NORA ROBERTS
CUPCAKES A COLAZIONE traduzione di Marina Boagno
ISBN 978-88-6183-413-2 Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: TABLE FOR TWO Summer Desserts Lessons Learned Silhouette Books © 2002 Harlequin Books S.A. © 1985 Nora Roberts © 1986 Nora Roberts Traduzione di Marina Boagno Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Romance agosto 2007 Questa edizione HM novembre 2013
Dolci incontri
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Il suo nome era Summer. Era un nome che evocava fiori dai colori accesi, temporali improvvisi, lunghe notti afose, e immagini di prati soleggiati e pennichelle all'ombra. Le si adattava. Mentre era lĂ , in piedi, con le mani pronte, il corpo teso, gli occhi attenti, non si sentiva un fiato nella stanza. Nessuno, assolutamente nessuno, staccava gli occhi da lei. Si muoveva adagio, ma non c'era una sola persona che volesse rischiare di perdersi un gesto, un movimento. Tutta l'attenzione, tutta la concentrazione erano fisse su quella snella, isolata figura, mentre gli accordi di Chopin fluttuavano romanticamente nell'aria. La luce scintillava sui capelli di un ricco, caldo castano a riflessi dorati, accuratamente raccolti. Due piccoli smeraldi ammiccavano ai lobi delle orecchie. Il viso era lievemente arrossato, e quel tocco roseo metteva in risalto gli zigomi marcati e l'elegante struttura ossea. La tensione e l'intensa concentrazione accentuavano le pagliuzze d'ambra che punteggiavano il nocciola degli occhi. Le labbra erano morbide e piene. Era interamente vestita di bianco, un bianco semplice e senza alcun ornamento, ma attirava irresistibilmente l'occhio, come una farfalla in volo. Non avrebbe parlato, eppure tutti, nella stanza, tendevano l'orecchio per cogliere il minimo suono. La stanza era calda, i profumi forti, l'atmosfera tesa per l'emozione. 9
Summer sarebbe potuta essere sola, per l'attenzione che prestava a quanti la circondavano. C'era solo una meta, un fine. La perfezione. Non si sarebbe mai accontentata di meno. Le ore che aveva già passato preparando e cuocendo in forno l'enorme, elaborato dessert erano dimenticate, e così pure il caldo, i crampi alle gambe, le braccia doloranti. Il tocco finale, l'aspetto esteriore di una creazione di Summer Lyndon erano della massima importanza. Il dolce avrebbe avuto un gusto perfetto, un profumo perfetto, si sarebbe perfino tagliato in modo perfetto. Ma se non aveva un aspetto perfetto, niente di tutto questo aveva importanza. Con la cura di un artista che completa un capolavoro, Summer prese il pennello per dare alla frutta e alle mandorle un leggero, delicato rivestimento di gelatina di albicocca. Ancora, nessuno fiatò. Senza chiedere alcun aiuto, in verità non lo avrebbe tollerato, Summer cominciò a riempire il centro del savarin con la ricca crema la cui ricetta custodiva gelosamente. Mani ferme, testa eretta, fece un passo indietro per studiare un'ultima volta con occhio critico la sua creazione. Era il test definitivo, poiché il suo occhio era più acuto di quello di chiunque altro, quando si trattava di giudicare il suo lavoro. Incrociò le braccia sul petto. Il viso era privo di espressione. Nell'enorme cucina, la caduta di uno spillo avrebbe prodotto l'effetto di un colpo di pistola. Lentamente, le labbra di Summer si incurvarono, gli occhi presero a scintillare. Perfetto. Sollevò un braccio in un gesto piuttosto drammatico. «Portatelo via» ordinò. Mentre due assistenti spingevano fuori della cucina il carrello con il dolce luccicante, scoppiò l'applauso. Summer l'accettò come dovuto. La modestia non si ad10
