His464 rischi del cuore

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Barbara Cartland Rischi del cuore


Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Love Has His Way © 1979 Barbara Cartland Traduzione di Erica Farsetti Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony History luglio 2013 Questo volume è stato stampato nel giugno 2013 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY HISTORY ISSN 1124 - 7320 Periodico quindicinale n. 464 del 24/07/2013 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 624 dell'11/10/1996 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano


1 Londra, 1802 Il Marchese di Sarne si mosse leggermente, mandando un lamento, e pensò che il dolore alla testa fosse troppo straziante per essere reale. Solo molto tempo dopo, o almeno così gli parve, aprì gli occhi, si accorse di trovarsi in una stanza sconosciuta e li richiuse. La testa continuava a pulsare. A poco a poco iniziarono a emergere frammenti di ricordi, intervallati da momenti in cui ripiombava nell'incoscienza. Sentiva la bocca asciutta e le labbra screpolate, e aveva un bisogno talmente disperato di bere che si costrinse ad aprire gli occhi, mettendo a fuoco il muro che aveva di fronte. C'era un camino, con sopra un dipinto che non aveva mai visto prima. Dalla finestra priva di tende entrava la luce, illuminando mobili scadenti che lui non avrebbe mai messo in una delle sue case. Chiuse gli occhi per un attimo, poi li riaprì con decisione. Dove si trovava? E perché diamine si sentiva così male? Si mosse lentamente e notò che aveva un 5


pezzo di carta appoggiato sul petto. Provò a guardarlo senza piegare troppo la testa e nel farlo si accorse che indossava l'abito da sera. Cos'era successo, perché quel pezzo di carta era lì? All'improvviso gli balenò alla mente che era vestito così quando aveva cenato con Nicole de Prêt. Ma certo, ora ricordava! Era andato a prenderla al Covent Garden, fermando la carrozza all'ingresso che conduceva dietro le quinte, e quando lei era uscita dal camerino l'aveva trovata talmente affascinante da meritare l'applauso di una folla. «Siete sicura che preferite cenare a casa?» le aveva chiesto mentre si portava alle labbra la sua mano minuta, dalle dita lunghe e affusolate. Forse la prima cosa che l'aveva colpito di lei erano state proprio le mani, poiché le muoveva con molta più grazia rispetto al resto del corps de ballet. «Ovunque voi desideriate» aveva risposto Nicole con il suo inglese incerto e irresistibile. «Ma chez moi sarà tutto pronto.» Tra gli scapoli di St. James andava di moda correre dietro alle francesi che si esibivano a teatro. Per più di un anno la sua protetta era stata una ballerina spagnola e il marchese aveva pensato che Nicole de Prêt potesse essere una degna sostituta, un'ipotesi di cui intendeva discutere con lei una volta terminata la cena. Le aveva avvolto attorno alle spalle il pellicciotto, a suo parere di qualità alquanto scadente, e avevano sceso insieme la scala di ferro che conduceva all'uscita riservata al personale. Il marchese era sicuro che Nicole avrebbe ado6


rato la sua carrozza, poiché nessuno a Londra ne possedeva una più bella e con cavalli così ben addestrati. La folla radunata davanti alla porta di servizio per vedere non solo gli artisti ma anche gli accompagnatori che si erano goduti lo spettacolo dai palchi di proscenio, aveva lanciato sguardi ammirati al cocchiere in livrea e ai lacchè che avevano aperto lo sportello della carrozza. Nicole de Prêt si era sistemata sul sedile imbottito e confortevole. «Vivete in grande stile, milord» aveva detto. «Un lusso che spero vorrete condividere con me» aveva risposto il marchese. Alla luce della candela che bruciava nella lanterna d'argento, aveva colto lo sguardo intrigante che la donna gli aveva lanciato da sotto le lunghe ciglia nere. «È un invito?» «Ve lo spiegherò con più calma dopo cena» aveva risposto il marchese. La ballerina aveva sorriso e lui non aveva capito se avesse intenzione di accettare la sua protezione o se volesse tirarla un po' per le lunghe, facendo la preziosa. In entrambi i casi, il risultato sarebbe stato lo stesso. A Londra non esisteva donna che non si sarebbe gettata tra le sue braccia se lui l'avesse anche solo degnata di uno sguardo. Nei circoli del beau monde tutte lasciavano chiaramente intendere di essere interessate alla sua persona. Non appena entrava in una stanza, si ritrovava tutti gli occhi puntati addosso. Nell'ambiente teatrale era ancora più facile. 7


