LUCY MONROE
Le dune del desiderio
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: HOT DESERT NIGHTS Mistress to a Sheikh Harlequin Anthology © 2007 Harlequin Enterprises S.A. © 2007 Lucy Monroe Traduzione di Giovanna Cavalli Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A.. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved. © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Pack gennaio 2014 Questo volume è stato stampato nel dicembre 2013 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd) HARMONY PACK ISSN 1122 - 5380 Periodico bimestrale n. 123A del 23/01/2014 Direttore responsabile: Stefano Blaco Registrazione Tribunale di Milano n. 239 del 15/05/1993 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - Via Trentacoste, 7 - 20134 Milano Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano
1 Jade chiuse di scatto il cellulare. «Era Therese.» Khalil alzò lo sguardo dalla rassegna stampa che leggeva attentamente ogni mattina, durante la colazione, increspando appena un angolo delle labbra sensuali. «L'avevo intuito dal tuo gridolino di gioia e da come hai trillato il suo nome quando hai risposto al telefono.» Gli intensi occhi blu, benché al momento lampeggiassero di divertimento, la infiammarono con l'intensità che sapevano sprigionare. Era sempre così con lui... Khalil aveva un modo particolare di fissare l'interlocutore, che lo faceva sentire come se fosse l'unico altro essere al mondo, a parte lui. Una dote che lo rendeva un diplomatico molto abile. Poche persone dubitavano della sua sincerità o della genuinità dell'interesse che dimostrava per loro e per le istanze del paese che rappresentavano. Anche Jade, come tutti, era stata conquistata facilmente dal suo modo di fare. All'inizio aveva pensato di essere incredibilmente speciale per Khalil. Adesso aveva capito che quell'uomo possedeva un talento straordinario nel farlo credere a chiunque. Ma non tutti potevano essere davvero speciali. E se non lo erano gli altri... forse, a conti fatti, non lo era nemmeno lei. 5
«È successo qualcosa?» le chiese ora lui, con l'espressione del viso che, in un battito di cuore, era passata dall'indulgenza ironica alla preoccupazione. Jade scosse la testa, determinata a non crogiolarsi in pensieri così deprimenti. Che diamine, lei viveva con Khalil. E questo, se non altro, la rendeva unica. E quindi in qualche modo anche speciale. Sì, certo, se ne sei convinta tu... Soffocando un sospiro, guardò fuori dal terrazzo del lussuoso appartamento da cui si riusciva a vedere tutta Atene. Il panorama era incredibile, con in primo piano i palazzi più eleganti della città e l'Acropoli in lontananza. Troppo favoloso per poterlo descrivere a parole. Jade lo adorava. Amava vivere in Grecia, e sapeva che Khalil aveva scelto di fare base ad Atene proprio per lei. Era più facile spostarsi dall'aeroporto moderno di Eleftherios Venizelos che da quello, molto più piccolo, di Zohra. Lì, inoltre, sia gli amici più stretti che i semplici conoscenti accettavano senza problemi la sua presenza nella vita di Khalil. Non come la sua famiglia. Rasserenata dalla vista incantevole, che aveva sempre un effetto calmante sulla sua anima, Jade riportò lo sguardo sull'uomo seduto di fronte a lei e sorrise. «Sì, ma si tratta di una notizia bellissima: Therese ha avuto il bambino. Anzi i bambini.» «Bambini?» chiese lui sollevando un folto sopracciglio scuro con tono beffardo, ma ancora con un filo di preoccupazione a velare il blu degli occhi. Lei ignorò il sottile sarcasmo, come ormai ignorava molti suoi atteggiamenti. Era l'unico modo per sopravvivere. «Sì. Hanno avuto tre gemelli.» «Tre gemelli?» 6
