Grs904 la sposa segreta

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JOANNA FULFORD

La sposa segreta


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: His Lady of Castlemora Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2013 Joanna Fulford Traduzione di Lorenza Braga Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A.. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici gennaio 2014 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 904 dello 02/01/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo

Isabelle percorse il sentiero tra gli alberi e giunse infine al muro situato all'estremità del frutteto. Quel punto concedeva una bella vista della foresta e delle colline al di sopra di Castlemora, sebbene in verità lei non le stesse guardando. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il suo ultimo colloquio con la suocera... «Se avessi adempiuto ai tuoi doveri di moglie e avessi dato alla luce un erede, avresti conservato il tuo posto tra di noi. Di fatto, con la morte di mio figlio non c'è più alcuna necessità che tu rimanga.» Isabelle l'aveva fissata con stupefatta incredulità. Il decesso di Alistair Neil in un incidente di caccia era già stato un colpo sufficiente, eppure ciò aveva superato ogni limite. «Ma questa è la mia casa.» Se aveva sperato di fare appello alla compassione di Lady Gruoch, non aveva colto nel segno. Gli occhi azzurri che l'avevano scrutata erano apparsi freddi, il volto arcigno, crudele. «Non più. A una moglie sterile si prospetta un solo futuro: prendere il velo e sparire dal mondo degli uomini.» Lo stomaco di Isabelle si era aggrovigliato. «Non è 5


colpa mia se non ho avuto bambini. Il mio defunto marito deve esserne in parte responsabile.» I solchi sulla fronte corrugata di Gruoch si erano accentuati. «Come osi cercare di nascondere le tue mancanze infangando il nome dei defunti? Mio figlio era impaziente di avere un erede! Ho validi motivi di credere che non abbia mai trascurato i suoi doveri nei tuoi confronti.» Isabelle aveva stretto le mani a pugno lungo i fianchi. E così ne avevano discusso alle sue spalle. Poteva ben immaginare quali malevole e false storie avesse riferito il marito per mascherare la propria inettitudine. Si era dibattuta tra la mortificazione e la collera. «Poiché era assiduo nell'impegnarsi nella propria parte» aveva continuato Gruoch, «è ragionevole aspettarsi che anche tu avresti dovuto fare la tua.» Isabelle aveva tenuto a freno la risposta accalorata che era stata lì lì per pronunciare. Alistair era morto. A cosa sarebbe servito raccontare gli imbarazzanti tentativi maldestri che avevano afflitto il letto coniugale agli inizi della loro relazione, tentativi che erano diventati frustrazione e alla fine violenza quando il marito se l'era presa con lei per il proprio fallimento? Avendo notato la sua esitazione, Gruoch aveva annuito. «Vedo che non lo neghi. La vergogna è doppiamente tua. Eri sposata da un anno. Qualunque moglie che si rispetti avrebbe avuto un bambino in braccio o in grembo, ormai.» «Lo volevo tanto quanto mio marito. Come potete dubitarne?» «Può anche essere. Comunque, ciò non cambia il fatto che tu abbia fallito come donna e come moglie. Tornerai da tuo padre e lui disporrà di te come ritiene 6


opportuno. Se ha del buonsenso, ti sistemerà in un convento il prima possibile.» Isabelle non si era ancora preoccupata della reazione del padre. A parte l'insulto, il suo ritorno sarebbe stato un fardello che lui avrebbe accolto a malincuore. Ciononostante, bisognava affrontarlo. Sapendo che un'ulteriore discussione sarebbe stata inutile, aveva sollevato il mento con fierezza. «In tal caso, pretendo che mi sia restituita la mia dote.» «Non sei nella posizione di avanzare richieste. È la nostra famiglia quella a cui è stato fatto un torto. Abbiamo concluso un affare in buona fede e siamo stati imbrogliati.» «Non è giusto!» «Non parlarmi di giustizia.» Quelle parole avevano suscitato il primo palpito di allarme. «Tenetene una parte, se volete, ma restituitemi il resto.» «Ci terremo quel che è nostro.» Isabelle aveva deglutito, alterata. Senza dote, e con la reputazione di donna sterile, non avrebbe avuto alcuna possibilità di risposarsi. Nauseata dalla vergogna e dalla furia represse, aveva fatto un ultimo tentativo disperato. «Non è roba vostra. I Neil hanno sufficienti ricchezze, non hanno bisogno di averne altre.» «Non osare dire ai Neil quello di cui hanno bisogno.» La voce di Gruoch si era placata. «Puoi reputarti fortunata di potertene andare da qui, ragazza mia. A Dunkeld c'è chi preferiva una fine più rapida e netta per l'imbarazzo che rappresenti.» Isabelle aveva provato un improvviso senso di gelo. Quando era arrivata la prima volta nella casa del mari7


