttavia era andato perché voleva trascorrere del tempo con i suoi amici cavalieri, quella sera. Messalina era una donna splendida e lui le era affezionato, come avrebbe potuto esserlo a un cucciolo, ma già poco dopo le nozze si era reso conto di non amarla come avrebbe dovuto. Non era sicuro del motivo per cui l'aveva sposata, tranne per il fatto che il padre gli aveva offerto la sua mano e il timido sorriso di lei aveva costituito un'allettante attrattiva per un giovane esaltato dai successi ottenuti nel corso della guerra. Aveva salvato Messalina e il padre da alcuni malfattori che avevano cercato di derubare il ricco mercante e aveva trovato lusinghiera la loro gratitudine. Jacob lo aveva pregato di accordare 12
loro la sua protezione e di accettare la figlia e la sua dote in ricompensa. Raphael aveva acconsentito e ora sentiva di averli traditi. Forse non era stato in grado di dare a Messalina l'amore che avrebbe meritato, ma aveva tenuto davvero a lei e, adesso che non c'era più, il senso di colpa lo ossessionava giorno e notte. Alzandosi dal letto, Raphael versò nel catino l'acqua fredda della brocca e si lavò il viso e il corpo. La sua pelle era abbronzata dal sole, i muscoli temprati da anni di combattimenti e di addestramento alla guerra. Le cicatrici che si era procurato in battaglia si erano levigate, con il tempo. Si stava asciugando, quando la porta della camera si aprì ed entrò il suo servitore, Janquil. «Sì?» borbottò. Subito dopo si ripeté che era lui l'unico da biasimare per ciò che era accaduto a Messalina e si fece forza per mantenere il controllo. Janquil non aveva alcuna colpa. «Ci sono notizie?» «Abbiamo trovato l'orafo che cercate, mio signore. Si trova in Normandia, a circa un giorno di viaggio.» «Allora partiremo non appena gli altri saranno pronti. Devo sistemare questa faccenda e poi forse troverò pace.» Lo scudiero chinò il capo, gli occhi scuri imperscrutabili. L'uomo era in parte saraceno e in parte ebreo, una combinazione che gli aveva provocato frequenti offese e insulti da parte della popolazione di Acri. I parenti di sua madre lo odiavano perché era figlio di un musulmano e 13
quelli del padre lo reputavano indegno di essere uno di loro. I suoi genitori avevano vissuto come degli emarginati nel loro villaggio e, quando erano morti di una febbre virulenta, Janquil aveva cercato lavoro ad Acri. Per alcuni anni aveva prestato servizio presso un ricco ebreo, ma durante la conquista del Saladino il suo padrone era stato assassinato. Quando Re Riccardo aveva ripreso la città, Raphael aveva trovato il giovane ammalato e scosso dai brividi, sul punto di morire di fame. Lo aveva portato nel suo alloggio e si era preso cura di lui, rifiutandosi di trattarlo come un prigioniero. Dopo essersi ripreso, Janquil aveva insistito per restare al suo fianco, affermando che da quel momento in poi la sua vita apparteneva a colui che lo aveva salvato. Quando Raphael e i suoi amici avevano deciso di intraprendere il lungo viaggio di ritorno in Inghilterra, Janquil aveva chiesto di accompagnarlo. «Il mio paese è molto diverso dal tuo. Potresti pentirti di questa decisione, amico mio» lo aveva messo in guardia Raphael. «La mia vita è vostra. Non ho altre aspirazioni che quella di servirvi» aveva replicato l'altro. Si impose di scacciarequei ricordi. Era diventato ricco, in Terra Santa, come era accaduto ad alcuni dei suoi amici. Ma in Normandia c'era una fortuna appartenuta a suo suocero e affidata a un orafo ebreo di cui il padre di Messalina aveva cieca fiducia. Jacob si sarebbe aspettato che lui la 14
