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CANDACE CAMP

Improvvisamente


ISBN 978-88-6183-436-1 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Suddenly Mira Books © 1996 Candace Camp Traduzione di Mariadele Scala Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 1996 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione I Grandi Romanzi Storici Special ottobre 1996 Questa edizione Harmony Historical febbraio 2014


Prologo Londra, 1871 Charity aveva programmato minuziosamente la fuga. Era di fondamentale importanza che i domestici o sua sorella Serena non la vedessero uscire di casa, altrimenti lo avrebbero riferito ai suoi genitori, che l'avrebbero rimproverata. Suo padre e sua madre lo facevano per il suo bene, ovviamente. Una fanciulla della buona societĂ non poteva uscire senza scorta nelle strade di Londra: la sua reputazione sarebbe stata gravemente compromessa. Nessuno, nemmeno il suo affettuoso e comprensivo genitore avrebbe giustificato un simile comportamento. Nessuno avrebbe accettato la sua assicurazione che sarebbe stata attenta a non farsi vedere, e che la sua reputazione sarebbe rimasta intatta. Peggio ancora, i suoi genitori avrebbero voluto sapere perchĂŠ quel mattino aveva lasciato la casa di zia Ermintrude senza farsi accompagnare da una cameriera. Charity non poteva di certo rivelarlo. Se camminare da sola per le tranquille ed eleganti vie di Mayfair era da biasimare, era comunque un nonnulla al confronto di quello che aveva in mente di fare. Aveva deciso di uscire una volta fatta colazione. Quello era il momento migliore. Sua madre e le sue so5


relle sarebbero state ancora a letto, visto che da quando erano venute a Londra per il debutto di Serena ed Elspeth facevano le ore piccole, passando da un ballo all'altro. Così non si sarebbero accorte che lei non era in casa. Suo padre, mattiniero al pari di lei, sarebbe uscito per la sua solita passeggiata subito dopo aver fatto colazione. E la servitù, impegnata nelle faccende domestiche, non si sarebbe mai chiesta dov'era. Così, appena suo padre varcò la soglia, Charity scese furtivamente le scale con la cuffietta in mano e sgattaiolò fuori dalla porta d'ingresso dopo aver controllato che nessuno dei domestici fosse nei paraggi. Calcandosi la cuffietta in testa e annodando i nastri sotto la gola, si avviò lungo la strada a passo spedito, spiando dietro le spalle per assicurarsi che nessuno la seguisse. Quando ne fu certa, fece cenno a un calesse di fermarsi e dopo pochi minuti smontò di fronte a Dure House, una grande casa bianca in stile georgiano. Dopo aver pagato il cocchiere, Charity salì gli scalini che conducevano all'ingresso di Dure House con la sicurezza di un'assidua frequentatrice della nobile dimora, convinta che ostentare disinvoltura era la prima regola per vincere l'incertezza. Sollevò il battente di ottone, che pendeva dalla bocca della testa di leone che ornava il centro del portoncino di legno, e lo lasciò ricadere con noncuranza. Un maggiordomo dall'aria severa venne ad aprire, esaminandola da capo a piedi con fare sdegnoso. «Sì?» le chiese aggrottando le sopracciglia. Era evidente che il suo giudizio era assolutamente negativo. Charity sollevò il capo, ricambiandogli uno sguardo freddo e sprezzante. Non a caso discendeva da una stirpe di duchi e di conti, e non poteva permettere a un servitore di guardarla dall'alto in basso. 6


