LA RIVALSA DEL GUERRIERO

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Michelle Willingham LA RIVALSA DEL GUERRIERO

Titolo originale dell’edizione in lingua inglese: The Untamed Warrior’s Bride

Harlequin Mills & Boon Historical Romance © 2023 Michelle Willingham

Traduzione di Laura Guerra

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises ULC.

Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

© 2023 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici settembre 2023

Questo volume è stato stampato nell’agosto 2023 da CPI Moravia Books

I GRANDI ROMANZI STORICI

ISSN 1122 - 5410

Periodico settimanale n. 1371 del 23/09/2023

Direttore responsabile: Sabrina Annoni

Registrazione Tribunale di Milano n. 75 dello 01/02/1992

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distribuzione canale Edicole Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Carlo Cazzaniga, 19 - 20132 Milano

HarperCollins Italia S.p.A. Viale Monte Nero 84 - 20135 Milano

Questo libro è prodotto con carta FSC® indipendente per garantire una gestione forestale responsabile

A Kristin M. per essere una guida tanto meravigliosa e per il suo sostegno.

A tutti i membri della classe 272, soprattutto Keiran, Taylor, Grace, Matt, Henry, Jess, Chelsea, Rylan, Brendan e Greg. Grazie per la vostra amicizia, per l’umorismo e per i tanti ricordi.

Prologo

«Ricorda chi sei. Ripetilo.»

Wenda di Grevershire fissò Piers, gli occhi azzurri che rivelavano un’indifferenza di pietra.

«Sono il vero erede di Penrith» rispose lui. Cercò di parlare con coraggio, sebbene uno strano tremore gli scuotesse le viscere. Lo stomaco gli doleva per via dei morsi della fame, ma sapeva che non era il caso di chiedere del cibo alla madre. Gli aveva dato un ceffone sull’orecchio quando gliene aveva solo accennato la sera precedente. Dopo tre giorni di viaggio erano giunti alla fortezza di Penrith ed erano fermi fuori dalle mura che la circondavano.

«Questa è casa tua» lo informò Wenda. Sebbene l’abito della madre fosse di seta, nel corso degli anni si era logorato. L’orlo era sfilacciato e il blu si era ormai sbiadito. In ogni caso, la donna aveva sempre il portamento di una nobile. «Vivrai qui al castello e porterai a termine ogni compito che ti verrà affidato. Impara tutto ciò che c’è da sapere di questo luogo» insistette. «Dovrai conoscerlo bene, se un giorno vorrai governarlo.» Gli occhi le brillarono intensamente, carichi di rabbia.

Piers la fissò, non capendo che cosa intendesse dirgli. Non avrebbe mai governato Penrith. Non sarebbe mai stato più di ciò che era: un figlio bastardo di cui il padre non sapeva nulla.

Wenda gli passò un fagotto con i suoi averi e fu allora che lui capì che cosa stava accadendo. «Mi state lasciando qui?» La sua voce aveva rivelato incertezza, perciò

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cercò di raddrizzare le spalle. Aveva undici anni e si era convinto che la madre lo avrebbe accompagnato.

«Devo» rispose lei. «Ma ascoltami bene. Ero fidanzata con il Conte di Penrith prima che tu nascessi. Il fidanzamento è come il matrimonio, è vincolante in chiesa.» Gli occhi le brillarono carichi di furia quando rivolse lo sguardo verso la fortezza. «Lui mi avrà pure abbandonata, ma tu sei il suo erede. Sei il primogenito, nato prima che lui mi cacciasse e prendesse quella sgualdrina in moglie. Vedrai, mi vendicherò di Degal. Lo giuro sulla mia vita.»

Tali parole rasentavano la follia e Piers abbassò lo sguardo a terra. Wenda lo afferrò per i capelli e lo costrinse a tornare a guardarla.

«Impara tutto ciò che c’è da sapere sulla famiglia, ogni segreto. Trova Robert, il figlio di quella sgualdrina, e diventane amico. Guadagnati la sua fiducia.» Sorrise lentamente. «Quando verrà il momento, riavrai il tuo posto a Penrith.»

Quando fosse venuto il momento di cosa? Piers non lo domandò, ma strinse forte il fagotto che aveva in mano.

Wenda gli toccò una spalla. «Gleda ti aiuterà. Era la mia cameriera, anni fa. Ti troverà dove dormire.»

