H2775_IN VIAGGIO CON LO SCEICCO

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Sharon Kendrick

IN VIAGGIO CON LO SCEICCO


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Monarch of the Sands Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2011 Sharon Kendrick Traduzione di Velia De Magistris Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony marzo 2013 Questo volume è stato stampato nel febbraio 2013 presso la Rotolito Lombarda - Milano COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2775 dello 08/03/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Frankie osservò assorta il diamante che luccicava come una stella cadente contro la sua pelle chiara. E chi lo avrebbe mai immaginato?, pensò. La goffa, bizzarra Frankie O'Hara... fidanzata! Un fatto confermato dal solitario grosso come un mirtillo che le scintillava al dito. Sollevò la mano e la pietra preziosa catturò la pallida luce di novembre restituendo piccoli lampi. Suo padre avrebbe sorriso e affermato che un diamante non era altro se non una forma di carbonio molto dura e altamente rifrangente, ma per lei era tanto, tanto più di quello. Significava che un uomo l'amava abbastanza da voler trascorrere il resto della sua vita con lei. Un uomo bello e di successo, oltretutto. Decisamente non il tipo che avrebbe pensato potesse provare un'attrazione nei suoi confronti, nemmeno in quel milione di anni che erano necessari per creare un diamante. Il rombo del motore di un'auto disturbò le sue riflessioni. Frankie sbatté le palpebre e provò un momento di panico. Simon non poteva essere già arrivato! Lei non aveva ancora cominciato a preparare la cena che aveva programmato per festeggiare, e di sicuro le fette di petto di pollo non erano rimaste sufficientemente a lungo nella marinata. Sbirciò dalla finestra e trattenne il fiato quando vide una fiammante e lussuosa vettura risalire il vialetto, 5


sollevando una nuvoletta di polvere e di ghiaia al suo passaggio. No, decisamente non era Simon, il quale guidava una comoda berlina assolutamente simile alle tante altre che affollavano le strade della periferia inglese. L'auto che ora stava parcheggiando davanti al cancello era sportiva, nera e potente, un veicolo che avrebbe trovato una migliore collocazione su un circuito di gara piuttosto che in quella tranquilla parte del mondo. Non ebbe bisogno di guardare il profilo del conducente per sapere chi fosse. Zahid! Il cuore prese a martellarle nel petto, la bocca divenne arida. Dopotutto, l'uomo in questione era praticamente la materializzazione dei sogni di ogni donna, ed era proprio fuori di casa sua. Zahid Al Hakam, sceicco e re. L'uomo dai lineamenti duri come la pietra e dagli occhi scuri ed enigmatici. Era decisamente insolito che una persona ordinaria come Frankie stringesse amicizia con il bellissimo sceicco di una terra lontana, ma a volte la vita riservava bizzarre sorprese. I loro padri erano stati amici di vecchia data, così lei e il principe si conoscevano sin da bambini, per quanto le visite di Zahid si fossero diradate da quando era diventato inaspettatamente re. La morte improvvisa di suo zio e di suo cugino lo aveva reso unico erede al trono, un ruolo che non gli aveva lasciato più tempo per andare a trovare gli amici che abitavano nelle piccole città inglesi. Dapprima Frankie aveva avvertito terribilmente la sua mancanza, poi però aveva deciso che forse era stato meglio così... Perché, che bene avrebbe potuto farle continuare a fantasticare su un uomo che era fuori dalla sua portata? Di nuovo lanciò uno sguardo dalla finestra. Perché ora Zahid era tornato, così all'improvviso? E, soprattutto, perché proprio quel giorno? 6