to, le era stata concessa cortesia, se non proprio cordialità. I suoi nuovi congiunti non erano inclini a dimostrare affetto. Tuttavia, con il passare del tempo, mentre lei non riusciva a concepire un bambino, avevano cambiato atteggiamento, finché avevano celato a stento il loro disprezzo. Il pensiero che avessero potuto farle del male non le era passato per la mente, fino a quel momento. «I Neil rischierebbero di attirarsi la collera di Castlemora?» aveva domandato. «Mio padre non lascerebbe impunita una simile azione.» Le labbra di Gruoch si erano assottigliate. «Non abbiamo paura di Castlemora.» «Sareste più saggi se ne aveste.» Per quanto le parole fossero state provocatorie, Isabelle si era resa conto che erano inutili. In quella discussione, tutto il peso si era trovato sull'altro piatto della bilancia. Gruoch aveva curvato le labbra in un sorriso. «Siamo contenti di metterla alla prova. Domattina per prima cosa partirai.» E così aveva fatto, sotto lo sguardo sprezzante dei suoi ex parenti. Il ricordo era amaro. Tutte le grandi speranze che l'avevano infiammata all'inizio del matrimonio erano state ridotte in cenere e il suo orgoglio si era trovato fra di esse. Allo stesso tempo era stato difficile provare dispiacere nel lasciare un luogo dove era stata così poco stimata o desiderata. Il guaio era che non poteva immaginare come sarebbe cambiata la situazione nel prossimo futuro. Restia a permettere che i Neil scorgessero una qualche lacrima, era riuscita a mostrarsi impassibile. Aveva sfoggiato un'espressione impassibile anche 8


quando aveva infine dovuto affrontare suo padre. Archibald Graham aveva cinquant'anni. Un uomo forte ed energico in passato, gli era venuta a mancare la salute negli ultimi anni, fino a quando persino i più piccoli sforzi lo stancavano e ogni fatica più considerevole gli causava dolori al petto. Tuttavia, i suoi occhi grigi erano luminosi e penetranti, la sua mente acuta come lo era sempre stata. Non aveva compiuto alcun tentativo di nascondere la collera e la delusione. Quando aveva saputo che si erano rifiutati di restituirle la dote, la sua ira era cresciuta dieci volte tanto. «Quegli spregevoli traditori non sono meglio dei ladri.» Il fratello di Isabelle aveva borbottato in accordo. A sedici anni, Hugh era un uomo fatto e, in quanto unico figlio sopravvissuto, ora era l'erede. Aveva anche un forte senso di ciò che era dovuto ai congiunti. «Questo è un insulto a tutta la nostra famiglia. Dovrebbe essere vendicato. Lasciatemi condurre un'unità a Dunkeld, per bruciare quella tana di ratti.» «I ratti sono forti e numerosi, ragazzo. Attenderemo il momento opportuno.» «Intendete che dobbiamo mandar giù questo oltraggio?» «Quest'oltraggio non sarà ingoiato o dimenticato, te lo prometto.» Graham aveva fatto una pausa. «Comunque, la vendetta è un piatto che va servito freddo. Se un giorno sarai laird, devi ricordartelo.» Hugh aveva annuito piano. «Me ne ricorderò.» Si era poi rivolto alla sorella. «Ti sei sbarazzata della feccia, Belle.» Era vero, ma ciò non cambiava il fatto che ora era una vedova senza dote. Incombeva su di lei, inespres9


so, come la questione della sua presunta sterilità. Suo fratello era orgoglioso di lei e non le avrebbe mai gettato in faccia una simile accusa, ma essa non si sarebbe cancellata... Così, persa in cupe riflessioni, Isabelle non si accorse della figura che si avvicinava finché non la udì parlare. «Ben trovata, Lady Isabelle.» Riconoscendo la voce, lei si voltò lesta. «Murdo.» Il maestro d'armi si trovava a pochi passi di distanza. Lei lo sbirciò a disagio, reprimendo un brivido. La figura vestita di nero aveva la testa completamente rasata. Una cicatrice gli segnava il lato sinistro del volto, dallo zigomo al mento, sebbene fosse in parte nascosta da una barba ben curata e scura come la notte, tanto nera quanto lo sguardo rapace che stava osservando Isabelle in quel momento. Non le rammentava altro che un lupo predatore, asciutto, potente e pericoloso. Un forte odore di sudore stantio accentuava l'impressione di fetore animale. L'uomo scoprì i denti in un sorriso. «Sapevo che vi avrei trovata qui.» All'improvviso Isabelle si rese conto che il frutteto era piuttosto lontano dalla casa ed era del tutto appartato. Fu percorsa da un formicolio di timore. Non volendo che lui se ne accorgesse, rimase ferma immobile e si costrinse a incontrare il suo sguardo. «Che cosa volete?» «Parlare con voi, mia signora.» «Molto bene, e di che cosa volete parlare?» «Del futuro.» La stretta di apprensione aumentò di un grado. «E con questo?» 10