rivendicasse. Erano stati amici, quasi come padre e figlio. Proprio perché Raphael gli aveva salvato la vita, Jacob gli aveva donato il suo tesoro più prezioso, la figlia Messalina. Forse, rifletté, se avesse sistemato gli affari dell'uomo, gli incubi avrebbero smesso di tormentarlo. Rosamunde stava rammendando una tunica, che si era strappata mentre raccoglieva erbe e bacche per dei medicamenti. Cercò di usare punti regolari e poco visibili, perché non poteva chiedere a suo padre di comprarle un abito nuovo. Lui non aveva denaro da darle e si sarebbe preoccupato se avesse saputo delle sue difficoltà. Sir Randolph si era quasi ridotto in miseria ospitando il re e i suoi cavalieri prima che partissero per la Crociata. Da allora aveva continuato a contribuire generosamente con l'invio dei migliori tra i suoi uomini in Terra Santa e aveva da poco consegnato trecento talenti d'oro per il pagamento dell'enorme riscatto richiesto per il rilascio di Re Riccardo. Quando Sir Randolph si era reso conto che i propri debiti erano troppo ingenti per consentire una vita dignitosa alla figlia, aveva deciso di farla entrare al servizio della cugina Angelina. Così Rosamunde era stata mandata dallo zio, il Conte di Torrs, proprio quando l'uomo stava per lasciare l'Inghilterra, diretto nei Paesi Bassi. Il conte aveva accettato di prendere con sé la figlia della sorella defunta per fare da dama di compagnia ad 15
Angelina, la quale avrebbe dovuto attendere il ritorno del padre dai suoi viaggi nella residenza di uno zio in Normandia. Quindi Rosamunde era andata in Francia insieme alla cugina. In un primo momento, le sue condizioni di vita erano state accettabili, ma con il passare del tempo Angelina aveva cominciato a nutrire una certa antipatia nei suoi confronti e le affidava incarichi sempre più noiosi e fastidiosi. Rosamunde sapeva che suo padre aveva sperato che riuscisse a mantenersi al servizio della cugina, perché non aveva niente da offrirle. Non poteva assegnarle una dote ed era improbabile che qualcuno l'avrebbe chiesta in moglie senza la prospettiva di un certo guadagno. Fin dal suo arrivo in Francia, aveva fatto di tutto per compiacere la cugina, ma Angelina si era dimostrata insensibile ed egoista e lei trovava sempre più difficile accettare quel tipo di esistenza. Se non fosse stata convinta di rappresentare un peso per il padre, sarebbe tornata a casa già da mesi. La sua unica speranza era riposta nel ritorno di Re Riccardo. Se fosse stato rimesso sul trono, forse avrebbe trovato il modo di ricompensare Sir Randolph per la passata lealtà. Un piccolo vitalizio avrebbe fatto la differenza e allora Rosamunde sarebbe potuta tornare a casa. Con un sospiro sconsolato, ripose la tunica rammendata nella cassapanca, quindi si avvicinò all'angusta finestra e guardò fuori. Dal momento che non aveva altri lavori di cui occuparsi, sarebbe andata in cerca della padrona di casa, Lady 16
Saxenburg, per domandarle se avesse potuto esserle di aiuto. Prima che potesse mettere in atto il suo proposito, però, la porta della camera si aprì e Angelina fece il suo ingresso. Rosamunde sentì uno strano formicolio alla nuca. Non accadeva spesso che la cugina andasse a trovarla. Di solito, mandava una delle serve a chiamarla. «Cugina, posso fare qualcosa per te? Stavo andando in cerca di un'occupazione, visto che ho finito il lavoro di rammendo.» «Sarai felice di sapere che stiamo per tornare in Inghilterra» le comunicò Angelina. «Dovrai preparare le tue cose, Rosamunde, e poi venire ad