diceva al suo savarin. Era, a dire poco, magnifico. E la magnificenza era ciò che il duca italiano aveva voluto per la festa di fidanzamento della figlia, e la magnificenza era ciò per cui aveva pagato. Summer aveva semplicemente fatto il proprio lavoro. «Mademoiselle.» Foulfont, il francese la cui specialità erano i frutti di mare, prese Summer per le spalle. Aveva gli occhi umidi per l'emozione. «Incroyable.» La baciò entusiasticamente su entrambe le guance. Summer sorrise, per la prima volta da ore. «Merci.» Qualcuno aveva aperto una bottiglia di vino per festeggiare. Summer prese due bicchieri e ne porse uno allo chef francese. «Alla prossima volta che lavoreremo insieme, mon ami.» Bevve il vino, si tolse il cappello da cuoco e uscì rapidamente dalla cucina. Nell'enorme sala da pranzo dai pavimenti di marmo, il suo savarin veniva servito e ammirato. Il suo ultimo pensiero, prima di andarsene, fu: Grazie al cielo, è qualcun altro che deve pulire. Due ore dopo era a piedi nudi e occhi chiusi, con un raccapricciante libro giallo aperto in grembo, mentre il suo aereo volava sopra l'Atlantico. Andava a casa. Aveva passato quasi tre interi giorni a Milano al solo scopo di creare quell'unico piatto. Non era un'esperienza insolita per lei. Summer aveva preparato charlotte Malakof a Madrid, crêpes fourées ad Atene e île flottante a Istanbul. In cambio delle spese e di un compenso sbalorditivo, lei creava dessert che sarebbero rimasti a lungo nella memoria dopo che l'ultimo boccone, goccia o briciola erano stati consumati. Si considerava una specialista, non diversa da un abile chirurgo. In effetti, aveva studiato tanto a lungo quanto molti rispettati membri della professione medica. Cinque anni dopo avere conseguito i severissimi requisiti per essere uno chef cordon bleu a Parigi, la città dove la cucina 11
era un'arte, Summer godeva fama di avere un carattere volubile come ogni artista, la mente di un computer quando si trattava di ricordare una ricetta e le mani di un angelo. Sonnecchiò sul suo sedile di prima classe, lottando contro una prepotente voglia di pizza ai peperoni. Sapeva che il tempo del volo sarebbe passato più in fretta se fosse riuscita a leggere o a dormire. Decise di fare per prima cosa un sonnellino. Era una donna che dava al sonno quasi lo stesso valore che attribuiva alla sua ricetta per la mousse al cioccolato. Al ritorno a Filadelfia, le sue giornate sarebbero state frenetiche, come minimo. C'era la bombe da preparare per il banchetto di beneficenza del governatore, l'incontro annuale della Gourmet Society, la dimostrazione che aveva accettato di fare per la televisione... e quell'appuntamento, ricordò, insonnolita. Che cosa aveva detto quella voce femminile al telefono? Drake... no, Blake Cochran. Blake Cochran III, della catena di alberghi Cochran. Eccellenti alberghi, pensò Summer, senza un vero interesse. Aveva alloggiato in molti di essi, in vari angoli del mondo. Il signor Cochran III aveva una proposta di affari per lei. Summer immaginava che intendesse chiederle di creare qualche dessert speciale in esclusiva per la sua catena di alberghi, qualcosa a cui legare il nome Cochran. Non era contraria, nelle giuste circostanze. Naturalmente avrebbe dovuto fare accurate indagini sulla catena Cochran prima di accettare di impegnare la propria abilità e il proprio nome. Se uno qualunque dei loro alberghi era di qualità inferiore... Con uno sbadiglio, decise che ci avrebbe pensato più tardi, dopo avere incontrato Cochran III di persona. Blake Cochran III, pensò, con un sorriso divertito. Grassoccio, calvo, probabilmente dispeptico. Scarpe italiane, orologio 12
