JUDITH JAMES
Il bacio del libertino
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Libertine's Kiss HQN Books © 2010 Judith James Traduzione di Graziella Reggio Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Historical maggio 2011 Seconda edizione I Grandi Romanzi Storici Special maggio 2011 Questo volume è stato impresso nell'aprile 2011 presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn) I GRANDI ROMANZI STORICI SPECIAL ISSN 1124 - 5379 Periodico mensile n. 143 del 25/05/2011 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 368 del 25/06/1994 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Inghilterra, 1658 La notte era calata da ore. Lui vagava per terreni incolti, nell'oscuritĂ che inghiottiva ogni forma. Le grida e gli spari degli inseguitori erano svaniti nel frastuono del temporale in arrivo. Il vento ululava, scuotendo gli alberi e strappando le fronde, e i tuoni echeggiavano in lontananza. La pioggia gelata, portata da violente raffiche, si riversava a fiotti implacabili, che gli frustavano le guance e rendevano il suolo viscido e scivoloso. I suoi piedi affondavano nello spesso strato di melma e le pezze stracciate, avvolte attorno al braccio e alla coscia, erano appesantite dall'acqua, dal fango e dal sangue. Procedeva comunque, lottando contro gli elementi e la propria stanchezza. Ansimando per la fatica, stringeva al petto il braccio ferito nel tentativo di scaldarsi un poco e di proteggere l'arto, insieme alla malconcia sacca di pelle, legata con una cinghia sotto la camicia. Non si accorgeva nemmeno di farlo, poichĂŠ da circa un'ora concentrava tutta l'attenzione sul tremulo bagliore che scorgeva davanti a sĂŠ. Amico o nemico, al momento era il suo unico punto di riferimento. Le profonde lacerazioni si erano riaperte a causa dello sforzo. Perdeva sangue e calore e rischiava di svenire da un momento all'altro, ma il lume solitario lo richiamava, sempre piĂš intenso e invitante. 5
Zoppicando, si fermò ai margini di una piccola radura. La pioggia si era un po' placata, anche se il vento infuriava ancora in turbini improvvisi. La debole luce si era mutata in un caldo chiarore che permetteva di distinguere nel buio contorni e volumi. Proveniva dalle finestre di un cottage. La casa era isolata, alta due piani, costruita in pietra e mattoni e completa di tetto d'ardesia e bovindi: troppo lussuosa per appartenere a un semplice contadino. Era forse la dimora di un ricco mercante, oppure la casa di caccia di un gentiluomo. Poteva rivelarsi pericoloso avvicinarsi, a seconda di chi la occupava in quel momento. Regnava il silenzio. Non si udivano grida, risate né schiamazzi e non si scorgevano cavalli, carri né uomini armati. Nulla indicava che l'edificio fosse stato requisito dai soldati di Cromwell. Nel caso peggiore, si sarebbe fatto avanti un signorotto adirato, spada in pugno, o magari un paio di servitori, con forconi e coltelli. Lui non avrebbe avuto difficoltà ad affrontarli, persino nel suo stato debilitato. Un sorriso rapace gli comparve in viso e la mano sana accarezzò l'elsa della sciabola. Aveva bisogno di un riparo. Sguainò l'arma e, tenendosi nell'ombra, avanzò a passi furtivi. A proteggere quel luogo c'erano soltanto l'isolamento e la porta di legno massiccio. Il chiavistello sembrava piuttosto semplice. Tentò di aprirlo con la mano libera, ma il braccio debole e le dita intirizzite riuscivano appena a smuoverlo. Imprecando tra sé, rinfoderò la lama e iniziò ad armeggiare con le due mani, spingendo intanto con la spalla. Il maledetto arnese non cedeva e la fatica minacciava di sopraffarlo. Un improvviso capogiro lo costrinse ad appoggiarsi al battente, in attesa di riprendersi. Perse ugualmente l'equilibrio e ruotò su se stesso. Cercò di afferrare la spada e si sforzò di rimanere in piedi, 6