«Il vostro onorevole padre è un uomo malato. Non può vivere a lungo. Ciò deve preoccuparvi.» «È così» rispose lei, «ma non siete venuto qui per dirmi questo.» «Quando morirà, avrete bisogno di un protettore potente, Isabelle.» La giovane sapeva cosa sarebbe seguito e cercò con disperazione la maniera di evitarlo. «Mio fratello mi proteggerà.» «Un nuovo marito ricoprirebbe tale ruolo in modo migliore.» La sua espressione divenne penetrante. «Io sarei quell'uomo.» Isabelle sussultò, ma sapeva che non era il caso di contrariare intenzionalmente il maestro d'armi. «Quel che chiedete non è possibile, Murdo.» «Perché no?» Lui sostenne il suo sguardo. «Chi meglio di me? Posso anche essere un figlio cadetto, ma vengo da una buona famiglia. Ho conquistato il mio rango attuale con il merito e ho servito bene vostro padre. Grazie ai miei sforzi, Castlemora è forte e temuta.» Si fermò. «E non potete essere del tutto ignara dei miei sentimenti per voi.» «Mi rincresce il non poterli ricambiare.» «Non ancora, ma arriverete a farlo, con il tempo.» Lei scosse la testa. «Non proverò mai per voi sentimenti simili.» «Dite così ora, ma io so come essere paziente.» «Il tempo non cambierà le cose. Non nutrite speranze su di me.» «Se non me, chi altri, Isabelle? Non siete più il bene prezioso che eravate una volta, siete solo una vedova tornata in disgrazia da suo padre.» Isabelle sollevò di scatto il mento. «Mi meraviglio 11


quindi che vogliate farla vostra, Murdo» sibilò. «L'ho desiderato a lungo. Le circostanze presenti non cambiano nulla, eccetto l'agire in mio favore giacché ora non ci saranno più pretendenti che verranno a dichiararsi.» «Non ditemi che parlate per compassione.» «Lungi dal farlo.» L'uomo sorrise. «Conosco la verità, sapete.» Lei lo squadrò. «Che cosa intendete?» «Che Alistair Neil non era affatto un uomo.» «Non avete il diritto di fare simili affermazioni.» «Non dovete fingere con me, Isabelle. È risaputo tra le sgualdrine locali: il vostro defunto marito era scarsamente dotato ed era impotente. Se non avete figli, la colpa non è vostra.» Se fosse stato chiunque altro a pronunciarla, quella discolpa avrebbe agito come un balsamo sul suo spirito. Di fatto, però, le guance le avvamparono. Murdo si avvicinò. «Io posso darvi dei figli.» Isabelle si irrigidì. Il pensiero dell'intimità con lui era assolutamente ripugnante. «È impossibile.» «Suvvia, non preferireste essere posseduta da un vero uomo, tanto per cambiare?» Vedendo la sua espressione indignata, ridacchiò. «Una notte nel mio letto e dimenticherete che Alistair Neil sia mai esistito.» «Non dividerò mai il letto con voi.» Se la risposta di Isabelle l'aveva scoraggiato, non fu evidente, perché l'espressione di Murdo non cambiò, eccetto lo sguardo, che divenne più intenso. «Quando mi prefiggo un obiettivo, lo raggiungo sempre.» Nonostante il sole caldo del tardo pomeriggio, le venne la pelle d'oca; non aveva mai desiderato tanto 12


qualcosa come liberarsi di lui. «Mi dispiace, ma questa volta rimarrete deluso.» «Vi sbagliate, Isabelle. Questa volta sarete mia moglie.» «Non lo sarò mai.» Con ciò si voltò per andarsene, ma una mano forte sul braccio glielo impedì. «Non accetto mai un no come risposta» ribatté lui. «Ormai dovreste saperlo abbastanza bene.» Isabelle saggiò la stretta dell'uomo, ma questa non cedette. «Lasciatemi andare, Murdo.» «Mi siete sfuggita una volta in precedenza, ma non permetterò che accada di nuovo.» Il tono era indifferente, ma non lo erano le sue implicazioni. A Isabelle batteva forte il cuore, tuttavia si costrinse a incrociare lo sguardo di Murdo. «Dimenticate chi siete. Potete anche avere una posizione di fiducia in questa casa, ma ciò non vi dà il diritto di prendervi delle libertà.» «Non ancora, forse» rispose lui, «ma sappiate questo: intendo rivendicare alquanto presto i diritti di marito su di voi.» Quell'affermazione pacata le strappò l'ultimo fragile brandello di autocontrollo. «Mai!» Liberandosi con uno strattone dalle grinfie dell'uomo, Isabelle girò sui tacchi e si mise a correre tra gli alberi. Lui la guardò, ma non fece alcun tentativo di fermarla. «Sì, scappa via da me, Isabelle» mormorò. «Comunque non mi sfuggirai.»