Come un burlone aveva detto una volta, il marchese non aveva che da scegliere il frutto più succoso dal carretto dell'ortolano. Nicole de Prêt era rimasta in silenzio; al marchese piaceva che lei non si sforzasse di sedurlo, aspettando che fosse lui a rivolgerle la parola. Aveva l'impressione che fosse di buona famiglia, più della maggior parte delle esponenti del corps de ballet, benché fosse sempre difficile comprendere l'estrazione sociale di una forestiera. «È da molto che vivete in Inghilterra?» le aveva domandato. «Sin da quando ero bambina.» Davanti allo sguardo perplesso del marchese, lei aveva aggiunto: «I miei genitori sono arrivati al tempo della Rivoluzione. Avevano perso tutto. Per questa ragione sono costretta a guadagnarmi da vivere». Era una storiella talmente comune tra le francesi che vivevano a Londra che lui non ci aveva creduto nemmeno per un istante. Dato però che la donna si aspettava il contrario, aveva emesso un suono pieno di compassione e aveva detto: «Ho notato che la pelliccia che portate non è all'altezza della vostra bellezza. Dovete permettermi di sostituirla con una di zibellino, o forse preferite l'ermellino?». «Lasciatemi un po' di tempo per riflettere, milord» aveva risposto lei, «ma siete comunque molto generoso.» «È esattamente ciò che mi propongo di essere nei vostri confronti» aveva ribattuto lui. I cavalli avevano rallentato davanti a una casa di 8


Chelsea e, mentre seguiva Nicole de Prêt fuori dalla carrozza, il marchese si era guardato intorno con fare indagatore. Con sua grande sorpresa, una volta accettato l'invito, Nicole gli aveva fatto recapitare un biglietto in cui gli proponeva di cenare a casa sua, anziché in uno dei ristoranti alla moda che il marchese era solito frequentare. Lui aveva acconsentito, a condizione che gli permettesse di occuparsi del vino. Sapeva per esperienza che le donne delle classi più basse non erano in grado riconoscere un buon vino e non aveva intenzione di rovinarsi la digestione con una bottiglia di scarsa qualità. Dunque, nel pomeriggio aveva mandato a casa di Nicole una cassa di bordeaux, una di champagne e diverse bottiglie del suo brandy migliore. «E per quanto riguarda il cibo, milord?» aveva domandato il suo segretario, Mr. Barnham. Ormai abituato a occuparsi di tali faccende, l'uomo sapeva bene che se il cibo e il vino non fossero stati all'altezza dei gusti del padrone, il marchese non si sarebbe goduto neppure il dopocena. «Sarà meglio che mandiate del pâté o dell'arrosto freddo per precauzione, nel caso non trovi niente di commestibile» aveva risposto lui. «Se è francese dovrebbe intendersene, di cucina.» «Me lo auguro, tuttavia non vorrei essere colto impreparato» aveva replicato lui. Per esperienza, Mr. Barnham sapeva di dovere mandare molto più cibo di quanto il marchese avesse ordinato, dunque si era recato di corsa dal 9


cuoco con una lunga lista di richieste. Tuttavia, quando era entrato in casa di Nicole, il marchese era stato piacevolmente sorpreso, trovandola molto più bella di quanto l'esterno lasciasse presagire. Chelsea, un quartiere dove i palazzi erano a buon mercato, era gestito da un certo numero di signorotti che vi sistemavano le proprie protette, come succedeva sin dai tempi di Carlo II. C'erano case per tutti i gusti, e quella in cui il marchese pensava di trasferire Nicole de Prêt era grande e lussuosa e, come si era dato pena di verificare di persona, aveva cucine eccellenti. Quella in cui era stato ricevuto era più piccola, ma arredata con gusto, e lui non era rimasto sorpreso quando Nicole aveva detto: «Pensavo, milord, di cenare al piano di sopra, nel mio salottino. È molto più accogliente della sala da pranzo». «Con piacere» aveva acconsentito lui. La serata era andata secondo le sue previsioni, tanto che gli era sembrato di assistere a una commedia già vista e rivista. La ballerina lo aveva preceduto su per la scala stretta ma rivestita di una bella passatoia, e lui aveva ammirato le sue forme e la grazia dei suoi movimenti. Questa donna è la perfezione!, aveva pensato. Compiaciuto, si era detto che la serata si sarebbe rivelata molto piacevole e senza dubbio sarebbe stata la prima di una lunga serie. Il salottino, provvisto di due finestre, aveva un bel mobilio, di incredibile buongusto. Non c'erano pacchiani cuscini di raso dai colori sgargianti o gli 10