aiutarmi. Le altre dame di compagnia si stanno occupando dei preparativi, ma solo Margaret verrà con noi. Sir Thomas, che è un amico di famiglia, e i suoi uomini saranno la nostra scorta.» «Inghilterra?» L'umore di Rosamunde migliorò di colpo. «Sono così contenta, cugina! Forse troverò il tempo di andare a far visita a mio padre.» «Ne riparleremo al nostro arrivo» replicò l'altra in tono vago. «Non ti ringrazierò mai abbastanza. I tuoi zii ci hanno fatto sentire le benvenute qui in Normandia, ma preferisco l'Inghilterra. Non sei felice di tornare a casa?» «Non ho alcuna possibilità di scelta, in proposito.» Lo sguardo irritato di Angelina si posò su di lei. «Questa tunica è sciupata, Rosamunde. Non ne possiedi un'altra?» 17
«È quella che uso per tutti i giorni, ma ne possiedo altre due.» Angelina socchiuse gli occhi con aria critica. «Non avevo fatto caso al tuo abbigliamento. Ti regalerò tre tuniche e una sopravveste. Non puoi farmi da dama di compagnia con quell'aspetto, cugina. Avrai tempo sulla nave per cambiarti.» «Cugina...» Rosamunde si sentì pungere le guance di amare lacrime. Il dono di Angelina era generoso, ma il modo in cui glielo aveva offerto la umiliava. «Io... Ti ringrazio.» Qual era il motivo di tanta prodigalità? Angelina aveva messo in chiaro fin dall'inizio che la cugina non le piaceva e che non aveva alcun desiderio di averla tra le proprie dame di compagnia. Allora, perché quell'improvvisa gentilezza? C'era qualcosa di strano. «Desidero tu abbia un aspetto rispettabile, cugina. Potrai andare a trovare tuo padre, ma ricorda che è a me che devi fedeltà. Forse, se mi servirai a dovere, potrei organizzarti un matrimonio e trovare un cavaliere disposto a sposarti per cinquanta talenti d'oro.» «Non ho nemmeno dieci talenti d'oro, cugina.» «Io sì.» Gli occhi di Angelina brillavano. «Presto avrò bisogno dei tuoi favori e se mi soddisferai mi occuperò del tuo futuro.» «Che tipo di favori, cugina?» «Ancora non posso dirtelo, ma è qualcosa di molto importante per me e mio padre.» «Sono sempre pronta a servire te e mio zio, se ne ho la possibilità, Angelina.» 18
Rosamunde non poteva fare a meno di essere sospettosa. Angelina aveva sempre una ragione per quello che faceva. Se aveva intenzione di offrirle un dono era perché desiderava qualcosa in cambio. «Sì, forse. Occupati dei tuoi bagagli, adesso. Partiremo tra poco.» Rosamunde si congedò da Lord e Lady Saxenburg, ringraziandoli per la loro ospitalità, e salì nella camera della cugina situata alla sommità della torre. La porta era socchiusa e, mentre si avvicinava, sentì le voci di Angelina e di Sir Thomas. Senza avere intenzione di origliare, udì le loro parole in modo chiaro. «Che cosa dobbiamo fare? Mio padre è prigioniero del suo nemico, Lord Mornay, e per liberarlo quell'uomo pretende mille pezzi d'oro...» «Si tratta di un prezzo iniquo. Tuttavia il riscatto deve essere pagato o Mornay non rilascerà il suo ostaggio. Ho sentito parlare di lui e temo per la vita del Conte di Torrs se le richieste di Mornay non verranno soddisfatte.» «Voi non sapete tutto!» gridò Angelina in tono lamentoso. «Quell'uomo non si accontenta di rovinare mio padre esigendo questa enorme somma. Pretende anche che sia io a portargli il riscatto.» «Non potete farlo. Io non lo permetterò. Voi siete promessa a me, Angelina. Se vostro padre non fosse stato catturato, saremmo già sposati» obiettò Sir Thomas. «Mio zio dice che devo andare in Inghilterra e 19