svizzero, camicia francese, macchina tedesca, e senza dubbio si considerava assolutamente americano. Annoiata da quell'immagine, sbadigliò di nuovo, abbassò il sedile e cercò di dormire. Blake Cochran III, sul lussuoso sedile posteriore della limousine grigio scuro, esaminava meticolosamente il rapporto sul nuovo Cochran House in costruzione a Saint Croix. Era un uomo capace di raccogliere una confusa moltitudine di dettagli sparsi e disporli in perfetto, sistematico ordine. Il caos era semplicemente una forma di ordine che aspettava di essere sgrovigliato con la logica. E Blake era un uomo molto logico. Il Punto A conduceva invariabilmente al Punto B, e di là al Punto C. Per quanto confuso fosse il labirinto, con la pazienza e la razionalità si poteva trovare l'uscita. Per via di quel suo particolare talento, Blake, a trentacinque anni, aveva il controllo quasi totale dell'impero Cochran. Aveva ereditato la sua ricchezza, e quindi ci pensava raramente. Ma si era guadagnato la sua posizione, e ne conosceva il valore. La qualità era una tradizione dei Cochran. Nient'altro che il meglio voleva per ogni Cochran House, dalle lenzuola al cemento per le fondamenta. Il suo rapporto su Summer Lyndon diceva che era la migliore. Mettendo da parte il progetto Saint Croix, Blake estrasse un'altra cartella dalla borsa portadocumenti ai suoi piedi. Summer Lyndon. Ventotto anni, laureata alla Sorbona, diplomata chef cordon bleu. Padre, Rothschild Lyndon, rispettato membro del Parlamento britannico. Madre, Monique Dubois Lyndon, star del cinema francese. Genitori divorziati amichevolmente da ventitré anni. Summer Lyndon aveva passato i suoi anni formativi fra Londra e Parigi, prima che sua madre sposasse un ricco industriale 13
americano di Filadelfia e si trasferisse là. Poi Summer era tornata a Parigi per completare la sua istruzione e al momento aveva casa sia là sia a Filadelfia. Sua madre si era sposata una terza volta, con un barone della carta stampata, e il padre era separato dalla seconda moglie, avvocato di successo. Tutte le ricerche di Blake avevano dato il medesimo risultato. Summer Lyndon era il migliore chef specializzato in dessert, dotata di grande creatività e capace di improvvisare in una crisi. Per il resto, era ritenuta dittatoriale, di carattere infiammabile e brutalmente franca. Quelle caratteristiche, tuttavia, non le avevano alienato la fiducia di capi di stato, aristocratici e celebrità. Poteva anche esigere di ascoltare Chopin mentre cucinava, o rifiutarsi di lavorare se l'illuminazione non era di suo gradimento, ma la sua mousse bastava da sola a piegare l'uomo più forte ai suoi minimi desideri. Blake non era uomo da piegarsi con molta facilità, ma voleva Summer Lyndon per Cochran House. Non dubitava di poterla persuadere ad accettare esattamente quello che intendeva chiederle. Una donna formidabile, immaginava. Tanto meglio. Non aveva pazienza con le volontà deboli o i cervelli fiacchi, in particolare nelle persone che lavoravano per lui. Non molte donne avevano raggiunto la posizione o la reputazione di Summer Lyndon. Tradizionalmente, le donne erano cuoche, ma gli uomini erano chef. La immaginava grassoccia, a forza di assaggiare le sue creazioni. Mani forti, pensò pigramente. La carnagione, probabilmente, era un po' pallida per via di tutte quelle ore chiusa nelle cucine. Una donna senza grilli per la testa, ne era certo. Organizzata, logica e colta, forse non molto sofisticata, visto che si occupava più di cucina che di moda. Immaginava anche che si sarebbero intesi benissimo. 14