mentre la porta, all'improvviso, si apriva da sola. «Di solito si usa il batacchio.» Rimase a bocca aperta, sbalordito. La voce della donna era tranquilla, venata d'ironia, e il portamento composto. Tuttavia i begli occhi grigi erano sbarrati e spaventati, come se avessero appena scorto un fantasma. Lui si raddrizzò e, mascherando la sorpresa, scrutò con attenzione all'interno, calmando nel frattempo il battito del cuore. «A parte pochi servitori, sono qui da sola.» Lui si appoggiò allo stipite ed esaminò la padrona di casa. Era minuta, indossava modesti indumenti di lana ed era avvolta in uno scialle, che teneva chiuso sul petto. Aveva i capelli raccolti in una crocchia severa, nascosta sotto una cuffia di lino che evidenziava il pallore del volto, teso e stanco. Lo guardava con circospezione. Faceva pensare a un uccellino coraggioso, combattuto tra la curiosità e l'impulso di volare via. Riprendendosi, lui si levò il cappello a falda larga, con la piuma gocciolante di pioggia, e le rivolse un cortese inchino. «Buonasera a voi. Vi domando perdono per l'invadenza, ma oggi ho viaggiato a lungo e qui fuori fa un freddo cane.» Lei gli lanciò un lungo sguardo indagatore, poi abbassò gli occhi sulla spada. Lui la rinfoderò all'istante, come obbedendo a un comando silenzioso. Una folata di vento spalancò il battente e spruzzò di pioggia il pavimento di pietra. La donna indietreggiò e, con un cenno della mano, lo invitò a entrare. «Venite. Vi offro riparo dal temporale.» Lui si scostò dallo stipite, fece un passo, un altro, vacillò e cadde tra le sue braccia. Si risvegliò qualche tempo dopo, disteso su un fragile sofà, troppo corto per la sua notevole statura. Sotto calde coperte e di fronte a un fuoco scoppiettante, non aveva 7
più freddo, ma in compenso sentiva il braccio pulsare di dolore. La gamba bruciava come le fiamme dell'inferno e l'intero corpo era indolenzito. Con una smorfia, scostò le coperte per valutare i danni e scoprì di essere stato spogliato della camicia e dei calzoni. A parte le bende pulite e gli stivali, era completamente nudo. Atteggiò le labbra a un sorrisetto divertito e si guardò attorno in cerca della donna che lo aveva soccorso. La scorse seduta in un angolo, su una dignitosa poltroncina, attorniata dal bagliore delle candele. Seria e concentrata, stava rammendando la sua camicia. Senza farsi notare, la osservò mentre chinava il capo a labbra socchiuse e tagliava il filo con i dentini affilati, ignorando le forbici posate sul tavolo accanto a lei. Il gesto spontaneo la fece apparire più giovane di quanto lui avesse pensato all'inizio, ingannato dall'acconciatura e dagli abiti austeri. Dubito che sia più vecchia di me. Non era nemmeno insignificante. Essendo un veterano nell'amore, oltre che in battaglia, si poteva ritenere un esperto. A volte, le fanciulle più discrete si rivelavano le più focose. La piccola badessa aveva un grazioso broncio, una bocca che richiamava i baci. Vantava inoltre zigomi alti, che le avrebbero giovato nella maturità, e occhi ammalianti, in quel momento puntati sul cucito. Quando muoveva il capo, cambiavano colore a seconda della luce, dal grigio fumo a un tempestoso azzurro. Occhi da sirena. Una figlia del mare. Lui sorrise, chiedendosi che aspetto avrebbe avuto coi capelli sciolti. Eccitato al solo pensiero, dimenticò per un momento il dolore penetrante al bicipite e le fitte acute alla gamba. Cosa fa qui da sola, senza padre né marito? Non può essere sposata: nessun uomo sarebbe tanto imprudente da lasciarla indifesa in tempi così pericolosi. Forse è rimasta vedova a causa della guerra. Magari avrebbe potuto 8