mettere insieme il denaro per il riscatto, perché, se mio padre non viene rilasciato, le sue terre saranno confiscate e in tal caso non potremo più sposarci, Thomas. Dobbiamo solo sperare che il nostro piano funzioni» aggiunse Angelina. «Vostra cugina non sospetta niente?» «È una sciocca e farà quello che le dico» ribatté la giovane con disprezzo. «Però ancora non vedo come l'invio di Rosamunde al mio posto ci aiuterà a recuperare la mia dote.» «Prestatemi attenzione e ve lo spiegherò ancora una volta...» Sconvolta per ciò che aveva udito, Rosamunde si voltò e si allontanò, non avendo alcuna voglia di saperne di più. Adesso comprendeva la ragione dei nuovi abiti. La cugina intendeva mandarla da quel Lord Mornay al suo posto. Tremando, corse nella sua camera. Che cosa doveva fare? Non possedeva denaro, né aveva modo di tornare in Inghilterra senza sua cugina. Come poteva Angelina mettere in atto un piano tanto diabolico? Aveva sempre saputo che era una donna egoista, ma questo superava qualsiasi umana immaginazione. Rosamunde era angosciata e arrabbiata. Non voleva andare da quell'uomo al suo posto, ma per il momento non aveva altra scelta che mantenere la calma. Una volta in Inghilterra, avrebbe chiesto protezione a suo padre. Un'ora più tardi seguì Angelina nel cortile, dove trovarono ad attenderle i cavalli già sellati. La cugina avrebbe montato il suo destriero bianco, 20
mentre Rosamunde aveva cavalcato dietro uno degli uomini dello zio quando erano arrivati in Normandia e si aspettava di fare altrettanto per la sua partenza. Tuttavia, con sua grande sorpresa, Sir Thomas le si avvicinò conducendo per le redini un'incantevole puledra marrone. «Sapete cavalcare, vero?» «Certo. Questa cavalla è per me?» «Sì, se la sapete condurre.» Le sorrise, ma qualcosa nei suoi modi procurò a Rosamunde un brivido sulla nuca. Se non avesse sentito del loro piano, si sarebbe chiesta il motivo di tanta gentilezza. Adesso comprendeva perché le fossero stati offerti dei nuovi vestiti e una cavalcatura. Doveva recitare la parte della vera figlia del conte per ingannare il malvagio Lord Mornay. Avrebbe voluto rivelare loro che era al corrente del loro piano, ma tornare in Inghilterra dal padre era la sua unica possibilità. Se lui avesse saputo che stava per essere sacrificata per salvare la cugina dall'onta e dal disonore, di sicuro non lo avrebbe permesso. Così si fece forza per non ritrarsi, accettò la mano che Sir Thomas le porgeva e gli permise di aiutarla a montare. Afferrò le redini. Nonostante fosse in collera, provò un moto di piacere all'idea di cavalcare. Non lo faceva dalla morte della madre. Fino a quell'infelice giorno, Sir Randolph aveva tenuto i cavalli sia per la moglie che per Rosamunde, poi però li aveva venduti nel tentativo di evitare la rovina. Prese quindi posto nel corteo di Sir Thomas. 21
Vide che la serva di Angelina, Margaret, era salita dietro uno degli stallieri. I soldati cavalcavano in testa e in coda a protezione del loro signore e della sua promessa sposa. Rosamunde si collocò alle spalle della cugina. Era un bel pomeriggio caldo e piacevole per viaggiare. Poche ore in sella li avrebbero condotti fino alla costa, dove li attendeva una nave. Si sarebbe goduta fino in fondo quella prospettiva se non avesse saputo che cosa l'attendeva. Doveva trovare un modo per allontanarsi, una volta arrivati in Inghilterra. Di sicuro, suo padre sarebbe stato contento di vederla e l'avrebbe protetta. Sir Raphael de Valmont guardò il mare, seduto in sella al suo cavallo. La nave che avrebbe dovuto condurlo insieme ai suoi compagni dalla Francia in l'Inghilterra era stata sorpresa da una