Con un'occhiata all'orologio, notò con soddisfazione la propria puntualità all'appuntamento. La limousine si fermò accanto al marciapiede. «Non mi ci vorrà più di un'ora» disse Blake all'autista, scendendo. «Sì, signore.» L'uomo controllò l'orologio. Quando il signor Cochran diceva un'ora, ci si poteva contare. Blake lanciò un'occhiata al quarto piano prima di entrare nel vecchio palazzo ben tenuto. Le finestre erano aperte, notò. Lasciavano entrare la tiepida aria primaverile, e uscire la musica, una melodia che non riuscì a distinguere a causa dei rumori del traffico. L'unico ascensore, scoprì Blake, era guasto. Salì a piedi al quarto piano. Bussò, e la porta fu aperta da una donna piccola, con un viso stupefacente, vestita in maglietta e jeans. La cameriera che stava uscendo per il suo giorno libero?, si chiese Blake distrattamente. Non sembrava abbastanza robusta per lavare un pavimento. E, se stava uscendo, usciva senza scarpe. Dopo una breve occhiata complessiva, il suo sguardo fu di nuovo attratto irresistibilmente dal viso. Classico, senza trucco e innegabilmente sensuale. Solo la bocca poteva far rimescolare il sangue a un uomo. Blake ignorò quella che considerò un'attrazione sessuale automatica. «Blake Cochran. Ho un appuntamento con la signorina Lyndon.» Il sopracciglio sinistro di Summer si sollevò. Un segno di sorpresa. Poi le sue labbra si incurvarono leggermente. Un segno di piacere. Grassoccio non lo era, osservò. Snello e sodo. Le sue preferenze dovevano andare a squash, tennis, nuoto. Calvo, neppure. I capelli erano neri, folti e ondulati, e aggiungevano attrattiva a un viso freddo, ma sensuale. Zigomi alti, mento deciso, appena segnato da una fossetta. 15
Sopracciglia nere sopra occhi azzurro chiaro. Bocca un po' grande, ma ben formata. Il naso era molto diritto, il tipo di naso che Summer aveva sempre ritenuto fatto per guardare la gente dall'alto in basso, lungo la sua linea. Forse aveva avuto ragione sull'esteriorità... scarpe italiane e via dicendo... ma, ammise, sull'uomo in sé si era sbagliata di grosso. L'esame non le richiese molto tempo, tre, forse quattro secondi. Ma la sua bocca si incurvò di più. Blake non poteva distoglierne gli occhi. Era una bocca che un uomo, se era vivo, voleva assaporare. «Prego, si accomodi, signor Cochran.» Summer si fece da parte, spalancando la porta. «È stato molto gentile ad accettare di incontrarci qui. Si sieda, prego. Mi scusi per qualche minuto, sto completando qualcosa in cucina.» Sorrise e sparì. Blake aprì la bocca, non era abituato a essere trattato con noncuranza dai domestici, poi la richiuse. Aveva abbastanza tempo da potersi concedere di essere tollerante. Posando la borsa portadocumenti, si guardò attorno nella stanza. C'erano lampade frangiate, un divano di velluto blu, un tavolo di ciliegio intagliato in modo elaborato. Due tappeti Aubusson in toni spenti di blu e grigio. Un vaso Ming. Potpourri in quella che era senza dubbio una porcellana di Dresda. La stanza non aveva alcun ordine: era un misto di periodi e stili che non sarebbero dovuti andare d'accordo, ma era immediatamente accattivante. Vide che un tavolo a piedistallo all'estremità opposta della stanza era coperto di pagine scritte a macchina e appunti manoscritti. I rumori della strada entravano dalla finestra. Chopin fluttuava dallo stereo. Mentre si guardava attorno, fu improvvisamente certo che non c'era nessun altro in casa, tranne lui e la donna che gli aveva aperto la porta. Summer Lyndon? Affascina16