Lo vide scendere dall'auto con quei movimenti fluenti e atletici che l'avevano sempre spinta a paragonarlo a un puma di montagna. Richiuse lo sportello ma non si prese la briga di far scattare la sicura; d'altra parte, ragionò Frankie, con ogni probabilità le sue guardie del corpo lo seguivano a distanza ravvicinata. Inoltre, chi avrebbe osato rubare la sua auto? Lo squillo del campanello la riportò di colpo alla vita. Frankie si affrettò verso la porta, guardandosi intorno avvilita. Le pareti avevano urgente bisogno di una tinteggiatura. La grande casa mostrava i segni del passare del tempo nonostante tutti i suoi sforzi per mantenerla in uno stato decente. E questo non faceva altro se non avvalorare la tesi di Simon, che le aveva più volte consigliato di vendere la dimora di famiglia e il vasto appezzamento di terreno che la circondava. Il cuore a mille, aprì la porta e si preparò ad accoglierlo, sperando di essere ormai cresciuta e di aver superato la sua infatuazione giovanile. Erano trascorsi cinque lunghi anni da quando lo aveva visto l'ultima volta, un tempo sufficiente per diventare immune al suo fascino... Speranza vana. Ammutolita, cercò di reprimere quell'inappropriato desiderio mentre fissava il suo viso perfetto. Ma, onestamente, esisteva una sola donna sulla terra in grado di restare impassibile davanti a tanta meraviglia, anche se avesse appena acconsentito a sposare un altro uomo? Zahid non aveva l'aspetto che avrebbe dovuto avere uno sceicco – nessuna tunica bianca e svolazzante in vista – ma la sua era una scelta deliberata. Anni prima le aveva confidato che gli piaceva confondersi tra la folla, come un camaleonte che si adattava all'habitat con lo scopo di sopravvivere. Ecco perché parlava alla perfezione diverse lingue. Solo che un uomo bello e potente come lui non avrebbe mai potuto confondersi. Non importava cosa indossasse o in quale idioma si 7


esprimesse, attirava istantaneamente l'attenzione di tutti, come avrebbe fatto una splendida rosa abbandonata sul ciglio di una strada polverosa. Con addosso una giacca di sartoria grigio antracite che esaltava l'ampiezza delle spalle, occupava completamente il vano della porta. Occhi scuri simili a schegge di carbone la osservavano intenti. Con i capelli neri come l'ala del corvo, aveva l'aspetto di un divo di Hollywood, Frankie pensò ammirata. Era immobile e silenzioso, tuttavia un magnetismo quasi animale si sprigionava da lui per diffondersi nell'aria. Per qualche motivo, Frankie affondò la mano sinistra nella tasca dei jeans, e immediatamente fu colta da un acuto senso di colpa. Stava cercando di nascondere il suo anello di fidanzamento nuovo di zecca? E perché diavolo lo stava facendo? «Salve, Zahid» infine riuscì a dire. A poche persone era permesso chiamarlo per nome, ma Zahid in quel momento non stava pensando al protocollo. Continuò attonito a osservare la donna che aveva davanti. Sicuramente doveva aver commesso un errore... «Francesca?» Socchiuse gli occhi, quasi lei fosse un miraggio. «Ma sei davvero tu?» Nessuno la chiamava Francesca. Nessuno tranne lui. Frankie sentì uno stupido brivido accapponarle la pelle. Il nome lo aveva scelto la sua affascinante madre, sperando che la figlia avrebbe seguito le sue orme, ma quando il brutto anatroccolo aveva ostinatamente rifiutato di trasformarsi in cigno, l'esotico Francesca era stato sostituito dal più pratico Frankie, e Frankie era stata da allora. Ma non per Zahid. «Certo che sono io!» esclamò lei, e si giustificò dicendosi che non sarebbe stata umana se non avesse provato un sussulto di piacere scorgendo una luce di ammirazione nei suoi occhi. Poiché Zahid non l'aveva mai guardata in modo diverso da come avrebbe guardato un fedele servitore, o un cagnolino che gli andava 8


incontro scodinzolando allegramente. Quella che stava per porre era una domanda inutile, ragionò, ma le interessava davvero sapere la risposta. «Perché, sono cambiata?» Certo che lo era. Cambiata quanto più era possibile. L'ultima volta che l'aveva vista, ricordò Zahid, era stata una monella di diciannove anni, talmente banale e senza forme che notarla sarebbe stato davvero improbabile. Dunque, cosa le era capitato da allora? La osservò con attenzione. I capelli corti e ispidi ora erano cresciuti, e le ricadevano in morbide onde nere e lucenti sulle spalle. Gli spessi occhiali da vista erano spariti, e i grandi occhi di una sorprendente tonalità di blu erano liberi di risplendere. I goffi vestiti da maschiaccio erano stati sostituiti da un paio di jeans aderenti e da un morbido maglione color miele che le accarezzava curve decisamente femminili, e che lui non aveva mai sospettato Francesca possedesse. «Che fine hanno fatto gli occhiali?» domandò. «Oh, adesso porto le lenti a contatto» spiegò Frankie scrollando le spalle. «Come tutti.» Zahid avrebbe voluto chiedere quando e soprattutto come si era procurata seni così alti e pieni, e natiche tanto tonde e perfette. Avrebbe voluto sapere in quale momento la drastica trasformazione da ragazzina a donna aveva avuto luogo, ma preferì non porle quegli interrogativi da un sicuro sfondo erotico. Perché era con Francesca che stava parlando – la dolce, innocente, piccola Francesca – e non con una potenziale compagna di letto incontrata per caso a un party. Così le scoccò un'occhiata penetrante con l'intenzione di ricordarle che, per quanto lui fosse un amico di famiglia di lunga data, si aspettava comunque un certo livello di formalità e di rispetto del protocollo. Frankie scorse la ruga che gli solcava la fronte, e ne interpretò correttamente il significato. «Oh, perdonami! Vuoi...?» Spalancò la porta, incapace di capire se 9


