Grs931 tentazione nelle highlands

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TERRI BRISBIN

Tentazione nelle Highlands


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Highlander's Dangerous Temptation Harlequin Historical © 2013 Theresa S. Brisbin Traduzione di Anna Polo Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici luglio 2014 Questo volume è stato stampato nel giugno 2014 presso la Rotolito Lombarda - Milano I GRANDI ROMANZI STORICI ISSN 1122 - 5410 Periodico settimanale n. 931 del 22/07/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


Prologo

«Venite con me!» gridò Athdar, imitando il tono del comandante dei guerrieri di suo padre. Sollevò la spada di legno e indicò la foresta. «I nostri nemici sono scappati nei boschi!» Athdar condusse gli amici, due cugini e due figli di abitanti del villaggio, tutti più o meno della sua età, nella fitta distesa di alberi e cespugli. Seguì il sentiero accidentato che costeggiava il fiume in cerca di ogni segno di movimento nell'ombra. «Là!» Qualcosa si era mosso. Gridò altri ordini. Un cervo, o un altro animale selvaggio – al momento non aveva importanza – scappò davanti a loro, mentre la luce del sole scintillava tra le foglie e i rami al di sopra. Seguirono ridendo i rumori prodotti dalla bestia ormai lontana. Dopo un po' di tempo il mormorio del fiume si attenuò. Athdar si guardò intorno e si rese conto che il paesaggio circostante non aveva niente di familiare. Si fermò un attimo, poi riprese a trottare, urlando agli altri di seguirlo. All'improvviso si ritrovò in una piccola radura che terminava in un burrone, a ricordare il corso seguito 5


in precedenza dal fiume. Avevano la via sbarrata. Athdar era alto e forte, abile a correre e a saltare, così prese la rincorsa e riuscì a superare l'abisso senza fatica. Si arrestò scivolando dall'altra parte, finì in un mucchio di foglie e si rimise in piedi in fretta. «Venite! Non è abbastanza largo da fermarci!» Nella sua qualità di figlio del capo, Athdar era abituato a impartire ordini alla piccola banda di amici e seguaci e a prendere decisioni. Fece loro cenno di raggiungerlo e attese che obbedissero. «Avete paura di saltare?» chiese in tono di sfida. «Prendete una bella rincorsa e ce la farete.» Lesse l'incertezza nei loro visi. Non poteva permettergli di rovinare quella magnifica avventura. «Vigliacchi!» urlò. «Solo dei codardi disobbediscono al loro capo.» Le parole gli bruciarono la bocca, ma sapeva che gli amici avevano solo bisogno di un po' di incoraggiamento per imitarlo e superare il burrone. Athdar li guardò mentre si davano una gomitata, annuivano e prendevano la rincorsa. Sorrise, incrociò le braccia sul petto come faceva spesso suo padre e attese che lo raggiungessero. Uno dopo l'altro i quattro spiccarono un balzo, levandosi in alto sopra la profonda fenditura nel terreno... Le grida eccitate dall'impresa si tramutarono in urla di terrore mentre precipitavano inesorabilmente nel buio abisso che si estendeva in prossimità dei loro corpi. Sotto lo sguardo inorridito di Athdar il fragore lasciò il posto a un silenzio mortale. Si avvicinò al bordo del burrone e guardò giù, la quiete 6


rotta solo dal suono affannoso del suo respiro. Gli amici giacevano sul fondo del baratro, a circa venti piedi di distanza. Aveva solo sette anni, eppure si rese conto che erano morti, o gravemente feriti: le braccia, le gambe e le teste piegate in modo innaturale non lasciavano dubbi in proposito. Era colpa sua! Frugò nella bisaccia, in cerca della corda che si portava sempre appresso e non la trovò. Il terreno franò sotto i suoi piedi e una pioggia di terriccio e sassolini finì addosso agli amici. Un lieve gemito rivelò che qualcuno era ancora vivo. Athdar gridò i loro nomi fino a quando Robbie non rispose. «Robbie! Vengo giù!» urlò. Poteva scivolare lungo il fianco del burrone e raggiungerli. Era tutta colpa sua. Doveva aiutare i compagni. «Resta lì!» gli intimò Robbie. «Non ci salverai, se resti intrappolato anche tu qui sotto.» Athdar si aggrappò alle radici di un albero per evitare di finire nel dirupo. Era vero: senza una corda per tirarli su, non poteva soccorrere gli amici. Il vento che frusciava tra i rami gli ricordò che presto sarebbe calato il buio, portando con sé nuovi pericoli. «Vado a cercare aiuto» annunciò a gran voce. Quando nessuno rispose tornò a gridare. «Robbie, vado a cercare aiuto!» Athdar raccolse la bisaccia e si guardò intorno, tentando di orientarsi. Avevano attraversato la foresta da est a ovest... o no? In quel momento era incapace di orientarsi; trasse lunghi e profondi respiri, nello sforzo immane di tenere a bada il panico. 7