oggetti portati dal teatro, di cui erano pieni gli appartamenti delle ragazze del coro. Al contrario, avrebbe potuto essere la stanza di una gentildonna, e il marchese aveva avuto un'ulteriore conferma di quanto sospettava: Nicole proveniva da una classe più elevata rispetto alle compagne di ballo. Davanti a una delle finestre vi era un tavolo e sopra di esso quattro candele che una domestica con il grembiule decorato e una cuffia bordata di pizzo era andata ad accendere. «Avete mandato molto cibo insieme al vino, milord» aveva detto Nicole, «e la cosa mi ha molto offesa.» «Non era mia intenzione» aveva risposto il marchese. «Desideravo solo evitarvi disturbi e spese eccessive.» «Ho aggiunto alcuni dei miei piatti speciali ai vostri» aveva ripreso lei, «e al termine della cena mi direte quali avete preferito. Se dovessi risultare perdente ne sarei molto delusa» aveva mormorato lanciandogli uno dei suoi sguardi incantevoli ed evasivi. «Non lo sarete mai, perlomeno non a causa mia.» Nicole aveva attraversato la stanza per raggiungere una delle bottiglie di champagne che aveva mandato il marchese, che era già stata aperta e sistemata in un cestello pieno di ghiaccio. Aveva versato due bicchieri e ne aveva portato uno al suo ospite, il quale era davanti al camino e la fissava, ammirandone ogni movimento. Lui aveva preso il calice e lo aveva sollevato. «Preferite che brindi ai vostri bellissimi occhi» 11


aveva chiesto, «o alla nostra futura felicità?» «Sembrate del tutto certo del fatto che staremo insieme.» «Ovviamente la decisione spetta a voi.» Sapeva che lei avrebbe accettato la sua proposta senza esitazione, come qualsiasi altra donna di teatro avrebbe fatto al posto suo. Aveva fama di essere un uomo fin troppo generoso. L'unico problema, come di certo le avevano già riferito, era che il suo interesse per una donna, di qualunque condizione fosse, non durava mai a lungo. Una volta aveva sentito una dama, con la quale si era trastullato per un breve periodo, dire a una amica: «Possiamo anche parlar chiaro, mia cara. Il marchese è alquanto volubile, quindi approfittate della sua compagnia finché ne avete l'occasione». Lui l'aveva trovato divertente. Sapeva che era la pura e semplice verità. Di una donna gli piaceva la conquista, e la speranza che, essendo sconosciuta, sarebbe risultata un po' diversa dalle precedenti. Tuttavia era sconsigliabile riporre troppa fiducia nell'originalità delle donne, e come aveva detto una volta un tizio da White's: «Al buio tutti i gatti sono grigi!». Allo stesso tempo, il marchese apprezzava la compagnia femminile perché lo aiutava a rilassarsi e a distrarsi dalle sue attività. Era uno sportivo, acclamato in tutti gli ippodromi, ed era il campione inglese di spada. Il Principe di Galles chiedeva il suo parere ogniqualvolta si apprestava a comprare un cavallo e i pugili che allenava si erano dimostrati talmente 12


bravi che spesso aveva difficoltà quando doveva trovare degli sfidanti. Oltre all'interesse per lo sport, il marchese era spesso richiesto alla Camera dei Lord. Era un grande oratore e quando lo si poteva convincere ad appoggiare una causa, la perorava con tale efficacia da essere divenuto il favorito del primo ministro e il nemico giurato dell'opposizione. Il resto del tempo lo dedicava alle sue proprietà. Sarne, la sua residenza nel Kent, non era solo uno dei palazzi più grandi e ammirati del paese: le feste che vi si tenevano erano talmente interessanti e allo stesso tempo esclusive che, si diceva, persino il Principe di Galles in persona avrebbe supplicato pur di ottenere un invito. Il marchese possedeva altre tenute e si assicurava che fossero sempre impeccabili sin nei minimi dettagli. «Il vostro problema, Sarne» gli aveva detto qualcuno solo la settimana prima, «è che siete troppo perfetto per essere vero e l'unica cosa che vi manca, mentre ci schiacciate sotto le ruote della vostra carrozza, è una moglie che vi faccia abbassare la cresta!» «Credete davvero che una moglie sarebbe capace di fare una cosa simile?» aveva ribattuto lui storcendo la bocca. «Le donne riescono sempre a mettere in riga i loro uomini, in un modo o nell'altro» aveva risposto l'amico. «Allora io costituirò un'eccezione» aveva decretato il marchese. «Vi assicuro che mi sceglierò la moglie con la stessa cura con cui scelgo i cavalli!» 13