«Sono Miss Charity Emerson» disse, imitando il tono freddo e aristocratico di sua madre. «Vorrei vedere Lord Dure, se sarete così gentile da avvertirlo del mio arrivo.» Charity vide che il maggiordomo esitava. L'avrebbe messa alla porta? Impossibile. L'uomo doveva conoscere il nome Emerson. E poi non avrebbe avuto l'ardire di mandarla via. Alla fine, si fece da parte per lasciarla entrare. «Se avrete la compiacenza di aspettare qui, vado a vedere se Sua Signoria è in casa.» Era una scusa, ovviamente. Charity lo sapeva. Il maggiordomo voleva prendere tempo perché non sapeva se Lord Dure sarebbe stato disposto a ricevere una fanciulla insolente, che si era presentata a casa sua senza preavviso e senza scorta. Mentre aspettava, lei si guardò attorno nel grande ingresso col pavimento di marmo bianco, dal quale partiva lo scalone, che si divideva in due bracci semicircolari prima di raggiungere il piano superiore. Il maggiordomo salì lo scalone per ridiscenderne di lì a poco con passi misurati. «Se volete seguirmi, Miss...» Charity sentì le ginocchia cedere. Fino a quel momento non aveva realizzato in quale stato di nervosismo si trovasse. Dopo aver respirato profondamente, seguì il maggiordomo su per le scale e all'interno di un elegante studio. «Miss Charity Emerson» annunciò il domestico prima di ritirarsi, lasciando Charity sola davanti a Simon Westport, Conte di Dure. Il conte, che stava seduto dietro la scrivania, si alzò in piedi. È un uomo pericoloso, pensò Charity. Tutti lo dicevano. Non a caso, l'avevano soprannominato Demonio Dure. In quel momento, vedendoselo da7


vanti, Charity capì perché si facessero tante chiacchiere attorno a quell'uomo. Era alto, imponente e impressionante coi folti capelli neri che ricordavano la criniera di un leone e i muscoli possenti che neppure gli abiti dal taglio impeccabile riuscivano a nascondere. Il viso rasato, dai lineamenti regolari, era duro e impenetrabile come se fosse stato scolpito nel granito. I suoi occhi, di un imprecisato colore che andava dal verde scuro al grigio ardesia, erano freddi e penetranti. Sotto quello sguardo, Charity ebbe la sensazione di essere una farfalla trafitta da uno spillo. Forse è stata una pazzia venire qui, sospirò. «Sì, Miss Emerson?» esordì il conte, scrutandola con estrema freddezza. «Che cosa posso fare per voi?» Charity raddrizzò le spalle. Non era mai indietreggiata di fronte a niente. Non avrebbe iniziato adesso. Non doveva dimenticare che il futuro di sua sorella era in gioco. «Sono venuta per chiedervi di sposarmi» rispose con voce chiara e decisa.

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1 Seguì un momento di silenzio. Sconcertato, il conte fissò Charity. Quando il suo maggiordomo Chaney gli aveva annunciato la visita di Charity Emerson era rimasto stupito. Sapeva che Charity era la sorella di Serena, ma non l'aveva mai incontrata. Si era anche incuriosito, perché non poteva immaginare quale bizzarra circostanza avesse portato la fanciulla a bussare alla sua porta. Anche se nelle settimane precedenti si era sparsa la voce che stava per chiedere la mano di Serena, Simon Westport non si era ancora imparentato con gli Emerson. Recarsi in casa di un uomo che non aveva alcun grado di parentela con lei era un disonore per una fanciulla della buona società. Allorché Charity era entrata nel suo studio, lo stupore del conte era aumentato. Si era aspettato di vedere una scolaretta adolescente, invece era apparsa al suo cospetto una giovane donna in fiore. Era facile intuire perché i genitori continuavano a lasciarla in collegio insieme con le piccole di casa. Con la sua abbagliante bellezza, Charity Emerson avrebbe fatto passare inosservate Serena ed Elspeth, le due sorelle maggiori, notò il conte, mentre il suo corpo reagiva alla vista della splendida creatura che aveva davanti. La domanda di Charity lo aveva lasciato allibito. Al9