Il ragazzo si sentì pervaso da una sensazione vacua di perdita. La madre intendeva davvero lasciarlo lì tra quegli sconosciuti. La sensazione di freddo strinse la propria morsa su di lui, intorpidendolo. «Vi rivedrò mai più, madre?»

«Sì» rispose lei. «Ma non subito. Prima dovranno accettarti. Dovranno credere che tu sia solo.»

Piers desiderò abbracciarla, ma Wenda si allontanò quando cercò di avvicinarla.

«Un’ultima cosa.» Udito il gelo nella voce della madre, lui indietreggiò. «Il figlio di quella sgualdrina sta male. Nel fagotto ho messo una fiala di una medicina

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speciale per lui. Dalla a Gleda insieme alla lettera che ho scritto.»

«Sa leggere?» la interruppe. Lui non aveva mai imparato.

«Sì, sa leggere. Nella lettera le parlo della medicina e di come produrne ancora. Dille di bruciarla, una volta che l’avrà letta.» Wenda appoggiò le mani sulle sue spalle e si abbassò. «È importantissimo che il figlio di quella donna prenda il rimedio ogni giorno. Sta male, ma questo preparato lo aiuterà.»

Il mezzo ghigno sul volto della madre lo mise a disagio. C’era qualcosa nelle sue parole che non gli pareva veritiero, ma non osò accusarla di mentire.

«Ora prendi la lettera e dirigiti ai cancelli» continuò lei. «Di’ alle guardie che hai un messaggio per Lord Penrith. Consegnaglielo e poi va’ a cercare Gleda.»

«Che cosa dice il messaggio?» le domandò.

«Lo informa che sei suo figlio. Incontrerai tuo padre per la prima volta, dopodiché lui ti permetterà di restare.»

Un brivido gli passò sulla pelle per via del nervosismo, quindi Wenda si drizzò.

«Ora va’, figlio mio. Ti prometto che un giorno sarai Signore di Penrith. È venuto il momento che la tua nuova vita inizi.»

Non lo abbracciò, ma gli diede una lieve spinta. Piers ingoiò la paura, sapendo di dover essere forte. Non capiva perché la madre lo stesse allontanando, ma voleva credere che un giorno sarebbe tornata per lui. Nonostante la promessa della donna, non l’avrebbe mai più rivista.

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Inghilterra, 1205

Nell’udire qualcuno in camera, le si gelò il sangue. Gwendoline afferrò il pugnale che teneva nascosto sotto il materasso e, silenziosamente, si alzò a sedere, al buio.

Il cuore le batteva impazzito, ma non gridò. Aveva una sola opportunità di avere la meglio e doveva perciò sfruttare l’elemento sorpresa.

I passi si avvicinarono al letto, quindi lei furtivamente scivolò giù dall’altra parte, stringendo il coltello in mano. Trattenne il respiro, chiedendosi se fosse meglio scappare o affrontare l’intruso.

Fu allora che lo sconosciuto avanzò di un altro passo. Stava cercando di aggredirla o di ucciderla? Fu inondata dalla paura, tuttavia non trovò altra scelta se non agire. In caso contrario, a colpire per primo sarebbe stato lui.

Trattenne il fiato e con passo felpato arrivò alle spalle dell’uomo, premendogli la lama sulla gola. «Cerchi qualcuno?» Non sapeva chi fosse o che cosa volesse, ma non sarebbe diventata sua vittima.

L’uomo era alto e magro, ma lei percepì i suoi muscoli sodi sotto la mano. Aveva i capelli tagliati malamente alla nuca e il suo profumo le ricordò quello dei pini nel bosco. Al buio, non riusciva a vedergli il volto.

«Cercavo voi, Lady Gwendoline.» La sua voce risuonò profonda, ma, coraggioso, lui non si mosse.

Gwen strinse la presa sul coltello. «Come sei entrato in

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camera mia?» E, cosa più importante, perché era lì? Stava cercando di aggredirla?

«Conosco bene il castello» le rispose l’intruso.

Lei non seppe come interpretare tale risposta, ma doveva chiamare le guardie fuori dalla porta. Tuttavia, l’atteggiamento dell’uomo la portò a esitare. Lui sollevò la mano verso il suo polso, ma invece di cercare di strapparle il pugnale le sfiorò il braccio con una carezza lievissima. Il calore della sua mano la stupì, tanto che si ritrovò a non sapere come reagire. Aveva incontrato diversi corteggiatori in passato, ma nessuno aveva avuto su di lei tale effetto. Quel tocco la raggiunse nel profondo, risvegliando sensazioni che non aveva mai nemmeno immaginato.