levarle il corpetto, liberare la chioma e trastullarsi un po' con lei. Da quanto tempo era isolata in quella casa? Quali braci di passione sopivano sotto l'apparenza severa, in attesa di prendere fuoco? Scosse la testa, ridacchiando tra sé. Doveva essere davvero esausto, per immaginare una creatura affascinante in quel povero scricciolo. Eppure in lei c'era qualcosa... Con un tuffo al cuore, si ricordò all'improvviso della sua missione. Spinse da parte coperte e cuscini e si dedicò alla frenetica ricerca della sacca di pelle che poteva rivelarsi tanto importante per il sovrano. Con immenso sollievo, si accorse di averla ancora legata al petto. Lo scricciolo, allertato dai movimenti, alzò lo sguardo dal lavoro. «Non ho l'abitudine di frugare tra i beni degli ospiti addormentati. I vostri segreti non mi riguardano.» I suoi segreti. Quella donna non ne aveva idea. William ripensò al caos e al furore che, quasi sette anni prima, imperversavano attorno al giovane Re Carlo a Worcester; rammentò il disperato tentativo di difesa dei realisti e degli scozzesi, che avevano continuato a battersi per accordargli il tempo di fuggire. Il re era gentile, informale, amichevole, ma considerata la statura di sei piedi e tre pollici, piuttosto difficile da nascondere. Aiutati da fedeli sostenitori e da una rete di simpatizzanti cattolici, esperti negli spostamenti dei ricercati, erano rimasti nascosti per sei settimane, sfuggendo alle feroci grinfie di Cromwell. Avevano vissuto esperienze che non toccavano mai ai monarchi e ai cortigiani ed erano diventati amici intimi, come capitava solo a chi condivideva imprese pericolose. Lui era legato a Carlo, non solo da suddito a sovrano, ma anche da uomo a uomo. Era disposto a qualunque azione per difenderlo e per garantire la sua sicurezza in terra straniera. Tuttavia non aveva previsto che l'esilio durasse tanto a lungo. Quando, con il re, aveva attraver9
sato la Manica, si era sentito orgoglioso e pieno di speranza, fiero di aiutare Carlo Stuart a compiere il suo destino. Insieme, avrebbero reclamato il trono sottratto da Cromwell e dalla sua risma con un inconcepibile regicidio. Ma quando erano arrivati a Rouen, esausti e inzaccherati, erano stati costretti a prendere in prestito denaro e vestiti prima che un locandiere accettasse di affittare loro una camera. E l'esilio era continuato così per anni. Nonostante i modi cortesi e gradevoli, Carlo era un personaggio scomodo e imbarazzante, che conveniva evitare. Ridotto a vivere di prestiti e carità, aveva dimenticato l'obiettivo di radunare un esercito, poiché era prioritario pagarsi il pane. Seppure a malincuore, William era stato più volte inviato in diversi luoghi per cercare sostegno: una missione umiliante e disperata, per la quale era poco versato. Così, quando si era stancato di aspettare con pazienza nei palazzi d'Europa, di sedurre dame e giocare a carte, era tornato in Inghilterra per darsi alla macchia. All'inizio tutto ciò aveva rappresentato una piacevole distrazione, che forniva a lui stesso e al riconoscente sovrano fondi più che necessari. Negli ultimi tempi, però, gli era venuta a noia anche questa attività. Il desiderio di proteggere il re fuggitivo era rimasto, ma non l'idealismo e l'entusiasmo che lo avevano animato all'inizio. Tuttavia in quel periodo c'erano alcune novità. Correva infatti voce che il vecchio Cromwell soffrisse di una grave malattia. Si parlava di ribellioni, di offerte di sostegno, e c'era un'importante missiva da parte di un personaggio, che avrebbe potuto aiutare a rimettere sul trono Carlo II. Gli inseguitori credevano di dare la caccia a uno dei tanti realisti scontenti, diventati banditi, che spuntavano come funghi, dopo la conclusione della guerra civile. Se solo avessero sospettato cosa portava con sé, lo avrebbero... «Ecco, prendete» disse una voce. 10