la fine si schiarì la voce e domandò: «Prego? Che cosa avete detto?». Charity avvampò, realizzando che le sue parole dovevano essere suonate molto ardite. «Se non sbaglio, siete alla ricerca di una moglie...» Il conte aggrottò un sopracciglio, determinato a non lasciare trapelare il proprio stupore. «Dubito che la questione vi riguardi, Miss Emerson, ma sì, ho intenzione di maritarmi presto. Dopo la morte di mio nonno, ho il dovere di dare un erede al casato.» «Bene. È proprio per questo che sono qui.» «State dicendo che intendete propormi la vostra candidatura?» Charity divenne paonazza. Il suo piano era quello di esporre il suo caso in maniera impersonale e logica, ma come le accadeva spesso, le parole sembravano incepparsi nella sua gola. «Io non...» iniziò a replicare. Poi s'interruppe. «Ebbene sì, in un certo senso... Ma non come state pensando voi.» «Davvero?» Gli occhi grigioverdi del conte ebbero un guizzo divertito. «Di grazia, se posso chiederlo, in quale modo vi state offrendo?» La sottile allusione provocò un brivido lungo la schiena di Charity. Quelle parole avrebbero dovuto offenderla. Il conte aveva insinuato che non era una vera signora, ma il timbro della sua voce profonda la fece sentire debole e vulnerabile più che indignata. Charity s'irrigidì, rammentando a se stessa che cosa c'era in gioco. «Tutti affermano che avete intenzione di chiedere la mano di mia sorella. L'altra sera, anche papà ha detto alla mamma che vi sareste fatto avanti molto presto.» 10


«Davvero?» commentò il conte con una smorfia. «Sì. Appena l'ho sentito, ho deciso che dovevo intervenire in qualche modo.» «E in quale modo?» «Proponendovi di sposare me, invece di Serena.» «State cercando di battere sul tempo vostra sorella?» «No! Non è così, milord» protestò Charity scandalizzata. «Non dovete pensare che farei alcunché per danneggiare Serena. Si tratta del contrario. Io voglio salvarla.» «Salvarla? Da me?» domandò il conte corrugando la fronte. «Non credevo che sposare me fosse un destino tanto orribile. Per la verità, pensavo che Miss Serena fosse... ehm, perfettamente rassegnata.» «Oh, lo è» confermò Charity con aria grave. «Lei sa che è suo dovere sposarvi. Sapete, Serena è il tipo di donna che si sacrifica per il bene della famiglia. Vi sposerà di certo se qualcuno non farà niente per fermarla. Vi sposerà, a costo di essere infelice per il resto della sua vita.» «Ignoravo di essere un partito così ripugnante» osservò il conte dopo un breve silenzio. Charity avvampò. Era stata davvero priva di tatto! «Io... Vi chiedo scusa. Non volevo dire che sposare voi renderebbe una donna infelice... Se lo pensassi, non mi sarei offerta di sposarvi al posto di Serena. Non credo di essere tanto altruista» disse scuotendo il capo. «Sono sicura che Serena avrebbe fatto questo per me. Ma lei è una persona talmente superiore!» «Anch'io la giudico fuori del comune» convenne Simon con tono vagamente divertito. «Per questo avevo intenzione di chiederla in moglie.» «Ma non siete innamorato di lei, vero?» domandò Charity. «Serena non pensa che l'amiate. Lei e papà 11


hanno detto che l'amore non v'interessa. È così?» «È vero che sto cercando una sistemazione più ragionevole» confermò Simon. «Sono stato innamorato e non ho intenzione di ricadere in quell'errore. Tuttavia temo di non avere ancora capito perché...» «Serena non ha paura di voi. No... O almeno, solo un poco.» «La notizia mi solleva.» Charity lo guardò. Il guizzo ironico che scorse in quegli occhi grigioverdi la rassicurò. «Scusate» aggiunse sorridendo. «Sto facendo un gran pasticcio, vero? Il problema è che... Serena è innamorata di un altro. Come potrebbe sposarvi se il suo cuore appartiene a un altro?» Il conte aggrottò la fronte. «Vostra sorella non mi ha mai parlato dell'altro. Anzi. Sembrava contenta delle mie attenzioni. Se non voleva sposarmi, perché non me lo ha detto?» «Non è da lei. Serena è una figlia molto obbediente e rispettosa e papà e mamma desiderano che faccia questo matrimonio. Vedete, avere cinque figlie femmine è un problema. Se una di loro facesse un matrimonio importante, sarebbe un vantaggio per tutte. Se Serena sposasse voi, potrebbe aiutare le altre a trovare marito.» Simon sospirò al pensiero di avere per casa una schiera di fanciulle da marito e Charity annuì con fare di comprensiva commiserazione. «Avete ragione. Non vi piacerebbe. Soprattutto Belinda è una insopportabile marmocchia viziata. Ma Serena crede di dovervi sposare per il bene della nostra famiglia, anche se questo matrimonio le spezzerebbe il cuore. Lei è innamorata del pastore del nostro villaggio, il reverendo Anthony Woodson, un uomo di grande valore, ma privo di beni 12