«Non toccarmi.» Gli premette più forte la lama sulla gola e lui la lasciò. «Perché sei qui?»

«Volevo incontrarvi prima delle gare.» La sua voce greve e sonora le avvampò la pelle. Era sbagliato, ma provò un brivido proibito nel cingerlo con il braccio.

«Perciò sei uno dei miei corteggiatori.»

«Sì.»

Suo padre, Alfred, aveva organizzato un torneo per offrire la sua mano in matrimonio il giorno della festa di mezza estate e aveva invitato decine di corteggiatori. Le aveva detto che avrebbe potuto scegliere tra i concorrenti in gara. Quell’uomo stava chiaramente cercando un vantaggio.

Si irrigidì, poiché non sapeva che pensare del matrimonio. Il padre le aveva promesso che a scegliere sarebbe stata lei, ma si era rimangiato la parola più volte in passato. Era intrappolata in una prigione creata dalle regole del genitore e aveva imparato a fingersi ignorante, comportandosi da figlia perfetta. Ma dentro di sé desiderava sfuggire a tali catene invisibili. L’ultima cosa che voleva era finire da una gabbia all’altra.

Quell’uomo chiaramente credeva che si sarebbe com-

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portata come una fanciulla timida e spaventata. Forse riteneva di poterla sedurre o di guadagnarsi il suo affetto. La sua presenza al tempo stesso la intimidiva e incuriosiva. Non si era certo aspettata che qualcuno si adoperasse tanto pur di restare solo con lei, ma il cervello l’avvertì che quello non era un uomo che le avrebbe concesso l’indipendenza di vivere la vita come voleva. Avrebbe avuto delle pretese, sovvertendo le regole perché gli tornassero comode.

Impugnò ancora più forte il pugnale, consapevole che non avrebbe mai potuto sposare un uomo del genere.

Lui le strinse lievemente la mano e allontanò il pugnale quel tanto da potersi girare verso di lei, quindi la lasciò, permettendole di mantenere la lama puntata alla sua gola. «Non vi farò alcun male.»

«Chi non intende farmi del male di solito non entra di nascosto in camera mia» gli fece notare lei. In ogni caso, non riusciva a capire perché quell’uomo la tentasse tanto. La sua voce era velata dal desiderio e, al buio, si ritrovò senza fiato. Era più pericoloso di chiunque avesse incontrato fino ad allora.

Chiama le guardie e sbarazzati di lui, l’ammonì il cervello. Eppure... Forse era proprio la sicurezza creata dalla presenza delle guardie a spingerla a osare.

«In che altro modo avrei potuto vedervi?» domandò lui. «O parlarvi prima delle gare?»

«Perché mai dovrei desiderare di parlarti? Non ti conosco.» Il braccio cominciava a dolerle per via della presa sul coltello.

«Sono Piers di Grevershire» la informò lui.

Non riconobbe il nome, ma mentì. «Non mi importa chi sei. Voglio che tu esca dalla mia stanza prima che ti tagli la gola.»

«Non ancora.» La sua voce fu un bisbiglio roco, quindi lui la cinse per la vita.

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Gwen rimase immobile, ma l’improvviso calore delle sue mani la rese consapevole di quel tocco, nonché del profumo virile della sua pelle. Lui restò in silenzio, per poi sfiorarle con una carezza lieve la parte bassa della schiena. Nessuno l’aveva mai toccata in quel modo prima di allora. Non sapeva che fare, ma quando le sue mani iniziarono a salirle lungo la schiena, le venne la pelle d’oca.

Un desiderio proibito le si risvegliò dentro, portandola a desiderare di calare la lama. Tuttavia, si trattava solo di uno stratagemma da parte del giovane affinché abbassasse le difese mentre lui assediava il suo buonsenso.

«Che stai facendo?» bisbigliò.

«Voglio conoscervi meglio» le rispose. Continuò l’assalto ai suoi sensi, tanto che Gwen dovette deglutire, consapevole della necessità di cacciarlo.

«Chiamerò le guardie» sibilò, sollevando una mano tra loro.

«Invece no.»

Tale affermazione le parve una sfida. «E perché no?»