Doveva ritrovare la strada di casa, si ripeté. Doveva cercare aiuto. Doveva... Athdar si mise a correre, chinandosi per evitare i bassi arbusti e tentando di trovare la riva del fiume. Impiegò ore a raggiungerla e a quel punto non riuscì a capire come tornare a casa. Ogni volta che la paura o la stanchezza si facevano sentire, pensava agli amici in fondo al burrone e riprendeva a muoversi velocemente. Scese la notte e Athdar crollò; dormì alcune ore, poi si svegliò e si rimise in moto. All'alba non era ancora riuscito a ritrovare la via di casa e a procurarsi un aiuto, così cedette al terrore e al senso di colpa e pianse per gli amici. Proprio in quel momento suo padre e suo zio fecero irruzione nella foresta in sella ai loro cavalli. Nel giro di poche ore Athdar riuscì a condurli al punto in cui i compagni giacevano feriti e guardò con il cuore stretto gli uomini del clan recuperare i corpi di Robbie e degli altri bambini. Fu terribile. Solo uno si muoveva. Il silenzio mentre venivano esaminati lo straziò. Presto il gruppetto desolato fece ritorno alla fortezza. Sebbene i genitori si limitassero a bisbigliare, Athdar conosceva la verità: quell'orribile incidente era opera sua. Aveva ucciso gli amici, proprio come se li avesse spinti giù dal precipizio. E in effetti li aveva incalzati con parole e insulti, usando il loro orgoglio per pungolarli a compiere un'impresa azzardata, fino a quando non erano precipitati in quel buio abisso. Avrebbe potuto aiutarli e invece aveva 8


vagato per la foresta, si era perso e aveva sprecato ore preziose che avrebbero potuto salvare le loro vite. Benché nessuno puntasse un dito accusatore contro di lui, quando tre dei suoi amici vennero sepolti gli sguardi furtivi e inquisitori non gli sfuggirono. Quando sentiva i sussurri dubbiosi sulla parte che lui aveva avuto nella vicenda avrebbe voluto ammettere a gran voce la propria colpa, ma i genitori lo convinsero che non era andata così. Era stato soltanto un terribile incidente da dimenticare, un tragico evento che il passare del tempo avrebbe cancellato. E così fu. Nessuno ne parlò più, dal momento che suo padre, il laird dei MacCallum, lo aveva proibito. Nessuno accennò ai bambini morti, ai genitori che se ne erano andati altrove e alle ferite sostenute dall'unico sopravvissuto alla tremenda caduta. Nessuno fece domande e Athdar si sentì ripetere mille volte che doveva lasciarsi tutto alle spalle. Con il tempo i ricordi dell'evento e degli amici svanirono, fino a diventare una parte sbiadita e vuota del suo passato. Un frammento che non ricordava più. Qualcuno però commemorava. Qualcuno piangeva una perdita terribile e trovava consolazione in una follia provocata dall'angoscia e dal dolore. Qualcuno era deciso a cercare giustizia contro il responsabile, anche se non rammentava più niente. Qualcuno non aveva dimenticato. 9


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Lairig Dubh, Scozia, 1375 «Guarda! Guarda! Eccolo.» Quel sussurro eccitato attirò l'attenzione di Isobel. La sua amica Cora notava di rado i rappresentanti dell'altro sesso, dunque quell'occasione doveva essere diversa e speciale. Si girò per capire che cosa stesse guardando la ragazza. Athdar MacCallum, fratello della moglie del laird dei MacLerie, Jocelyn, stava attraversando il cortile a grandi passi, diretto alla fortezza. Avanzava deciso, guardando dritto davanti a sé e Isobel intuì che aveva qualche affare da discutere con il laird e non intendeva perdere tempo. Era comunque un bello spettacolo da ammirare. «Sta partendo per tornare a casa» commentò. «Mio padre ne ha parlato stamattina» aggiunse, davanti allo sguardo perplesso di Cora. «Pensi che rimarrà per cena?» chiese l'altra, osservandola attenta in attesa della sua reazione. Isobel avrebbe voluto mostrarsi eccitata come 10