di fortuna. Però a Serena questo non importa. Lei desidera solo sposarlo, stare con lui. Sarebbe una moglie perfetta per un pastore perché è buona, gentile, caritatevole. A lei non importa degli abiti eleganti, dei balli e dei ricevimenti.» «Non lo sapevo» mormorò il conte a quel punto. «Vi assicuro, non voglio sposare vostra sorella se è innamorata di un altro. Non è mia intenzione obbligarla ad accettare la mia proposta.» «Ero certa che eravate all'oscuro della situazione. E come potevate saperlo? Serena non ve lo avrebbe mai detto e papà e mamma non sanno che lei è innamorata del reverendo Woodson. Non approverebbero, sapete, perché non è un uomo ricco.» «Vi do la mia parola che non rivelerò a nessuno il segreto di vostra sorella» dichiarò il conte. «E adesso, Miss Emerson» aggiunse dopo un istante di esitazione, «visto che avete portato a termine la vostra missione, dovete tornare a casa. Temo che la vostra reputazione verrebbe compromessa se si venisse a sapere che siete stata nell'abitazione di un uomo solo. Soprattutto nella mia.» «Lo so. Zia Ermintrude direbbe che sono stata sfacciata. Lei me lo ripete senza sosta. E mamma ha osservato che avete una pessima reputazione. Anzi. All'inizio era preoccupata che le vostre intenzioni nei confronti di Serena non fossero serie, ma papà l'ha rassicurata, affermando che non avevate mai attentato alla virtù di una fanciulla perbene.» Simon scoppiò a ridere. «Scusatemi. L'ho fatto di nuovo, vero? Anche Serena dice che non so tenere a freno la lingua. Spero di non avervi offeso.» «Assolutamente no. Per la verità, avete rallegrato la 13


mia giornata. Ma adesso dovete andare. Dirò a Chaney di chiamare una carrozza pubblica. Credo che la mia darebbe troppo nell'occhio.» «Aspettate!» esclamò Charity. «Non potete limitarvi a non sposare Serena. Mamma mi ucciderà se scoprirà che vi ho convinto a rinunciare a mia sorella e poi qualcun'altra, come quella odiosa Lady Amanda, riuscirà a mettere le mani su di voi.» «Vi assicuro che non ho intenzione di chiedere la mano di Lady Amanda Tilford» dichiarò Simon. «Ci credo! Non potete essere tanto sciocco. Non capite, deve essere una di noi... Oh, non sarei venuta qui se non avessi pensato che avreste accettato di sposare me! Papà dice che è importante che Serena vi sposi, per evitare che la famiglia finisca all'ospizio di mendicità.» Charity fece una pausa, poi aggiunse: «Non credo che ciò sia da prendere alla lettera, ma è vero che ci troviamo in difficoltà. Ho dovuto rivoltare questi guanti, e quella che porto in capo è una vecchia cuffia di Serena. Papà ci ha spiegato che per quest'anno nessuna di noi poteva avere un abito nuovo perché doveva affrontare le spese del debutto in società di Serena e di Elspeth. I miei genitori si sono sposati per amore, sapete, e nessuno dei due era ricco. Per fortuna zia Grimmedge lasciò una rendita a mamma, altrimenti non so come avremmo fatto a tirare avanti. Ma mamma non permetterebbe a nessuna di noi di sposare un plebeo, anche se ricco. È una donna orgogliosa, e va fiera di essere la cugina di un duca. Ma la vostra famiglia è inappuntabile anche per lei, a parte quel piccolo scandalo al tempo di Re Carlo secondo. Mamma, però, lo ha giustificato, asserendo che a quell'epoca tutti erano un po' scapestrati». «Sono sicuro che la contessa madre sarà contenta di 14


