SHARON KENDRICK
Sfida nel deserto
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Defiant in the Desert Harlequin Mills & Boon Modern Romance © 2013 Sharon Kendrick Traduzione di Maria Paola Rauzi Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Collezione Harmony febbraio 2015 Questo volume è stato stampato nel gennaio 2015 presso la Rotolito Lombarda - Milano COLLEZIONE HARMONY ISSN 1122 - 5450 Periodico bisettimanale n. 2963 del 20/02/2015 Direttore responsabile: Chiara Scaglioni Registrazione Tribunale di Milano n. 22 del 24/01/1981 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 «C'è un uomo alla reception che vuole vederti.» «Chi è?» chiese Sara senza alzare la testa dal disegno a cui stava lavorando. «Non l'ha detto.» A quel punto lei guardò Alice, la segretaria dell'ufficio, che la stava fissando con una strana espressione dipinta in viso. Era una ragazza giovane ed entusiasta, ma in quel momento pareva... rapita, per non dire incredula. «È la vigilia di Natale» sospirò lei notando il cielo grigio fuori dalla finestra. Purtroppo non stava nevicando. C'era soltanto una pioggia fastidiosa che colpiva il vetro. Peccato. Una spruzzata di neve avrebbe aiutato a migliorare il suo umore e ad allontanare l'inevitabile sensazione di disagio che provava in quel periodo dell'anno. Trovava difficile apprezzare il Natale e proprio per quel motivo tendeva a ignorare le festività. «E presto me ne andrò a casa, per cui se è un rappresentante non sono interessata e se si tratta di chiunque altro fissagli un appuntamento per il nuovo anno.» «Ha detto che non andrà da nessuna parte finché non ti avrà visto» rispose Alice. Sara posò la penna con le dita che le tremavano 5
ripetendosi di non essere stupida e che era perfettamente al sicuro lì, nell'ufficio della famosa agenzia pubblicitaria per cui lavorava. Non c'era motivo di provare quel senso di oscuro disagio che le fece venire la pelle d'oca. «Cosa significa che non andrà da nessuna parte?» le domandò cercando di mantenere un tono fermo. «Cos'ha detto esattamente?» «Che ti vuole vedere» ripeté Alice. «E che reclama soltanto pochi minuti del tuo tempo.» Reclama... Nessun uomo moderno inglese avrebbe usato un simile termine, pensò lei sentendo il cuore stringersi in una morsa d'acciaio. «Che... che aspetto ha?» si informò roca. Alice giocherellò con il pendente che aveva al collo. «Be', se proprio vuoi saperlo è incredibile. Non solo per il fisico, ma...» La sua voce vacillò prima di proseguire. «... In realtà sono i suoi occhi.» «I suoi occhi, cosa?» sbottò Sara con le pulsazioni a mille. «Sono neri, come il cielo quando non ci sono la luna e le stelle. Come...» «Alice» la interruppe lei provando a iniettare una nota di normalità nella descrizione della ragazza perché voleva convincersi a tutti i costi che si trattava di un terribile errore e non di ciò che temeva di più. «Digli...» «Perché non me lo dici di persona, Sara?» la bloccò una voce fredda dall'accento marcato. Lei si girò e scorse un uomo stagliarsi sulla porta del suo ufficio. Shock, dolore e desiderio si alternarono in rapida successione. Non lo vedeva da cinque lunghi anni e per un istante quasi non lo riconobbe. Era sempre 6
stato bellissimo, con un volto e un cervello che l'avevano catturata completamente. Ma adesso... adesso... Il cuore le batteva fortissimo. Qualcosa in lui era cambiato. Indossava un abito di sartoria invece della veste tradizionale. La giacca grigio scuro sottolineava il suo torace scolpito e i pantaloni le gambe lunghe e muscolose. Aveva sempre avuto il prestigio e il fascino che gli derivavano dall'essere il consigliere più stretto del sultano del Qurhah, tuttavia in quel momento la sua naturale aria di autorità sembrava essere sostenuta da una determinazione d'acciaio che non gli aveva mai visto