l'amica, ma si trattenne. Se avesse manifestato interesse per Athdar la notizia sarebbe subito giunta alle orecchie di suo padre, causando problemi. Bastava menzionare il suo nome per farlo arrabbiare e nessuno voleva provocare una simile reazione. Il figlio naturale del Conte delle Orcadi, mezzo scozzese e mezzo vichingo, non sopportava gli stolti e in qualche momento del passato, ancora prima della sua nascita, Athdar aveva commesso una sciocchezza che il padre di Isobel non intendeva dimenticare. Non gli importava che allora Athdar fosse stato giovane e impulsivo, né che avesse sofferto per i propri errori e neppure che come risultato Jocelyn MacCallum fosse arrivata a Lairig Dubh come moglie del laird. Per Rurik contavano solo le mancanze di Athdar, valide allora come adesso. Isobel si girò verso Cora. «Non lo so. Non sono al corrente dei suoi piani» tagliò corto. Anche se la cosa non le sarebbe dispiaciuta. Negli ultimi due anni varie cugine si erano sposate e lei aveva raggiunto quella che veniva considerata l'età da marito. In tutto quel tempo l'unico uomo che avesse attirato la sua attenzione era stato Athdar. Il che non aveva niente a che fare con il suo corpo forte e muscoloso, con i penetranti occhi castani o con il modo in cui i lunghi capelli bruni gli incorniciavano il volto dai tratti marcati e virili. Isobel si passò il dorso della mano sulla fronte madida di sudore e si rese conto di aver notato anche troppo la sua bellezza. Non era solo una questione di attrazione fisica, 11


però: Athdar l'affascinava in ogni senso. La trattava sempre con rispetto e le parlava come se avesse una mente acuta, senza evitarla come facevano gli altri uomini. Era piacevole pensare a qualcuno in grado di tener testa a suo padre. Secondo Connor MacLerie Athdar era un uomo giusto e competente e secondo sua sorella Jocelyn era anche capace di compassione. Isobel percepiva la sua tristezza di fondo e avvertiva un profondo richiamo: avrebbe desiderato essere lei a dargli sollievo. Lungi dall'allontanarla o spaventarla, la vulnerabilità di quell'uomo l'attirava. Rabbrividì e tornò a fissarlo. Cora notò la sua reazione e la guardò con intensità, poi sorrise e annuì. «Credo che tu non sia così indifferente come vuoi farmi credere, Isobel.» «Cora, è un lontano parente» le ricordò, nella speranza che lasciasse cadere l'argomento. Passò le mani umide sul vestito, gettò i capelli al di sopra della spalla e la prese per mano. «Vieni. Abbiamo molto da fare, prima di cena, che Athdar sia presente o no.» L'amica l'assecondò, proprio come sperava. L'uomo era davanti a loro, visto che erano anch'esse dirette alla fortezza. La madre di Isobel si trovava con Lady Jocelyn nel solario, il che le fornì una ragione per seguirlo all'interno. Il cuore le batteva forte nel petto mentre cercava di tenere sotto controllo la trepidazione all'idea di parlare con lui. Ci sarebbe riuscita, se qualcuno non lo avesse chiamato da un punto alle sue spalle. Athdar si girò di scatto per rispondere e i suoi intensi occhi castani la scorsero. 12