«Proprio così, non è incredibile?» «Sono sicuro che il principe Claudio sarà molto felice.» «Lo è, infatti. E pure Therese è al settimo cielo, anche se non se lo aspettava. Inoltre la primogenita è una femmina, dunque sarà lei l'erede al trono. A quanto pare quella dell'Isola dei Re è una monarchia moderna, che rispetta le pari opportunità. Non lo sapeva nemmeno Therese.» Jade rise ripensando a quanto era rimasta scioccata la sua amica. La figlia dell'ambasciatore che era diventata principessa non aveva mai preso in considerazione la possibilità che il futuro sovrano del piccolo regno sarebbe stata una sovrana. Khalil scrollò le spalle, con un movimento fluido che rivelava però la potenza del corpo imponente e muscoloso. Alto per la sua gente, aveva ereditato sia la statura che gli occhi blu dalla nonna olandese. Ma tutto il resto in lui rispettava il prototipo del moderno sceicco. I capelli nerissimi e tagliati corti, quasi a spazzola, la fossetta sul mento ben rasato, la bocca sensuale e a tratti crudele. Era vestito all'occidentale, con un gessato grigio piombo confezionato su misura a Londra, naturalmente nella più prestigiosa sartoria di Savile Row. Ai polsi della camicia bianca spiccavano due preziosi gemelli di platino e diamanti. Khalil era così bello e altero e sexy che metteva quasi soggezione. Stavano insieme da quasi due anni, eppure Jade provava ancora i brividi anche solo a guardarlo. «Non c'è niente di strano, la loro è una monarchia occidentale» aggiunse lui. Il sorriso di Jade si affievolì quando ripensò alle differenze profondissime tra i loro due mondi. Khalil 7
discendeva da una antica dinastia di sceicchi e la mentalità conservatrice della sua famiglia si adattava meglio al secolo passato che a quello attuale. Non aveva mai conosciuto i suoi genitori o i suoi fratelli perché era la sua amante, la sua convivente, non sua moglie. Dunque impresentabile. Per la famiglia di Khalil, era come se Jade non esistesse. E lui non aveva fatto nulla per cambiare questa loro percezione. Quando erano andati a vivere insieme, lei aveva insistito perché almeno facesse un tentativo. Ma Khalil le aveva ribadito di non avere scelta. Non poteva cambiare delle convinzioni radicate nei secoli, per quanto lo desiderasse. Ma era davvero così? Jade non ne era più tanto sicura. Se lei era così importante per Khalil, perché allora era ancora soltanto la sua amante e non la sua fidanzata ufficiale con un solitario di diamanti all'anulare? «Therese ci ha invitato entrambi alla cerimonia di battesimo» disse. La sua enfasi sulla parola entrambi non sfuggì a nessuno dei due. Khalil si accigliò visibilmente. Jade strinse i denti, risoluta. Non intendeva scusarsi e non lo avrebbe fatto. Pur sapendo che la sua osservazione lo aveva infastidito. E che era stata superflua. Lui poteva dare per scontato il fatto di essere stato incluso nell'invito di Therese. Lei no. Gli unici membri della famiglia di Khalil che aveva conosciuto finora – suo cugino Hakim e sua moglie Catherine – si stavano preparando anche loro a celebrare la nascita di un figlio, il terzo. Ma siccome alla festa per il lieto evento, nell'emirato di Kadar, sarebbe 8
andata anche tutta la famiglia di Khalil, Jade non avrebbe potuto partecipare. Catherine aveva cercato di rimediare invitando lei e Khalil a palazzo per una cena privata, due sere dopo, ma Jade ci era rimasta male per quella ennesima esclusione. «Sai benissimo perché non puoi presenziare ai festeggiamenti ufficiali» osservò lui, dimostrando di sapere esattamente che cosa stava pensando in quel momento. Fu lei stavolta a scrollare le spalle. Avevano affrontato quella discussione già tante volte. Abbastanza per sapere che non l'avrebbe mai spuntata. Perciò non vedeva il motivo di provocare una lite. «Riuscirai a trovare il tempo per un viaggio all'Isola dei Re tra i tuoi tanti impegni ufficiali?» «Per quando è previsto?» Jade glielo disse. Khalil consultò l'agenda elettronica sul cellulare. «Mmh... quella stessa sera ho una cena di lavoro a Washington.» Lei si alzò di scatto, prima che lui aggiungesse altro. «Come immaginavo. Richiamerò subito Therese per avvisarla che ci andrò soltanto io.» «In altre circostanze avrei chiesto a Hakim di sostituirmi, visto che ci andrò in rappresentanza sia di Zohra che di Jawhar...» «Ma non vuoi sottrarlo alle gioie della sua terza paternità...» «Catherine ha bisogno di lui.» «Lo so.» Jade si voltò e fece per allontanarsi. «Non fa niente.» «Jade.» La voce calda e profonda di Khalil risuonò alle sue spalle. 9