prima. All'improvviso la riconobbe per quello che era: potere. Sembrava emergere da ogni poro del suo corpo e caricare l'atmosfera serena del suo ufficio di elettricità, cosa che aumentò la sua diffidenza. «Suleiman...» sussurrò lei. «Che ci fai qui?» Lui le sorrise, ma si trattava del sorriso più freddo che avesse mai visto. Più freddo persino di quello che l'aveva gelata l'ultima volta che erano stati insieme, quando si era liberato dal suo abbraccio appassionato e l'aveva guardata come se fosse la più ripugnante delle creature. «Suppongo che puoi arrivarci anche da sola» rispose Suleiman entrando nel suo ufficio. «Sei una donna intelligente, sebbene a volte poco assennata. Hai ignorato le ripetute richieste del sultano di tornare nel Qurhah per diventare sua moglie.» «E allora?» Lui la guardò con indifferenza e stupidamente lei si sentì ferita. «In tal caso ti stai comportando come una scioc7
ca» ribatté lui. La sua frase conteneva una implicita minaccia che la raggelò. Alice sussultò. Sara si voltò a fissarla, aspettandosi di vedere orrore sul viso della segretaria dai capelli tinti di rosa perché un uomo non doveva parlare così, giusto? Invece Alice si limitò a osservare Suleiman con uno sguardo di rapita adorazione. Era una cosa molto strana, perché di solito non notava mai una presenza maschile in ufficio malgrado i bei fusti che lavoravano per l'impero di Gabe Steel. La verità era che Suleiman Abd al-Aziz era come una macchia di petrolio su un lenzuolo di lino bianco. Aveva ridefinito il concetto stesso di virilità rendendolo cento volte più significativo. Per quanto la riguardava aveva sempre avuto l'abilità di fare apparire qualsiasi altro uomo insignificante, ma ora qualcosa in lui era cambiato. Era sparito l'affetto che aveva sempre mostrato nei suoi confronti. La persona fidata, che durante la sua infanzia le aveva insegnato a cavalcare, era stata sostituita da un'altra. I suoi occhi neri erano freddi e vuoti, le sue labbra rigide. Non era odio quello che vedeva sul suo viso. Anzi, la sua espressione lasciava intendere che non fosse nemmeno degna di un'emozione così forte come quella. Aveva quasi la sensazione che la considerasse un intralcio e quello l'ultimo posto in cui si sarebbe voluto trovare. E poteva biasimare soltanto se stessa. Lo sapeva. Se non gli avesse permesso di baciarla invitandolo silenziosamente a fare di più... Abbozzò un sorriso sperando che fosse convincente. Aveva fatto di tutto per dimenticare Suleiman 8
e il modo in cui la faceva sentire, eppure era bastata una sola occhiata per risvegliare tutte quelle emozioni familiari. All'improvviso il suo cuore venne stritolato da una morsa dolorosa che un tempo credeva fosse amore. Lo stomaco le si contrasse al pensiero che non sarebbe mai stato suo. Be', Suleiman non lo avrebbe mai saputo e non avrebbe mai scoperto che era ancora in grado di farla sentire così. Non gli avrebbe offerto la possibilità di umiliarla e respingerla un'altra volta. «Davvero carino da parte tua questa visita inaspettata» disse usando un tono leggero. «Ma purtroppo in questo momento sono molto impegnata. È la vigilia di Natale come ben sai.» «Tu però non festeggi il Natale, Sara. Oppure sei cambiata al punto da avere adottato valori e consuetudini occidentali?» commentò lui guardandosi attorno con un'espressione di disgusto che non si prese la briga di nascondere. I suoi occhi scuri si soffermarono sulle vistose decorazioni che ricoprivano i poster di alcune delle campagne pubblicitarie di maggior successo dell'agenzia e sull'albero di Natale tradizionale con tanto di lucine colorate. Sara posò le mani in grembo. Le tremavano terribilmente e non voleva che lui le vedesse e pensasse che fosse spaventata. «Senti, sono davvero impegnata e Alice non vuole ascoltare...» «Alice non deve ascoltare un bel niente perché ci lascerà continuare questa nostra conversazione in privato» la interruppe Suleiman voltandosi a guardare la ragazza sorridendo. «Non è vero, Alice?» 9