«Con la fortuna sfacciata che avete» aveva replicato l'altro, «sarà senza dubbio una tale fuoriclasse che vincerà le corse di Ascot e se ne tornerà a casa con la coppa del derby di Epsom.» Il marchese era scoppiato a ridere. «È un ideale talmente irraggiungibile che farei meglio a rimanere quello che sono, vale a dire uno scapolo.» «Vorrete pure un figlio che erediti tutte le vostre ricchezze.» «Per quello non c'è fretta» aveva risposto lui. Di fatto stava evitando di sposarsi perché, dalle esperienze dei suoi amici, si era reso conto che si trattava di una condizione niente affatto invidiabile. Era stato fortunato, poiché aveva ottenuto il titolo prima dei vent'anni, per cui non aveva un padre a fargli pressioni e a combinargli il matrimonio, pratica in genere accettata come inevitabile dai giovani della sua età che aveva conosciuto a Oxford. «Perché diamine ho sposato quella megera che mi rende la vita un inferno?» gli aveva chiesto uno dei suoi più cari amici a due anni dal matrimonio. «Eri troppo giovane per avere le idee chiare» aveva risposto il marchese. «Le mie idee?» aveva detto l'altro quasi urlando. «Quelle di mio padre, semmai! Se tu avessi sentito le sue parole! È la donna perfetta per te, figliolo, perché ha un'ottima discendenza e una dote di ottomila sterline, che è esattamente quello di cui abbiamo bisogno al momento, e quando tuo suocero morirà ne arriveranno altre» aveva raccontato, imitando la voce del padre. 14


«Avresti dovuto pensare a com'era anziché a quanto aveva in banca» aveva commentato il marchese con freddezza. «Sembrava a posto» aveva replicato l'altro con un sospiro. «Solo dopo le nozze mi sono accorto di quello che avevo combinato.» Gli era sembrato talmente triste che il marchese gli aveva offerto l'unica consolazione che poteva dargli. «Vieni a stare da me a Grosvenor Square» gli aveva offerto. «Ti presenterò ad alcuni dei più bei bocconcini di tutta Londra.» «Grazie» aveva risposto l'amico. «E Sybil può urlare fino a sgolarsi, per quel che mi importa! Altrimenti impazzirò, se non mi allontano dalla sua voce odiosa!» Era solo uno dei tanti esempi che il marchese aveva a disposizione, a riprova del fatto che il matrimonio era capace di demoralizzare e di sconvolgere un uomo. Da una parte si diceva che a lui non sarebbe mai accaduto niente di simile, dall'altra era consapevole della rapidità con cui si stancava delle donne e sapeva che se ciò era inevitabile con le amanti sarebbe stato ancora peggio con una moglie. Quindi si godeva la vita da scapolo e non pensava al matrimonio, eccetto quando i ficcanaso non gli ricordavano che un giorno o l'altro avrebbe dovuto procurarsi un erede. Non negava che prima o poi ne avrebbe avuto bisogno, ma visto che ancora non aveva compiuto ventinove anni non ne vedeva l'urgenza. Mentre sorseggiava l'eccellente champagne che aveva regalato a Nicole, la governante era entrata e 15


aveva sistemato diversi piatti su un piccolo tavolino; il marchese, che era un fine intenditore di cibi e aveva al suo servizio il miglior cuoco di Londra, si era avvicinato per osservarli. L'aspetto e l'odore erano invitanti e aveva concluso che non ci sarebbe stato bisogno di ricorrere al pâté. Si era seduto al piccolo tavolo di fronte a Nicole. Mentre si godeva l'ottima cena servita dalla discreta ed esperta governante, anch'essa francese, gli era capitato di pensare che per l'ennesima volta era stato baciato dalla fortuna. Lei era adorabile alla luce delle candele; gli piacevano i suoi occhi leggermente allungati e quel viso luminoso e privo di difetti, nonostante il trucco che ne esaltava la bellezza. Avevano parlato del teatro e lei l'aveva fatto ridere raccontandogli delle scenate delle primedonne e delle stramberie dei direttori. «È da molto che lavorate in teatro?» aveva chiesto lui. «Da tre anni, milord.» «E allora perché non vi ho mai vista?» «È la prima volta che vado in scena al Covent Garden.» Il marchese sapeva che la paga non le avrebbe mai consentito di vivere in una casa tanto confortevole e lussuosa, e si era chiesto se fosse necessario domandarle chi era il suo protettore, che tra l'altro gli stava offrendo quell'ottima cena. Mentre bevevano il bordeaux, talmente buono che il marchese ne aveva mandata una cassa al Principe di Galles in persona, Nicole aveva com16