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Tre mesi dopo Isabelle spronò il cavallo al piccolo galoppo, desiderando solo mettere della distanza tra sé e Castlemora per un po'. In teoria non avrebbe dovuto cavalcare all'esterno da sola, ma Murdo e suo fratello erano andati a caccia, così non c'era nessuno a impedirglielo. Comunque, la sua libertà avrebbe avuto vita breve. Suo padre poteva anche aver deciso di attendere il momento opportuno nei confronti dei Neil, ma non aveva tardato a trovarle un altro marito... «Glengarron è una vecchia alleata. Il matrimonio servirà a rafforzare il legame.» Le si era rivoltato lo stomaco. In qualche modo Isabelle era però riuscita a controllare la voce. «Perdonatemi, ma pensavo che il Laird di Glengarron fosse già sposato.» «È così. Stavo parlando di suo cognato, Lord Ban.» «Capisco.» «È un sassone, ma pazienza.» «Un sassone?» 14


«Non è l'ideale, lo ammetto. Il lato positivo è che si tratta di un guerriero rispettato, con forti legami familiari ma, essendo senza terra, non può permettersi di essere schizzinoso nella scelta di una sposa.» Isabelle aveva serrato la mascella. «Nemmeno io posso essere schizzinosa nella scelta di un marito?» «Non puoi permetterti di fare la difficile, ora.» «Forse sarà il nobiluomo a essere difficile da contentare.» «Perché dovrebbe esserlo?» Il padre l'aveva osservata con sguardo d'approvazione. «Sei bella e di sangue Graham, per giunta. Senz'altro si potrà trovare anche un qualche piccolo incentivo pecuniario. Dovrebbe essere sufficiente.» Con uno sforzo, Isabelle aveva tenuto a freno l'accesso di collera. «E se non lo fosse?» «C'è sempre un convento.» «Non ho alcuna vocazione per la vita religiosa.» Il padre l'aveva scrutata con sguardo fermo. «Murdo ti guarda molto. Potrebbe andarti peggio.» «Non lo penso affatto.» «In tal caso, ti consiglio di metterti il tuo vestito più elegante e di renderti gradevole quando Lord Ban arriverà.» Era rimasta sbigottita. «Per quando è atteso?» «Molto presto. Assicurati che siano fatti tutti i preparativi necessari per dargli il benvenuto.» Il ricordo di quella conversazione colmò Isabelle di rabbia. Ciononostante, non aveva osato disobbedire. Castlemora era pronta a ricevere l'ospite. Nel frattempo, lei aveva bisogno di qualche ora di solitudine per ritrovare la calma e per prepararsi ad affrontare ciò 15


che sarebbe accaduto. Per quel motivo, aveva bisogno di pace e di tranquillità. Trattenendo la cavalcatura a un passo regolare, seguì il ruscello fino a quando non si allargò in uno stagno nascosto dietro un boschetto. Sebbene fosse tra i confini delle terre di Castlemora, era un luogo appartato e, di solito, non si sarebbe recata lì da sola. Se Murdo l'avesse scoperto, sarebbero stati guai. Il maestro d'armi aveva sviluppato un'efficiente rete di spie. Quasi nulla accadeva a Castlemora senza che lui lo sapesse. La caccia era stata una fortunata distrazione. Isabelle smontò e legò il cavallo. Ormai il sole era alto e la giornata calda. I vestiti le si incollavano sulla schiena e l'acqua sembrava invitante. Si diede un'occhiata intorno, ma la zona era silenziosa; non c'era traccia di presenza umana fin dove l'occhio arrivava a vedere. La tentazione divenne più forte. Almeno per qualche tempo quel luogo sarebbe stato abbastanza sicuro. Ban sorrise e si appoggiò con la schiena contro l'albero, lieto di essere smontato dalla sella per un momento. Lui e i suoi compagni avevano cavalcato sin dal primo mattino, sebbene a un passo tranquillo per risparmiare le loro cavalcature. I cavalli stavano sonnecchiando all'ombra, mentre gli uomini, dopo aver diviso pane, formaggio e fette di carne secca, si erano stesi per un po' mettendosi a proprio agio. Non lontano tra gli alberi, Davy montava la guardia. Anche se tutta la regione sembrava in pace, non conveniva mai essere troppo sicuri di sé. Ban l'aveva imparato grazie alla sua lunga esperienza. Per cinque anni aveva cavalcato al fianco di Black Iain di 16


Glengarron, osservando, imparando e allenandosi, mentre il suo corpo cresceva solido, snello e forte e la sua mente acuta e attenta. Il ragazzo che era stato salvato dopo la distruzione di Heslingfield se ne era andato da tempo e al suo posto c'era un uomo, ormai, un guerriero rispettato per diritto. Essere il cognato di Iain non gli aveva fatto ottenere favori. Ci si aspettava che Ban desse prova del proprio valore come tutti gli altri. Lui si impegnava con tutta l'anima, perché concentrandosi sulla nuova vita poteva dimenticare quella vecchia. Lì il passato non contava. Adesso veniva valutato per quello che faceva. Benché fosse trattato con sufficiente cortesia dai suoi compagni, sapeva che lo osservavano, lo giudicavano. Era stata una questione di orgoglio essere stimato, ottenere la loro approvazione e la loro fedeltà. Gettò un'occhiata ai suoi compagni: Ewan, Jock e Davy, brave persone, uomini di cui si fidava in battaglia. Gli sarebbero rimasti accanto, come lui avrebbe fatto con loro. Avevano vissuto abbastanza avventure insieme da saperlo. Non che si aspettasse di combattere qualche battaglia nel prossimo futuro. Consegnare dei cavalli a un vecchio amico non era certo pericoloso. Lo faceva come favore a Iain. Dell'altra faccenda, più personale, non aveva detto nulla ai suoi uomini. Dopotutto, non aveva ancora preso una decisione certa; finché non ne avesse saputo di più, non poteva ancora pronunciarsi. Pochi giorni a Castlemora avrebbero senza dubbio chiarito la questione. Il pensiero gli tornò spontaneo alla conversazione di una settimana prima. Stava giocando in cortile con i suoi nipotini quando Iain era apparso. Per qualche momento questi aveva 17