Lei si fermò senza nemmeno voltarsi. «Sì?» «Sei arrabbiata per qualcosa?» Il suo corpo si tese. Doveva raccontargli la verità e provare a spiegargli un'altra volta che quella situazione per lei era diventata insostenibile? Decise di tentare, anche se la speranza era schiacciata dal peso delle passate esperienze. Si girò e prese coraggio. «Quando conoscerò i tuoi genitori?» gli chiese a bruciapelo. Khalil sospirò. «Te l'ho già detto che non è possibile, al momento. I miei non potrebbero capire il fatto che viviamo insieme. Nel loro mondo ci sono due tipi di donne.» «Le puttane e le vergini.» La bella bocca di lui prese un'espressione severa. «È un modo piuttosto crudo di porre la questione.» «Ma preciso. Direi che rende esattamente il concetto» Khalil sospirò di nuovo. «Io sono molto felice di stare con te. E tu lo sei di stare con me. Il resto non conta. Mio padre e mia madre non hanno niente a che fare con questo.» «Ma loro sono parte della tua vita... una parte in cui non mi è permesso entrare.» «Non posso farci niente.» «Così sostieni.» «Perché è la verità. Dobbiamo ricominciare la solita discussione, per l'ennesima volta?» «No. Per quanto mi riguarda possiamo anche non parlarne mai più.» «Ne sei sicura?» «Abbastanza sicura.» «Bene.» Jade annuì e fece per andarsene. 10
«Non dimenticare che abbiamo una cena ufficiale all'ambasciata americana, stasera. Magari ritroverai qualche vecchio amico.» Questo, nelle intenzioni di Khalil, era una sorta di ramoscello d'ulivo, immaginò Jade. Un modo per ricordarle che, quando gli era possibile, era contento di coinvolgerla nella sua vita. «Non preoccuparti, non me ne dimenticherò» lo rassicurò lei. La aspettava una giornata piena di impegni, ma si era ripromessa di tornare a casa con un largo anticipo per prepararsi alla serata mondana. Non lo sentì muoversi. Di colpo però la mano forte e calda di Khalil si posò sulla sua spalla. «Aspetta.» Alzò gli occhi verso di lui. «Cosa?» «Questo.» Stava per baciarla. Ma non lo fece subito. Passò diversi secondi a fissarla negli occhi, lo sguardo che le scrutava nell'anima e allo stesso tempo rivendicava il suo possesso. «Tu sei la mia donna, Jade.» Lei non disse nulla. Non c'era niente da dire. Non poteva negare le sue parole. Però, essere la sua donna non le bastava più. Voleva essere parte della sua famiglia. Voleva avere dei figli da lui. Invidiava la felicità di Catherine e Therese – in senso buono, naturalmente – e si vergognava di questo sentimento. Ma la verità era che da Khalil voleva di più di una passione travolgente. Voleva sentirsi importante per lui... voleva appartenergli davvero. Essere sua in ogni senso, non soltanto sessualmente. E voleva che anche Khalil fosse soltanto suo. E per sempre. Questa consapevolezza doveva essere rimasta nascosta nel suo inconscio per molto, molto tempo. A11
desso era come se una coltre di nebbia avesse abbandonato il suo cuore. Finora non era mai riuscita a definire compiutamente l'inquietudine e lo struggimento che si agitavano dentro di lei. Le era bastato amarlo. E pregare che un giorno anche Khalil avrebbe imparato ad amare lei. Forse era solo quando aveva cominciato a sospettare che questo non sarebbe mai accaduto che Jade aveva compreso tutte le altre cose che voleva e che non avrebbe mai avuto da quest'uomo. «Sei molto importante per me, aziz.» Aziz significava amata. Ma era una bugia. Khalil non l'amava affatto. Fino a quel momento si era illusa che il fatto che lui usasse quel vezzeggiativo significava che comunque provava dei sentimenti per lei. Solo che per carattere era restio a esprimerli a parole. Ora, invece, le era tutto più chiaro. Era come quando sua madre la chiamava tesoro. Lei non era affatto il suo tesoro. Era semplicemente sua figlia. Purtroppo, come aveva imparato sulla sua pelle, le due cose non sempre coincidevano. E così, essere l'amante di un uomo non significava essere anche la sua amata. Khalil era felice con lei, adesso, su questo Jade non aveva dubbi. E di certo la desiderava ancora. Ma quanto sarebbe durato tutto questo se gli avesse rivelato che voleva di più? Forse cinque secondi. Magari nemmeno così tanto. Quella consapevolezza tagliò gli ormeggi del suo cuore, che si perse nei flutti del dolore. Jade non sapeva quanto ancora avrebbe potuto sopportare di amare Khalil senza essere ricambiata. 12