Ogni tentativo di comportarsi come se niente fosse fallì miseramente quando lui le strizzò l'occhio e le sorrise. Isobel si fermò di colpo, senza fiato. Cora era più avanti; non stava guardando da quella parte e fece qualche altro passo prima di rendersi conto che l'amica era rimasta indietro. Isobel si costrinse a respirare normalmente e gli restituì lo sguardo e il sorriso. Stava cercando qualcosa di brillante da dirgli, quando Ranald si intromise. «Sono nello spiazzo delle esercitazioni, Dar» lo informò. «Raggiungimi là, quando avrai finito di parlare con il laird.» Isobel lo osservò mentre sollevava una mano, annuiva e si girava per entrare nella fortezza. Ranald salutò le due ragazze e si avviò verso la piana. Cora lo seguì con lo sguardo fino a quando Isobel non si schiarì con discrezione la gola per attirare la sua attenzione. Il rossore che colorava le guance dell'amica doveva essere simile a quello che scaldava le sue. Isobel preferì non fare commenti sull'evidente interesse di Cora per Ranald. Mentre percorrevano il corridoio verso il solario, Isobel decise che avrebbe trovato il modo di guardare i due uomini mentre si esercitavano. Era sicura che Cora l'avrebbe accompagnata. Athdar imprecò tra i denti mentre entrava prima delle due ragazze nella scura fortezza di pietra per incontrare il cognato. Doveva vedere Connor MacLerie e diversi suoi consiglieri per parlare di alcuni cambiamenti da introdurre nei loro piani. Mentre salutava con un cenno del capo quelli che conosce13


va, tornò a maledirsi per la propria stupidità. Come aveva potuto ammiccare e sorridere a Isobel, per giunta in pubblico? Doveva essere impazzito. Isobel era la figlia di Rurik e se questi fosse venuto a sapere che un uomo le aveva prestato attenzione si sarebbe preso la sua testa... e non solo. Aveva già rischiato la vita per opera di Rurik, una volta, e non intendeva correre di nuovo un simile pericolo, nemmeno per la graziosa Isobel. Era diventata una vera bellezza! L'aveva guardata trasformarsi da ragazzina magra in quella stupenda giovane donna, intelligente e sicura di sé. I genitori avevano provveduto alla sua educazione, come succedeva in varie famiglie del clan dei MacLerie. Come molte altre fanciulle e donne, Isobel era stata incoraggiata a esprimere la sua opinione. Un comportamento insolito, che però costituiva la norma nella fortezza e nel villaggio del cognato. Athdar cercò la stanza che Connor usava per lavorare e lo trovò insieme ad altre persone che conosceva. Mentre la discussione incominciava la sua mente venne distratta da un viso a forma di cuore circondato da riccioli biondi e da due occhi fra il verde e l'azzurro che si colmavano sempre di allegria quando incrociavano i suoi. Per non parlare delle labbra piene e rosee che lo tentavano. Il suo corpo reagì in modo sorprendente a quei pensieri e Athdar si dimenò nella sedia, attirando l'attenzione di Connor. «Ti senti bene?» si informò il cognato, offrendogli una coppa di vino. «Sì» rispose. Mandò giù una sorsata per darsi il 14


tempo di concentrarsi sulla faccenda che stavano discutendo e non sulla graziosa e proibita Isobel. «Riguardo ai preparativi per l'inverno...» Per quanto si sforzasse di ascoltare il laird dei MacLerie esporre i suoi piani e la parte che i MacCallum avrebbero dovuto svolgere, Athdar continuava a pensare a Isobel. Eppure sapeva bene che ogni interesse nei suoi confronti sarebbe stato vano. Si guardò intorno nella stanza, si rese conto che la maggior parte dei presenti era felicemente sposata e provò la stretta al cuore che tale constatazione gli provocava sempre. Forse avrebbe conosciuto di nuovo la felicità, ma di certo non si sarebbe mai più sposato. L'esito disastroso dei suoi precedenti matrimoni e del recente accordo per una nuova unione costituiva una lezione di una chiarezza assoluta. Athdar aveva preso una decisione e non intendeva cambiarla: non avrebbe mai più esposto una donna ai pericoli cui sarebbe andata incontro sposandolo. Soprattutto l'incantevole Isobel. Le tragedie del passato lo tormentavano giorno e notte, ma non voleva far correre a una creatura così preziosa e vibrante il rischio di legarsi a un uomo come lui, perseguitato da una maledizione. Alcuni avrebbero potuto ridere e definirlo uno sciocco. Prima o poi la gente moriva. Molte donne perivano di parto, o di altri incidenti, ma qualcuno si sarebbe ricordato che lui aveva perso due mogli e una promessa sposa. Nonostante il desiderio di trovare una moglie e 15