Sara osservò la segretaria che praticamente si sciolse a quel sorriso, arrossendo persino. L'emancipata ragazza londinese si era trasformata in uno svenevole stereotipo ottocentesco. «Naturalmente» rispose Alice sbattendo le palpebre. «Magari prima vuole che io le porti una tazza di caffè?» «No, grazie, non ora» disse lui sorridendole di nuovo. «Anche se immagino che il suo caffè sia assolutamente eccellente.» «Oh, per l'amor del cielo!» sbottò Sara. «Alice lo ordina al bar di fianco. Non va di certo in Brasile a procurarsi direttamente i chicchi!» «Sono molto dispiaciuto per il Brasile...» mormorò Suleiman. Lei avrebbe voluto gridare alla vista dell'espressione della segretaria. «È tutto. Grazie, Alice» la congedò secca. «Puoi andare a casa. Buon Natale.» «Grazie» rispose la ragazza, riluttante ad allontanarsi. «Ci vediamo dopo Capodanno.» Nell'ufficio cadde un silenzio totale mentre osservavano la ragazza recuperare la borsa e il regalo che le aveva fatto Gabe Steel, il loro capo. Una volta soli, Suleiman tornò a guardarla con occhi duri. «Adesso giochi a fare la manager, Sara?» Lei deglutì. Non le piaceva la maniera in cui aveva pronunciato il suo nome. O meglio, detestava la reazione che le procurava, facendole desiderare di inumidirsi le labbra secche con la lingua. Le rammentava troppo quando lui l'aveva baciata, oltrepassando il confine e facendo quello che era proibito a entrambi. 10
Il ricordo riemerse vivido nella sua mente, quasi fosse accaduto soltanto il giorno prima. Era successo la sera dell'incoronazione di suo fratello Haroun a re del Dhi'ban. Un giorno che molti avevano pensato non sarebbe mai arrivato a causa delle relazioni tese tra gli stati confinanti. Tutti i dignitari dei paesi vicini avevano partecipato a quella cerimonia, compreso il sultano del Qurhah, insieme a Suleiman, il suo fidato emissario. Lei si era mostrata fredda e distante nei confronti del sultano a cui era promessa. Ma chi poteva biasimarla? La sua mano era stata il prezzo pagato per salvare il Dhi'ban dalla bancarotta. Praticamente era stata venduta dal padre come un pezzo di mercanzia umana. Quella sera aveva evitato di guardare il potente sovrano cosÏ minaccioso, tuttavia il suo atteggiamento, invece di irritarlo, lo aveva divertito. Oltretutto aveva trascorso la maggior parte del tempo in riunioni con gli altri sceicchi della regione. Il pensiero di rivedere Suleiman dopo sei anni di lontananza, però, l'aveva riempita di felicità . Era stato lui a insegnarle a cavalcare, facendola ridere durante quelle due lunghe estati in cui il sultano aveva negoziato il salvataggio finanziario con suo padre. Due estati che da allora avevano occupato un posto speciale nel suo cuore benchÊ il suo destino fosse stato segnato. Quando erano iniziati i fuochi d'artificio per celebrare l'incoronazione era riuscita ad avvicinarsi a Suleiman. Vista la folla nessuno li aveva notati. Lei era elettrizzata. La sera era calda e malgrado le e11
splosioni e le grida della gente erano riusciti a parlare, sebbene all'inizio lui le fosse parso scioccato dal suo cambiamento. «Quanti anni hai adesso?» le aveva chiesto dopo averla squadrata dalla testa ai piedi. «Diciotto» aveva risposto lei, nascondendo a fatica il dolore perché non si era ricordato della sua età. «Sono adulta ormai.» «Già, sei cresciuta davvero» aveva commentato Suleiman lentamente, come se lei gli avesse detto qualcosa che non gli era mai venuto in mente prima. La conversazione si era spostata su altri argomenti. Lui aveva voluto sapere della sua vita e dei suoi studi e lei gli aveva spiegato che avrebbe frequentato una scuola d'arte. «In Inghilterra?» «Ovviamente. Come