Ma non sapeva nemmeno se sarebbe stata in grado di lasciarlo. «Hai intenzione di baciarmi o no?» Lui sorrise, con la sicurezza del predatore. «Vuoi che lo faccia?» «Forse.» Certo che voleva il suo bacio. Perché quando Khalil la baciava, quando la toccava, si sentiva così legata a lui che persino il pensiero che un giorno potessero separarsi sembrava inconcepibile, irreale. Nel profondo del suo cuore Jade sapeva che l'inconcepibile era invece, purtroppo, molto probabile. Inconsapevole dei pensieri cupi che le agitavano la mente, Khalil scoppiò a ridere e le coprì la bocca con la sua. Jade si aspettava un rapido bacio di arrivederci. Non l'attacco totale ai suoi sensi che lui le sferrò senza preavviso. Le mani di Khalil scivolarono lentamente lungo le sue braccia, facendola rabbrividire, e il suo corpo si schiacciò contro quello di lei, avvolgendola in un calore che bruciava più del sole della Grecia. Le stuzzicò le labbra con piccoli morsi delicati, finché Jade, vinta, le schiuse. E lui, con un gemito roco di trionfo, prese possesso della sua bocca. Jade gli avvolse le braccia al collo e ricambiò il bacio con ardore, senza vergognarsi della frenesia erotica che Khalil sapeva suscitare in lei con tanta facilità. Non era soltanto sesso... era amore. Nella sua manifestazione più pura e perfetta. Ogni volta che lui le donava il proprio corpo, travolgendola di piacere, Jade gli offriva il suo cuore. Dalla morte dei nonni, Khalil era l'unica persona al mondo che mostrasse di volerlo, quell'amore. I suoi genitori sostenevano di tenerci, ma soltanto a parole. 13
Khalil invece apprezzava davvero la sua generosità di emozioni e sentimenti. Ma non per questo li ricambiava, rifletté Jade con amarezza. Allontanò di imperio la malinconia che minacciava di rubarle anche quel prezioso interludio di piacere. E lo baciò con ancora più foga, cercando di dimenticare i pensieri tristi. Khalil gemette di frustrazione mentre staccava la bocca dalla sua. «Non avrei dovuto cominciare.» «Devi andare, lo so. E pure io» mormorò Jade a occhi chiusi e leggermente imbronciata. Non aveva nessuna voglia di smettere. «Ti aspettano da Children's Hope?» chiese lui, riferendosi all'associazione umanitaria per l'infanzia con cui Jade collaborava a tempo pieno come volontaria. «Sì. Stiamo organizzando una serata di gala per raccogliere fondi per i bambini vittime di disastri naturali. Sarà un evento molto importante, con ospiti da ogni parte del mondo. Contiamo di raccogliere parecchie donazioni.» «Sai già che puoi contare sul mio sostegno. Sarò il vostro primo sottoscrittore.» La vide sorridere e la tensione si allentò dentro di lui. Jade gli accarezzò il torace, innocente e maliziosa. «Lo so.» Dio, quanto era bella. E piena di passione. Khalil amava la sua natura spontanea ed espansiva. Era cresciuto in una cultura in cui le manifestazioni di affetto non erano affatto rare. Anzi, era costume della sua gente baciarsi sulla guancia quando ci si incontrava e quando ci si diceva arrivederci. Ma tra persone dello stesso sesso, mai tra uomo e donna, sarebbe stato sconveniente. Persino le 14