osservato il gioco chiassoso, con un sorriso condiscendente che gli indugiava sulle labbra. Quando si erano infine fermati per riprendere fiato, aveva congedato i due figli comunicando loro che intendeva parlare in privato con lo zio. «C'è qualcosa che non va?» aveva chiesto Ban quando i ragazzi se ne furono andati. «No, era solo che volevo chiederti un favore.» «Che genere di favore?» «Ho bisogno di qualcuno che consegni dei cavalli a Castlemora. Archibald Graham mi ha chiesto una razza buona da riproduzione, qualche tempo fa. Gli avevo detto che avrei cercato qualche animale adatto.» «Le fattrici da Jarrow, per caso?» «Proprio quelle.» Ban aveva annuito. Erano degli eccellenti animali. Tuttavia, non era un compito impegnativo e qualunque uomo di Iain avrebbe potuto consegnarli, perciò come mai era stato scelto per quell'incarico? Come gli accadeva di tanto in tanto, aveva sentito che c'era di più di quello che appariva in superficie. «Ti dispiacerebbe?» Il tono di Iain era stato disinvolto. Era stato soprattutto quello a mettere in allarme il cervello di Ban e lui non era riuscito a trattenersi dal sorridere. «Certo che no.» L'affermazione era stata sincera. Castlemora non era a più di due giorni di cavalcata e c'era bel tempo. Inoltre, doveva molto a suo cognato ed era lieto di ricambiare un favore, quando poteva. «Bene.» Ban aveva atteso, ormai certo che sarebbe seguito dell'altro. Aveva avuto ragione, anche se non ne avrebbe mai potuto indovinare l'entità. 18


«Il viaggio potrà servire a due scopi» aveva continuato Iain. «Archibald Graham è un vecchio amico e un alleato ma, purtroppo, la sua salute sta venendo meno.» «Mi dispiace sentirlo.» «Ha una figlia. L'ultima volta che l'ho vista era una bambina, ma dovrebbe avere all'incirca diciotto anni adesso. È rimasta vedova qualche tempo fa e il padre le sta cercando un nuovo marito.» L'espressione di Ban si era fatta più guardinga. Quando aveva supposto che ci fosse una qualche ragione ulteriore per il viaggio, non avrebbe mai sospettato niente di simile. Eppure era tipico di Iain lasciar trapelare qualche piccola ma sconvolgente informazione con una tale imperturbabile disinvoltura. «Con ciò intendi me?» «Nient'affatto» era stata la risposta impassibile. «Suggerisco solo che dovresti andare a dare un'occhiata.» «È una vedova, quindi ci saranno anche dei bambini, Iain.» «Pare di no.» Ban l'aveva guardato stupito. «No?» «Non era sposata che da un anno e il tasso di mortalità infantile è alto.» «Se lo dici tu.» Non aveva insistito, sebbene la questione avesse lasciato una domanda in sospeso nella mente di Ban. «La donna è reputata bella e, oltretutto, essendo la figlia di Graham, avrà una dote consistente.» «Sempre meglio. E naturalmente io ho venticinque anni e non sono ancora sposato.» Ban si era fermato. «Ti ha spinto mia sorella?» 19


«No, anche se so che vorrebbe vederti sistemato.» «Te l'ha detto lei?» «Può avermene accennato una volta o due.» «Un eufemismo, se mai ne ho udito uno. Non ha fatto che combinare matrimoni, in questi ultimi cinque anni.» «Già... Ebbene, che cosa ti aspetti? Sei il suo unico fratello.» «Ed essendo l'unico maschio sopravvissuto della famiglia, devo avere un erede.» «Hai qualche obiezione al matrimonio?» Ban aveva scosso la testa. «Nessuna... in linea di massima.» Era vero, tutto sommato. L'idea del matrimonio non gli dispiaceva. Era un passo necessario nella vita di un uomo, una responsabilità che doveva essere accettata per assicurarsi che il proprio nome e la propria discendenza continuassero. La donna avrebbe dovuto essere remissiva e l'ideale sarebbe stato anche gradevole da guardare, sebbene Ban sapesse a proprie spese che la bellezza non era garanzia di un cuore caldo e generoso. Suo cognato aveva annuito. «Bene, allora.» Considerandolo in maniera spassionata, Ban sapeva che il piano aveva senso. Tuttavia non aveva potuto reprimere del tutto una punta d'invidia quando lo aveva paragonato a quello che Iain e Ashlynn avevano trovato nel matrimonio. Nella loro relazione vedeva amore e passione, udiva le risate condivise e le punzecchiature spiritose. Iain era un marito devoto e un buon padre. Ricordando come un tempo avesse dubitato di quell'uomo, Ban se ne era vergognato. Ashlynn non avrebbe potuto trovarne uno migliore. Tra le cop20