ben sai, non esiste niente di simile nel Dhi'ban.» «Ma il Dhi'ban non sarà lo stesso senza la tua presenza qui.» Di fronte a quell'inaspettata e insolita dichiarazione lei gli aveva accarezzato una guancia. «In senso positivo o negativo?» lo aveva preso in giro. Suleiman si era irrigidito a quel tocco e il suo cuore aveva cominciato a battere forte coprendo il rumore dei fuochi d'artificio. Lui le aveva spostato la mano fissandola indeciso, poi aveva scosso la testa come per negare qualcosa. Alla fine, si era chinato e le aveva sfiorato le labbra con un bacio. A quel contatto il mondo di lei si era riempito di arcobaleni e stelle. Aveva dischiuso la bocca mentre Suleiman l'attirava a sé stringendola per la vita. «Oh, Suleiman...» gli aveva sussurrato. Quelle 12
parole, però, avevano interrotto l'incantesimo perché lui all'improvviso si era scostato fissandola con il respiro affannoso, come se fosse stato travolto da qualcosa di profondo che le aveva fatto nascere una debole speranza nel cuore. Ma poi quella luce era sparita, rimpiazzata da un'espressione di disgusto. «È così che ti comporti quando sei in Inghilterra?» le aveva domandato con un tono mortale. «Offri te stessa liberamente come una prostituta, anche se sei promessa al sultano? Che razza di donna sei, Sara?» Era una domanda a cui lei non era stata in grado di rispondere perché tutto il suo mondo era stato sconvolto. Non si era aspettata di baciarlo e di reagire in quel modo. E non si era aspettata nemmeno di desiderare di essere toccata intimamente, eppure lui l'aveva guardata come se avesse fatto qualcosa di orrendo. Piena di vergogna era fuggita con gli occhi colmi di lacrime. Era stato soltanto il giorno seguente che aveva sentito la storia della principessa che piangeva di gioia per l'incoronazione del fratello. Sara scacciò quei ricordi e tornò al presente, realizzando che Suleiman stava aspettando una risposta alla sua domanda. Si strinse nelle spalle come se, con quel gesto, potesse allontanare la sensazione di umiliazione e rifiuto che aveva provato. «Direi piuttosto che sono una creativa, visto che lavoro in un'agenzia di pubblicità» gli disse. «Sei creativa in molti campi» osservò lui. «Soprattutto in quello dell'abbigliamento. È impossibile non notare i tuoi vestiti occidentali.» 13
Lei si irrigidì al suo attento esame. Non guardarmi così, avrebbe voluto gridare, provando una fitta di dolore quando il suo sguardo si soffermò sull'abito di maglia che le arrivava a metà coscia e gli stivali di pelle che le coprivano il ginocchio. «Sono contenta che ti piaccia il mio modo di vestire...» borbottò lei. «Non ho detto questo. Anzi, in realtà io lo disapprovo e senza dubbio anche il sultano è del mio stesso parere. Quel vestito è eccessivamente corto, ma suppongo che sia fatto apposta così.» «Tutti si vestono in questa maniera qui, Suleiman. È la moda. E poi le calze spesse, insieme agli stivali, nascondono la parte lasciata scoperta dalla gonna.» «Non sono venuto a trovarti per discutere di questo, non credi?» ribatté lui implacabile. «E allora cosa ci fai nel mio ufficio?» «Sono sicuro che conosci già la risposta, ma dal momento che hai qualche problema a farti carico delle tue responsabilità sarà meglio che te le spieghi chiaramente, così che non ci sia nessuna possibilità di errore. Non puoi ignorare più il tuo destino.» «Non è affatto il mio destino!» esclamò lei a quel punto, indignata. «Sono venuto per riportarti nel Qurhah affinché sposi il sultano» le annunciò lui freddo. «E adempiere così alla promessa che tuo padre ha fatto molte lune fa. Sei stata concessa in sposa al sovrano e adesso lui ti vuole. Sta iniziando a diventare impaziente per questa attesa e l'alleanza tra i vostri due paesi è a rischio.» Sara raggelò, poi strinse i pugni. Per un momento credette di svenire. Come aveva fatto a pensare che 14