tempesta in mezzo all'oceano e il suo albero maestro adesso doveva essere riparato. Se non fosse riuscito a trovare un'altra imbarcazione con lo spazio per cinque passeggeri, avrebbe potuto essere costretto a fermarsi lì almeno una settimana. «La Southern Star salperà con la marea mattutina» annunciò una voce alla sua sinistra e Raphael si voltò a guardare il suo amico Broderick. «Il suo capitano, però, dice che gli è stato chiesto di portare in Inghilterra un cavaliere e il suo seguito, perciò non c'è spazio per noi.» Raphael fece una smorfia. «Ci lascerebbe almeno usare un angolo del ponte?» 22
«Mi ha spiegato che all'arrivo del cavaliere gli chiederà quante persone fanno parte della sua comitiva e, se sarà possibile, potrebbe permetterci di viaggiare sul ponte.» Raphael annuì con aria meditabonda vedendo arrivare un gruppo di cavalieri. Il suo viaggio era diventato urgente da quando la notizia della malattia del padre lo aveva raggiunto mentre era in viaggio attraverso la Francia. «Penso che sia arrivato» commentò con gli occhi socchiusi e la fronte corrugata per la concentrazione. «Con lui ci sono tre donne e dieci soldati, oltre a circa cinque servi. La Southern Star non è sufficiente per portare anche noi. Dovremo cercare altrove.» «Mi è stato detto che c'è una baia proprio lungo la costa e che due navi mercantili sono attraccate nel porto» li informò Jonathan de Vere avvicinandosi. «Non ci vorrà molto ad arrivare lì. Se non riusciamo a trovare un posto per tutti noi, dovrete andare da solo, Raphael.» «Abbiamo giurato che saremmo rimasti uniti fino all'arrivo in Inghilterra.» Lui guardò con aria seria Sir Broderick, Sir Jonathan de Vere, Sir Michael Borthwick e Janquil. Il viaggio dalla Terra Santa in Normandia era durato alcuni mesi e i suoi quattro amici si erano impegnati ad accompagnarlo per testimoniare la sua identità davanti all'orafo che aveva in custodia i beni del suocero. In cambio, Raphael aveva promesso che, qualora fosse diventato molto ricco, avrebbe preso tutti al proprio servizio. 23
Quando finalmente avevano trovato Markoff, l'orafo dapprima si era dimostrato riluttante a separarsi dal denaro e dai gioielli depositati presso di lui. Poi, dopo aver esaminato le prove del matrimonio di Raphael con Messalina e della successiva morte della giovane e di suo padre, aveva riconosciuto di trovarsi di fronte al legittimo proprietario di quei beni. Raphael aveva appena preso in considerazione l'idea di fermarsi in Normandia, dove aveva acquistato una proprietà, quando era stato raggiunto dalla notizia che suo padre era molto malato e voleva vedere il figlio il più presto possibile. «Non ho alcuna intenzione di lasciarvi qui, amici miei» riprese. «Mio padre potrebbe anche essere morto, a quanto ne so. Il messaggero ha affermato che ci stava cercando da diverse settimane.» «Potrebbe anche essersi ripreso. È un peccato che la nave non vi abbia aspettato, come promesso.» «Il capitano è rientrato in Inghilterra con un carico. Aveva tutte le intenzioni di tornare qui con la Broken Vows per incontrarci e ripartire alla data stabilita, ma la tempesta ha causato seri danni all'imbarcazione.» «Andiamo alla ricerca di queste altre navi?» «Parlerò al capitano Middleton e lo informerò delle nostre decisioni.» Raphael smontò e porse le redini del cavallo al suo scudiero. «Aspetta qui, Janquil. Non ci metterò molto.» Avvicinandosi al capitano della Broken Vows, 24