formare una famiglia come quella che avevano gli altri uomini, Athdar sentiva che il fato era contro di lui. Si alzò, raggiunse la finestra, ascoltò la conversazione e rispose a Connor da lì. Come se i suoi pensieri l'avessero evocata, la figlia di Rurik attraversò il cortile sottostante, diretta agli spiazzi destinati agli addestramenti. Lei e l'amica tenevano le teste ravvicinate, intente a cospirare su qualche faccenda femminile, ridevano e lanciavano occhiate agli uomini che si esercitavano. Athdar svuotò la coppa e la posò su un vassoio. «Accetto l'invito a restare per qualche giorno, Connor.» Si avviò alla porta, ignorando le occhiate interrogative dei presenti. «Devo controllare con uno dei miei uomini le provviste che ci servono.» «Jocelyn è nel solario, Dar» lo informò Connor. «La cercherò più tardi.» Sollevò il saliscendi della porta e l'aprì. «Torno tra poco.» I piedi lo condussero fuori prima che potesse considerare la bizzarria di quel comportamento. Qualcosa, o meglio qualcuno, lo tirava come se una corda lo collegasse a... lei. Quando si rese conto del pericolo per il benessere di entrambi, Athdar rallentò e invece di Isobel si mise in cerca di Ranald. Una bella lotta lo avrebbe curato da una simile follia, facendogli ricordare le ragioni per cui si trovava lì e anche quelle per cui doveva assolutamente evitare il matrimonio. Il suo piano stava quasi funzionando, ma poi sentì Isobel esclamare il suo nome mentre crollava faccia a terra per un pugno ben assestato. Come poteva 16


ignorarla, quando ogni fibra del suo corpo e della sua anima la invocava? «Rurik pensa di trovarle marito altrove.» Connor si fece avanti e guardò la scena sottostante dal suo punto di osservazione preferito, in piedi dietro la sua amata Jocelyn. Posò le braccia muscolose ai suoi lati e inalò il profumo che usava per lavarsi i capelli. Si eccitò subito all'idea della moglie che faceva il bagno nuda e scosse la testa, ridendo all'idea che dopo tanti anni di matrimonio lei lo tentasse ancora così tanto. «Si è finalmente accorto che ormai è in età da marito?» chiese Jocelyn, girandosi nelle sue braccia. «Ha opposto a lungo una fiera resistenza.» «Di recente sono arrivate due proposte. Ne abbiamo discusso a fondo, il che l'ha costretto ad accettare che è arrivato il momento.» «Sei favorevole a queste unioni?» domandò lei. Nel suo tono si avvertiva una nota di... sospetto? Sarcasmo? Connor scoppiò a ridere. «Ricominciamo con il nostro gioco, moglie?» La baciò e vide i suoi occhi accendersi di una luce maliziosa. «Pare proprio di sì» constatò. La lasciò andare e guardò dai bastioni giù nello spiazzo. Il fratello di Jocelyn aveva abbandonato all'improvviso la riunione e ora si batteva con uno dei giovani guerrieri, Ranald, davanti a una folla che gridava e acclamava. Anche da tale distanza Connor poteva accorgersi che Athdar era stranamente distratto. Se aveva ragione, sapeva anche perché. 17


«Lei non gli è indifferente.» Non c'era bisogno di fare nomi: tra loro era tutto chiaro. Sentì la moglie tendersi e attese un'obiezione a quel commento. «Rurik non ne sarà felice» aggiunse. «Athdar ha giurato che non si sposerà mai più» sussurrò Jocelyn, mentre entrambi guardavano suo fratello che perdeva il controllo dello scontro. «Si tiene dentro tanto dolore.» Connor rimase in silenzio: gli pareva di rivivere la loro storia, con la sofferenza, il rifiuto di sposarsi, l'incapacità di sperare che l'amore fosse alla loro portata fino a quando non era stato quasi troppo tardi. Solo la donna accanto a lui aveva salvato la sua anima e il suo cuore dalle tenebre eterne. «Rurik spera che si interessi a qualcun altro, senza che il nome di Dar venga menzionato.» «Non pensavo che portasse rancore così a lungo» osservò Jocelyn, scrutandolo in viso. «È passato tanto tempo e Athdar era giovanissimo. E poi è stato solo un insulto, non un attacco.» «In passato non ti sei mai immischiata negli affari di Dar. Perché raccogli la sfida proprio adesso?» chiese il laird dei MacLerie. Voleva capire se quella sarebbe stata la loro prossima impresa. «Non toccava a me, Connor. Lo avevo accettato» rispose lei con tristezza. «Lo avevi?» indagò lui. Quel verbo al passato non prometteva niente di buono. «Vedo il desiderio nel suo sguardo, ogniqualvolta ci ritroviamo insieme. Athdar desidera ciò che abbiamo noi: una moglie, dei figli, l'amore. Lo vuole, ma ha anche paura di correre un altro rischio.» 18