sarebbe bastato ignorare la nuvola nera che gravava sul suo futuro perché si volatilizzasse? «Stai scherzando, vero?» disse detestandosi per la sua voce incerta. Trova la forza per opporti a questo ridicolo stato di cose in cui le donne vengono scambiate al mercato come se fossero dei semplici oggetti del desiderio. «Ma anche se così non fosse io non verrò con te, Suleiman. Adesso vivo in Inghilterra e mi considero una cittadina inglese con tutta la libertà che questo comporta. Niente di ciò che dirai o farai mi indurrà a seguirti nel Qurhah. Non voglio sposare il sultano e non lo farò. Non puoi obbligarmi.» «Spero di poter assolvere il mio compito senza dover lottare» le spiegò lui con un tono troppo calmo, tuttavia nessuno avrebbe potuto fraintendere l'intenzione che si celava nelle sue parole. Sara fissò la linea dura delle sue labbra e gli occhi privi di qualsiasi espressione ed ebbe un cattivo presentimento. «Credi che mi adeguerò docilmente ai tuoi piani? Che chini la testa e ubbidisca?» «Spero di sì, dal momento che sarebbe di certo la soluzione più ragionevole.» «Scordatelo.» Tra loro cadde un profondo silenzio, poi Suleiman incontrò il suo sguardo ribelle e la rabbia che covava da tutto il giorno minacciò di esplodere. Davvero aveva pensato che fosse facile? Certamente no. Dentro di sé aveva sempre saputo che quello sarebbe stato l'incarico più difficile della sua vita, benché avesse sperimentato la guerra, la tortura e le peggiori privazioni. Aveva cercato di rifiutare quella missione per tut15
ta una serie di ragioni più che valide. Aveva spiegato al sultano che era troppo occupato con la sua nuova esistenza ed era vero, ma la lealtà e l'affetto per il sovrano si erano dimostrati due argomenti molto convincenti. Inoltre chi altri mai possedeva la giusta determinazione per riportare l'esuberante Sara Williams nel Qurhah a sposare il sultano? Fece una smorfia sentendo qualcosa di molto simile al rimpianto serrargli lo stomaco. Nessuno la conosceva bene come lui. «Parli con una tale insolenza che posso soltanto presumere che tu sia stata influenzata dai falsi valori occidentali.» «Ti riferisci per caso alla libertà?» «No. Mi riferisco piuttosto alla mancanza di rispetto. Direi che è una descrizione più accurata» rispose lui inspirando forte. «Ascolta, Sara... capisco che avevi bisogno di... com'è che dite voi donne? Ah sì, di trovare te stessa. Fortunatamente gli uomini solo di rado si sentono disorientati per cui questo genere di percorso non è necessario.» «Sei un arrogante...» «Ora possiamo risolvere questa situazione in due modi» la interruppe Suleiman. «Uno facile e uno difficile.» «Intendi dire farlo alla tua maniera invece che alla mia?» «Esattamente. Se ti comporti in modo responsabile, come una donna che non vuole arrecare vergogna alla propria casa reale, o a quella del futuro marito, allora tutti saranno felici.» «Felici?» ripeté lei allibita. «Ma sei impazzito?» «Non c'è bisogno di reagire facendosi prendere 16
da un attacco isterico. Di certo nessuno di noi due sceglierebbe di fare questo viaggio se solo potesse, ma non vedo perché noi due non dovremmo comportarci civilmente.» «Civilmente?» Sara balzò in piedi e si allontanò dalla scrivania con una tale foga che fece cadere sul pavimento un'intera scatola di pennarelli colorati. Non si preoccupò del rumore né di chinarsi a raccoglierli e non perché il suo vestito fosse troppo corto. Provò un impeto di rabbia e di impotenza. Suleiman non poteva marciare nel suo ufficio come se fosse lui il capo e dirle che doveva seguirlo per sposare un uomo che nemmeno conosceva, che non le piaceva particolarmente e che non amava. «Credi forse che sia civile tenere legata una donna a una promessa di matrimonio fatta quando era poco più che una