to dall'idea, e dall'aroma che si diffondeva dalla cucina, Blake attraversò la stanza. Sei conchiglie di pasta appena dorate erano disposte su una griglia. A una a una, Summer le riempì con una ricca crema bianca. Il suo viso esprimeva la concentrazione, la serietà e l'intensità che Blake avrebbe associato a un neurochirurgo. Avrebbe dovuto esserne divertito. Eppure, in qualche modo, era affascinato dalle note di Chopin che riempivano la cucina e dalle dita sottili che disponevano i cumuli di crema. Lei intinse una forchetta in un pentolino e fece sgocciolare sulla crema quello che sembrava caramello caldo. Blake dubitò che fosse umanamente possibile non sentire l'acquolina in bocca. A una a una, Summer prese le conchiglie e le mise su un vassoio ricoperto da un pizzo di carta. Quando l'ultima fu sistemata, alzò gli occhi. «Gradirebbe un caffè?» Sorrise, e il solco di concentrazione sulla fronte sparì. Blake guardò il dessert e si chiese com'era possibile che quella donna avesse la vita così sottile. «Sì, grazie.» «È bollente» disse lei, prendendo il vassoio. «Si serva. Io devo portare queste alla mia vicina.» Gli passò accanto, e sulla soglia si voltò. «Oh, ci sono dei biscotti nel contenitore, se le fanno piacere. Torno subito.» In un attimo era sparita, e i dolci con lei. Con una scrollata di spalle, Blake tornò a guardarsi attorno nella cucina, che era un vero caos. Summer Lyndon poteva essere un grande chef, ma evidentemente non era una cuoca ordinata. Tuttavia, se l'aspetto e il profumo delle conchiglie erano un'indicazione... Frugò negli armadietti alla ricerca di una tazza, poi cedette alla tentazione e passò un dito lungo il bordo della ciotola della crema. Assaggiò e sospirò, a occhi chiusi. Ricca, densa e molto francese. Aveva mangiato nei ristoranti più esclusivi, in alcune 17
delle più ricche case private, in dozzine di paesi in tutto il mondo. Onestamente, non poteva dire di non avere mai gustato niente di migliore di quello che stava rubacchiando nella cucina di quella donna. Ma decidendo di specializzarsi in dessert, Summer Lyndon aveva scelto bene, concluse. Per un momento rimpianse che avesse portato quelle deliziose conchiglie a qualcun altro. Quando riprese la sua ricerca di una tazza, scorse una biscottiera di ceramica a forma di panda. Normalmente non se ne sarebbe interessato. Non era particolarmente goloso. Ma aveva ancora sulla lingua il sapore della crema. Che specie di biscotti preparava una donna che creava il meglio della haute cuisine? Blake sollevò la parte superiore della testa del panda, prese un biscotto e lo fissò con stupore. Nessun americano poteva sbagliarsi su quel biscotto. Un classico? Rifletté. Una tradizione? Ringo. Blake continuò a fissare il doppio biscotto al cioccolato farcito di crema bianca. Lo rivoltò. La marca era inconfondibilmente stampata su entrambi i lati. Un biscotto del genere in casa di una donna che infornava, montava e glassava per le famiglie reali? Scoppiò a ridere, rimettendo il biscotto nel panda. Nella sua carriera aveva avuto a che fare con ogni specie di eccentrici: designer, artisti, architetti, decoratori, chef, musicisti, rappresentanti sindacali. Blake riteneva di conoscere la gente. Non avrebbe impiegato molto a capire Summer Lyndon. Lei rientrò in cucina giusto mentre lui si stava finalmente versando il caffè. «Scusi se l'ho fatta aspettare, signor Cochran. So di essere stata scortese.» Sorrise, come se non dubitasse di essere perdonata, e si versò a propria volta un caffè. «Dovevo finire quei dolci per la mia vicina. Darà un piccolo tè di fidanzamento nel pomeriggio... con i futuri suoceri.» Bev18