«Perché siete capace di badare a voi stessa. Inoltre, scommetto che vi incuriosisco. E non scoprirete nulla se le guardie mi uccideranno.»

«Non voglio sapere nulla di te» ribatté lei. «Sei in camera mia e devi uscire.» Disperata, cercò di spingerlo, ma con un movimento agile lui la disarmò, gettando via la lama.

In preda al terrore, Gwen prese un bel respiro con l’intenzione di gridare e chiamare le guardie. Senza il pugnale, era indifesa dinanzi a quell’uomo, che tuttavia non fece altro che appoggiarle di nuovo le mani in vita.

«Me ne andrò tra un istante» le promise. «Ma prima, voglio sapere qualcosa di voi di cui nessun altro è a conoscenza. Io vi rivelerò qualcosa di me, se me lo chiederete.»

«Non voglio conoscerti.» La voce le si spezzò quando lui le strinse una mano con la propria. Con gentilezza le

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esplorò la punta delle dita, accarezzandole con il pollice i calli.

Il cuore le impazzì e Gwen non riuscì a trattenersi dall’immaginare le sue dita sfiorarle altre parti del corpo nudo. Perché mai aveva tale effetto su di lei? Non lo capiva né sapeva come convincerlo ad andarsene.

«Ho scoperto qualcosa su di voi» la informò lui a bassa voce. Con il pollice le accarezzò l’indice e il medio, per poi stuzzicarle il palmo della mano prima di stringerla di nuovo. «Sospetto che in pochi lo sappiano.»

«Non sai nulla.»

«Siete un’arciera ed è con queste dita che rilasciate la corda.» Le sfiorò i calli sulle dita. «Non vi addestrate spesso quanto vorreste e probabilmente non lo avete detto a vostro padre.»

Gwen sgranò gli occhi, quindi lo spinse via da sé, cercando di ricomporsi. Come lo aveva indovinato? Era il suo segreto, di cui solo pochi soldati erano a conoscenza. Adorava tirare con l’arco, ma riusciva a addestrarsi solo quando il padre non c’era. Lui voleva che fosse una figlia obbediente, che non toccasse mai alcuna arma. Aveva imparato a tirare in segreto, ma quando lo aveva poi confessato al padre lui si era infuriato.

«Sono colpito» commentò Piers, portandosi la sua mano alle labbra. Quindi, senza aggiungere altra parola, la lasciò e sparì.

Gwen udì un lieve stridio di pietre dietro l’arazzo. Era da lì che doveva essere entrato.

Sospirò, confusa da ciò che era appena accaduto. Tuttavia, più che dalla presenza del giovane, era rimasta colpita dal suo complimento inaspettato. Non sembrava disapprovare la sua abilità con l’arco, così come invece la condannava il padre. Anzi, la sua voce era stata carica di ammirazione.

Non se l’era aspettato.

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Chiuse gli occhi e si lasciò cadere sul letto. Era stato un errore concedergli di parlarle... tuttavia lui era rimasto quel tanto che era bastato per conversare. Avrebbe potuto tranquillamente avere pretese o rifiutarsi di uscire finché lei non avesse dovuto davvero chiamare le guardie. Aveva risvegliato in lei un interesse inatteso.

Non cadere nella sua trappola, si ammonì. È come tutti gli altri corteggiatori che desiderano prendere il comando di Penrith ottenendo la tua mano in matrimonio. Era stata sciocca a non chiedere aiuto.

Eppure... aveva creduto a Piers quando le aveva detto che non le avrebbe fatto alcun male. Non sapeva cosa pensare dell’audacia che aveva dimostrato: se temerlo o ammirarlo.

In ogni caso, quando si infilò di nuovo sotto la coperta, non poté che chiedersi quando lo avrebbe rivisto.

Il mattino successivo, Piers si svegliò nella stalla domandandosi se avesse compiuto un errore andando a trovare Lady Gwendoline in segreto. Non era come gli altri corteggiatori che possedevano vagoni carichi d’oro, terre e un nome nobiliare. No, lui non aveva nulla da offrirle, se non se stesso, perciò se voleva reclamare la sua mano in matrimonio doveva guadagnarsi il suo affetto clandestinamente. Solo allora avrebbe avuto una possibilità.

La visita di nascosto era stata un gesto impulsivo nato dalla disperazione, andato in frantumi nell’istante in cui lei gli aveva puntato una lama alla gola, ma sebbene avesse insistito affinché se ne andasse, non era rimasta del tutto indifferente nei suoi confronti. Motivo per cui si chiedeva se fosse il caso di provarci ancora.