Dita delicate gli scostarono i capelli dalla fronte. William sbatté le palpebre, sorpreso, e accettò un calice di brandy. La donna si era avvicinata in silenzio, portandogli doni, e il suo tocco gentile suggeriva forse che era pronta a dargli anche altro. Ho bisogno di riposare, di recuperare le forze. Resterò per la notte e partirò domattina. Sorrise, la ringraziò con un cenno del capo e trangugiò il liquore. Sapeva di mele e lo riscaldava, diffondendosi nelle membra come fuoco liquido. Le rese il bicchiere, indicandole di riempirlo ancora. Lei versò una dose generosa dalla caraffa, poi lo osservò mentre beveva a lunghe sorsate. Con interesse, lui notò che un ricciolo solitario era sfuggito alla cuffia e ricadeva su una guancia pallida. Il suo rosso vivo riluceva al bagliore delle lampade. Qualcosa gli affiorò alla mente, simile a una vaga reminiscenza. Affascinato, allungò una mano per sfiorarlo, ma lei arretrò di scatto. William sorrise. Fuoco e ghiaccio, uniti e nascosti sotto informi panni bruni. Appassionante! Mi domando... canta come una sirena? E, in questo caso, come potrei sfuggirle? Che aspetto avrebbe, vestita soltanto di gioielli? Sto delirando. Dev'essere la perdita di sangue. Scostò le coperte e denudò la gamba. Lei spostò la benda per controllare la ferita, tastandogli la pelle nuda con i polpastrelli. Poi alzò lo sguardo, spaventata dal sussulto di dolore. «Mi dispiace. Vi faccio male?» William le prese la mano e la trattenne per qualche istante, carezzandole il palmo con le dita. «Sono gonfio e dolorante, uccellino, ma non dubito che il vostro tocco allevierà la pena.» La donna lo guardò in volto, chiaramente confusa, poi tentò di sottrarre la mano. 11
Con un sorrisino, lui allentò la presa. «È una sutura pressoché perfetta» commentò quindi. «Siete molto brava a curare le ferite. Mi avete ricucito mentre dormivo?» «Sì. Ho medicato la ferita mentre eravate privo di sensi. Siete stato fortunato. Il taglio ha sanguinato molto, ma non è grave come temevo. Le arterie principali sono illese e il sangue sembrava pulito. Ammesso che non insorgano infezioni, dovrebbe guarire in fretta. Dopo mi occuperò del gonfiore.» Lui tracannò l'ultimo sorso di liquore, che gli andò di traverso. Tossì e, quando si riprese, alzò il bicchiere vuoto con un sorriso accattivante. «Non volete prima brindare con me, alla mia rapida ripresa e alla vostra straordinaria abilità?» «Non credo proprio che sarebbe assennato» gli rispose con alterigia. «Avanti, ragazza! Bevete un goccio insieme a me. È una nottataccia e siamo qui da soli, al calduccio davanti al fuoco. Nessuno lo saprà.» Lei gli strappò di mano il calice e lo ripose sulla mensola del caminetto. «Vi ho suturato la gamba, ma ora mi devo occupare del braccio. Bisogna estrarre il proiettile e cucire la ferita. Di certo preferite che non mi tremino le mani.» «Sì, in effetti. Tuttavia mi domando come mai non abbiate terminato l'operazione mentre dormivo... invece di rammendare la camicia.» La donna si imbronciò, irritata dall'ingratitudine, ma poi rispose con pazienza: «Medicare la gamba ha richiesto più tempo del previsto. Temevo che riprendeste coscienza mentre mi dedicavo al braccio. Un movimento improvviso sarebbe stato... da evitare. Ora che siete sveglio, posso cominciare. Potrei farvi un po' male, ma è im12