pie sposate, sembravano essere l'eccezione che confermava la regola. Che lui sapesse, Iain non aveva mai tradito la moglie. Una promessa fatta doveva essere mantenuta. «Certo, con questo non devi sentirti obbligato» aveva proseguito il cognato. «La donna può non essere di tuo gusto.» Ban aveva cercato di mantenere un'espressione neutra. Era assai più probabile che un nobile senza terra non incontrasse il gusto della donna. «Se lo dici tu...» «Se così fosse, stavi soltanto consegnando dei cavalli. In caso contrario...» «Potrei innamorarmi?» «Sono accaduti gli eventi più strani.» Ban aveva fatto una smorfia. Secondo la sua esperienza, l'amore era una chimera, una sciocchezza da sogni immaturi. Rendeva inoltre un uomo pericolosamente vulnerabile. Se si fosse sposato, sarebbe stato in sostanza un accordo di convenienza. Se in seguito fosse arrivato l'affetto, tanto meglio. Era quanto poteva sperare. «Già.» Il sorriso rilassato di Iain era apparso di nuovo. «Come ho detto, è considerata bella.» «Dannazione a te, Iain.» Le parole erano state pronunciate senza rancore. «Allora andrai?» «Sì, accidenti! Andrò e ispezionerò la mercanzia, ma ti avviso: sono difficile da accontentare.» «Lo ero anch'io.» Un lieve colpetto lo riportò al presente con un sussulto e Ban si rese conto che Jock gli stava passando la fiasca dell'acqua. La prese borbottando un ringra21


ziamento, accorgendosi con un senso di colpa che fino a quel momento non aveva afferrato nulla della conversazione. «Dovremmo essere certi di un caloroso benvenuto, comunque» disse Ewan. «Archibald Graham è famoso per l'ospitalità.» Ban e Jock si scambiarono un'occhiata e sogghignarono. Una delle prime preoccupazioni di Ewan era il proprio stomaco. Eppure, per quanto mangiasse, non faceva la minima differenza per la sua corporatura, che era minuta e asciutta. Non c'era un'oncia di grasso in lui, ma era sorprendentemente forte. A diciotto anni, da tre ormai prestava servizio con Ban, al suo fianco in qualunque avventura si imbattessero. «Perfetto. Un buon pasto e un letto confortevole mi starebbero bene» rispose il suo capitano. «Il vecchio era indisposto l'ultima volta che ne ho avute notizie» raccontò Jock. «L'ho sentito anch'io.» Quando fu il suo turno, Ewan prese un gran sorso dalla fiasca di cuoio. «È fortunato che suo figlio abbia l'età per gestire i possedimenti dopo di lui. Ha anche una figlia vedova, per giunta.» «Non le mancheranno i pretendenti, dunque. Lord Graham è piuttosto ricco.» «Allora è da sposare!» «Pensate che mi guarderebbe?» Il volto dai lineamenti duri di Jock si aprì in un sorriso, rivelando un dente mancante. «No» rispose Ewan. «Può scegliere l'uomo che vuole. Perché dovrebbe interessarsi a un brutto muso come te?» «Parlate pure. Se la bruttezza fosse un crimine, ra22


gazzi, voi non sareste in prigione, ma sareste già stati giustiziati.» Imperterrito, Ewan sogghignò. «Penso che non sposerà nessuno dei due, ma che ne dite di Davy? È abbastanza attraente.» «Sì, lo è, ma lui e la sorella di Lachlan hanno raggiunto un accordo. Inoltre, Davy non è nemmeno nobile.» «Allora che dite di voi, mio signore?» azzardò Ewan. Ban fu quasi colto di sorpresa dalla domanda perché si era avvicinata molto ai suoi pensieri, ma riuscì a replicare con un sorriso. «Non ho niente contro il matrimonio, sebbene le eredi ricche siano invariabilmente brutte.» «Non ne ho mai incontrata una, perciò devo prendere per buona la vostra parola» replicò Jock. Ban raccolse con fare distratto un filo d'erba, pensando che, brutta o meno, nessuna ricca erede sarebbe stata incline a considerare un inglese senza possedimenti un buon pretendente. Le sue sorti erano migliorate in modo considerevole negli ultimi sei anni e aveva denaro a sufficienza, ma le sue terre erano perdute, forse nelle mani di un qualche nobile normanno, ormai. A ciò non c'era rimedio, come a un padre e a un fratello trucidati, insieme alla moglie di quest'ultimo e al loro figlioletto appena nato. Gli uomini di Re Guglielmo avevano devastato una vasta zona del nord d'Inghilterra, lasciando dietro di loro un deserto carbonizzato dove non viveva nulla e le ossa dei morti rimanevano a sbiancarsi tra le rovine dei villaggi, perché erano stati lasciati in vita troppo pochi abitanti per seppellire il gran numero di quelli massacrati. Tutto 23