Non accetterà mai di sposarti, l’ammonì la voce della ragione. Non vorrà un bastardo.

Era indubbio. Aveva addirittura considerato l’idea folle di rapirla prima di entrare di soppiatto in camera sua,

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ma Lady Gwendoline non era né mite né inerme... e ciò gli piaceva.

Non le aveva mentito dicendo di essere uno dei suoi corteggiatori, ma se lei avesse scoperto la verità sarebbe finita.

Aveva saputo del torneo dal fratellastro, Robert. Il nuovo conte aveva promesso la mano della figlia in matrimonio al vincitore, nonché il comando sulle terre di Penrith. Il pensiero era sbalorditivo.

Lui aveva lavorato nei campi di Penrith da che era bambino, insieme agli altri servi. Era stato un lavoro duro, ma era sopravvissuto e se aveva dovuto dormire in mezzo ai cani, quantomeno aveva avuto un riparo.

Tuttavia, ora aveva la possibilità di superare i suoi umili natali. Grazie al torneo, tutto sarebbe cambiato. Poteva vincere la mano di Lady Gwendoline, la cui bellezza e coraggio lo affascinavano. Non aveva mai incontrato una donna simile... ed era curioso di saperne di più.

Aveva raggiunto Penrith in segreto, lontano dal fratello. Sebbene sapesse che Robert intendeva competere, aveva deciso di sfidarlo. Per Robert il torneo era la possibilità di riottenere il suo diritto di nascita. Per lui, invece, era molto di più. Aveva vissuto nell’ombra del fratello tutta la vita, ma ora intendeva condurre un’esistenza ben diversa da quella del passato.

Dopo la morte del padre, era andato in esilio con il fratello alle rovine di Stansbury, insieme ad altri due prigionieri che erano scappati. Morwenna e Brian avevano vissuto con loro, diventando ben presto amici.

Una sera, Robert aveva acceso il fuoco e Piers si era seduto dalla parte opposta, mentre Morwenna e Brian dormivano.

«Quanto tempo ci fermeremo qui?» aveva domandato.

«Non lo so, ma è comunque meglio dell’abbazia. Non ho alcuna intenzione di diventare monaco.»

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Aveva gettato un pezzo di legno tra le fiamme, sollevando scintille verso il cielo notturno. «Che cosa vuoi fare?»

«Addestrarmi» aveva risposto Robert. «Otterremo delle armi da mio zio. Dovrai aiutarmi a diventare più forte.»

Il fratello aveva fissato le fiamme, quasi stesse ricordando la notte in cui erano scappati da Penrith. «Sono stato un codardo quando siamo fuggiti e mio padre è morto per colpa mia. Non posso più essere tanto debole.»

Piers non aveva detto nulla, ma il senso di colpa aveva gravato su di lui. «Non sei mai stato debole.»

«Sono anni che sto male!» aveva protestato Robert. «Tutti ritenevano che sarei morto.»

Piers aveva abbassato lo sguardo a terra. «Ora stai meglio.»

«Sì, ma se la malattia dovesse tornare? Devo diventare più forte. Devo combattere per riottenere le mie terre.»

«Non ti ammalerai più» gli aveva promesso Piers, ingoiando il nodo della colpa.

Durante i due anni di esilio, avevano seppellito la loro inimicizia. Si era addestrato al fianco di Robert, convogliando la propria frustrazione nel combattimento con la spada. Avevano imparato duellando e sebbene provasse ancora risentimento per il rango di Robert, quantomeno aveva la possibilità di trasformare al meglio la propria vita.

Aveva lasciato che il fratello pensasse che sarebbe rimasto a Stansbury, quando invece lo aveva seguito verso Penrith. Sarebbe stato più facile attuare il piano, se Robert non avesse saputo della sua presenza.

Mancavano ancora alcuni giorni all’inizio delle gare, perciò poteva prendersi un po’ di tempo. Avrebbe trovato dei doni da lasciare a Lady Gwendoline. Forse durante il giorno lei avrebbe tollerato la sua presenza, offrendogli una seconda possibilità.