coppie sposate riservavano quei gesti considerati troppo intimi alla privacy della propria casa, al riparo di una porta chiusa. La sfrontatezza provocante di Jade era un meraviglioso tormento, a volte. Non si poneva alcun problema nel dimostrargli l'attrazione fisica che provava per lui. Non che avesse niente in contrario, anzi. Khalil voleva che la loro relazione restasse così com'era, inviolata. Se l'avesse presentata alla sua famiglia, i suoi avrebbero preteso che lei cambiasse atteggiamento... che fosse più riservata con lui. Più sottomessa. Maledizione. Si trovava in una situazione di stallo, da cui non vedeva via d'uscita. Suo padre e sua madre non avrebbero mai accettato di accogliere in casa la sua amante, né di incontrarla da nessuna altra parte. Ma lui non era disposto a rinunciare alla gioia che gli donava Jade per ottenere la loro approvazione. Se mai questo fosse stato possibile, avrebbe fatto un tentativo in tal senso, ma sapeva che la sua era solo una sciocca speranza. Suo padre e sua madre erano molto conservatori e ai loro occhi severi Jade partiva con due svantaggi: era una straniera, e non apparteneva alla loro gente. E, ovviamente, non era più una vergine. A lui non importava, ma a loro sì. Affondò le dita nei suoi capelli setosi, biondi e lisci, e premette la fronte su quella di lei. «Non ho alcuna voglia di lasciarti.» «So anche questo.» E per sottolineare l'affermazione, Jade roteò i fianchi contro la sua erezione palpitante. Khalil mugolò di nuovo. «Mmh... non vale... Sei una provocatrice.» «Forse. Ma una provocatrice poi non arriva mai al 15
sodo. Io invece ne ho tutte le intenzioni. Solo che devo rimandarlo a dopo...» Le immagini in anteprima di quel che sarebbe accaduto dopo – e che la sua mente gli propose in rapida successione – gli fecero quasi tremare le ginocchia. Jade era perfetta per lui. Da ogni punto di vista. Alta circa un metro e settanta, più della media, certo più della gran parte delle ragazze nel suo paese, ma comunque meno di lui, che sfiorava il metro e novanta. Eppure combaciavano perfettamente, sia a letto che fuori, come adesso. I suoi occhi castani da gatta erano vellutati e misteriosi e le sue labbra piene e irresistibili, impossibile non baciarle fino allo sfinimento. Aveva curve femminili ben proporzionate, il seno turgido e pieno, i fianchi snelli. E una sensualità innata che, combinata con la sua, creava un'alchimia straordinaria, un'attrazione fisica violenta, che a volte lo lasciava senza fiato. «E se io volessi anticipare questo dopo a... diciamo subito, in questo istante?» «E saresti disposto a perdere la tua quotidiana riunione del mattino?» chiese lei scettica, ma non fece alcun gesto di allontanarsi. Anzi, inarcò ancora una volta la schiena, strofinando il bacino contro la sua virilità e strappandogli un lamento roco. Lo guardò con aria compiaciuta, perfidamente innocente. Khalil serrò i denti ma si impose di lasciarla andare. Le baciò la fronte e poi la tempia, ma non si arrischiò a sfiorarle di nuovo le labbra. Fece un passo indietro. «No, infatti, non posso.» Jade sorrise malinconica. «Non posso nemmeno io, anche se Dio solo sa quanto vorrei.» «Non dirlo a me.» 16
Lei rientrò in casa ma continuò a guardarlo. Khalil conosceva quello sguardo. Jade detestava lasciarlo, proprio come lui odiava lasciare andare via lei. «Abbiamo bisogno di una vacanza. Di passare del tempo da soli.» Ora che suo cugino Hakim era bloccato per via della terza gravidanza di Catherine, era da parecchio tempo, troppo, che loro due non riuscivano a passare una giornata intera insieme, senza essere interrotti dai suoi doveri diplomatici. «Da soli? Vuoi dire separati?» chiese lei, improvvisamente pallida. Era turbata, non lo stava provocando. Da dove veniva tutta quella improvvisa insicurezza? Non era da lei. «No, aziz. Insieme.» «Oh.» Jade sorrise con dolcezza. «Mi sembra fantastico.» «Sì, lo è. Che ne dici di partire subito dopo il battesimo? Potrei raggiungerti all'Isola dei Re e potremmo restare lì a rilassarci per qualche giorno... a sdraiarci al sole e a fare l'amore fino a essere completamente sazi.» Una leggera ombra passò sul bel viso di lei. «Sarebbe meraviglioso, ma temo che dovremo accontentarci del sole della Grecia per ora, perché devo tornare qui il giorno dopo il battesimo.» «Perché mai?» Khalil era visibilmente contrariato. «Perché c'è il gala, te l'ho detto.» «Pensavo che il fatto di prestare servizio come volontaria, piuttosto che lavorare per l'ambasciata americana, come un tempo, ti lasciasse almeno il vantaggio di poterti assentare senza troppi problemi. Invece adesso scopro che non puoi accompagnarmi da nessuna parte.» «Non è proprio così e lo sai. Io sono libera di viaggiare con te, se si tratta di accompagnarti in una tra17