«Non dovresti lasciare che sia lui a prendere la decisione?» Era opportuno spingere la sua amata nella direzione giusta. «Adesso è un capo e ha delle responsabilità. Non credo che sarebbe contento, se venisse a sapere che hai complottato alle sue spalle.» Sperava che quell'osservazione fosse sufficiente a distoglierla dal tentativo di rendere il sentimento tra Dar e Isobel qualcosa di più di una semplice attrazione. «Adesso ho parecchie faccende di cui occuparmi. Ci vediamo a tavola?» Jocelyn sorrise con aria remissiva, ma Connor sapeva che non avrebbe risparmiato sforzi per combinare un'unione tra il fratello e la figlia di Rurik. Se le cose fossero andate così, si sarebbe scatenato un vero inferno. In quel momento non aveva tempo per farle capire che era una scelta folle e pericolosa; ci avrebbe pensato quella notte, nella loro camera. «A dopo» sussurrò lei, sollevandosi sulla punta dei piedi per baciarlo. Connor seguì con lo sguardo il suo seducente ancheggiare e si rese conto che la moglie non aveva negato l'intenzione di favorire quell'unione. Sconfitto ancora una volta dal desiderio per lei, imprecò tra i denti e prese la direzione opposta. Aveva bisogno di parlare con Rurik. O forse no. Quando prendeva fuoco il comandante di tutte le sue truppe era formidabile perfino per lui. Forse sarebbe stato più saggio rimanere in disparte e vedere come procedevano le cose. L'allettante prospettiva di ciò che lo aspettava in camera da letto gli riempiva la mente. Connor si al19


lontanò in cerca di qualcuno con cui battersi: era un buon sistema per schiarirsi le idee e aguzzare l'ingegno. E se sua moglie e le altre madri erano davvero decise a favorire un'unione tra Isobel e Athdar, lui e gli altri padri avrebbero avuto bisogno di tutto il loro acume per contrastarle. A giudicare dall'espressione soddisfatta del bel volto di Jocelyn, quando si girò, Connor capÏ che forse non sarebbe riuscito a vincere quella battaglia.

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Una sposa per due KAREN HAWKINS SCOZIA, 1813 - Lily Balfour ha bisogno di un marito ricco per salvare la famiglia dalla rovina. Chi sceglierà tra il Conte di Huntley e il povero, seducente Principe di Oxenburg?

Un marchese sotto accusa ALYSSA EVERETT LONDRA, 1820 - Il Marchese di Beningbrough e la bella Lady Barbara si sono innamorati indagando su un misterioso omicidio. Ma quando lui diventa il principale indiziato...

Fiamma d'Irlanda LAUREL MCKEE IRLANDA, 1803 - Di nuovo insieme, Grant Dunmore e Caroline Blacknall si trovano invischiati in un complotto che potrebbe garantire la libertà all'Irlanda... o condurli alla morte.

Tentazione nelle Highlands TERRI BRISBIN SCOZIA, 1375 - Convinto di essere colpito da una maledizione, Athdar ha giurato di non innamorarsi mai più. Poi però la coraggiosa Isobel mette in crisi la sua decisione.


Il visconte cerca moglie KAREN HAWKINS

SCOZIA, 1814 - Deciso a riconquistare Dahlia Balfour, il Visconte Kirk chiede aiuto alla Duchessa di Roxburghe. Ma la fanciulla si dimostra un osso assai più duro del previsto!

Una damigella da salvare MARY NICHOLS

INGHILTERRA, 1792 - Per salvare il fratello dalla ghigliottina, Lisette si imbarca alla volta di Parigi. E a Sir Jay Drymore non resta che inseguirla e aiutarla nel suo folle piano.

Una contessa in fuga AMANDA MCCABE

INGHILTERRA, 1810 - L'amore che legava Jane al marito a poco a poco è svanito, e lei è fuggita dalla futile vita mondana di Londra. Ma tre anni dopo Hayden si presenta da lei...

Il segreto del vichingo MICHELLE WILLINGHAM

IRLANDA, 875 - Ragnar ama Elena da sempre, ma sa che non potrà mai essere sua. Eppure, quando lei viene catturata dai nemici, per salvarla rischia la vita... e il proprio cuore.

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