ve un sorso di caffè nero e aprì la testa del panda. «Vuole un biscotto?» «No, ma lei faccia pure, la prego.» Prendendolo in parola, Summer ne tirò fuori uno e lo addentò. «Sa» disse, pensierosa, «questi sono eccellenti, nel loro genere.» Accennò alla mano in cui teneva ancora mezzo biscotto. «Vogliamo sederci e discutere la sua proposta?» Non perdeva tempo, rifletté lui con approvazione. Forse aveva visto giusto, almeno sul suo carattere pratico. Annuendo, la seguì. Lui aveva successo nella sua professione non perché era un Cochran della terza generazione, ma perché aveva una mente pronta e analitica. I problemi venivano sistematicamente risolti. Al momento, doveva solo decidere l'approccio a una donna come Summer Lyndon. Aveva un viso che non avrebbe sfigurato all'ombra di un albero al Bois de Boulogne. Molto francese, molto elegante. La sua voce denunciava inconfondibilmente l'educazione europea, un tocco di Francia, ma con la disciplina britannica. Gli orecchini erano due piccoli smeraldi, rotondi e perfetti. E poi, c'era un buco piuttosto grande nella manica della sua maglietta. Summer si sedette sul divano, ripiegando le gambe sotto di sé, e Blake colse il richiamo del suo profumo, un tocco di caramello, ma sotto c'era qualcosa di inconfondibilmente francese e francamente sensuale. Che approccio usare con quella donna?, rifletté. Fascino, adulazione o cifre? Era considerata una perfezionista e, occasionalmente, un peperino. Si era rifiutata di cucinare per un importante politico perché non aveva voluto farle portare la sua personale attrezzatura da cucina nel proprio paese. Aveva fatto pagare a una celebrità di Hollywood una piccola fortuna per creare una stravagante torta nuziale a venti piani. E aveva appena preparato e 19
consegnato con le sue mani un vassoio di dolci per il tè della vicina di casa. Blake avrebbe preferito capirla meglio prima di fare la sua offerta. «Conosco sua madre» cominciò, disinvolto. «Davvero?» Lui colse un misto di divertimento e di affetto nella parola. «Non ne sono sorpresa. Mia madre ha sempre preferito alloggiare in un Cochran House quando viaggiavamo. Credo di avere cenato con suo nonno quando avevo sei o sette anni.» Bevve un sorso di caffè. «Piccolo, il mondo.» Buon Dio, è attraente, stava pensando, mentre studiava nuovamente la faccia e la figura di Blake. Il potere gli si adattava. Era qualcosa che lei riconosceva, in se stessa e negli altri. Rispettava una persona che sapeva ottenere ciò che voleva, e giudicava che Blake fosse del tutto determinato a raggiungere i suoi scopi. Rispettava se stessa per la medesima ragione. Attraente, pensò di nuovo. Ma sentiva che un uomo come Blake lo sarebbe stato in ogni caso, indipendentemente dal suo aspetto. Sua madre lo avrebbe definito séduisant, e avrebbe avuto ragione. Summer avrebbe scelto il termine pericoloso. Una combinazione difficile a cui resistere. Si spostò leggermente, forse senza rendersene conto, per allontanarsi un po' da lui. Gli affari, dopotutto, erano affari. «Quindi, conosce gli standard di un Cochran House» cominciò Blake. Tutto a un tratto, desiderò che il suo profumo non fosse così seducente e la sua bocca così tentatrice. Non voleva mescolare gli affari con l'attrazione, per quanto piacevole. «Naturalmente. Vi alloggio sempre anch'io» replicò Summer con un sorriso. «Mi è stato detto che i suoi standard di qualità sono altrettanto alti.» 20