portante che voi collaboriate e restiate immobile». William annuì, indicando intanto il bicchiere. Lei glielo riempì di nuovo e attese che bevesse qualche sorso. Infine lui abbassò le palpebre e le offrì il braccio, indicandole con un cenno di iniziare. La giovane si inginocchiò al suo fianco, sfiorandogli la spalla con il seno morbido. Con un accenno di sorriso, lui le posò il capo sul petto. Sentì contro la guancia il battito regolare del cuore ed ebbe l'impressione di annusare un lieve profumo di lavanda. Si accorse che lei si irrigidiva e, socchiudendo un occhio, vide che lo fissava con sospetto. «Che c'è? Se mi aveste disteso su un giaciglio più largo, avrei potuto mettermi comodo. Invece, su questo divanetto, mi debbo appoggiare a voi per non rotolare giù. Tra l'altro, come avete fatto a portarmi qui?» «Con l'aiuto dei domestici. Eravate troppo pesante per trasportarvi altrove. Vi è andata bene se non vi abbiamo lasciato sul pavimento umido o addirittura sbattuto fuori...» borbottò lei. «Ve ne sono assai grato, madama. E dove sono adesso questi servitori?» «Nascosti.» «Ah! Una banda di codardi, dunque? Voi, però, non avete paura.» «No, infatti. Ora vi prego di tacere e di non muovervi.» Mordendosi un labbro per concentrarsi meglio, iniziò a tastare il braccio, in cerca del proiettile. Lavorò in silenzio per un po'. Lui sentiva i muscoli contrarsi dalla testa ai piedi e la fronte imperlarsi di sudore, ma a parte un paio di bestemmie soffocate, restò tranquillo. «Ah!» William si voltò a guardare. La vide agitare le pinze in un gesto di trionfo, tenendo 13
con fermezza il proiettile che aveva appena estratto. «Tutto ciò con semplici strumenti da cucito» riuscì a complimentarsi, serrando i denti. Lei gli rivolse un largo sorriso e, con occhi luminosi, gli diede una leggera pacca sulla spalla che lo fece sussultare. «Vi siete comportato molto bene. Il pericolo è passato e abbiamo quasi finito.» Lui si sforzò di sorridere, contento che la padrona di casa fosse un'abile ragazza di campagna e non una delle bambole decorative che era abituato a frequentare. Ma non poté reprimere un gemito quando la sentì pulire la ferita e iniziare la sutura. A occhi chiusi, strinse forte il bicchiere, aprendo e richiudendo il pugno mentre lei praticava sul braccio una serie ben ordinata di punti incrociati. «Come mai non avete paura? Non vi converrebbe temermi?» le domandò con voce spezzata, nel disperato tentativo di distrarsi. «Così credete?» gli domandò lei di rimando. In quel momento, William si rese conto che non gli aveva chiesto chi fosse né da dove venisse. Non si era informata sulle ferite né sul perché fosse capitato davanti alla sua porta. In verità era... stranamente poco curiosa. Continuò a serrare e allentare le dita. «Siete qui da sola. La foresta è pericolosa, uccellino. Date da mangiare a tutti i lupi che si presentano a casa vostra?» A quelle parole lei tirò il filo con energia, strappandogli un'imprecazione. «Ecco fatto. Adesso vi potete rilassare.» Gli tolse di mano il calice e lo mise sul pavimento. Gli massaggiò quindi il palmo con movimenti rapidi e decisi, per riattivare il sangue. Poi si posò la mano in grembo e, con la punta dell'indice, percorse la sottile cicatrice alla base del pollice. Infine alzò lo sguardo con aria pensosa. Gli occhi 14
di William, verdi e screziati come le profondità del bosco, ardevano minacciosi alla luce del fuoco. «È questo che siete? Un lupo?» «Forse...» le rispose lui ansimando. «Addomesticato, ve lo assicuro.» Lei gli lasciò di colpo la mano, come se si fosse accorta soltanto in quel momento di stringerla. «Significa che non farete i vostri bisogni sui mobili né darete la caccia alle galline?» Lui rise forte. La piccola badessa aveva lo spirito arguto. Magari non era innocente come sembrava. Quella notte si stava rivelando decisamente migliore del previsto, addirittura promettente. «Vuol dire che non mordo la mano che mi nutre.» «Bene! Marjorie sarà felice di saperlo.» Detto questo si alzò in piedi. Lui la osservò divertito mentre raddrizzava il grembiule e sistemava la cuffia, imprigionando di nuovo i riccioli ribelli, prima di suonare un campanello e impegnarsi a riordinare il salotto. Chiuse gli occhi e l'ascoltò canticchiare piano. Pur essendo un po' annebbiato dall'alcol e dal dolore fisico, aveva