desiderava che lui restasse, o che andasse via subito. Perché, nella prima ipotesi, come avrebbe reagito? Avrebbe ripreso a indugiare su quelle stupide fantasie, come aveva avuto l'abitudine di fare ogni volta che, nel passato, Zahid aveva messo piede a casa sua? Quelle che finivano inevitabilmente con lui che la sollevava fra le braccia, che la baciava fino a farle mancare il respiro, e che dichiarava solennemente di non poter vivere senza di lei. «Vuoi accomodarti?» riprese con tono debole. No, era venuto in auto sin lì da Londra per restare in piedi sulla soglia della porta come un venditore ambulante! «Grazie» borbottò Zahid ed entrò nell'atrio, un posto che gli risultò familiare ed estraneo nello stesso tempo. Una grande e un po' trascurata casa inglese circondata da un enorme giardino, simile a tante altre... Tuttavia solo lì era stato in grado di rilassarsi, rammentò. Lì, dove nessuno lo aveva osservato di soppiatto, dove non erano circolati pettegolezzi sul suo conto, dove le sue parole non erano state origliate e riferite poi alla stampa. Perché essere il nipote di uno sceicco significava anche quello. Essere sempre spiati. Sempre al centro dell'attenzione. Spesso, nel passato, suo padre lo aveva condotto in quella casa, il cui proprietario aveva mutato il destino della loro patria. Il padre di Francesca, un brillante quanto eccentrico geologo, aveva scoperto nel suolo creduto arido del Khayarzah immense riserve petrolifere, e il paese così si era risollevato dalla miseria causata da decadi di sanguinose ed estenuanti guerre. Mentre Francesca richiudeva la porta alle sue spalle, Zahid si ritrovò a fissare quei suoi occhi blu così intensi, rammentando di averla vista per la prima volta ancora neonata. Una creatura piagnucolosa con il visetto rosso che spuntava fra le lenzuola bianche della culla. Lui a quel tempo aveva avuto... Quanti? Tredici anni? Ricordava quando, cominciando a muovere i primi 10


passi, Francesca aveva spadroneggiato su di lui, aggrappandosi alle sue gambe, seguendolo ovunque andasse. E non le aveva forse concesso tutto? Non le aveva permesso di rigirarlo a suo piacimento come nessun'altra donna era poi riuscita a fare? Rammentava anche l'atmosfera cupa e disperata che aveva avvolto la casa quando la madre di Francesca era andata via, decidendo di averne abbastanza del vecchio marito scienziato. Aveva incontrato un uomo più ricco, un uomo che le aveva offerto il meglio della vita. Il primo di una lunga serie di amanti facoltosi che finivano sempre per sbarazzarsi di lei, fin quando poi era perita in un incidente di auto, una tragedia aggravata dalla vergogna perché alla guida c'era un famoso, influente e molto sposato politico. Tuttavia Francesca e suo padre avevano tenuto duro. Avevano formato una piccola ma unita squadra. La ragazzina era cresciuta circondata da scienziati, senza una figura femminile di riferimento. Di conseguenza, non aveva vissuto come le sue coetanee la timidezza dell'adolescenza, né la fase tutta malizia e abiti succinti successiva. In realtà, a malapena era stato possibile rendersi conto che era una donna. Per distrarla quando era stata così infelice al collegio, lui le aveva insegnato a giocare a carte. E lui – per natura competitivo e decisamente poco incline alla sconfitta – l'aveva lasciata sempre vincere, e la sua ricompensa erano stati quei piccoli sorrisi che brevemente le avevano illuminato il viso turbato. Una voce lo sottrasse al filo dei suoi pensieri. Zahid capì che gli stava parlando. «Hai detto qualcosa?» chiese, scuotendo la testa perché non era proprio da lui farsi travolgere dal sentimentalismo. «Ti stavo domandando cosa ti ha portato nel Surrey» ripeté Frankie chinando la testa da un lato. «O sei qui solo di passaggio?» Zahid esitò un istante. Cosa lo aveva portato nel 11