Stavolta nel sorriso di Summer c'era una traccia di arroganza. «Sono la migliore in ciò che faccio perché non ho alcuna intenzione che sia altrimenti.» La prima chiave per capirla, decise Blake con soddisfazione. La vanità professionale. «Così dicono i miei informatori, signorina Lyndon. A me interessa soltanto il meglio del meglio.» «E così...» Summer piegò un gomito sulla spalliera del divano e appoggiò la testa sulla mano. «... In che modo le interesso, esattamente, signor Cochran?» Diverse risposte si affollarono alla mente di Blake, nessuna della quali aveva a che fare con lo scopo della sua visita. Poi si impose serietà. «I ristoranti dei Cochran House sono rinomati per la loro qualità e il loro servizio. Comunque, ultimamente, il ristorante del nostro complesso di Filadelfia sembra mancare un po' di entrambi. Francamente, è mia opinione che la cucina sia diventata troppo... noiosa. Ho in mente qualche modifica, sia nella struttura esteriore sia nel personale.» «Buona idea. I ristoranti, come le persone, spesso tendono ad adagiarsi.» «Per dirigere le cucine, voglio il migliore chef disponibile.» Guardò Summer negli occhi. «Le mie ricerche dicono che è lei.» Summer sollevò un sopracciglio, non con sorpresa stavolta, ma riflettendo. «È lusinghiero, ma io sono una libera professionista, signor Cochran. E sono specializzata in dessert.» «Specializzata, certo. Ma ha esperienza e competenza in tutti i campi della haute cuisine. Quanto alla libera professione, sarà ancora in grado di esercitarla ampiamente, almeno dopo i primi mesi. Dovrà reperire il suo personale e creare il menu.» Lei aveva di nuovo la fronte corrugata. Era concentrazione, non irritazione. L'offerta era allettante, molto allet21
tante. Forse era solo la stanchezza del viaggio di ritorno dall'Italia, ma cominciava a essere stanca, o annoiata?, della continua necessità di volare in un paese lontano per cucinare un unico piatto. Sembrava che Blake l'avesse colta nel momento giusto. Sarebbe stato un lavoro interessante, se davvero avesse avuto carta bianca, rinnovare la cucina e il menu di un vecchio, rinomato e rispettato albergo. Avrebbe richiesto forse sei mesi di intenso lavoro, e poi... Era e poi che la faceva ancora esitare. Se dedicava tanto tempo e tanti sforzi a un lavoro a tempo pieno, avrebbe conservato il suo gusto per lo spettacolare? Quello era un particolare da prendere in seria considerazione. Era sempre stata decisamente contraria a impegnarsi con un solo ristorante, una diffidenza verso gli impegni permanenti che investiva tutti gli aspetti della sua vita. Se ci si legava a qualcosa, o a qualcuno, ci si esponeva a ogni sorta di complicazioni. Inoltre, rifletté Summer, se avesse voluto legarsi a un ristorante, poteva aprirne uno suo. Non lo aveva ancora fatto perché l'avrebbe vincolata per troppo tempo a un unico luogo, a un solo progetto. Preferiva viaggiare, creare un superbo piatto alla volta, e poi andare avanti. Il prossimo paese, il prossimo piatto. Quello era il suo stile. Perché avrebbe dovuto cambiarlo? «Un'offerta molto allettante, signor Cochran...» «E reciprocamente vantaggiosa» la interruppe lui, intuendo l'inizio di un rifiuto. Con deliberata disinvoltura, buttò là uno stipendio annuale a sei cifre che lasciò Summer momentaneamente senza parole, e non era facile riuscirci. «E generosa» commentò lei, quando ritrovò la voce. «Non si può ottenere il meglio se non si è disposti a pagarlo. Vorrei che riflettesse su questo, signorina Lyndon.» Blake tirò fuori dei fogli dalla borsa che aveva accanto «È una bozza di contratto. Potrebbe farle piacere sottoporla 22