sferta diplomatica. Ma in questo caso stai parlando di una vacanza. E non posso concedermene una in questo momento. Specialmente subito dopo il viaggio in Kadar e quello per il battesimo, uno così ravvicinato all'altro.» «Trova qualcuno che ti sostituisca.» «Non è possibile.» «Se lavorassi per me, questo non sarebbe un problema.» «Ma io non voglio lavorare per te.» «Perché no, dannazione?» Khalil serrò i denti. Imprecava di rado e detestava inveire contro di lei. Jade non meritava la sua rabbia, ma questo era uno dei pochi motivi di contrasto tra loro. E su cui non intendeva dargliela vinta. «Ho bisogno di sentirmi indipendente.» «Ma non lo sei. Dipendi comunque da me. Il tuo lavoro da volontaria per Children's Hope non cambia la situazione.» «Non voglio ottenere un posto di lavoro soltanto perché sono la tua amante. Voglio guadagnarmi una mia posizione, anche se non sono retribuita.» «Eri molto brava quando ci siamo conosciuti e tu lavoravi come assistente dell'ambasciatore americano. Il tuo ex datore di lavoro è stato molto dispiaciuto di vederti andare via, tant'è che ha fatto di tutto per trattenerti. E io non ho dubbi che mi saresti di grande aiuto, se accettassi finalmente di entrare a fare parte del mio staff.» «Questo lo pensi tu. Ma gli altri non la vedrebbero così. Sarebbero convinti che sono stata assunta perché sono la tua amante.» «E chi se ne importa!» «Importa a me. E a parte questo, mi piace il mio in18
carico a Children's Hope.» Jade guardò l'orologio e poi di nuovo lui. «Devo andare, adesso. E anche tu.» «Il discorso non è ancora chiuso.» «Per me lo è.» Jade fece un passo indietro, come per rimarcare la propria affermazione. Khalil riaccorciò la distanza tra loro, esasperato dalla frustrazione. «E io dovrei rassegnarmi senza battere ciglio?» «Sì. Ho preso la mia decisione. Accettarla di buon grado o no spetta a te.» «Sembri mio padre quando fai così.» «Non tua madre?» «No, lei non avrebbe mai avviato la discussione, tanto per cominciare.» Jade si accigliò e si avviò imbronciata verso la porta. «Immagino che questo sia uno degli ulteriori motivi per cui non sono la candidata adatta al ruolo della perfetta principessa di Zohra, giusto?» Khalil aprì la bocca per rispondere ma lei era già uscita in corridoio. E non aveva intenzione di dare spettacolo gridando alle spalle di Jade. Però avrebbe volentieri sferrato un pugno contro il muro. Invece respirò a fondo, si aggiustò un polsino della camicia e afferrò la valigetta. Jade aveva ragione. Non poteva permettersi di fare tardi alla riunione di quella mattina. Ma si era sbagliata su qualcos'altro. La discussione non era affatto chiusa. Non per lui. Era assurdo che si preoccupasse così tanto di quello che pensavano gli altri. E anche se qualcuno fosse stato prevenuto nei suoi confronti, non ci avrebbe messo molto a capire che Jade Madison meritava quel posto. Perché era una donna in gamba e svolgeva il suo compito in maniera eccezionale. 19
Khalil aveva accettato il suo bisogno di indipendenza per quasi due anni, rispettando la sua volontĂ . Ma adesso cominciava a pesargli. Voleva passare piĂš tempo con lei. E l'unico modo era inserirla nel proprio staff. E poi chissĂ . Se Jade fosse entrata a fare parte della sua squadra, magari i suoi genitori avrebbero potuto anche accettare la sua presenza, in quella veste, in determinate occasioni. Non ci teneva tanto a conoscere la sua famiglia? E allora poteva sacrificare la sua ostinazione e lasciar fare a lui. Ma qualcosa gli disse che convincerla non sarebbe stato affatto facile.
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