la vaga impressione di riconoscere la melodia. Provò un piacevole languore, una dolce malinconia, ma non riuscì a identificare la canzone. Le sue riflessioni furono interrotte dall'arrivo di un'anziana cameriera, pallida e robusta, che portava brodo e pane, oltre a una tazza di latte, erbe medicinali e spezie. Nonostante la notevole circonferenza, sembrava nervosa come un topolino. E quando colse il suo sguardo e il suo sorriso, squittì addirittura. «Non abbiate paura, Marjorie. È debole come un micetto. Dopo che avrà mangiato, mi servirà il vostro aiuto. Vi prego, quindi, di non allontanarvi.» William sorrise di nuovo alla domestica e si leccò i 15
baffi, come per rammentarle che anche i gatti giovani sbranavano i topi. Lei, con un atto di coraggio, sollevò il mento e gli lanciò un'occhiataccia. «Vi prego di non schernire i miei servitori. Hanno affrontato gravi traversie e sono tanto buoni da tenermi compagnia nell'esilio.» «Esilio?» «Non vi preoccupate. La questione non vi riguarda. Bevete il brodo, tutto quanto. E anche la bevanda calda preparata da Marjorie.» Lui arricciò il naso, ma rivolse un cenno di ringraziamento all'attempata domestica, rimasta davanti alla porta, pronta alla fuga. Lei rispose chinando in fretta il capo, poi lo scrutò con un'attenzione che lo mise un po' a disagio. William distolse lo sguardo e lo riportò sulla padrona di casa. «Preferirei un altro bicchiere di brandy.» «Quello serviva per attutire il dolore, ma ormai il peggio è passato. Avete perso molto sangue e dovete recuperare liquidi. Potrete bere ancora un goccio di liquore dopo il latte, quando vi avremo messo a letto.» William le indirizzò un sorrisino malizioso, deliziato dall'idea di farsi trascinare a letto nudo com'era, dopo avere accontentato la cortese ospite bevendo il brodo e addentando il pane. Era a digiuno da due giorni e divorò tutto, compreso il latte caldo, che conteneva qualche goccia di laudano, oltre a miele, erbe medicinali e spezie. Il dolore delle ferite si alleviò in fretta, fino a ridursi a un vago ricordo. Una volta placate la fame e la sete, sorsero appetiti d'altro genere. Purtroppo la piccola badessa insistette per fargli indossare la camicia, con l'aiuto di Marjorie; poi lo sostenne mentre percorreva a fatica il corridoio, fino a un letto vero e proprio. Lui si sentiva davvero debole come 16
un micio, o perlomeno troppo esausto per protestare. La giovane donna si sedette sul bordo del materasso e gli rimboccò le coperte. «Dormite, ora. Siamo nel cuore della foresta. Qui non viene mai nessuno: è un posto sicuro.» Era strano e preoccupante che non gli rivolgesse domande; eppure il suo abbigliamento rivelava che era un sostenitore del sovrano, nemico della gente come lei. Inoltre William era irritato dalla presenza costante e attenta della domestica, che impediva ogni tentativo di seduzione. Poi però, sopraffatto dall'alcol, dalla stanchezza e dal laudano, sbadigliò, congedò le due donne con un gesto languido e si abbandonò al sonno. Elizabeth era seduta in salotto, avvolta nello scialle. Aveva freddo e provava un curioso senso di vuoto. Non si era aspettata di vederlo arrivare. In un primo momento, aveva temuto che ci fosse Benjamin alla porta, ma poi si era ricordata che era morto. Era sconvolta dalla sorpresa. Appoggiò il capo e ascoltò la pioggia, ormai leggera, che batteva contro la finestra. Il fuoco si era ridotto a poche braci e l'allegro scoppiettio aveva lasciato il posto a sibili e schiocchi isolati. Soffiò sulla fiammella della lampada e non appena venne avvolta dal buio, provò un infinito senso di solitudine. Si girò, come se avesse potuto vederlo dormire attraverso le porte e le pareti. Infine si alzò e si avviò lungo il corridoio.
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