bambina?» «Tuo padre ha accettato queste nozze» le ricordò implacabile Suleiman. «Lo sai.» «Mio padre non aveva scelta!» urlò lei. «Era sull'orlo della bancarotta.» «Purtroppo sono state la sua debolezza e la sua dissolutezza a metterlo in quella posizione. E non dimenticare che è stato il padre del sultano a salvargli il collo.» «Chiedendo la mia mano per il suo unico figlio in cambio? Che razza di uomo può fare una cosa del genere?» gli chiese Sara, notando che la sua sincera supplica lo aveva fatto momentaneamente irrigidire. Era forse riuscita a fargli capire l'assurdità di quella proposta nel ventunesimo secolo? Non era forse barbaro per una ragazza di ventitré anni essere portata di forza nel deserto e obbligata a sposarsi contro la sua volontà? 17
Un tempo Suleiman teneva parecchio a lei, lo sapeva. Se solo avesse dimenticato quello stupido bacio di certo nel suo cuore sarebbe rimasto un po' di quell'affetto. Lui non poteva essere felice per quelle nozze combinate. «I matrimoni dinastici ci sono sempre stati» le rammentò lui. «Non sarà così male come pensi.» «Davvero? Come fai a saperlo?» «È un grande onore sposare un uomo tanto importante» le spiegò Suleiman, dovendo però mettere un po' di convinzione nelle sue parole. «Hai idea di quante donne vorrebbero diventare regine? Sarai ammirata e avrai l'onore di portare in grembo i figli e l'erede del sovrano. Cosa vorresti di più?» Per un istante Sara non parlò per la rabbia. Trovava orribile l'idea di quelle nozze tuttavia, come aveva sottolineato lui, era cresciuta in un mondo in cui simili baratti erano considerati normali. Peccato che avesse vissuto in Inghilterra così a lungo da dimenticare di essere a sua volta una principessa reale. La sua mamma inglese aveva sposato un re del deserto al quale aveva dato un erede e dopo tanti anni una figlia. Se fosse stata ancora viva avrebbe impedito quella vergogna, ma purtroppo era morta parecchio tempo prima. Sfortunatamente anche suo padre e ora il sultano reclamava quello che era suo di diritto. Pensò all'uomo che l'aspettava e rabbrividì. Sapeva che moltissime donne lo consideravano un dio del sesso, ma lei non era tra quelle. Durante i loro tre brevi incontri non aveva provato niente per lui, ma forse dipendeva dal fatto che in 18
tutte e tre le occasioni era stata distratta dalla costante presenza di Suleiman, con i suoi occhi neri e il corpo perfetto. «Non ti pesa sulla coscienza portare una ragazza nel Qurhah contro la sua volontà? Devi sempre fare quello che ti chiede il sultano senza discutere?» «Non lavoro più per lui.» Per un momento Sara lo fissò incredula. «Cosa... dici? Il sultano ti stima più di chiunque altro. Lo sanno tutti quanti. Tu sei il suo insostituibile consigliere, l'unico di cui si fida.» Suleiman scosse la testa. «Non più. Sono ritornato nella mia terra dove ho iniziato un nuovo genere di vita.» Lei avrebbe voluto scoprire qualcos'altro, poi però rammentò a se stessa che non erano affari suoi. Lui non ti vuole. A quanto pare non gli piaci nemmeno più. «Allora perché sei venuto qui?» «Per fare un favore a Murat. Era convinto che nessuno del suo staff avrebbe saputo gestire la situazione» le spiegò lui. «A differenza di te.» «Infatti.» Sara avrebbe voluto dirgli di togliersi quel sorriso dalla faccia e sparire dal suo ufficio. In caso contrario avrebbe chiamato il servizio di sicurezza, tuttavia non sapeva se sarebbe stata una buona idea. Si soffermò a osservare il suo fisico possente, rendendosi conto che non sarebbe stato facile spostarlo se non avesse voluto. Poi pensò al suo capo. Gabe Steel lo avrebbe fatto cacciare dal palazzo se glielo avesse chiesto? Ma avrebbe avuto il coraggio di domandarglielo? 19