Raphael lo informò della sua intenzione di cercare un passaggio altrove. «Sarò in grado di riprendere la navigazione tra due giorni, non appena l'albero maestro sarà stato riparato» rispose il capitano. «Se non vi vedrò tornare prima di allora, cercherò un altro carico e partirò per l'Inghilterra.» «Va bene. Torneremo in tempo, sempre che non troviamo un altro mezzo di trasporto.» Raphael si voltò con l'intenzione di raggiungere i suoi amici. In quel momento si accorse che le donne erano smontate e stavano aspettando di salire a bordo della loro nave. Una di loro era molto bella, con i capelli biondi e il portamento fiero, una era chiaramente una domestica, ma alla terza era difficile dare una collocazione. Anche lei era incantevole, ma in un modo più tranquillo, i capelli le pendevano sulla schiena in una spessa treccia che aveva il colore del rame brunito. Aveva gli occhi verdi, la bocca morbida e generosa e c'era qualcosa in lei che lo indusse a chiedersi se non l'avesse già vista prima di allora. La sua tunica era alquanto modesta, tuttavia il portamento e l'aspetto erano quelli di una nobile. Forse era una parente, ragionò. Il gruppo del cavaliere stava salendo sulla nave proprio mentre Raphael passava alle loro spalle. A un tratto, la donna con i capelli rossi sembrò inciampare. Istintivamente lui allungò la mano per sorreggerla. «Il tacco dev'essersi spezzato.» Con le guance in fiamme, lei abbassò lo sguardo sullo stivale 25
rovinato, sospirando. «Perdonate, signore.» «Non è niente di grave. Il danno potrà essere riparato» commentò Raphael. «Sì, avrei dovuto indossare gli altri...» La giovane sollevò lo sguardo e spalancò gli occhi, stupita. Per un istante parve esitare e lui credette di scorgere una muta preghiera nei suoi occhi. Poi le sue palpebre si abbassarono. «Scusatemi, devo raggiungere i miei amici.» «Sì, certo. Anch'io.» Lei si mosse verso l'imbarcazione, ma Raphael rimase dove si trovava a guardarla mentre saliva a bordo. Lei parve rendersi conto che la stava fissando e si voltò. Per un attimo, i loro occhi si incontrarono e un delicato velo di rossore le accese le guance. Raphael sentì risvegliarsi un barlume di interesse che si affrettò a reprimere. Quella dama non era certo il tipo con cui potersi divertire e poi dimenticare, il mattino dopo, e lui non aveva intenzione di affezionarsi di nuovo a una donna. Mentre i ricordi della moglie defunta lo assalivano, la sua espressione si indurì, inducendolo a distogliere lo sguardo. Quella donna era molto bella, ma non avrebbe mai potuto rappresentare niente, per lui. Il ricordo della notte in cui aveva trovato la sua casa rasa al suolo e il corpo esanime di Messalina steso nel cortile era talmente vivo che avvertì un dolore lancinante al petto. Prima di scendere sottocoperta, la giovane lo cercò ancora con lo sguardo e un sorriso le curvò le labbra. Lo stava salutando come se lo cono26
scesse. Ancora una volta, Raphael percepì il suo desiderio di parlargli, forse per chiedergli aiuto. Poi la sua compagna di viaggio le rivolse la parola ed entrambe sparirono dalla sua vista. Raphael represse l'impulso di andare da lei, prenderla in braccio e portarla via. Per un momento, in quella donna aveva visto qualcosa che credeva di aver dimenticato, l'energia e la gioia che aveva provato prima di partire per le Crociate. No, era ridicolo. Nessuna donna avrebbe potuto avere un posto importante nel suo cuore. Si era costruito attorno una barriera per tenere lontano la sofferenza e il senso di perdita. Tornare a nutrire dei sentimenti avrebbe significato correre il rischio di rivivere il dolore che lo aveva quasi distrutto. Risalì a cavallo, allontanando