per la morte di un solo uomo, e un uomo stolto. La brutalità di Robert De Comyn aveva condotto alla rivolta in cui era stato ucciso. Tuttavia, era uno dei conti favoriti di Guglielmo e il re aveva ottenuto una terribile vendetta. Ban si domandava se la propria terra e la propria gente si sarebbero mai riprese. «Forse Graham la farà sposare con un lord normanno» suppose Ewan. Ancora una volta Ban fu scosso dai suoi pensieri. «Un normanno?» «Il trattato di Abernethy ha reso di fatto Malcolm un vassallo di Re Guglielmo.» Jock sputò nel fango. «Quale modo migliore per creare una forte alleanza politica che far sposare una scozzese a un normanno?» Digerirono l'ipotesi in silenzio, riconoscendone la sgradita verità. Le incursioni di Re Malcolm nel nord dell'Inghilterra nel 1070 erano state troppo fortunate e avevano suscitato una reazione intransigente in Guglielmo, che aveva radunato un'armata e aveva marciato verso nord per affrontare gli scozzesi. Sebbene fossero stati coraggiosi e impazienti di battersi, l'armata scozzese era stata sbaragliata dall'esercito normanno. Come risultato, Malcolm era stato costretto a rendere omaggio a Guglielmo e a firmare il trattato di Abernethy due anni dopo. Ewan rimase scandalizzato. «La fanciulla si merita senz'altro di meglio.» «Proprio così, amico. Sotto tutta la loro pompa e i titoli, i normanni sono solo bastardi traditori.» «Sì, e guidati dal bastardo più grande.» Ciò strappò una risata, perché l'umile origine di Re Guglielmo era ben nota. Era anche risaputo che fosse un suo punto dolente. 24


«Non farti sentire da lui. Ti taglierebbe la lingua.» «Però non è qui, giusto?» concluse Ewan. «No, ma ha lasciato il segno, vero?» «Sì. La Northumbria non è che una terra desolata.» Il silenzio seguì quella constatazione perché conoscevano un po' del passato del loro signore e nessuno ci teneva a rivangare un argomento che sapevano essere doloroso. Consapevole del loro turbamento, Ban assunse un tono più leggero. «E così dimmi, Ewan, hai messo gli occhi su qualche ragazza?» «Non ancora.» «Nessuna ragazza sana di mente ti prenderebbe» lo canzonò Jock. «Perché no? Tu l'hai trovata.» «Sì, per mio errore.» Ban ed Ewan ridacchiarono. La moglie di Jock, Maggie, era conosciuta per la sua lingua tagliente. Lei e Jock litigavano spesso a voce alta, ma nessuno aveva mai dubitato per un solo istante che non fossero devoti l'uno all'altro. Avevano avuto una nidiata di otto bambini, di cui cinque erano sopravvissuti all'infanzia. Tre erano ragazzini forti che dimostravano già di promettere bene come il padre nella loro abilità con le armi. A ragione, Jock era orgoglioso di loro. Tuttavia, l'argomento matrimonio si era avvicinato troppo al limite e di lì a poco Ban si scusò con il pretesto di andare a sgranchirsi le gambe e si allontanò dai compagni per seguire il ruscello. Il tenore della conversazione lo aveva messo insolitamente a disagio e voleva trascorrere qualche tempo da solo con i propri pensieri. Per i primi due anni dopo il suo arrivo a Glengar25


ron, tutto ciò che aveva posseduto erano stati i vestiti che aveva avuto indosso e la sua spada. Non sarebbe stato in alcun caso in grado di mantenere una moglie. Pian piano, si era fatto una reputazione e aveva accumulato ricchezze tramite la forza del suo braccio e l'uso della sua intelligenza. A ogni modo, un nome, seppur accompagnato dall'oro, non era abbastanza. Quello che contava era la terra. La terra era ciò che garantiva a un uomo una posizione e il potere. Senza di essa, in realtà, era poco più che un mercenario. Le donne di sangue nobile potevano concederglisi per una breve avventura, ma per loro era indegno sposare un uomo simile. Era una lezione che aveva imparato sulla propria pelle. C'erano state delle amanti, certo, nei sei anni trascorsi, donne di una certa categoria che avevano soddisfatto dei bisogni. Erano state passeggere e presto dimenticate, a differenza di Beatrice. La sua immagine era ancora vivida, sebbene Ban avesse da un pezzo capito che genere di donna fosse. Immerso nei suoi pensieri, Ban vagò lungo la sponda del ruscello, serpeggiando tra gli alberi, prestando poca attenzione a ciò che lo circondava. Aveva lasciato gli uomini parecchio indietro, felice di starsene da solo. D'un tratto si fermò sotto l'ombra a chiazze di un sorbo e si guardò intorno. Era uno scenario piacevole, con le colline, gli alberi e il ruscello. L'estate era stata insolitamente calda e secca e la corrente era meno forte, ma il corso d'acqua spumeggiava e scorreva limpido, lasciando intravedere le pietre marrone scuro del suo letto. In quel punto, cadeva su una sporgenza rocciosa e precipitava in un'ampia pozza sottostante. Sembrava fresca e invitante e una nuotata sarebbe sta26