Non aveva alcun desiderio di rovinare la sua immagine di lavoratrice modello tirando in ballo la sua vita privata perché nessuno sapeva che era una principessa del deserto e tutti la conoscevano soltanto come Sara Williams. Aveva sfruttato il suo aspetto occidentale e il cognome della madre da quando aveva iniziato a lavorare a Londra, adattandosi agli usi e costumi delle ragazze inglesi della sua età. No, non era il momento adatto per un'aperta opposizione. Non voleva mettere Suleiman in allerta. Doveva calmarlo, lasciargli credere di avere vinto e che lo avrebbe seguito. Si strinse nelle spalle e sospirò rassegnata. «Suppongo sia inutile provare a farti cambiare idea.» Il sorriso di lui era freddo. «Credi che potresti riuscirci?» «No» rispose Sara, come se la sua indifferenza non le interessasse. Invece aveva la sensazione che qualcuno avesse appena calpestato e schiacciato i suoi sogni perché Suleiman era l'unico uomo che aveva sempre desiderato e amato. Peccato che a lui importasse così poco di lei da consegnarla tranquillamente a un altro come se fosse un pacco postale. «Non vederla in questo modo» le disse Suleiman. «Se apri un po' la mente potresti scoprire che la tua nuova vita potrebbe piacerti e che sarai una brava moglie. Avrai dei figli forti, delle bellissime bambine e tutto questo renderà molto felice il popolo del Qurhah.» Per un istante a Sara parve di cogliere una sottile incertezza nella sua voce, quasi non credesse alle sue stesse parole. 20
Era davvero così? Oppure era vero quello che aveva sentito, ossia che era successo qualcosa di talmente terribile nella sua vita da avergli indurito il cuore al punto che si era trasformato in pietra? E che non gli importava dei sentimenti della gente perché non sapeva cosa fossero? Be', i sentimenti di Suleiman non erano un problema suo. Non le interessavano perché non poteva permetterselo. Aveva bisogno di sapere quali erano le sue intenzioni e organizzare un piano d'azione. «Quindi adesso cosa succede? Devo dare un mese di preavviso e volare nel Qurhah per la fine di gennaio?» Lui fece una smorfia. «Credi di poter prolungare l'attesa del sultano? Temo che il tuo tempo a disposizione sia finito. Partiremo stanotte stessa e lascerai questo edificio con me, subito.» Sara venne sopraffatta dal panico. Sentiva le porte della prigione chiudersi alle sue spalle. «Io... io... avrò bisogno di preparare le mie cose.» «Naturalmente» ribatté lui a quel punto chinando la testa. «Anche se dubito che il tuo abbigliamento sia adatto alla moglie di un sovrano. Ti verrà fornito un guardaroba più adeguato per cui non starei a preoccuparmi troppo.» «Non sto parlando dei miei vestiti. Non vorrai negarmi i miei ricordi? I gioielli che mi ha lasciato mia madre e i libri che mio padre ha pubblicato dopo la sua morte?» Per un istante lei si chiese se avesse immaginato l'inquietudine nei suoi occhi... che però sparì all'istante. Si impose di smetterla di attribuire a quell'uomo pensieri e sentimenti solo perché desiderava che li avesse. «Molto bene» disse Suleiman. «A questo pos21
siamo provvedere. Adesso andiamo. C'è un'auto che ci sta aspettando fuori.» Il cuore di Sara perse un colpo. Ovvio che ci fosse un'auto in attesa. Probabilmente con un paio di energumeni dentro. La sensazione di essere intrappolata si riaffacciò e all'improvviso seppe che non avrebbe ceduto così docilmente a Suleiman Abd al-Aziz. Gli sarebbe scivolata tra le mani come un'anguilla catturata in un gelido fiume. «Devo finire qui. Non posso andarmene senza prima mettere in ordine il mio lavoro.» Il volto di lui era imperscrutabile. «Quanto ti ci vorrà?» Lei si sentì seccare la bocca chiedendosi realisticamente quanto avrebbe potuto tirare la corda. «Alcune ore.» «Non mettere alla prova la mia pazienza, Sara. Due saranno più che sufficienti per quello che devi fare. Ti aspetterò insieme ai miei uomini al tuo appartamento.» Suleiman si diresse alla porta, ma prima