Surrey? La consapevolezza di non vederla da ben cinque anni e i conseguenti sensi di colpa? Ora Francesca era sola al mondo e, per quanto fosse stata sua intenzione tenerla d'occhio, a volte la vita seguiva un corso indipendente dalla volontà delle persone. Diciotto mesi prima era salito al trono, e da allora era stato praticamente travolto dagli impegni e dalle restrizioni del suo nuovo ruolo. «Devo sbrigare degli affari a Londra, così ho deciso di fare una deviazione» rispose infine. «Per sapere come stai. Mi sono reso conto che è passato troppo tempo dal nostro ultimo incontro, e ho pensato di rimediare.» La stava fissando in modo così strano e intenso che Frankie sentì le fiamme salirle al volto. «Gradisci... Gradisci qualcosa da bere?» balbettò, pur sapendo che raramente accettava offerte simili. Lei aveva immaginato che Zahid avesse dovuto usare quella cautela nel timore di essere avvelenato, ma suo padre le aveva spiegato che i componenti di una famiglia regnante facevano sempre in modo di mantenere le distanze dalla gente comune, non importava dove si trovassero al momento. «Sì, grazie.» «Davvero?» replicò lei, sorpresa. Le sopracciglia di Zahid si unirono in una linea sottile. «Mi hai appena offerto qualcosa da bere, o sto iniziando a sentire le voci? E se offri qualcosa, normalmente poi devi comportarti di conseguenza. Tè, per favore. Alla menta, preferibilmente.» Frankie annuì, e desiderò che lui sparisse anche solo per un momento, giusto per concederle qualche attimo per ricomporsi. Così avrebbe tolto l'anello di fidanzamento per indossarlo di nuovo dopo la sua partenza, in modo da evitare le inevitabili domande alle quali non aveva alcuna voglia di rispondere, per quanto non avrebbe saputo spiegare il perché. «Be'... Vuoi aspettare in soggiorno?» 12


Ma qual era il suo problema, si chiese Zahid, perplesso. Forse la radicale trasformazione fisica era responsabile di quel bizzarro atteggiamento? «No, ti accompagno in cucina, così potremo chiacchierare un po' mentre prepari il tè, come facevamo sempre un tempo.» «Sì.» Ma un tempo lei non aveva percepito quella strana tensione frizzare nell'aria, quasi come se i rapporti fra loro fossero cambiati e nessuno si fosse preso la briga di avvisarla al riguardo. «Vieni» lo invitò. Zahid la seguì lungo il gelido corridoio, lo sguardo fisso suo malgrado sui fianchi tondi di lei, chiedendosi perché fosse così tesa, e perché camminasse in modo così strano. Solo quando raggiunsero la cucina, capì cosa c'era che non andava. «Hai un problema alla mano, Francesca?» Frankie si girò di scatto, il cuore che le martellava nel petto. «La... mia mano?» «Sì, quella che sembra incollata alla tua coscia sinistra.» Era poco riguardoso stare al cospetto di uno sceicco con la mano affondata nella tasca dei jeans? Sì, supponeva di sì, decise Frankie. Inoltre, non poteva proprio preparare il tè in quella posizione, giusto? Riluttante, estrasse la mano, percependo acutamente il fruscio della pietra contro il denim, e il suo splendore quando emerse alla luce. La sensazione di felicità che aveva provato poco prima dell'arrivo di Zahid lasciò il posto a una di profondo imbarazzo. Il viso in fiamme, alzò lentamente la testa per guardarlo, ma negli occhi di lui scorse solo una fredda curiosità. «Accidenti, Francesca» commentò Zahid con uno strano tono. «Non riesco a crederci. Stai per sposarti.»

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