Aveva nascosto attentamente i propri averi all’interno

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del passaggio segreto, di cui nessuno era a conoscenza, se non lui. Da bambino aveva esplorato tutti gli angoli remoti del castello, perciò lo conosceva meglio di chiunque altro. Molte volte si era nascosto tra quei passaggi per sfuggire alle percosse. Per sopravvivere era stato costretto a rubare cibo, ma ben presto aveva imparato a muoversi furtivo, dopo essersi sorbito lividi e nasi sanguinanti.

Si era riparato sottoterra e, sebbene fosse freddo, non correva il rischio di essere scorto. Avrebbe atteso il momento giusto per rivedere Lady Gwendoline nella speranza di guadagnarsi il suo affetto.

In verità, non aveva mai corteggiato una donna. Aveva baciato alcune ragazze a Penrith da adolescente, ma nei due anni precedenti l’unica donna che aveva visto a Stansbury era stata Morwenna, il cui cuore apparteneva a Robert. Era come una sorella e il fratello della giovane, Brian, lo trattava quasi fosse un fratello maggiore. Erano stati l’unica vera famiglia che avesse mai avuto ed erano entrambi lì a Penrith con Robert. Tuttavia, se lo avessero visto, avrebbero sospettato le sue intenzioni, riferendole al fratello.

Al mattino, mantenendo il viso coperto, aveva sparso giunchi freschi sul pavimento della grande sala mentre il conte e Gwendoline facevano colazione. Aveva lanciato un paio di occhiate verso la gentildonna, notando le sue maniere perfette e come sorridesse al padre. Il suo atteggiamento gli era parso falso, quasi stesse vivendo in un’illusione e dicendo ciò che il conte desiderava sentire. Non era la stessa giovane che gli aveva puntato una lama alla gola.

In tutta onestà, preferiva il suo coraggio. E sapeva esattamente quale dono portarle. Non possedeva argento, ma per quel regalo non gli sarebbe servito.

«Bastardo assassino» sentì borbottare a un uomo al suo fianco mente portavano via gli avanzi della colazione.

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Lo guardò in tralice, sapendo che non poteva porre domande, ma curioso di capire il motivo alla base di tanto odio. «Che marcisca all’inferno» rispose sottovoce.

Udite tali parole, l’uomo annuì, serio. «Avrà ciò che si merita.» Dopo averlo osservato meglio, lo riconobbe. «È da un po’ che non ti vedo. Non saresti dovuto tornare.»

Piers lo guardò dritto negli occhi. «Non mi hai visto.» Quando l’espressione dell’uomo divenne guardinga, continuò: «Se vuoi che il nuovo conte sparisca, dovrai tenere la bocca chiusa».

«Non desidero altro.» Con un cenno del capo, l’uomo l’avvertì: «Ma sta’ attento. Penrith ha già giustiziato uno dei nostri, sebbene non avesse commesso nulla di male. Il conte è pericoloso».

«Quando sposerò sua figlia, tornerà alle sue terre di Tilmain. Non sarà Conte di Penrith a lungo» affermò Piers. L’uomo ne sembrò lieto. «A Dio piacendo. Noi non siamo gli unici a volerci sbarazzare di lui.» Chinato il capo, prima di andarsene, aggiunse: «Non tutti i soldati appartengono al conte. Alcuni sono uomini del re e si tengono in disparte. Faresti bene a travestirti e a mescolarti tra loro. Non conoscono tutti gli uomini di Penrith, perciò un soldato in più non verrà notato».

Piers annuì. Una volta che l’uomo si fu allontanato, mangiò alcuni degli avanzi. Diversi cani lo raggiunsero, scodinzolando. Accidenti, anche loro si ricordavano di lui! Diede loro qualcosa da mangiare mentre si dirigeva alle cucine.

Ordinò loro di sedersi non appena raggiunse l’armeria. Gran parte dei soldati si stava addestrando all’esterno, perciò gli bastò nascondersi al buio finché non fu solo, dopodiché scelse una cotta di maglia, un elmo, nonché una spada. Ne valutò il peso, contento di averla trovata. Aveva nascosto la sua spada da addestramento all’interno del passaggio segreto vicino alla camera di Lady Gwendoline,

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ma l’acciaio di quella che stringeva era migliore. Avrebbe seguito il suggerimento dell’uomo e si sarebbe nascosto tra i soldati per scoprire il possibile riguardo alle difese del conte.