dalla sua mente l'immagine della donna dai capelli rossi. Era incantevole, ma lui non avrebbe più cercato la bellezza e la dolcezza. Se si fosse sposato una seconda volta, lo avrebbe fatto soltanto per mettere al mondo un erede. «Cosa stai pensando?» La voce acuta di Angelina irruppe nei pensieri di Rosamunde. «Parlo con te, cugina! Perché non mi rispondi?» «Perdonami. Non ti avevo sentito. Che cosa vuoi che faccia per te?» «Ho un forte mal di testa» rispose l'altra. «Nei miei bagagli dev'esserci qualcosa in grado di alleviarlo. Tu sei abile a utilizzare le erbe, quindi preparami subito una pozione.» 27
«Come desideri, cugina» acconsentì Rosamunde. «Mi dispiace che ti senta poco bene. Ti preparerò una bevanda calmante.» Lasciando la cugina intenta a maltrattare la sua serva, andò a cercare le erbe e a chiedere dell'acqua al timoniere. Era stata così assorta nei propri pensieri da non aver udito la voce di Angelina. Il cavaliere che l'aveva salvata dalla caduta le aveva rammentato Raphael. No, non era possibile. Stava solo facendo correre la sua immaginazione. Il giovane che ricordava le aveva sorriso in modo allegro e pieno di vigore, invece l'uomo che le aveva impedito di cadere aveva un'espressione dura e sembrava oppresso dal dolore. Era stata tentata di implorare il suo aiuto, ma vedendo il suo sguardo cupo aveva pensato di essersi confusa. Non poteva essere il giovane scudiero che aveva conosciuto anni prima al castello di suo padre. E se anche lo fosse stato, era evidente che non l'aveva riconosciuta. Sì, l'aveva fissata, ma anche quando l'aveva toccata non aveva mostrato di rammentarsi di lei. Era un estraneo e lei non aveva osato avvicinarsi per chiedergli aiuto. Doveva aspettare di potersi rifugiare nella casa di suo padre.
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Riscatto d'amore ANNE HERRIES
INGHILTERRA, 1193 - Lord Raphael ha giurato che non si innamorerà mai più. Ma Rosamunde, la sua bella prigioniera, mette a dura prova la sua determinazione.
La doppia vita di Rose ANN LETHBRIDGE
INGHILTERRA, 1817 - Chi è veramente Rose? Cosa nasconde il suo fascino esotico? È quanto si chiede il Barone Stanford, deciso a svelare il mistero... e ad avere quella donna!
Gentiluomo ma non troppo DIANE GASTON
INGHILTERRA, 1828 - Dopo alterne fortune, Leo Fitzmanning riprende infine il proprio posto in società. Ma saprà riconquistare anche Mariel, l'unica donna che abbia amato?
La sposa francese MARGUERITE KAYE
SCOZIA, 1747 - Pur di non perdere Madeleine, l'affascinante francese a cui ha salvato la vita, Calumn è disposto a tutto. Anche a sedurla. Cosa non facile, visto che lei...
Il silenzio del guerriero MICHELLE WILLINGHAM
SCOZIA, 1305 - Marguerite è figlia di un duca, Callum uno scozzese ribelle che ha perduto la voce. Il sentimento che li unisce basterà a sfidare un destino che pare già segnato?
Vendetta per amore MARGARET MCPHEE
LONDRA, 1810 - Quando Marianne scopre che dietro la maschera del brigante che l'ha rapita si nasconde l'attraente Sir Rafe, non lo denuncia. Anzi, decide addirittura di sposarlo!
Il ritorno di Lord Montague CAROLE MORTIMER
INGHILTERRA, 1816 - Tra Giles, l'arrogante primogenito dei Montague, e Lily, umile trovatella, scoccano scintille. Ma sotto le braci del risentimento, cova in realtà la passione...
Misteri a teatro AMANDA MCCABE
LONDRA, 1589 - Affascinante e scanzonato, Robert è un mascalzone dallo spirito indomabile. Ed è colpa sua se la vita di Anna si trova in pericolo... così come il suo cuore!
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