ta davvero gradita. Ban si sedette e si levò gli stivali. Nel mentre, colse con l'occhio un movimento e vide che non era stato il primo ad avere avuto quell'idea. Qualcuno stava nuotando sulla riva opposta. D'istinto si accovacciò dietro un masso, osservando. Riuscì a vedere un cavallo legato a un cespuglio e un cumulo di vestiti vicino al bordo dell'acqua. Poi i suoi occhi si spalancarono e sul volto gli spuntò un sorriso. La figura nell'acqua era senza possibilità di errore una donna. Gli sembrò di vedere una vita sottile e lunghe gambe ben tornite. Capelli lunghi che galleggiavano dietro di lei come una qualche esotica pianta acquatica. Chi era? Da dove veniva? Non c'erano abitazioni nelle vicinanze. Non era una popolana, uno sguardo alla sua cavalcatura lo confermava. Non era nemmeno una fanciulla pudica. Ragazze del genere venivano scortate con cura e di sicuro non veniva permesso loro di allontanarsi a cavallo da sole o di nuotare nude in pozze solitarie nella foresta. Solo un tipo di donna avrebbe esibito le proprie grazie in quel modo. Ban sogghignò. Senza dubbio non si sarebbe aspettata di trovare un cliente in un luogo tanto remoto, ma quella era un'opportunità bell'e pronta e nessun uomo vigoroso se la sarebbe lasciata sfuggire. Se fosse stata disponibile, avrebbero potuto trascorrere una piacevole mezz'ora insieme sulla sponda del ruscello, tempo per cui la donna sarebbe stata ampiamente ricompensata in seguito. Spogliandosi fino alle brache, Ban entrò nello stagno. L'acqua era abbastanza fredda da togliergli il fiato, ma lui si tuffò, ogni suono attutito sopra il suo capo. Poi, immergendosi, nuotò sott'acqua verso l'altra sponda della pozza. Quando tornò in superficie vicino 27


all'altra riva, la ragazza era uscita e si stava asciugando con un telo di lino. Era più giovane di quanto avesse pensato in un primo momento, forse diciotto anni o poco più, ma il suo corpo rivelava le morbide curve della prima maturità. Essendosi asciugata quasi del tutto, si avvolse il telo intorno e si sedette su un sasso a lasciare che il sole facesse il resto. Il calore le stava già asciugando i capelli e Ban vide in quel momento che si era sbagliato: non erano castano scuro, ma del biondo rame più intenso e incorniciavano un viso grazioso. Il sorriso di Ban si allargò. Era davvero un'occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire.

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La sposa segreta JOANNA FULFORD SCOZIA, 1075 - L'unione tra Isabelle e Ban deve rimanere segreta finché lei non concepirà un figlio. Ma perché questo accada, lui dovrà prima conquistare il cuore della giovane!

I silenzi del marchese ALYSSA EVERETT LONDRA, 1820 - Rosalie, convinta che la freddezza del Marchese di Deal celi un animo sensibile, accetta di sposarlo. Un terribile segreto, però, minaccia il loro amore.

Cuore mercenario ANNE HERRIES INGHILTERRA, 1509 - Reduce da un naufragio, Anne non ricorda nulla di sé. Ma la sua dolcezza suscita nel cinico Stefan sentimenti che lui credeva sepolti per sempre. E così...

Ritratto di gentildonna MARGUERITE KAYE INGHILTERRA, 1828 - Solo la matematica riesce a far battere forte il cuore di Lady Cressida. Almeno finché non conosce un affascinante pittore italiano... e le sue arti amatorie!


Nuovi scandali e vecchi sospetti MADELINE HUNTER INGHILTERRA, 1818 - Audrianna vuole scagionare il padre. Lord Summerhays invece è convinto che sia colpevole. Così, quando si incontrano, tra i due scoccano scintille...

Il conte e la rosa HELEN DICKSON INGHILTERRA, 1464 - Guy St. Edmond vuole che la bellissima Jane diventi la sua amante. Ma quando riesce ad averla, scopre che possedere il suo corpo non gli basta.

L'eredità della baronessa ANN LETHBRIDGE SCOZIA, 1819 - Lady Jenna sa che deve sposare un uomo ricco. Il giovane che ha conquistato il suo cuore, però, non lo è. Abbandonarsi all'amore è dunque impossibile... o no?

La dama spagnola JOANNA FULFORD SPAGNA - INGHILTERRA, 1816 - Harry Montague deve scoprire la verità sulla morte del fratello. Quando però conosce la bella Elena, tutto il resto sembra perdere importanza... Dall'1 febbraio


I SIGNORI DEGLI INFERI: SEDUCENTI GUERRIERI IMMORTALI, LEGATI DA UN’ANTICA MALEDIZIONE CHE NESSUNO È MAI RIUSCITO A INFRANGERE...

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