al suo legale di fiducia. E, naturalmente, ogni punto può essere negoziato.» Lei non voleva guardare quel dannato contratto, perché sentiva che Blake la stava stringendo all'angolo, un angolo molto lussuoso. «Signor Cochran, apprezzo il suo interessamento, ma...» «Dopo che ci avrà riflettuto, vorrei discuterne di nuovo, magari a cena. Diciamo, venerdì?» Gli occhi di Summer si strinsero. Quell'uomo era un rullo compressore. Un rullo compressore molto abile e molto attraente. Ma, per quanto elegante fosse il macchinario, era pur sempre capace di appiattirti, se ti mettevi sulla sua strada. «Mi dispiace, venerdì sera lavoro» disse con sussiego. «La cena di beneficenza del governatore.» «Ah, sì.» Lui sorrise, anche se il suo stomaco si era contratto. Aveva avuto un'improvvisa e completamente incontrollata visione di loro due che facevano l'amore sul terreno di qualche umida, ombrosa foresta. Questo bastò a renderlo ancora più deciso a insistere. «Posso passare a prenderla là. Ceneremo più tardi.» «Signor Cochran» cominciò Summer, gelida, «dovrà imparare ad accettare un no come risposta.» Puoi scordartelo, pensò lui, cupo, tuttavia le indirizzò un sorriso seducente. «Le chiedo scusa, signorina Lyndon, se ho avuto l'aria di farle delle pressioni. Lei era la mia prima scelta, vede, e io tendo a seguire il mio istinto. Comunque...» Si alzò, e il nodo di tensione e di collera nello stomaco di Summer cominciò piano piano ad allentarsi. «Se è proprio decisa...» Prese il contratto e fece per rimetterlo nella borsa. «Forse può darmi la sua opinione su Louis LaPointe.» «LaPointe?» Il tono di Summer era puro veleno. Si alzò lentamente dal divano, rigida. «Ma... Chiede a me di LaPointe?» 23
Nella collera, l'accento francese diventava più pronunciato. «Apprezzerò qualunque cosa possa dirmi» continuò Blake amabilmente, ben sapendo che aveva segnato il suo primo punto contro di lei. «Considerando che siete colleghi e...» Gettando indietro la testa, Summer disse qualcosa di breve, scortese e accurato nella lingua di sua madre. Le pagliuzze d'oro nei suoi occhi scintillavano. Sherlock Holmes aveva il professor Moriarty. Superman aveva Lex Luthor. Summer Lyndon aveva Louis LaPointe. «Viscido maiale» sibilò, tornando all'inglese. «Ha il cervello di una nocciolina e le mani di un boscaiolo. Vuole sapere qualcosa di LaPointe?» Afferrò una sigaretta dalla scatola sul tavolo e l'accese, cosa che faceva solo quando era estremamente agitata. «È uno zoticone. Che altro c'è da sapere?» «Secondo le mie informazioni, è uno dei cinque migliori chef di Parigi» affermò Blake, poiché un buon punto di pressione era un'arma inestimabile. «Si dice che il suo canard en croute sia insuperabile.» «Suola da scarpe» ringhiò Summer, e Blake dovette controllare ogni muscolo facciale per non sogghignare. Vanità professionale, pensò di nuovo. Poi, mentre lei respirava a fondo, dovette controllare ogni altro muscolo per tenere a bada una violenta ondata di desiderio. Sensualità... forse Summer Lydon ne aveva anche troppa. «Perché mi chiede di LaPointe?» «Devo andare a Parigi la settimana prossima per incontrarlo. Visto che lei rifiuta la mia offerta...» «Offriràquesto...» Summer additò il contratto che Blake teneva ancora in mano. «... a lui?» «Ammetto che è la mia seconda scelta, ma nel consiglio 24
di amministrazione c'è chi ritiene che LaPointe sia il più qualificato per quella posizione.» «Ah, davvero?» Gli occhi di Summer erano due fessure, dietro uno schermo di fumo. Prese il contratto dalle mani di Blake e lo posò sul tavolino. «I membri del suo consiglio di amministrazione sono così ignoranti?» «Forse sono in errore» concesse lui. «Questo è certo.» Summer aspirò una boccata dalla sigaretta. «Può venire a prendermi alle nove precise nella cucina del governatore, signor Cochran. Discuteremo di nuovo della cosa.» «Con piacere, signorina Lyndon.» Blake mantenne un'espressione accuratamente neutra fino a quando la porta di casa non gli si fu richiusa alle spalle. Poi rise per quattro rampe di scale.
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