sapere che i vostri genitori trovano accettabile il casato dei Dure.» «Santo cielo! Vi ho offeso?» «No. Comunque, non penso che questo matrimonio d'interesse sia una questione semplice come barattare un cavallo con un altro.» «Ma lo è!» assicurò Charity. «Voglio dire, voi volete un erede, no? Io sono in grado di generarlo esattamente come lo è Serena. Sono una vera donna, in perfetta salute» dichiarò, allargando le braccia e invitando Simon a guardarla. «Sì» convenne lui, socchiudendo gli occhi. «Siete in perfetta salute.» «Allora? Sono in grado di partorire per voi eredi sani, e il sangue che scorre nelle mie vene è lo stesso che scorre nelle vene di mia sorella. Pertanto sono rispettabile come lei.» «No, se frequentate spesso le case degli scapoli» obiettò Simon. «Non è mia abitudine farlo» protestò Charity indignata, gli occhi azzurri che mandavano scintille. «Sono venuta qui solo per disperazione, come vi ho già spiegato. Dovevo salvare mia sorella.» «E voi siete disposta a essere la... vittima sacrificale?» Passato il momento d'ira, lei sorrise a quelle parole. «Bene. Io ero l'unica. Elspeth non lo farebbe mai perché ha una paura matta di voi. Del resto, voi non la vorreste: è troppo noiosa. Belinda e Horatia sono troppo piccole. Così restavo solo io. E poi io non direi che è un sacrificio: siete un conte, siete ricco e...» Charity osservò Simon con attenzione. «... e siete anche piuttosto attraente, naturalmente se a una piace il tipo bruno e tenebroso.» 15


«E a voi piace?» Il tono basso della voce del conte provocò uno strano fremito in Charity. «Non mi dispiace» rispose, tenendo gli occhi bassi come si addiceva a una fanciulla modesta, ma con un che di malizioso che divertì Simon. «Non avete paura di me?» «No. Per la verità, io non ho paura di niente. Mamma dice spesso che manco di sensibilità.» Questa volta Simon non poté fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata. «Credo che siate una piccola civetta, dalla quale un uomo farebbe bene a stare lontano.» Lei si strinse nelle spalle. «È quello che mi ha detto anche papà» sospirò. Simon la trovava irresistibile. «È assurdo» osservò poi, ignorando il desiderio che gli aveva infiammato il sangue. «Non avete idea di quello che state facendo.» «Al contrario. So quasi sempre quello che faccio. E devo avvertirvi che finisco sempre con l'ottenere quello che mi sono proposta» tenne a precisare Charity. Lui le voltò le spalle, scuotendo il capo. «Capisco che abbiate dei dubbi, dal momento che non mi conoscete» proseguì Charity. «Ma la verità è che sarei per voi una moglie più adatta di Serena. Voi trascorrete molto tempo a Londra e mia sorella sarebbe infelice a stare qui a lungo. Senza contare che cercherebbe di cambiare le vostre abitudini, cosa per voi molto peggiore di tutto il resto.» «Sarebbe orribile» mormorò Simon, reprimendo un sorriso mentre guardava oltre i vetri della finestra. «Invece a me la città piace» continuò Charity. «Mi piacerebbe partecipare ai balli, ai ricevimenti, andare all'Opera e a tutte le altre riunioni mondane. Davvero. 16


In questi giorni sono morta d'invidia a vedere Elspeth e Serena recarsi ai balli, mentre loro non si sono nemmeno divertite.» Fece una pausa, poi riprese: «Naturalmente dovrei presentare in società Belinda e Horatia e trovare un marito per Elspeth. È mio dovere. Ma mi riuscirebbe più facile di quanto lo sarebbe per Serena, e ci libereremmo di loro molto in fretta». Simon sospirò e lei lo fissò preoccupata. «Che c'è? Qualcosa non va?» «No» rispose lui serrando le labbra. Si volse e la guardò per alcuni istanti, poi scosse il capo. «Mia cara figliola, mi tentate, ma temo proprio che non sarebbe conveniente.» «Oh, no...» gemette Charity. «Ho rovinato tutto quanto. Mamma s'infurierà con me per essermi intromessa. Non sarei venuta qui se non avessi pensato che sareste stato disposto a sposare me, come eravate disposto a sposare Serena.» Guardò Simon con occhi dolenti e aggiunse: «Perché non mi volete sposare, milord? Pensate che sia troppo sfrontata? Lo so di essere schietta. Mamma continua a ripetermi che devo tenere a freno la lingua. A volte sono un poco vivace e impulsiva, ma sono sicura che quando sarò più grande mi calmerò. Non lo pensate anche voi? E non farei mai niente che potesse screditare il vostro nome». Un sorriso incurvò le labbra di Simon. «Se foste meno schietta e vivace non mi piacereste, mia cara Miss Emerson. Voi siete... molto divertente.» «Oh» mormorò Charity perplessa. «Allora è il mio aspetto? Preferite il viso e la figura esile di Serena? Io sono forse un po' troppo rotonda?» domandò, lasciandosi sfuggire un sospiro. Il sangue di Simon s'infiammò ancora di più. «Voi siete rotonda nei punti giusti. Nessun uomo potrebbe 17