mentato: «Il vino è delizioso, milord». «Sono felice che vi piaccia» aveva risposto lui. «Io lo trovo eccellente. Me lo sono fatto mandare dalla Francia appena due mesi fa.» La giovane era parsa interessata. «È piuttosto insolito trovare una donna che si intenda di vini» aveva osservato lui. «Dev'essere il vostro sangue francese, o forse qualcuno ve lo ha insegnato?» Era una domanda cruciale e la risposta di Nicole gli era parsa alquanto evasiva: «Mi hanno detto che a casa vostra si trova solo il meglio, milord». «Suppongo sia così» aveva convenuto lui, «ma non avete risposto alla mia domanda.» «Mio padre mi ha insegnato molte cose sui vini e ha sempre insistito affinché conoscessi anche i cibi, quelli francesi, ovviamente, una cosa che reputava molto importante.» Il marchese era interessato. «Vostro padre è vivo?» «Sì, milord.» «E dove vive?» «A Little Hamble. Non l'avrete mai sentito nominare, ma è un paesino del Northumberland.» Nicole gli era parsa impaziente di porre fine alla conversazione e il pretesto si era presentato subito, giacché la governante aveva iniziato a togliere gli ultimi piatti e aveva posato sul tavolo un vassoio d'argento con il caffè. Poi aveva riempito il bicchiere del marchese di bordeaux, del quale aveva stappato un'altra bottiglia, e gli aveva messo davanti una bottiglia di cristallo piena di brandy. Da quelle manovre lui aveva capito che la domestica si apprestava a congedarsi e che di lì a 17


poco sarebbero stati finalmente soli. Aveva preso il bicchiere e l'aveva sollevato. «A un'ospite perfetta!» aveva esclamato. «E a questa cena, senza dubbio la prima di una lunga serie.» «Ne siete certo, milord?» «Naturalmente» aveva risposto lui. «In caso abbiate qualche dubbio, sono pronto a convincervi del contrario.» La sua voce aveva un tono profondo che le donne trovavano irresistibile, e quando aveva incrociato lo sguardo di Nicole alla luce delle candele, aveva pensato che era moltissimo tempo che non aveva di fronte una donna tanto desiderabile. Gli piaceva che durante la cena non si fosse sforzata di civettare con lui o di sedurlo. Parlava come una nobildonna, mangiava con garbo e non avrebbe sfigurato neppure a Carlton House. Gli piaceva anche il modo in cui aveva cercato di sfuggire alle sue domande. Nasconde qualcosa a proposito dei genitori, aveva pensato, ma anche se mi avesse raccontato qualche bugia, l'ha fatto in modo talmente intelligente e affascinante che più che rendermi scettico mi ha intrigato. Tutto sommato, si era detto, quella nuova relazione si sarebbe dimostrata molto piacevole, e aveva allontanato leggermente la sedia dal tavolo, incrociando le gambe con aria solenne. Non erano solo le sue ricchezze a spingere le donne a corrergli dietro come se fosse il pifferaio magico; era la sua bellezza e forse l'espressione ribelle dei suoi occhi da bucaniere, la quale diceva 18


che non avrebbe esitato a prendere qualunque cosa avesse voluto. Uno dei suoi antenati era stato proprio un pirata e lui ricordava che quando da bambino faceva il discolo, una delle istitutrici era solita rimproverarlo: «È inutile che vi comportiate da pirata, con me! Fate come dico, oppure lo riferirò a vostro padre!». Gli ci era voluto del tempo prima di capire che un pirata si appropriava con la forza di ciò che non poteva ottenere con mezzi legali, e si era spesso chiesto se anche lui, nel caso in cui non fosse stato tanto fortunato da poter acquistare qualsiasi cosa desiderasse, avrebbe fatto lo stesso. Per il momento si accontentava di prendere le donne, che fossero le mogli di mariti gelosi o sotto la protezione di qualche altro uomo. Non si faceva alcuno scrupolo e, sebbene in molti sognassero di sfidarlo a duello, nessuno, per quanto abile con la spada o con la pistola, si azzardava a farlo, essendo consapevole della superiorità del marchese con entrambe le armi. «Raccontatemi di voi» l'aveva esortata. «Non sono tanto ingenuo da credere che prima di me non si siano fatti avanti altri ammiratori.» Nicole gli aveva rivolto un sorriso enigmatico. «Non riesco a credere che vogliate udire la storia della mia vita, a questo punto della serata.» «Perché no?» aveva chiesto lui. «Mi sembra il momento giusto. Quando avrete finito il vino, desidero che proviate il mio eccellente brandy. Dopo, preferiremo stare un po' più vicini di quanto non siamo adesso.» Aveva sollevato il bicchiere di bordeaux, ancora intatto. 19


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