Prima di uscire dall’armeria, cercò il dono perfetto per Gwendoline. Ci mise un poco, ma trovò un arco e una faretra di frecce. Nessuno si sarebbe accorto della loro mancanza, poiché ve ne era una trentina appesa al muro. Ne scelse uno piccolo, non sapendo se Gwendoline fosse abbastanza forte per tirare con un arco lungo. Trovò quindi un telo che usò per avvolgere il regalo.

Attraversò la stanza e raggiunse l’angolo in fondo, dove scostò i giunchi sul pavimento per sollevare la botola di legno che portava ai magazzini sotterranei. Seguì i passaggi tortuosi, superando la cantina e giungendo in un deposito che si apriva sulle scale che portavano alle cucine.

Attese che non ci fosse nessuno, quindi uscì di corsa. Si incamminò dietro a un gruppo di soldati e si diresse verso la fortezza.

Un quarto d’ora più tardi rientrò nella camera di Gwendoline, la quale stava parlando alla cameriera. Attese finché la domestica non se ne fu andata, quindi uscì da dietro l’arazzo.

«Vi ho portato un regalo» affermò.

Gwendoline lanciò un grido e si girò. «Giuro che chiederò alle guardie di sigillare quella parete prima di sera.» Lo fissò con occhi di brace, stringendo nuovamente il pugnale in mano. «Non dovresti essere qui, Piers.»

Alla luce del giorno era ancora più bella. Indossava un abito azzurro che ne accentuava i capelli e gli occhi chiari. Lui si mantenne a distanza, quindi appoggiò il fagotto sul letto. Sollevando le mani, indietreggiò lentamente. «Non sono molto bravo a obbedire.»

«Allora devi imparare» ribatté lei.

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«Dite?» Si sfilò l’elmo, tirando giù il cappuccio. Desiderava che lei lo vedesse in faccia, che lo conoscesse.

La vide trasalire, adocchiandolo quasi si fosse aspettata che l’aggredisse. Invece non si mosse, dandole il tempo di abituarsi alla sua presenza.

«Aprite il regalo» la invitò. «Vi piacerà.»

Lei non gli staccò gli occhi di dosso. «Se lo farò, te ne andrai?»

«Secondo me poi non vorrete che me ne vada.»

Gwen sospirò e avanzò verso il letto. «E va bene. Gli darò un’occhiata, ma poi dovrai sparire.»

La osservò scostare il tessuto grezzo, rivelando arco e faretra. Per un istante, lei fissò l’arma quasi non sapesse che farsene.

«Se avessi avuto tempo, avrei chiesto a un artigiano di fabbricarvi un arco lungo» la informò. «In legno di tasso.» Le si avvicinò e notò con quanta cura lei sollevava l’arco, passandovi le dita. «Non sapevo tuttavia se vi foste già addestrata con l’arco lungo o se siete abbastanza forte da tirarne la corda.»

«Ne ho usato uno qualche settimana fa» confessò lei. «All’insaputa di mio padre. Non mi permetterà di tenere questo dono.»

«Perché no?» Si avvicinò di un altro passo mentre lei prendeva una freccia.

«Quando ha saputo che mi stavo addestrando in segreto, ha bruciato l’ultimo arco che possedevo. Da allora, ho dovuto prenderne in prestito altri. Riesco a esercitarmi solo quando i soldati sono disordinati e lasciano le armi in giro.» Si girò, quindi lui si accorse di come fosse impallidita. «Per quanto desideri tenerlo, non posso accettare il tuo dono.»

«Il conte non deve sapere che lo avete. Tenetelo nascosto sotto il letto, se necessario.»

I loro sguardi rimasero incatenati. Negli occhi le lesse

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Questo mese

Cuori imprigionati

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Francia, 1297 - Prigioniera nella fortezza del temibile Ian di Warstone, Margery è sorvegliata dal minaccioso Evrart, che nasconde un cuore gentile dietro quel corpo granitico.

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inghilterra, 1205 - Piers di Grevershire è un figlio illegittimo, ma vuole lottare per la terra che gli spetta. E per ottenerla deve vincere la mano di Lady Gwendoline.

Prossimo mese

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londra, 1803 - Sfuggita anni prima alla Rivoluzione francese, la Principessa Regine d’Orléans viene affidata a Killian Crewes, il Sistematore Reale, perché la distragga...

Alleanza con la nemica

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londra, 1894 - Lady Amelia Lambourne gestisce in segreto una rivista per sole donne e quando conosce il suo affascinante e carismatico rivale, Leo Devenish, non esita a...

Dal 4 ottobre

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