di andarsene si voltò e aggiunse minaccioso: «Non fare tardi». Lei attese finché non lo sentì salire sull'ascensore, tuttavia uscì in corridoio per verificare che se ne fosse veramente andato e che non fosse rimasto nascosto nell'ombra a spiarla in attesa di verificare le sue prossime mosse. Tornò nel suo ufficio e si avvicinò a una delle grandi finestre che si affacciava sul Tamigi. Il cuore era stretto in una morsa di dolore. Le piaceva lavorare lì. Amava essere parte dell'enorme organizzazione di Gabe Steel. Ora, però, tutto sarebbe finito, che lo volesse o meno. 22
Un'idea iniziò a formarsi nella sua testa. Un piano così audace che per qualche secondo si chiese se avrebbe avuto davvero il coraggio di portarlo a termine. Del resto che scelta aveva? Seguire Suleiman alla stregua di una pecora al macello? Essere obbligata a condividere il letto con il potente sultano dal volto di falco? Un uomo con cui non c'era nessun tipo di alchimia? Sollevò il ricevitore del telefono fisso al posto del cellulare temendo che potesse essere stato messo sotto controllo. Non le ci volle molto per ottenere l'informazione che voleva dal responsabile del reparto addetto alle pubbliche relazioni dell'agenzia. A giudicare dal rumore in sottofondo doveva essere a qualche party natalizio, comunque le diede una lista di giornalisti senza farle domande. Le dita le tremavano quando digitò il primo numero e sentì suonare dall'altra parte. Forse non avrebbe risposto nessuno perché se n'erano andati tutti a casa per Natale, con le ghirlande sulle porte e un pezzo di legno nel camino che riempiva l'aria di un piacevole odore di pino. Di certo non avrebbero trascorso la vigilia come lei, con un'auto piena di uomini dalla faccia impassibile e minacciosa in attesa fuori dal suo palazzo, pronti a portarla verso un futuro sconosciuto e sicuramente indesiderato. «Pronto?» Sara fece un profondo respiro. «Senta, so che le sembrerà folle, ma ho una storia che potrebbe interessarle» esordì stringendo con forza il ricevitore. «Dettagli? Certo che posso dar23
glieli. Che cosa ne dice del rapimento di una donna che sta per essere portata contro la sua volontà nel deserto del Qurhah per sposare un uomo che non vuole? Le piace? Ero sicura che l'avrebbe trovata interessante ed è tutta sua. Sì, certo, un'esclusiva. Purtroppo noi non abbiamo molto tempo. Io devo lasciare Londra alle sei in punto.»
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2973 - Un gioco molto pericoloso di J. Lucas
Non avreste saputo resistere nemmeno voi, credetemi! Uno sguardo, un unico sguardo ed ero sua... Firma il tuo CONTRATTO D'AMORE.
NON VOGLIO FERIRTI. MA UNA VOLTA IN QUELLA CAMERA D’ALBERGO, SAPPI CHE AVRÒ QUELLO CHE VOGLIO. E NESSUNO MI POTRÀ FERMARE.
Affari, sesso e potere: un cocktail che tutti vorrebbero assaporare. VOGLIO TUTTO DI TE Siete pronte al romanzo perfetto? “Una storia carica di passione ed emozioni forti. Un protagonista sexy e oscuro. La Yates al suo meglio, favoloso.” Amazon Reviews
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Imparerai ad amare ancora? La ricetta per guarire un cuore spezzato forse è più semplice di quanto credi. Il romanzo perfetto per San Valentino. Una storia dolce, romantica e divertente sul rimanere soli... e innamorarsi ancora. Holly lavora in una pasticceria, chi meglio di lei potrebbe sapere che la vita è fatta a strati, proprio come una ricca torta? Dopo aver perso il marito si è rifugiata in una rassicurante quotidianità, dedicandosi solo alla sorella e ai dessert. Finché un giorno, consegnando un dolce, incontra l’enigmatico Ciaran Argyll. Le loro vite sono agli antipodi, ma l’attrazione non bada a certi dettagli: in fondo si può stare bene insieme anche se si è diversi come la panna e il cioccolato!
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