giudicarvi poco attraente. Sono sicuro che lo sapete.» «Me lo hanno detto un paio di volte» confermò Charity. «È una delle ragioni che mi hanno spinta a venire qui. Pensavo che non vi sareste opposto allo scambio. Credevo che mi avreste trovato attraente come mia sorella.» «Lo siete» confermò Simon. Immaginando quella solare fanciulla nel suo letto al posto della composta Serena, un grande calore gli pervase le viscere. «Non avete difetti» soggiunse, voltandole di nuovo le spalle per evitare di andarle vicino e di dimostrarle quanto fosse desiderabile. «È semplicemente sconveniente. Voi siete troppo giovane.» «Non è vero» protestò Charity. «Ho diciotto anni. Solo tre meno di Serena. Quest'anno dovevo debuttare in società anch'io. Ma papà non poteva affrontare le spese per tutt'e tre.» Simon si girò a guardarla. Non si rendeva conto dell'altro motivo che doveva avere indotto i suoi genitori a lasciarla da parte? Era chiaro che non volevano che mettesse in ombra le sorelle maggiori. «Comunque, avete dodici anni meno di me» le rammentò. «Sono troppo vecchio e troppo... malandato per voi.» Due fossette maliziose comparvero sulle guance di Charity mentre gli sorrideva. «Non mi sembrate tanto decrepito. Sarò giovane, ma so che cosa voglio. Tutti quelli che mi conoscono potranno assicurarvi che non sono indecisa o volubile. Molte coppie hanno una differenza di età come quella che c'è fra noi.» «Forse dodici anni non sono poi un grave problema, tuttavia la vostra giovinezza e la vostra ingenuità lo sono» replicò Simon brusco, ignorando la voce interiore che gli sussurrava che sarebbe stato piacevole vivere 18


con quella creatura desiderabile. «Non sto cercando una giovane sposa romantica, ma una moglie matura e sensata, che sappia accettare un matrimonio senza amore e non si aspetti che io diventi il suo umile scudiero, che non pretenda costanti attenzioni, complimenti e regali.» «Ma io non mi aspetto niente di tutto ciò!» protestò Charity. «So perfettamente che tipo di matrimonio volete e vi assicuro che sono pronta ad accettarlo. Anzi. Vi dirò che sono più realista di Serena che, nonostante la sua apparente freddezza, ha un animo molto più romantico del mio. Senza l'amore e le attenzioni di un marito, mia sorella appassirebbe. Io, invece, sono perfettamente in grado di aver cura di me stessa. Sarò felice di fare la mia vita, di frequentare gli amici, di recarmi ai balli e ai ricevimenti con loro, e di fare tutte le cose esaltanti che si possono fare a Londra. Vi prometto che non vi chiederò mai di accompagnarmi da qualche parte, e non mi aspetterò da voi complimenti e regali.» «Non siate sciocca» obiettò Simon. «Un giorno potreste innamorarvi. Che cosa farete se a quel punto sarete prigioniera di un matrimonio senza amore?» «Oh, no!» esclamò Charity con indignazione. «Io non tradirei mai mio marito!» «Non ho detto che lo fareste. Ma sareste infelice, e io non voglio una moglie infelice.» «Non sarò infelice, ve lo assicuro» dichiarò lei. «Sono la donna più concreta che esista. Non ho mai perduto il cuore per nessuno, non ho mai sospirato per alcun ragazzo come so che fanno le mie coetanee. Non penso di essere fatta per amare.» «A diciotto anni non avete ancora avuto l'opportunità di constatarlo.» 19


«Oh, sì che l'ho avuta» asserì Charity con una ingenuità che indispettì Simon. «Alle feste che diamo a casa, il mio carnet di ballo è sempre completo. Ho molti ammiratori» si vantò sollevando il capo prima di scoppiare a ridere. «Ho ricevuto pure due proposte di matrimonio, anche se devo confessare che una non conta perché credo che lui me l'avesse fatta solo per trascinarmi in giardino.» «Qualcuno ha osato mancarvi di rispetto?» domandò Simon aggrottando la fronte. «No, no. Non sono stata tanto sconsiderata da uscire in giardino con lui. Vi ho già spiegato che so badare a me stessa. E il mio cuore non ha mai corso pericoli. Credetemi, non ho alcun desiderio d'innamorarmi. Ho visto quello che succede quando una coppia si sposa per amore. Ho avuto l'esempio dei miei genitori. Poi l'amore è finito. In tutta onestà, adesso non so se si vogliono ancora bene. Mamma biasima papà, dice che si rammarica di non avere sposato qualcuno più importante del figlio cadetto di un conte. A volte papà, esasperato, ribatte che anche lui si rammarica che non l'abbia fatto. È molto triste, e non vorrei che accadesse lo stesso a me. Molto tempo fa ho deciso che non mi sarei mai sposata per amore, e più di recente credo di avere scoperto che non sono fatta per la passione amorosa. Senza dubbio è poco femminile, ma...» Charity si strinse nelle spalle. «Ma è così. Quindi sono adatta al matrimonio che voi proponete, e sono sicura che sarei perfettamente felice con voi, anche perché vorrei avere dei bambini e occuparmi di loro. Se non sbaglio, avere dei figli non è forse la ragione principale per la quale volete sposarvi?» «Sì. Voglio dei figli» confermò Simon senza indugio, con gli occhi brucianti. 20


«Vedete? Non siamo tanto diversi: vogliamo le stesse cose.» «Voi siete così ingenua! Non avete la più pallida idea di che cosa sia il matrimonio» disse Simon con durezza, andandole vicino con espressione cupa. «Il matrimonio non è un bell'acquarello fatto di feste, di vestiti e di bei bambini infiocchettati.» Le prese il braccio poi continuò: «Per me il matrimonio significa questo». Simon attirò Charity contro di sé, mentre chinava il capo per impossessarsi della sua bocca.

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Un segreto tra noi MARIANGELA CAMOCARDI Regno Lombardo-Veneto, 1848 - Il mistero che aleggia sulla fine della sorella Loretta induce Emma Savoldi a presentarsi alla villa del cognato, il Visconte Alexander Lippi Monzani, per indagare con discrezione su di lui. Un turbine di scintille si sprigiona da subito tra loro, generato da un'attrazione irresistibile...

Improvvisamente CANDACE CAMP Londra, 1871 - Simon Westport decide di risposarsi, con l'intenzione però di bandire per sempre l'amore dalla sua esistenza. Sceglie una donna di buona famiglia, disposta ad accettare un matrimonio di convenienza dal quale la passione sia esclusa. Invece di Serena Emerson, la sposa prescelta, improvvisamente si propone Charity, la sorella.

L'arte della seduzione SUSAN WIGGS Stati Uniti, 1873 - Abigail Cabot, colta e intelligente, è un vero disastro nelle occasioni mondane dove, a causa della timidezza, si sente fuori posto. L'incontro con Jamie Calhoun, senatore della Virginia, dà una svolta alla sua vita. Jamie, infatti, si propone di aiutarla a far venire a galla le molte qualità che lei nasconde per renderla irresistibile.

Le regole del corteggiamento VICKY DREILING Londra, 1816 - Tristan Gatewick è a caccia di una moglie. Ricco di fascino e di denari non dovrebbe avere difficoltà nella scelta, tanto più che l'amore non è tra i requisiti richiesti. Eppure non riesce a decidersi tra le insulse debuttanti che affollano la Stagione londinese. Finché non si imbatte nelle intriganti forme di Miss Tessa Mansfield.


vi dĂ appuntamento a marzo 2014 con altri 4 imperdibili romanzi!


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